venerdì 29 febbraio 2008

Tipi Strani


Se ne incontrano di tipi strani in rete, quando si scrivono articoli, racconti o semplicemente si formulano le proprie opinioni. Uno tra questi è un certo Matteo Ferigo, non so se il nome sia vero o inventato, che a seguito di un mio racconto: “Adozioni Gay: no grazie” è partito subito, come un toro imbizzarrito o un coprogo in crisi di cibo, dandomi del diffamatore, dell’omofobo – dimenticando che esistono in opposizione anche gli eterofobici, paradossalmente impuniti dalla legge – e altri insulti più o meno velati, che possono essere letti perché pubblici, ciccando sopra il nome del soggetto, sopramenzionato.

Quello che balza subito all’occhio, che è questo signore, che si spaccia, non so se è vero, per un fine pedagogo, si lascia andare ad insulti, bassezze, mancanza di stile, che rasenta il liquame tossico di una discarica abusiva napoletana.

Ora, fermo restando il principio secondo me inviolabile che ogni persona ha il diritto, come stabilisce anche la
Costituzione Italiana all’articolo 19 – materia che prima d’insegnare ai suoi alunni, dovrebbe come minimo conoscere – si è permesso di dire che un racconto fantastico, ambientato in un ipotetico futuro, con diretta conseguenza con avvenimenti legali del 2008, è diffamatorio.

Allora, non credo esista il reato di diffamazione fantascientifica, oppure se dobbiamo tornare indietro nella storia italiana, siamo costretti a tornare all’
Indice dei libri proibiti, tento aggiornato fino al 1969 dal Sant’Uffizio.

La persona in questione, dandomi del diffamatore, citandomi una serie di letture scientifiche, non ha avuto il coraggio d’esporsi pubblicamente, assumendosi la responsabilità, che il tragico evento descritto nel racconto non potrà mai avvenire proprio per le cause da narrate. Se fossi un vero diffamatore, come sostiene, dovrebbe portarmi la prova certa che l’evento è totalmente fantastico, che non ha potuto – naturalmente – fare escludere, né nel presente attuale, né tantomeno in futuro.

Ci sono altre scorrettezze, o peggio ancora illegalità palesi, che il “fine pedagogo” ha messo in atto. La prima è stata pubblicare nel suo blog, senza l’autorizzazione della diretta interessata, di una mia foto, sebbene nel mio sito, è chiaramente visibile nella foto il simbolo © del Copyright, che mi è concesso in uso gratuito, ma che non poteva essere diffuso senza l’esplicito consenso scritto della legittima proprietaria, che non si era premunito a contattare.

Poi, non meno penalmente grave, il fatto, che si sia permesso di postare la mia corrispondenza privata, senza riceverne la preventiva autorizzazione, ancora in totale sfregio della Costituzione Italiana, che nell’articolo 15, a tal proposito è chiarissima.

Potrete sinceravi della bontà di quanto scrivo, andando direttamente al suo Blog, anche i reiterati insulti scritti nei miei confronti.

Ma quello che è più assurdo, è che questi ha definito “l'omosessualità non è una malattia, bensì una malformazione genetica innata”… “E la malformazione non è una cosa naturale?”… “Le ho detto che è una malformazione genetica, come può essere l'anoressia”, e continua “DOVE CAZZO HO DETTO CHE È UNA MALATTIAAAAAAAAAA?????????????? DOVEEEEEE???????"

Devo dire, che francamente sono rimasto basito dall’eloquio forbito, professionale, pedagogico di questo sedicente insegnate. Ho trovato il suo accanimento ridicolo, puerile, quasi patetico, forse tutto questo è dovuto ad una forte carenza d’affetto, oppure ad una frustrazione professionale non facile da estirpare. Trovo però più assurdo di tutto, che questo sedicente signore – se signore si può chiamare una persona che ha un eloquio così triviale – che dopo una serie d’illegalità, comportamenti moralmente ed eticamente scorretti, superando con estrema facilità il rischio di prendersi una denuncia per tutti i fatti sopramenzionati, non ha nemmeno, non dico cancellare i reiterati insulti, ma quanto meno, l’umiltà di chiedere scusa,ma d’altronde uno che titola il suo
blog come Schizoide Mat, c’è poco da stare allegri. e se avessi un figlio che ha la sventura d’averlo come insegnante, lo cambierei immediatamente, non di classe, ma di scuola.

Naturalmente il mio auspicio è che questa persona dimostri – soprattutto nei confronti di se stesso e degli altri – maggior controllo emotivo, confidando però, che almeno in classe – se veramente si considera un educatore – non si comporti come si è comportato con me.

Gli faccio i miei migliori auguri. Li merita di cuore, non tanto per lui, ma per è vicino: famiglia, genitori, figli, amici e alunni, avete tutta la mia umana comprensione, so che non deve essere una cosa facile, fatevi forza!

Marco Bazzato

29.02.2008

mercoledì 27 febbraio 2008

Aborto terapeutico

Gianna, nome di fantasia, sposata con un figlio, è incinta e al quinto mese di gravidanza. Il marito, Ivano, fa l’operaio in una fabbrica tessile, mentre la moglie è casalinga, e la famiglia con estrema difficoltà riesce ad arrivare a fine di mese, nonostante i sacrifici di tutti.

