sabato 28 giugno 2008

Homo Fobicus o Etero Fobicus?

Non si sa se inorridire, o vomitare dopo aver ascoltato le parole di Flavio Paparo Consigliere comunale in forza alla lista Bruni di Bergamo. Il “saggio consigliere” provocatoriamente dice: «Allora come si sceglie l'identità sessuale così si deve poter scegliere il modello di convivenza che soggettivamente si riconosce come più confacente» – terminando – «Tra quelli disponibili nessuno dovrebbe di principio essere escluso, nemmeno per quanto l'ipotesi possa essere triviale: quello promiscuo uomo-animale, così come l'incesto, la poligamia, la pedofilia».

Che dire di un personaggio così? Naturalmente, seguendo il filo del suo dotto ragionamento, dobbiamo essere portati a pensare, che se per caso suo figlio, o un caro nipote dovesse essere adescato da un pedofilo e sodomizzato, secondo il principio Paparo, umanamente stringerebbe la mano al pedofilo, ringraziandolo per le amorevoli attenzioni d’amore, secondo la morale e la legge, malato, secondo quella del Paparo, soggettivamente sano e costruttivo. Stesso discorso, naturalmente, se trovasse, diciamo suo figlio, magari minorenne, a letto con sua madre, non farebbe una piega, chiuderebbe la porta tranquillo, andando al bar a giocare a carte, visto che soggettivamente i due individui sono consenzienti.

Nel
video, definito dalle organizzazioni omofile: omofobo, non si vedono altro che rispettabili cittadini di Bergamo, non che esprimono, come vogliono spacciare i gay, pregiudizi, ma opinioni personali, riguardo l’omofilia, e­/o i comportamenti sodomiti.

L’immorale attacco ai bergamaschi, rei secondo anche Maddalena Cattaneo, assessore delle pari opportunità, condanna senza mezzi termini quei tangheri dei suoi concittadini, che non si piegano alle dogmatiche progressiste e confuse, che vorrebbero unificare i pensieri, sotto l’unica bandiera della minoranza omofila che, nonostante i pareri contrari di molti, pretende, a suon di accuse pretestuose di bollare come omofobi, quanti non si piegano al volere invertito.

Il trailer del documentario è inguardabile, figuriamoci il resto, non per le espressioni chiare, semplici, prive dei consueti giri di parole dei progressisti che vogliono dimostrare a tutti i costi un cervello, che evidentemente, tende ad andare in feriecon estrema facilità,, ma per come si vuole, nel commento prima e dopo, bollare come omofobi dei cittadini a cui liberamente è stato chiesta la loro opinione, e che in quanto non confacente ai canoni dei richiedenti, si sono stati infamati, non come sane persone eteronaturali, ma come pericolosi sovversivi omofonici. Questa, secondo gli omofiliaci, è ,libertà, a senso unico che vogliono imporre, per farsi accettare, anche con la violenza verbale che anni addietro, un noto conduttore televisivo, passato, come si dice in alcune parti, dall’altra sponda, ha attaccato volgarmente
Vittorio Sgarbi in una puntata di Marchette, reo d’aver espresso la propria liberale opinione sulla questione emofilia.

Marco Bazzato
28.06.2008
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venerdì 27 giugno 2008

Impronte agli zingari?



Sta suscitando una valanga di reazioni spropositate e indignate, la decisione del Ministro degli Interni, Roberto Marioni, di far prendere le impronte digitali agli zingari, bambini compresi.

Come sempre, gli amanti dei diritti per tutti, e doveri per nessuno, hanno iniziato ad agitarsi, ad alzare la voce, ad emettere suoni striduli, come se colpiti da cdiarrotiche coliche intestinali, sbraitando, come ossessi a cui sono afferrati i testicoli e strizzati selvaggiamente, che la decisione del Ministro è razzista, che configura la schedatura di quei poveri minori, costretti dai quei santi uomini dei famigliari e/o del racket dell’accattonaggio, che giocano sull’impunità e la permissività delle leggi italiane, per sfruttare, come schiavi i minori.

Nel nome dei diritti degli zingari, gli italiani, secondo i difensori di borseggiatori, teppisti, topi d’appartamento, e quant’altro, devono continuare a farsi “derubar tacendo”, devono continuare ad avere paura d’andare a ritirare la pensione, a salire in autobus, a non uscire di casa per timore che qualche zingaro, nemico giurato del sapone, entri nell’abitazione sguarnita, previo giro di ricognizione.

