giovedì 18 gennaio 2007

Alessandro Maria Jetti Notturno, ore tre


Descrivere la delicatezza non è mai facile, e con le opere di Alessandro Maria Jetti non è da meno, perché fin da quando ho conosciuto i suoi scritti, ho trovato che sia l’autore sia le parole che fluivano dalla sua penna, nascondessero un bisogno di toccare e percepire le realtà vicine e lontane in modo netto e chiaro. Alessandro è un poeta delle percezioni pure, e questa purezza deriva dal vissuto, dalla carica esperenziale dell’uomo che non si è lasciato travolgere dalle malinconie del tempo che corre, ma che lo sente come immobile, fermo, dove, però non è spettatore passivo che si lascia scivolare dagli eventi.
Alessandro, nelle sue poesie, tocca gli eventi come un danzatore conscio del peso degli anni, danza sulle parole al ritmo dell’esperienza, senza fretta o l’ansia di correre appresso al tempo, per questo arrivano, giungono e passano leggiadre, l’una dopo l’altra, con la consapevolezza d’aver lasciato una piccola traccia.
In notturno, ore tre è come se ci fosse un sottilissimo filo d’Arianna, un percorso non scritto e non palesato dove l’autore vuole condurre il lettore a soste cadenziate, soffermandosi in quegli angoli remoti, dimenticati o rimossi per fretta, paura o pigrizia, o per semplice mancanza di volontà di vedere cosa si nasconde sotto quella coltre di polvere che si forma nella mente di ognuno.
Jetti è il poeta dei ricordi, della nebbia che si dirada, dei frammenti che tornano in superficie con leggiadria, con l’indomito spirito del bambino curioso si soddisfa nei particolari. Le sue poesie sono sprazzi gettati al vento, e i frammenti raggiungono il lettore in punta di piedi, quasi chiedendo scusa per le intrusioni, quasi a volersi scusare del bisogno di fermarsi a riflettere, a vivere i momenti, attimi presenti e passati sotto un’ottica diversa, dove si ha l’impressione di un ”Amico ritrovato” che “Ancora Insieme” ci tende il filo dell’”Aquilone” e con “Dolce Smarrimento” ci accompagna guidati da “Una folata di Vento” “Fuori dal Sipario”.
Oltre quel sipario si riscopre una parte di se, forse abbandonata, o rinchiusa in qualche angusto stanzino che reclama d’uscire, vuole farsi sentire, udire per rendere partecipi gli altri della propria esistenza, soffermandosi con leggiadria in “Psiche mia”, entrando in ognuno, in tutti o in nessuno, ma aprendo un’ennesima porta diversa, e di soppiatto scava piano nella mente senza toccare anche ferite, ma facendole tornare alla luce, fissandole, guardandosi dentro, per poi andarsene nuovamente.
notturno, ore tre di Alessandro Maria Jetti, come in una notte insonne tiene sveglio e compagnia, prende per mano, accarezza senza stupire con stupefacenti parole, con eloqui al limite dell’arcano, dell’ignoto, ma accarezza con la semplicità dell’uomo vissuto, con la volontà dell’uomo che dal passato trova giovamento per guardare verso al futuro, e come ogni poeta vero nel cuore, vuole comprendere tutti dal rapimento della parola generatrice di movimento e vita.

Alessandro Maria Jetti devolve tutti i proventi dei diritti d’autore alla Associazione Emergency, un piccolo grande gesto di solidarietà a favore di quanti soffrono nei luoghi più sperduti del pianeta a causa delle guerre causate dalla barbarie e dall’animalità disumana dell’uomo.


Marco Bazzato
18.01.2007
http://marco-bazzato.blogspot.com/