La donna, nei primi quattro mesi di gravidanza, era intenzionata a tenere il figlio, ma poi facendo e rifacendo i conti con Ivano si sono resi conto per loro una nuova bocca da sfamare, sarebbe stato un impegno finanziario troppo gravoso, nonostante la voglia di lei d’avere un altro figlio.

Di comune accordo, sentito anche lo psicologo indicato dal consultorio familiare, ricevette il tanto agognato certificato, che dichiarava il suo stato di stress psicologico che le rendeva impossibile proseguire serenamente la gravidanza, senza rischiare di compromettersi l’equilibrio psicologico.

Giunse così il giorno dell’aborto. La donna dopo esser stata preparata per l’anestesia locale, attese l’arrivo del medico. Era agitata, tesa, aveva paura e non voleva pensare a quello che stava facendo, ma sapeva che non aveva altra scelta, se voleva continuare a dare un futuro dignitoso, non ricco, a proprio figlio.
Chiuse gli occhi. Sentiva le fredde mani del dottore che preparava i ferri del mestiere. Tra poco le sarebbe stato strappato via il frutto dell’amore che custodiva gelosamente in grembo, ma che non poteva far continuare a vivere.

Sapeva che quella creatura era viva, era una parte di lei e che dal suo corpo traeva nutrimento, ma non poteva lasciarla crescere oltre. Ogni giorno che passava, sebbene sapesse che era suo figlio, lo sentiva come un escrescenza destabilizzante, un grumo di carne-persona in stato avanzato di formazione uterina, che doveva essere fermato, arrestato, reso inerte.

Anche il marito lo sentiva come un nuovo virus famigliare infettivo, un’escrescenza cancerogena che cresceva nel ventre della moglie, una pustola uterina che rischiava di raggiungere dimensioni abnormi, una malattia pensante, dotata di gambe, braccia, testa e corpo, un polipo annidato, che come una sanguisuga senza pietà avrebbe dilapidato in pochi mesi, i loro miseri averi.

Doveva essere abortito, ucciso, sterminato, reso clinicamente morto, aspirato e smembrato. Spesso sognava, come negli incubi neri che lo assalivano alle prime luci dell’alba, di vederlo questo piccolo assassina famiglie, guardarlo negli occhi ancora in formazione, mentre agonizzava, mentre quel tenero feto, o corpo ancora molle, cercava di prendere aria in un mondo che non doveva né conoscere né vedere. Sorridendo, si avvicinò alla moglie, che stava attendendo che l’escrescenza nel grembo uscisse come in un parto naturale, ma indotto dai farmaci.

Erano passate ore da quando il parto indotto aveva avuto inizio. Gianna era sotto morfina, lui no. Lui era sotto adrenalina, come un pupazzo caricato a molla, sul punto d’esplodere, implodere o colassare ad ogni istante. Teso come una corda di violino. Sentiva i lamenti della moglie, i dolori per le contrazioni che, come una marea impazzita, andavano e venivano, portandosi con se i detriti di una coscienza intorpidita e talvolta assente.

In certi attimi, la moglie pregava, in altri malediceva e bestemmiava, come una madonna indemoniata, un Eva assassina, che dalle urla d’un dolore scomposto, cercava un impossibile conforto.

La mano di Ivano stringeva quella di Gianna, entrambi avevano le fronti imperlate di sudore. Lui, avrebbe venduto il rene del figlio per potersi fumare un cannone di Maria, ma non c’era il tempo per fantastici sogni miserevoli. Non c’era tempo per perdersi in fantasiose ossessioni meschine, non c’era voglia d’abbandonarsi a gustose prelibatezze mentali, a succulenti piatti intrisi del sangue dei propri figli.

S’imposero di rilassarsi. Sapevano entrambi che sragionavano, che la mente si comportava come un Lee Harvey Oswald impazzito, come un Mohamed Alì Agca, vile attentatore fallito. Con uno sguardo s’imposero di calmarsi, con una stretta e un sorriso si costrinsero ad abbandonare i facili sogni, le fuggitive fantasie mentali, per tornare in un mondo reale, per tornare nel mondo mortale, assaporando – astrattamente – quell’aroma ferorroso del sangue, uscente dal ventre della sua sposa.

Gianna ad un tratto sentì che l’escrescenza stava arrivando, che il mostruoso demone uterino accucciato nel grembo, stava per percorrere, impaurito, quasi morente, la caverna nel ventre. Sorrideva, piangeva, singhiozzava e urlava. Erano grida sconnesse. Erano come le grida d’una bambina che attende la morte, le grida d’una donna infante che sta sgozzando l’agnello. Grida che come un eco, rimbombavano nella mente d’entrambi, rimbombavano d’un dolore assordante, accecante, agonizzante e morente. Un dolore primordiale e primitivo di una vita che sente d’essere strappata via dal mondo, d’una vita che sente scorrergli addosso gi ultimi istanti, percependo le lami del boia che gli strapperà gli arti.

Era uscito, dopo l’ultimo primitivo grido animale, con un suono sordo il feto, il quasi bambino, fu preso dal medico e gettato nella bacinella d’acciaio, mentre il sangue usciva copioso dalle intimità dilatate della donna, che esausta cercava – forse – un Eterno Riposo.