D’altronde, le cronache locali, sono piene di questi “bravi bambini”, addestrati già nel grembo materno al borseggio, al furto con destrezza o altro, ma i politici, quelli radical chic, che viaggiano scortati, con guardia spalle, per loro, moglie e figli, non leggono i giornali, a loro non serve conoscere, a loro basta aprire la bocca ed emettere pensieri sottoforma di flautolenze intestinali, annebbiando se stessi, e chi è costretto a sorbirsi i loro vaniloqui.

Prendere le impronte ai piccoli zingari, paradossalmente, è un atto di tutela nei loro confronti contro le angherie e i soprusi che spesso ricevono nei bei campi, nel caos culturale, dove il degrado abitativo è una peculiarità sociale ed etnica, secondo alcuni da tutelare e possibilmente incentivare, nel nome sempre di quello strano multiculturalismo, che non mette radici sotto i palazzi dei ricchi, nei quartieri dei potenti, nei viali puliti e protetti dei politici di turno, che odiano essere a contatto troppo stretto con la plebe, con quella masnada di persone assillanti, che potrebbero caricarli con i loro banali problemi quotidiani, con i banali borseggi, che quei straccioni di pensionati, portano in borsetta, quelle misere quattro euro, con quei furtarelli di quattro paccottiglie nelle case private. Quisquilie!

Ma a ben pensarci, hanno ragione i politici radical chic. Gli accampamenti zingareschi, in nome dell’integrazione, non devono più essere fatti, abusivamente e non, in periferia, ma nel centro delle grandi città, sotto il naso delle sedi dei partiti, specie di sinistra e centro sinistra, nelle immediate adiacenze delle case di coloro che li difendono sempre e comunque, qualunque cosa commettono, a spada tratta, sotto le finestre del Quirinale, in Piazza San Pietro, che potrebbe accoglierne, senza troppe difficoltà almeno un migliaio di roulotte, proprio sotto il balcone papale. Gli zingari, hanno il diritto di vivere, come e meglio dei cittadini “bianchi, ma non quelli poveri in canna, dove non c’è quasi nulla da rubare, ma sotto le finestre, dentro i cortili dei palazzi dei potenti, di quelli, che quando sono ad almeno una decina di chilometri di distanza, incitano la multiculturalità, dentro casa loro, ma in quella altrui…

D’altronde, nonostante il parere contrario dell’Unione Europea, quest’organo evanescente, senza una costituzione accettata da tutti i cittadini, tramite referendum, sembra valere praticamente meno di zero, gli stessi zingari, quelli onesti, che naturalmente esistono, siano ben felici di farsi schedare loro e i figli, segno tangibile, che è ancora un certo tipo di sinistra malata di distruzione sociale, a non volere il miglioramento delle condizioni dei Rom, e che fa di tutto per farli passare per vittime eterne, anche quando questi sanno benissimo, che tra di loro si nascondo rifiuti sociali, peggio che dentro una discarica abusiva di esseri umani, tossici e puzzolenti.

Ma è chiaro che con una sinistra italiana, diventata extraparlamentare, solo la pietà per lo sconfitto di Fini, che permette loro ogni tanto di dire qualcosa in parlamento, altrimenti sarebbero costretti a portarsi falce, martello e invertiti alle feste di Rifondazione,e questo affondo antidemocratico, teso a difendere dei poveri bambini, che per tradizioni culturale dei genitori o degli sfruttatori, accattonano, scippano, entrano in casa altrui, puzza di sciacallaggio sociale, rivolto, per l’ennesima volta contro gli onesti, quelli che se poi provando a difendersi, come accadde anni fa, quando dopo un ennesimo scippo, un uomo prese per i polsi una “povera zingarella” co una sfila di precedenti chilometrici, rompendoglieli, fu invitata anche da Costanzo in un Talk show a raccontare il dolore che aveva subito, accusando gli italiani, di non permettergli di fare il suo lavoro, cioè scippare e rubare.