«Che ne facciamo?» chiese il medico all’improvviso. «Il feto è ancora vivo! C’è poco tempo per decidere», terminò abbassandosi la mascherina dal volto, mostrando un viso professionalmente e sadicamente impassibile.

Gianna e Ivano si guardarono spaventati. Senza dire una parola si capirono. Volevano vedere l’escrescenza, il mostro, il demone che s’annidava nel ventre che li avrebbe ridotti come barboni puzzolenti a chiedere pranzo e cena alla mensa dei poveri.

Il dottore, scafato a simili reazioni, annuì e sorrise. Era un sorriso di trionfo, un sorriso di vittoria della morte sulla vita, era il sorriso nero d’una divinità istituzionale votata alla distruzione dei corpi non nati.

Prese il piccolo contenitore d’alluminio e lo portò quasi all’altezza del volto della donna. Ivano con gli occhi lucidi osservava ogni movimento del medico. Era affascinato, rapito ed estasiato dalla grazia omicida che si sprigionava dall’uomo. Entrambi, come due bambini che stavano per decapitare una rana o prendere a calci e sassate un cane randagio sorridevano.

Gianna in quell’attimo aveva la sensazione d’amarli entrambi. Il marito, perché era il suo sposo, mentre i medico perché era il carnefice dei suoi sogni, l’angelo sterminatore, l’uccisore dei suoi incubi, il sacerdote, il messia nero, il traghettatore della morte nel mondo dei vivi. Sentiva che avrebbe in quell’attimo concedersi a lui, donandole le intimità dilatate e sanguinanti, quasi emorragiche, avrebbe venduto il cuore del figlio, pur di farsi prendere, possedere e cavalcare come un puledra imbizzarrita e selvaggia da quel vecchio Mefistofele, che l’aveva aiutata ad uccidere il futuro.

I due guardarono rapiti il piccolo feto di quasi sei mesi. Vedevano quel non corpicino, quell’essere legalmente non nato, che cercava di respirare. Era ancora ricoperto di sangue, e il cordone ombelicale era stato reciso senza ritegno.

Puzzava. Puzzava come un animale ricoperto di una placenta cancerogena. Era un odore di sangue andato a male, il tanfo di una creatura che non sapeva d’essere viva o morta, aggrappata ad una vita che non doveva vivere, attirata verso una morte che non voleva accettare.

«Il feto è sano, signori. Che ne facciamo? Lo rianimiamo oppure no?», domandò improvvisamente il dottore distogliendoli da quello spettacolo macabro e moribondo.

Un ultimo gesto d’intesa poi un sospiro reciproco, un sospiro non dissimile di quello d’una vita che si spegne e muore, un sospiro che racchiude milioni di respiri, eterno, senza fine, oscuro e senza ritorno, poi la donna parlò per entrambi.

«Lo lasci morire, dottore, questo non è un essere umano, non è una persona, è solo un grumo di carne privo di pensieri e umani dolori veri!»

Il dottore annuì, cercando di nascondere sotto la mascherina rialzata sul volto, un sorriso d’approvazione.

Il feto tentò altri pochi minuti d’avere una respirazione autonoma, poi, l’illegale corpo umano, la persona non nata cessò di respirare per sempre, divenendo puzzolente carne inerte.
Marito e moglie avevano gli occhi lucidi per la felicità. Il dissesto economico era stato scongiurato. Ivano guardò l’orologio, tra meno di due ore avrebbe ripreso servizio nella catena di montaggio. Doveva andare. Baciò sulla fonte la moglie, che le sorrise. Era un sorriso d’amore, il sorriso d’una ricchezza ritrovata, il sorriso di una donna amante, amata, che sapeva amare la vita, la famiglia, il figlio. Era il sorriso di una donna che ha salvato una vita che le cresceva in grembo, uccidendola, e di questo ne andava orgogliosamente fiera.

«Vai amore, ci vediamo domani. Io chiamo un taxi e torno a casa» Le disse accarezzandole la barba ispida.

«Signora?» domandò il dottore, interrompendo quell’idilliaco quadro da famiglia del Mulino Nero. «Cosa faccio di questo qui? Lo getto tra i rifiuti, oppure vuole che glielo incarti e se lo porta a casa?»

«Lo incarti pure. Sarà un pasto diverso per quello che noi reputiamo come un secondo figlio: Caino, il nostro stupendo rotweiller». Detto questo, Gianna chiuse gli occhi, addormentandosi con un sorriso beato sul volto. Ivano uscì dalla camera, e il medico, fischiettando, prese il piccolo feto, e incartò la cena per il cane.

Amava il suo lavoro!


Marco Bazzato

27.02.2008

martedì 26 febbraio 2008

Sanremo 2008: Stupro canoro


È iniziata! Disgraziatamente è iniziata la 58° Edizione del Festival di Sanremo. È iniziata sotto i peggiori auspici, nonostante la verve di Piero Chiambretti, che non ha lesinato battute nere, nei confronti dei direttori d’orchestra e verso il Pippone nazionapopoloare, giunto alla tredicesima dinastia, pardon, conduzione.

Un Festival fiacco, lento, sonnolento, un Festival che l’unico brivido che ha lasciato, almeno nella prima serata, sono state le numerose pause pubblicitarie, buone per andare a svuotare la vescica e per sgranchirsi le gambe e purificarsi la mente.

Un Festival di basso profilo nella scelta delle canzoni in gara: broccoloni (Nuove proposte) e Big: (Cariatidi), vecchie mummie della preistoria musicale, tolte dalla celle frigorifere, come i fiori o carne congelata, sbattuti sul palco a cantare abomini musicali, per poi, come in alcuni casi, essere riaccompagnate al ricovero psichiatrico coatto, per timore che si autofacciano la fine del topo, come qualche loro famigliare ha già fatto in passato.

L’inizio è stato una vera lagna, una tortura di Guantanamo o Abu Ghraib, un attacco preventivo iniziale alla forza di sopportazione degli spettatori in platea, all’Ariston, e a casa, con l’ormai nauseabonda “Volare” non cantata da Domenico Modugno, che in quanto morto, ha declinato l’invito, ma mal interpretata – quasi barbaramente – da Gianni Moranti, che a molti telespettatori ha fatto venire un attacco emorroidale.

Il Festival ha preso avvio, non come un auto nuova, ma come una vecchia carretta di quasi sessant’anni, come una vecchia cavalla rinsecchita che nonostante tette rifatte, liposuzioni, liftigng, o altri restauri plastici, rimane una vegliarda in menopausa, buona solo per raccontare racconti dell’orrore ai nipotini, sempre che il fiato puzzante di morte non li faccia fuggire via.

Il ronzino, canzone per canzone, cercava di muoversi, ma il peso dei lustri si sentiva tutto, sia da parte del presentatore, ma specialmente dal pubblico in sala, che applaudiva, forse perché costretto da scariche elettriche sulle chiappe.

Da menzionare, tra i figli di papà, come accaduto lo scorso anno con Dj Francesco e il padre Roby Facchinetti, la salita sul pulpito sanremese di un altro figlio d’arte: Daniele Battaglia, figlio di Dodi, storico componente di Pooh, che ha cantato un brano decisamente poco interessante, provando a ricalcare lo stile Pooh, ma senza il carisma dei medesimi, con evidenti stonature e voce che arriva ai toni alti.

Ma l’apoteosi della fetecchia, la vetta della distruzione canora, l’assalto kamikaze all’arma bianca degli ultimi bastioni rimasti d’un Festival decotto, d’una rappresentazione, che non rappresenta né la vera canzone d’amore italiana, né i veri artisti talentuosi, si avuta quando sul palco, ha fatto il suo ingresso la signora D’Alessio: Anna Tatangelo, con un brano scritto dal marito – alla faccia del nepotismo – dedicato ad un parrucchiere, o truccatore eterofobico, intitolato “Il mio amico”, che secondo le intenzioni dell’autore – D’Alessio – e dell’interprete – signora Tatangelo in D’Alessio – avrebbe dovuto commuovere – perché? – gli ascoltatori, declamante l’ amore” sempre che possa esistere amore tra persone dello stesso sesso. Un testo squallido, una canzone misera, da non far udire ai minori, che andavano allontanati dalla tv, proprio per non rimanerne disgustati dai contenuti, dove in molti, saranno corsi in bagno a vomitare il pollo o la pasta dell’agosto 2004.

Alla fine, tirando le somme – negative – non c’è da stare allegri. La direzione artistica mostra le corde della vetustità, come la conduzione, del medesimo; si salva solo Chiambretti, che però da solo – vista anche la bassa statura fisica, nonostante la bravura indiscussa – non riesce a sostenere il peso di una conduzione che mostra le corde in ogni suo punto.
Le uniche note di colore interessanti: la presenza di un microfonista, che per errori lampanti della regia, affidata a Gino Landi, ha fatto infuriare il Pippo nazionale, per la presenza inopportuna sul palco, e la bella e buona ungherese – come il salame - Andrea Osvart, che sorridente ha messo alla berlina la mania tutta italiana, di sentirsi e nominarsi ragazzi sino all’età di quasi quarant’anni. Fuori dall’Italia, specie nei cosiddetti Paesi dell’Est, ridono e sorridono di questa “nostra anomalia”, facendoci non solo, come disse Tommaso Paoda Schioppa, la figura dei bamboccioni, ma passando, peggio ancora, per dei burini di provincia, pronti a lodarsi e ad imbrodarsi senza ritegno, dimenticandosi che spesso il mondo ci guarda e ride di noi!


Marco Bazzato

26.02.2008

domenica 24 febbraio 2008

RU486: Lassativo uterino


Sembrerebbe in dirittura d’arrivo, l’approvazione della cosiddetta pillola del giorno dopo, la famigerata RU 486, l’Euchessina vaginale, o per meglio dire il lassativo uterino per donne sbadate, per puttanelle che aprono più facilmente le gambe, che non hanno il collegamento col cervello, facendo felici i maschi, che possono scaricarsi, non solo i bambini liquidi nel ventre della donna, ma soprattutto la coscienza, copulando come criceti, certi che poi le donne, si puliranno l’utero dai frutti indesiderati, con la stessa semplicità con cui si svuotano l’intestino, quando questo è pigro.