La sinistra, farebbe bene, prima di parlare, di provare a pensare, tenendosi un topo morto in bocca. Forse eviterebbe di dire le classiche eresie antistoriche e antisociali, che per difendere la microcriminalità, visto che a difendere quella grande, dei colletti bianchi, ci pensa l’altra parte del cielo, il centro destra, col rinnovato Lodo, o lordo – secondo altri – Schifani.

Anche questo è il Bel Paese.

Marco Bazzato
27.06.2008
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giovedì 26 giugno 2008

Maionese con bacio gay? No grazie



Ha dovuto ritirare lo spot la multinazionale americana Heinz, che in un impeto di progressismo distruttivo, senza controllo, aveva osato pubblicizzare un loro prodotto, una maionese, mostrando una presunta famiglia omofila, dove un povero bambino innocente, era costretto, per colpa di pubblicitari adulti, senza scrupoli, a chiamare un uomo: mamma, mostrando, al termine come ciliegia al curaro sulla torta, un bacio tra due “maschi”.

Gli inglesi, che una politica socialmente e destrutturate, vorrebbe progressisti sino all’autolesionismo familiare e, si sono ribellati, chiedendo e ottenendo – giustamente – la rimozione della pietra dello scandalo incriminata.

Naturalmente le organizzazioni omofile si sono assurdamente indignate per la decisione, parlando, come da mantra assodato, di discriminazione, invitando i loro accoliti a boicottare la maionese incriminata.

La multinazionale americana, fatti due conti, ha optato, dopo essersi scusata con la maggioranza eteronaturale degli inglesi per l’increscioso incidente di percorso e d’immagine, definendo lo spot, contro la famiglia naturale composta da un uomo – vero – una donna – vera – che senza interventi esterni, possono procreare, tramite un atto d’amore, si è cosparsa il capo di cenere, cercando di giustificarsi, innanzi ai consumatori, che volevano solamente scherzare! Alla faccia dello scherzo!

Saggiamente, la multinazionale interpellati gli esperti, dopo aver fatto due conti elementari, hanno deciso di togliere lo spot, preferendo, da persone abituate a calcolare i profitti, di tenere in considerazione la maggioranza dei cittadini inglesi, che conta più di 60 milioni di abitanti, visto il boicottaggio paventato dalle organizzazioni omofile, preferendo rinunciare a quel 5% di popolazione gay, che potrebbero al massimo far scollare di 5 +/-% di fatturato, rispetto alla popolazione generale di eteronaturali, di potenziali acquirenti.

Questo spiacevole e increscioso “malinteso scherzoso”, fa capire chiaramente, che indipendentemente da ciò che si vuole imporre, a tutti i costi mediaticamente, la maggioranza dei cittadini, nell’interesse dei minori che spesso stanno per ore davanti alla tv, chiedono, pretendendo che anche gli spot siano, non solo a misura di famiglia naturale, ma anche dei minori visto che nessuna famiglia, dotata di amor proprio, non vuole che figli siano deviati, traviati, da modelli “familiari sterili improduttivi.

Per quanto concerne le organizzazioni omofile, che non colgono l’occasione di riflettere prima di parlare, dovrebbero avere l’umiltà, non quell’orgoglio, che nasconde problematiche profonde, di capire, prendendo coscienza, che gli eteronaturali, non hanno nulla contro, come li nomina
www.sapere.it gli omosessuali, cioè invertiti, ma che non per presunta e gridata omofobia,patologia inesistente, simile ad un intolleranza, alimentare, identica a quella che si può avere nei confronti del glutammato o dei latticini, o altro, nulla di più, nulla di meno e, che come tale consiglia l’assoluta astensione, visione, presenza, vicina e/o lontana degli omofiliaci. Un po’ come quella vecchia pubblicità del dentifricio, in cui la voce fuori campo diceva: “Prevenire è meglio che curare!” Parole sagge, parole sagge…e il ritiro dello spot incriminato lo dimostra oltre ogni ragionevole dubbio.

Marco Bazzato
26.06.2008
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martedì 24 giugno 2008

Emmanuela Orlandi: una sparizione tutta Vaticana?


Forse si sta aprendo un piccolo squarcio di verità su Emmanuela Orlandi, la giovane figlia di un dipendente vaticano, scomparsa nel lontano 1982. Una vicenda che tra depistaggi, false informazioni, piste fantasma, menzogne, servizi segreti deviati, presunte comparse all’estero, harem e via discorrendo, ha tenuto, in primo luogo i familiari, poi l’Italia col fiato sospeso, sempre pronti a rincorre ogni debole sussurro di speranze inventate ad arte per confondere le acque, sempre pronti a confidare, che forse un giorno la verità sarebbe venuta a galla.

Ora sembra che quel giorno stia per arrivare, ma nel modo peggiore, grazie ad una gola profonda, che dopo quasi mezzo secolo di paura, droga e sballi vari, forse potrebbe essere rinsavita, ma nel modo peggiore, sia per i colpevoli, come per la povera Orlandi.

Alla base di tutto, stando alle rivelazioni dell’ex compagna di
Enrico De Pedis, il capo della Banda della Magliana, Sabrina Minardi, ci sarebbe quel sant’uomo di Paul Marcinqus, ex deus ex machina dello Ior, la defunta banca Vaticana, legata anche a Roberto Calvi e al Crak dell’ex Banco Ambrosiano di Michele Sindona e del faccendiere Roberto Calvi, fattosi suicidare a Londra. Insomma, una traccia, a differenza, dei depistaggi internazionali, che hanno tirato in ballo anche Mehmet Ali Ağca l’attentatore perdonato da Karol Wojtila per l’attentanto del 13 maggio 1981 a Giovanni Paolo II, che la pista sia Italo-Vaticana. Insomma un affare interno tra uno Stato, l’Italia, che all’interno delle mura della Capitale, Roma. ha in se un corpo estraneo come Lo Stato Città del Vaticano, oggi retto dall’imperatore tedesco Joseph Ratzinger, detto Benedetto XVI, all’epoca dei fatti, nel 1982, prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, ex Sant’Uffizio, chiamato, , fino a tempi non troppo antichi, Tribunale dell’Inquisizione, nel 1908, dove per hobby religioso e pietà cristiana, per secoli aveva fatto allegramente ardere nelle pire streghe, ed eretici vari, dove fra i più famosi troviamo Giordano Bruno, che ironia della sorte, è anche il nome dell’ex calciatore Bruno Giordano, ex marito della super testimone Sabrina Minardi.

Sembrerebbe, alla luce delle nuove rivelazioni, secondo gli inquirenti, in attesa di riscontri certi, che attualmente risultino leggermente contradditori e­/o confuse, ciò però non significa, che in un futuro, si spera breve, non trovino prove di quanto messo nei vari verbali.

Se tutto ciò dovesse risultare provato, cosa difficile in Italia quando si parla di uno Stato Sovrano, come Lo
Stato città del Vaticano, che dipende – grazie per sfortuna al Concordato – economicamente proprio dall’Italia, in quanto il Vaticano stesso non ha mai permesso che questi, in quanto cittadino Vaticano, che venisse processato, per i reati commessi nel Bel Paese.

Naturalmente non si sa, visto il tradizionale riserbo il piccolo Stato d’oltretevere, usa avere delle “proprie faccende interne”. Certo è che se si dovessero trovare riscontri certi, il terremoto che ne seguirebbe potrebbe far vacillare, dallo stesso interno, la già minata credibilità che il Cattolicesimo vaticano gode, rimettendo anche in discussione la presunta verità sbandierata come postulati infallibili della chiesa anche come maestra di vita.

Sono molte le ombre funeste che si stagliano sul cielo romano, nubi di tempesta, dove forse in molti, per fortuna, iniziano a non dormire sonni tranquilli tra due guanciali, in quanto se – cosa alquanto difficile se non impossibile, vista la “delicatezza” dei personaggi morti, ma forse anche d’ancora vivi – dovessero essere trovate prove certe di quanto da Sabrina Minardi dichiarato, l’intera storia dei rapporti tra Stato e Chiesa, dovrebbero, anche alla luce delle manciate di fango gettate nei confronti di Paesi esteri, essere ridefiniti in termini più riduttivi e­/o assistenzialistici.

È vero, che stranamente, i media, questa volta ci vanno giù leggeri rispetto al passato, quando i presunti indizi andavano a coinvolgere, senza mai essere provati, i
Lupi Grigi turchi, accusati d’essere i mandanti del rapimento.