Quello che non si capisce, è perché si debba agevolare la donna allo smaltimento del rifiuto nocivo indesiderato, incentivando di riflesso, l’accoppiamento selvaggio, la scopata senza capo e ne coda, fatta con la stessa incoscienza con qui i giovani in discoteca si impasticcano o si ubriacano e poi, senza ritegno, vomitano tutto, per ricominciare nuovamente.

D’altronde la “necessità” d’approvare l’utilizzo del lassativo uterino, è dovuto al fatto, che soprattutto le giovani,
specie se minorenni, si fanno sbattere senza pietà e ritegno, però quando si accorgono che il ciclo se ne è andato a puttane, hanno come primo problema quello di capire chi potrebbe essere il padre, cosa spesso impossibile vista l’alta varietà di organi maschili che le con la frequenza di un temporale – ormonale – primaverile, le attraversano, iniziando a tramare se i genitori, sanno che questa non passa il suo tempo in orazioni o studio, ma a studiare introduzioni diverse, e quindi sono colpite da scariche diarroiche, per timore del taglio dei viveri, o peggio o meglio – dipende dai punti di vista – , essere cacciate di casa, se questi venissero a conoscenza dell’ingravidamento della loro Maria Maddalena.

Quindi poi, debbono mettersi le gambe in spalla, andare al consultorio, perché qualcun altro si faccia carico dei casini che si sono autoprovocate, sempre col timore di venire scoperte, dovendo cos’ì affrontare quello che per loro potrebbe essere il presunto ennesimo dramma: gli
antiaboristi, che invitano le giovani a farsi carico, dopo il piacere, del dovere come future madri. Ma queste verginelle in famiglia, non ci stanno, e quindi devono farsi mettere sotto l’ombrello protettivo di un giudice tutelare, che le aiuti a liberasi del foruncolo in crescita nel ventre, all’insaputa dei genitori, esautorandoli dal diritto dal venire a conoscenza di quanto la sciagurata vuole compiere.

È ridicolo, che nel 2008, che giovincelle super tecnologiche, collegate in rete, col telefonino multifunzione, esperte in moda, immagine, apparenza, siano totalmente vuote a livello intellettivo e preventivo. Ma queste saputelle dalle gambe divaricate, non sanno che esiste la
pillola anticoncezionale, il profilattico da far indossare al “membro” maschile prima della copula? Eppure anche una mula – in dialetto triestino – oggi ha accesso alle informazioni presenti sul web, evidentemente, è tempo sprecato leggere e informarsi; se qualcuno non se ne è accorto l’analfabetismo e gl’ignoranza degli anni quaranta e cinquanta, è stato superata da tempo, o no?

Il paradosso, in tutto questo pseudo liberismo sessuale, è che gli unici felici sono i maschi, i giovani torelli, i novelli
Rocco Siffridi che scaricano – prima il seme – sulla donna la responsabilità degli atti fatti consensualmente, non venendo a conoscenza – o esautorati che dir si voglia – al pari di genitori delle medesime, se le loro amate, hanno gettato nel cesso il frutto di quanto, con tanto pene, avevano godentemente inoculato nel ventre.

Molti sostengono che bisogna avere rispetto per queste “tragedie”, per queste difficili decisioni, generate però dall’irresponsabilità nei confronti di se stesse, che bisogna avere comprensione, mettendosi nei panni queste povere sventurate dalla donazione uterina facile, che con la scusa dell’autodeterminazione della donna, invece d’elevarla per sensibilità ed intelligenza, da sempre e comunque a succube del lassismo maschile, che si disinteressa, a questo punto di quanto fa con una donna, tranquillo che dopo la scopata può giare del spalle, dormire e disinteressarsi, perché legalmente – ma non
eticamente e moralmente – esautorato dalle proprie responsabilità.

L’aborto, lasciando da parte i casi di
stupro, che sono la quinta essenza della bestiale animalità maschile, dove la donna che lo subisce, ha tutto il diritto di non sentirsi infetta dal malefico frutto violento che le cresce nel ventre, non è un dramma della donna, ma la conseguenza di un suo disinteresse personale nei propri confronti, che come tale andrebbe educata ad una sessualità intelligente, cosa che sempre più frequentemente non fa e non sta certo Stato, alla istituzioni mediche togliere l castagne dal fuoco alle giovani sconsiderate, in quanto, sembrerebbe che secondo un presunto sentire comune ingravidamento e maternità sia diventata una colpa, un danno da cancellare dalla coscienza sociale, in nome della salute psichica della donna e dell’uomo, che non usano la ragione sulle possibili conseguenze dei loro atti sessuali, non prendendo le adeguate precauzioni, che dovrebbero essere un obbligo di coscienza per entrambi. Evidentemente spesso, questa è rimossa dall’estasi del godimento orgasmico, oppure non è proprio nata perché abortita.

Marco Bazzato
24.02.2008
http://marco-bazzato.blogspot.com/

venerdì 22 febbraio 2008

Divide et impera



Dopo la proclamazione dell’indipendenza, unilaterale del
Kosovo, immediatamente riconosciuto, dagli Stati Uniti, i serbi, da paese fortemente nazionalista, non sono rimasti in silenzio a guardare, prendendo di mira l’ambasciata americana, a Belgrado.