Evidentemente l’idea di scoperchiare il
vaso di Pandora Vaticano, non fa piacere proprio ad oltretevere, che ha sempre usato estrema discrezionalità ogni volta che un membro della loro chiesa viene coinvolto in qualche scandalo “internazionale”, cercando di avocare a se le cause – vedi ad esempio i prati pedofili – oppure seccandosi molto, come pochi giorni fa è accaduto a Monterosso, dove il vescovo della diocesi di Padova, Toni Mattiazzo da Cavarzare, ha accompagnato, tenendolo per un braccio, il cronista scomodo che per primo aveva raccontato l’amore tra il prete, ora ridotto allo stato laicale, Don Sante Sguotti con una parrocchiana col quale aveva figliato. Forse ,per la chiesa, sarebbe stato meglio, per evitare lo scandalo, che la donna avesse abortito, gettando nel cesso il frutto del “peccato” d’amore. Ergo: predicare bene e razzolare male, senza dimenticare comunque che “Immagine è tutto” e i fatti, le verità, se scomode, specie se di matrice Vaticana devono essere nascosti gli occhi dei fedeli. Il Cristo sarebbe fierissimo di specialmente per questa Chiesa, che oggi, esattamente come al suo tempo, non esiterebbe a definirla come scrive Luca 23, 15-33
«Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che percorrete il mare e la terra per fare un solo proselito e, ottenutolo, lo rendete figlio della Geenna il doppio di voi. 16 Guai a voi, guide cieche, che dite: Se si giura per il tempio non vale, ma se si giura per l`oro del tempio si è obbligati. 17 Stolti e ciechi: che cosa è più grande, l`oro o il tempio che rende sacro l`oro? 18 E dite ancora: Se si giura per l`altare non vale, ma se si giura per l`offerta che vi sta sopra, si resta obbligati. 19 Ciechi! Che cosa è più grande, l`offerta o l`altare che rende sacra l`offerta? 20 Ebbene, chi giura per l`altare, giura per l`altare e per quanto vi sta sopra; 21 e chi giura per il tempio, giura per il tempio e per Colui che l`abita. 22 E chi giura per il cielo, giura per il trono di Dio e per Colui che vi è assiso. 23 Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che pagate la decima della menta, dell`anèto e del cumìno, e trasgredite le prescrizioni più gravi della legge: la giustizia, la misericordia e la fedeltà. Queste cose bisognava praticare, senza omettere quelle. 24 Guide cieche, che filtrate il moscerino e ingoiate il cammello! 25 Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che pulite l`esterno del bicchiere e del piatto mentre all`interno sono pieni di rapina e d`intemperanza. 26 Fariseo cieco, pulisci prima l`interno del bicchiere, perché anche l`esterno diventi netto! 27 Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che rassomigliate a sepolcri imbiancati: essi all`esterno son belli a vedersi, ma dentro sono pieni di ossa di morti e di ogni putridume. 28 Così anche voi apparite giusti all`esterno davanti agli uomini, ma dentro siete pieni d`ipocrisia e d`iniquità. 29 Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che innalzate i sepolcri ai profeti e adornate le tombe dei giusti, 30 e dite: Se fossimo vissuti al tempo dei nostri padri, non ci saremmo associati a loro per versare il sangue dei profeti; 31 e così testimoniate, contro voi stessi, di essere figli degli uccisori dei profeti. 32 Ebbene, colmate la misura dei vostri padri! 33 Serpenti, razza di vipere, come potrete scampare dalla condanna della Geena…»

Marco Bazzato
24.06.2008
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lunedì 23 giugno 2008

E bravo Antonio Mattiazzo! Toni per i Veneti



Foto: Fonte "Il Mattino di Padova"
Antonio Mattiazzo, il vescovo di Padova, ha dato a Monterosso , parrocchia dell’ex prete don Sante Sguotti, ridotto allo stato laicale perché aveva la colpa d’essersi innamorato di una donna ed aver con questa figliato, ha sbattuto fuori, afferrandolo per un braccio, un collaboratore del Mattino di Padova, il giornalista Gianni Biasetto, colpevole a dire del Vescovo d’aver scritto gli articoli su don Sante, dando così inizio alla crociata, prima diocesana e poi vaticana contro il prete.