Anche l’Italia, servile, si è accodata al padrone, mentre l’Unione Europea, ha lasciato libertà di coscienza – sempre gli Stati ne abbiano una – se riconoscere o no, il nuovo Stato.

Mosca, dal canto suo, ha vibratamente protestato in sede ONU, paventando addirittura l’intervento armato, senza per ora specificare, ma potrebbe anche optare per la sospensione del gas all’Europa dove, mentre l’Unione, dopo gli scontri di Belgrado, com’era chiaro, ha deciso di congelare l’ingresso della Serbia, quindi da una parte, indebolendo l’Unione Europea e dall’altra, vista la storica amicizia con la Russia, rafforzando quei legami tra i due Paesi, arrestando anche l’ingresso, non ben voluto dai russi, di Belgrado nell’Alleanza Atlantica.

I rapporti internazionali, si stanno surriscaldando, col rischio che nelle prossime settimane, o nei prossimi mesi, i Balcani, possano nuovamente infiammarsi.

Se la Russia, passasse dalle parole ai fatti, è probabile, che il primo Paese, ad essere colpito, potrebbe essere proprio il Kosovo, con i naturali danni collaterali (leggesi vittime civili), facendo cadere il piccolo neo Stato dalla padella (Serba) alla brace (Russa), vista la potenza di fuoco che con ogni probabilità verrebbe impiegata.

A questo punto, la Nato, e l’Unione Europea, sarebbero costrette a correre ai ripari, per difendere i confini degli Stati membri, col rischio di un escalation di difficile controllo, non solo politico, ma anche sociale, con innumerevoli costi, sia sotto il profilo umano – influenti sotto l’aspetto strategico – sia sotto l’aspetto economico, e delle infrastrutture, il che secondo gli strateghi delle ricostruzioni post belliche, sarebbe solo un bene, – secondo loro – l’unico bene per cui valga una guerra.

Resta da vedere, come si comporteranno i gli Stati membri dell’Unione Europea, specie quelli, come l’Italia, che hanno nel suolo Kosovaro le truppe sotto la bandiera ONU.

Se l’ONU scegliesse di ritirare le truppe, quasi sicuramente l’esercito Serbo, o le milizie come già avvenuto in passato, entrerebbero nella piccola ex provincia, mentre se i soldati della forza internazionale dovessero mantenere le posizioni, in caso di vittime tra quest’ultimi, non si scarterebbe l’opzione di un intervento, come ritorsione, di quei Paesi, che le hanno subito perdite.

D’altronde, per i signori della guerra, questo è un buon momento per un conflitto, seppur forse teoricamente piccolo, ma praticamente nel cuore orientale dell’Unione Europea, infatti, l’economia dei Paesi occidentali, come Germania, Francia e Italia, arranca, mentre le cosiddette economie emergenti, quelle degli ex Paesi del blocco sovietico, Bulgaria e Romania in testa, corrono al galoppo, con molti investimenti anche dei Paesi Occidentali dell’Unione, da tempo si riversano in massa su questi Stati, delocalizzano industrie, anche servizi – telefonici – come fino a pochi anni fa si faceva in Irlanda, incentivati dagli enormi flussi di stanziamenti dell’Unione, che per assurdo potrebbe vedere proprio in un conflitto in quest’area, un buon motivo per chiudere i rubinetti, facendo letteralmente implodere queste “pericolose” nuove economie.

L’Italia, per paradosso, nuovamente impegnata nell’ennesima campagna elettorale,ventra cittadini, sembra disinteressarsi del problema ,annebbiata dalle lamentele della non candidatura di un ottuagenario come Ciriaco De Mita, offeso perché nessuno gli offre una comoda poltrona e stipendio, o indennità parlamentare, per garantirsi una vecchiaia dignitosa, ed i politici di entrambi gli schieramenti, da buoni provincialisti, convinti che esista solo il Bel Paese, o ignorano, o fingono di ignorare, quanto sta avvenendo fuori dal loro piccolo orticello di potere, perché più interessati a spacciare, per promesse elettorali – bugie – ardimentose favole di risanamento futuro, quando i responsabili del disastro attuale, girandola e voltandola sono sempre i soliti noti: loro!

È palesemente chiaro, che con un’economia internazionale, dei Paesi occidentali, del nord del mondo in stagnazione, quasi recessione, avviata, viste anche le continue e reiterate speculazioni internazionali sul mercato del greggio, che una guerra, potrebbe diventare inevitabilmente necessaria, specie per Stati Uniti –
geneticamente cowboy – ,con un enorme debito estero, che non riesce a ridurre, col dollaro, sebbene ufficialmente moneta di scambio internazionale, molte economie, come fu a suo tempo l’Iraq di Saddam e come l’Iran, preferiscono, a pagamento delle loro esportazioni petrolifere, l’Euro, che da anni continua la sua ascesa.

L’Europa, ma prima di tutto gli Stati Uniti, sono sull’orlo del baratro economico, come lo era la Germania del 1922, prima del catastrofico avvento di Hitler alla guida del Paese.