Il gesto eclatante di un monsignore – ma non troppo, parafrasando Guareschi – non è certo passato inosservato, tanto più, che oltre ad aver cacciato fuori dalla piccola chiesa il cronista, ha scacciato, nemmeno fosse un appestato il fedele, che metti caso, si fosse confessato per lo sgarro, o peccato, dipende dai punti di vista, fatto alla Chiesa, ed essendone sicuramente, tramite un sacerdote, assolto da Dio, ha posto il Vescovo in diretta concorrenza col Padre Eterno, in quanto in un impeto di megalomania, ha detto: «Lei deve uscire, qui comando io». Strano, anche i sassi sanno che ogni chiesa è in primo luogo la casa del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, non di Mattiazzo che si è comportato peggio dei sommi sacerdoti del tempo del Sinedrio Cristico.

Il Cristo, se ricordiamo bene, chiamava a se i peccatori. Evidentemente per
Toni Mattiazzo, fare il giornalista che scrive di cronaca locale, è una colpa così grave, tanto da meritare il pubblico ludibrio e la scacciata dal Tempio. Senza contare, che il suo Capo, non il Tedesco in Vaticano, ma quello appeso alla Croce, predicava di perdonare settanta volte sette.

Viene da chiedersi, a questo punto, se Toni ha, per caso, letto il Vangelo? Evidentemente no, tant’è che dovrebbe essere consigliato a tornare al catechismo, ripassando come minimo, le nozioni base, non del Cattolicesimo, ma del Cristianesimo, cosa che sa pure anche un somaro, sa essere ben diverso, visto che prima è nato il Cristianesimo, poi la corrente Cattolica maggioritaria, ma non per questo veritiera.

Insomma, quella che doveva essere una cerimonia riparatrice, per l’affronto, secondo il cattolicesimo, a Dio, per lo sfregio morale compiuto da Sante Sguotti, nei confronti, non di Cristo, ma del Cattolicesimo Romano, si è trasformato in un bomerang, creato dal presunto pacificatore, il Toni diocesano, che invece di gettare schiuma ignifuga su un fuoco spento da tempo, si è portato dietro il tritolo, il C4 linguistico e gestuale, non facendo onore, né al suo capo romano, ma quello che dice d’ispirarsi, con risultati, in questo caso mediocri, che se ricorda bene, è morto per la salvezza degli uomini, Toni Mattiazzo compreso.

Il bello è, leggendo le motivazioni della celebrazione, che il Toni da Rottanova di Cavarzere – da quelle parti del Veneto, tra Sottomarina e Piove di Sacco, quando dici Cavarzare, visti i campanilismo locali, dici tutto, figurarsi di ROttanova – era in visita pastorale, ma sembra che il “buon” pastore, non abbia lesinato nerbate morali, non indifferenti, non nei confronti della pecorella smarrita, ma nei confronti della pecorella presente, obbligandola a smarrirsi fuori dalla chiesa, stravolgendo ad uso e consumo Mattiaziano il Vangelo stesso. Che stia preparando un nuovo scisma?

Bisogna applaudire S.E il Vescovo Antonio Mattiazzo per l’alta considerazione che nutre nei confronti della stampa, dei giornalisti e di coloro, che esattamente come il Toni da Cavarzare, seppur in modo diverso fanno comunicazione. Monterosso, grazie alla presenza del Vescovo, è riuscita nuovamente ad avere le prime pagine dei giornali, segno chiaro che la fortuna e cieca, ma la sfiga ci vede benissimo, specie se porta il Pileolo, meglio conosciuto come zucchetto.

Cristo, in questo momento, o è orgoglioso di questo non figlio dei suoi insegnamenti, ma della Chiesa Cattolica Vaticano-Romana, oppure è incazzato come un caimano, in quanto sapeva con quanta difficoltà, non solo ai suoi tempi, ma anche in quelli odierni, si trovano pecorelle smarrite da condurre all’ovile, mentre questo, senza ritegno le fa fuggire via.

Complimenti, ottima pastorale svuota chiese. Dio sarà orgoglioso di Lei!

Marco Bazzato
23.06.2008
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Italia Ko. Fuori dagli Europei


È andata, a seconda dei punti di vista, nel modo peggiore possibile. La nazionale italiana si è fatta battere ai rigori dalla Spagna, tornandosene, di brutto,a casa. Ora, naturalmente, inizia la resa dei conti, la consueta ricerca delle responsabilità, e se tutto va bene, a farne le spese, sarà il Ct, Roberto Donadoni, un allenatore, che per dirla tutta, non è mai piaciuto quasi a nessuno.