Se L’America e l’Europa piange, l’Italia, non può certo ridere, tant’è che l’inflazione italiana, secondo le stime di questi giorni, complice il caro greggio ed i conseguenti aumenti a cascata di beni e servizi, prezzo oltretutto viziato alla fonte, da un “legale” strozzinaggio fiscale, ha toccato è al 2,9%, come nel 2001, segno che la politica di risanamento, teoricamente attuata dagli ultimi due governi, tesoretto compreso, ha il fiato corto e le famiglie affamate, che a fatica, riescono ad arrivare alla terza settimana.

La crisi Kosovara, quando deflagrerà nei media, sperando non con la violenza di un paventato intervento russo, costringere il Paese, proprio sulla spinta del terrore psicologico dei mezzi di comunicazione di massa, a nuove misure draconiane strozza popolo.

L’attuale situazione geopolitica internazionale non preannuncia certo venti di bonaccia, le fosche nubi che si addensano all’orizzonte, dovute o alla miopia politica internazionale, o peggio ad una precisa volontà di generare instabilità, dentro e nei paesi confinanti con l’Unione Europea, che avrà, quasi certamente, serie ripercussioni umane – gia iniziate col morto durante la manifestazione di Belgrado – sociali, col rischio di una nuova carneficina, ed economiche, che potrebbero disgregare ed incendiare, non solo i Balcani e l’Unione Europea.


Marco Bazzato

27.02.2008

giovedì 21 febbraio 2008

Preti sposati: magari!


Non accenna a placarsi la richiesta per la revisione della legge canonica che impone il voto di celibato, e quindi di castità ai sacerdoti. Ora l’istanza di revisione arriva dal Brasile, dove anche nel Paese sud americano, come nella laica e decristianizzata Europa, continua la lenta ed inevitabile moria delle vocazioni.

Prima ancora del “presunto” scandalo
Milingo, unito in matrimoni dalla Chiesa del reverendo Moon, con la coreana Maria Sung, seguito a ruota, in ordine di tempo, da Don Sante Sguotti, che col suo libro “Il mio amore non è peccato”, facendo incazzare un bel po’di persone, sia nella curia padovana, sia dallo Stato straniero, Città del Vaticano, che come ritorsione, per aver raccontato un po’ di fatti piccanti, gli ha schiaffato, una bella Sospensione a Divinis, esattamente come Milingo, dimostrando, come il detto evangelico – apocrifo – di Tommaso, che recita “Gesù disse, "Non mentite, e non fate ciò che odiate, perché ogni cosa è manifesta in cielo. Alla fine, nulla di quanto è nascosto non sarà rivelato, e nulla di quanto è celato resterà nascosto."

D’altronde, solo le gerarchie ecclesiastiche fingono di non sapere, che l’ascesi o la castità assoluta, è una balla bella e buona, dannosa per la psiche di chi la pratica, in quanto, non c’è preghiera che tenga, innanzi alle pulsioni sessuali, naturali, se sane, e non deviate, di un essere umano.

Un prete, può pregare quanto vuole, ma non possono negare, il bisogno di lussuria e concupiscenza, il desiderio d’affetto, non solo spirituale, ma anche carnale, che una sana scopata, fatta con la donna che si ama, da come purezza al corpo e alla mente.

D’altronde, c’è poco da stare allegri, perché di preti che vanno a puttane o finocchi, è una realtà risaputa anche dai bambini.

D’altronde la Chiesa Cattolica Romana, è l’unica, per un mero interesse economico, che non permette ai sacerdoti di sposarsi, negando anche la possibilità a questi d’essere buoni mariti e buoni genitori, visto che la Chiesa sa benissimo quanto costa mantenere una famiglia, quanto costa educare un figlio e sono prezzi a cui, impone ai propri ministri di non piegarsi.

Strano, poi, che quando Un Tizio, duemila anni fa “Lasciate che i piccoli vengano a me” Marco 10,14, impedendo praticamente agli esseri umani, desiderosi non solo di servire Dio, ma anche seguire l’istintuale bisogno di procreazione, di creare, tramite un atto d’amore e di donazione, una nuova vita. Tanto è vero che le altre Chiese Cristiane, non di rito Romano, permettono, anzi come nel caso della Chiesa Cristiana Ortodossa, il matrimonio, tra un uomo e una donna, al futuro sacerdote, prima di ricevere i voti.

Il punto essenziale, che la vera Chiesa di Cristo, era una comunità che aveva al suo interno, proprio esattamente come la comunità ebrea, di cui lo stesso Gesù ne faceva parte, per predicare al tempio, secondo la regola in uso a quel tempo, doveva essere sposato, e questo i bblisti e gli storici del cristianesimo antico, e dell’ebraismo dei tempi di Gesù lo sanno benissimo, solo che continuano a nascondersi dietro ad una tradizione, falsamente progressista, che vede nel ministro di Dio, una persona, dedita solo a quest’ultimo e alla Chiesa stessa, in diretto contrasto, con quelli che erano gli insegnamenti, secondo i costumi del tempo, di Cristo, a qui egli stesso si assoggettava. Evidentemente il cristianesimo, che ha generato lo scisma, ha deciso, per interesse di bottega, di rinnegarla.
Alla faccia della verità!