Ma piangere sul latte versato, anzi sugli errori, ai rigori, sbagliati, non serve certamente a nulla. Il punto semmai è un altro: da dove si ricomincia?

Alcune voci, di corridoio, parlano già quasi apertamente di un ritorno di Lippi sulla panchina azzurra, resta da vedere se il Ct, campione del mondo in carica, abbia effettivamente la voglia di riprendere in mano un gruppo sbandato e demotivato.

Quello che fa sorridere oggi, è la solita retorica italiana della vigilia. Pronostici, proclami, statistiche, come se le parole dei giorni precedenti, spesso altisonanti, avessero avuto il potere esorcistico di mutare poi la triste realtà dei fatti. C’è un detto che dice: Non dire gatto, finchè non l’hai nel sacco. Evidentemente la boria italiana, pessima maestra d’umiltà, ha caricato troppo, non solo gli italiani d’aspettative, ma pure la squadra stessa, che poi ha ricambiato quello che ha ricambiato: una sconfitta.

Dire se quest’eliminazione oggi e in futuro, sarà un bene o un male spetta agli esperti. Certo è che il calcio italiano, e la nazionale, così com’è, appare sempre più un’armata Brancaleone allo sbaraglio, priva di precisi obiettivi, con i giocatori, che forse sono stati eccessivamente sopravvalutati, soprattutto i campioni del mondo in carica, e nuovi arrivati, mancano di quell’esperienza e coraggio nel saper sopportare lo stress di un palco internazionale.

È chiaro che non il capro espiatorio, ma il responsabile diretto di questa Caporetto è il Commissario Tecnico, di cui non sempre la grandezza come giocatore, appese poi le scarpette al chiodo, equivale a carisma e a visione strategico-tattica dei giocatori, da allenatore.

La scelta di Donandoni, a molti fin dall’inizio è sembrata infelice, una decisione presa sull’onda emotiva dell’abbandono di Lippi, si è rivelata una jattura nei confronti, prima della squadra, poi dell’Italia intera, che è uscita con la coda tra le gambe e a testa bassa.

Il nuovo che verrà, perché sicuramente, dovrà esserci, si porterà il fardello del fallimento del predecessore, e il peso di dover riconsiderare ogni elemento, senza far sconti al passato ha dimostrato di non aver condizionato in positivo, il rendimento dei quarti di finale.

Interessanti tra l’altro, sono i mesti commenti del giorno dopo, i volti scuri, le dichiarazioni di chi, invocando la sfortuna, non vuole prendere coscienza del – giusto – fallimento, su tutta la linea del Carrozzone Italia.

C’era poco da esultare e pavoneggiarsi come tacchini alla vigilia, come ci sono ancora meno scuse da fare per giustificare un naufragio titanico, di proporzioni bibliche, e si spera, serva in futuro, per imparare a fare un bagno d’umiltà.

Invocare la sfortuna, la malasorte, i gesti scaramantici – che non servono una mazza – per cercare di lavarsi di dosso l’onta di una sconfitta, appare ancor di più oggi come un pianto da Coccodrilli, una danza del Cigno – morto – che a differenza della fenice, oggi non può rinascere dalle proprie ceneri.

Ma il punto non è né la sfortuna, né tantomeno il fatto che gli spagnoli hanno giocato meglio degli italiani, ma che gli azzurri, hanno fatto il possibile per essere peggio degli spagnoli, riuscendoci, mostrando la corda di una squadra, che ai molti era apparsa scollata e mal assortita fin dall’inizio.

Donadoni ha dichiarato che non intende dimettersi, da italica abitudine, di non avere l’umiltà di saper riconoscere i propri fallimenti, proseguendo, come la politica insegna, che è giusto aiutare ancor di più la barca ad affondare, dimostrando palesemente di non saper o non voler riconoscere i propri disastri.

Va detto che l’Italia, con quest’allenatore e questo gruppo, non meritava d’andare più avanti di così, anzi a ben guardare, la nazionale avrebbe meritato d’essere mandata fuori già agli ottavi di finale.

Si spera, ma è una speranza già morta in partenza, che questa sonora sconfitta serva da lezione, non solo al futuro allenatore che verrà, ma anche ai nuovi che giungeranno, e agli opinionisti sportivi e non, che questa sonora sconfitta, serva per fare un bagno nell’aceto dell’umiltà. Umiltà che spesso il Paese allegramente deficita, perché malato di superbia congenita, che non permette d’andare oltre ai proclami di facciata, alle statistiche, come se queste fossero l’oracolo infallibile di Delfi, ma poi, come il campo ha ineluttabilmente dimostrato, è una vacua superstizione arcaica, che sortisce lo stesso effetto divinatorio di maghi e cartomanti: fallimento su tutta la linea, e a casa col capo chino e gli occhi che fissano la punta dei demotivati piedi miliardari.


Marco Bazzato
23.06.2008
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domenica 22 giugno 2008

La Casta di Rizzo e Stella in Bulgaria


Finalmente è uscito. È uscito in Bulgaria La Casta di Rizzo e Stella, il libro best seller che ha fatto tremare, per poco, le vene dei Palazzi del Potere Italico.

Le trattative, tra l’agente letterario italiano dei due autori, sono iniziate a metà luglio 2007, quando già l’onda italiana delle reazioni politiche, stava montando, per poi esplodere, prima di fine anno, anche in concomitanza del V-Day di Beppe Grillo. Di pari passo con le reazioni in Italia, anche i media bulgari, che quotidianamente seguono le vicende italiane, avevano iniziato a fornire stralci del testo, scatenando, come nel Bel Paese, vivaci commenti tra i lettori, mostrando paradossalmente però un forte senso di compatimento e solidarietà nei confronti delle classi sociali meno agiate.
Sono molti, tra gli addetti ai lavori, interessati a La Casta: giornalisti, politologi, opinionisti economici e sociologici, che attendevano l’uscita del libro, per poter studiare il “fenomeno Italia, da angolazioni diverse. Le indiscrezioni infatti, nonostante il silenzio dell’Editore Bulgaro Ciela, erano trapelate attraverso altre fonti, che non hanno fatto altro che alimentare la ridda di voci sul libro che tardava ad uscire.

Il libro, tradotto da Vessela Lulova Tzalova, già traduttrice di Valerio Massimo Manfredi, Luca Bianchini, Sveva Casati Modignani, Carlo Collodi e altri, doveva essere pubblicato ad ottobre. La traduzione era stata consegnata all’editore a fine settembre, ma la data fu procrastinata, fino ad arrivare alla data odierna.

La Casta, oltre ad essere interessante per il lettore bulgaro, da sempre aggiornato delle vicende politico, economiche e sociali del Bel Paese, è un libro che potrà suscitare interesse tra i bulgari residenti in Italia, utile per approfondire ancor meglio gli aspetti “esotici” della politica italiana.

Non si sa, a tutt’oggi, come La Casta sarà accolto dai lettori, certo però, si può facilmente presumere, che nonostante il contenuto del libro, questo possa servire a dare un immagine più confacente alla realtà, non dell’Italia e­ /o dell’italiano medio, che esattamente come in bulgaro, ha problemi per fa quadrare i bilanci familiari, arrivare a fine mese e l’incertezza, a volte quotidiana, di poter trovare lavoro, ma della classe politica che il Sistema Italia è costretta a mantenere.

Marco Bazzato
22.06.2008
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domenica 15 giugno 2008

IX Meeting degli Scrittori Sofia-Varna 2008




Il Ministro della Cultura Bulgara, Stefan Danailov, con lo scrittore italiano Marco Bazzato e la traduttrice letteraia bulgara Vessela Lulova Tzalova.

Stefan Danailov, è conosciuto in Italia per il ruolo, come attore di Virgilio, della fortunata serie “Un Caso di Coscienza” interpretata da Sebastiano Somma

IX Meeting degli Scrittori Sofia-Varna 2008


I delegati

IX Meeting degli Scrittori Sofia-Varna 2008


Marco Bazzato col ministro degli affari esteri e vice presidente del consiglio dei ministri bulgaro, Ivaialo Kalfin e Nicolay Petev, presidente dell ssociazione degli scrittori bulgari

IX Meeting degli Scrittori Sofia-Varna 2008


I
l Presidente della Repubblica di Bulgaria Georgi Parvanov, Lubomir Levchev, Marco Bazzato

IX Meeting degli Scrittori Sofia-Varna 2008


Lubomir Levchev, poeta bulgaro