Marco Bazzato

21.02.2008

mercoledì 20 febbraio 2008

Kosovo: Balcani a rischio?

Dopo la proclamazione dell’indipendenza unilaterale del Kosovo, la stabilità dei Balcani è a rischio.

Sono molte infatti le voci, non solo in Serbia, ma anche nei Paesi confinanti, che si levano contro questa decisione politica, ritenuta oltre che illegale, anche dannosa per gli interessi sia della provincia Serba, sia per l’intera area.

A scompigliare le carte, si sono messi subito gli Stati Uniti d’America, che hanno perso l’occasione di star zitti, e che hanno riconosciuto il neonato Stato indipendente.

Di diverso avviso la posizione dell’Unione Europea, che ha lasciato ai singoli Paesi membri, libertà di coscienza,se riconoscere o no il Kosovo.

L’Unione ora si trova divisa, a macchia di leopardo, in quanto l’Italia, per bocca del ministro degli esteri, ha già riconosciuto la riottosa ex provincia serba, mentre altri Stati, come ad esempio la Spagna, hanno sbattuto – per ora – in faccia le porte al Kosovo, solo perché ha problemi con gli indipendentisti Baschi.
La Russia, certamente, non starà a guardare, perché anche sul fronte interno è impegnata a tenere a bada le numerose spinte secessioniste, che dal crollo dell’ex impero sovietico, lacerano gli instabili equilibri , ma di cui i media nazionali italiani, in quanto l’Europa acquista gas dalla Russia, preferisce ignorare, facendo però il diavolo a quattro, se Putin decidesse di chiudere i rubinetti, lasciandola al gelo.

Alcuni la chiamano politica internazionale, altri, reputano questo silenzio come un assenso, basta che ci lascino il caldo, poi cosa combinano lì, così distante dalla Civile Europa, sono affari loro! Esattamente come hanno fatto gli americani. I diritti umani, sono un concetto alquanto aleatorio e variabile, dipende dal momento e dagli interessi economici in gioco e anche questo caso non fa eccezione.

Fa riflettere, questa celerità con cui l’America ha riconosciuto questa nuova entità, non per buon cuore, ma sapendo benissimo, che una degenere decisione del genere, avrebbe portato a far sbandare proprio l’Unione Europea, impegnata da tempo ad una difficile mediazione per far entrare la Serbia nell’Unione e dopo questa decisione, sicuramente i rapporti con la Serbia, molto probabilmente si raffrederanno, ,mettendo a rischio anche le relazioni diplomatiche serbe con la vicina Bulgaria, che si è riservata la decisione di riconoscere il Kosovo indipendente, nei tempi e nei modi che riterrà più opportuno, sempre che sia opportuno.

C’è un altro motivo che rende quest’indipendenza non molto allettante. Il Kosovo, infatti, è a maggioranza islamica, e non sa come nel prossimo futuro si potrà evolvere la politica interna ed internazionale, visto proprio l’orientamento religioso.

Non va dimenticato, che spesso alcuni Paesi, prima ritenuti “amici” dell’America, vedi Iraq ed Afganistan, poi per mutate situazioni geopolitiche, sono diventati “nemici dell’America”, “Stati Canaglia”, rieducati alla democrazia a suon di bombe all’urano impoverito, fosforo ed eserciti multinazionali d’invasione pacifista, che invece di sanare le ferite interne, le hanno aumentate.
La soluzione di un Kosovo indipendente, può apparire ai Paesi lontani, come motivo di stabilità, ma negli Stati confinanti, questa decisione unilaterale, continua a non essere vista né di buon occhio, né tantomeno di buon auspicio per il futuro, sapendo quanto instabili sono i delicati equilibri regionali, e di come le convivenze multietniche siano estremamente difficili e di non facile conciliazioni delle differenti istanze individuali e sociali.

Forse, nonostante i tanti anni di presenza di una forza ONU, composta anche da truppe italiane, quella che oggi potrebbe essere visto come il male minore, in un futuro, si spera lontano, potrebbe diventare la peggiore delle sventure avvenuta in Europa dopo la fine della II Guerra mondiale, e questo nuovo Kosovo indipendente, certo non viene alla luce sotto una buona stella.


Marco Bazzato

20.02.2008

martedì 19 febbraio 2008

Ricevo e pubblico


Ricevo e pubblico una gentilissima mail giuntami questa mattina, ringraziando l'autuore per avermi fato notare la mancaza dello spazio riservato ai commenti. Mancanza dovuta, non ad un intento censorio, ma ad un banale errore d'impostazione nei comandi del blog. Scusandomi per il disguido causato dalla mia imperizia,
Marco Bazzato

Salve signor Marco Bazzato,

ho appena terminato di leggere il suo articolo
"Adozioni Gay, No Grazie" e mi sono accorto che nel suo blog non è possibile inserire commenti, quindi mi ritrovo a scriverle questa e-mail, innanzitutto per congratularmi per l'assenza di libertà di parola che garantisce ai suoi lettori.

Inizio subito col chiederle gentilmente le fonti del suo articolo dato che, nonostante sia palesemente inventato, ad una rapida lettura da parte di un lettore disattento questa potrebbe apparire come un racconto reale e potrebbe sviare da una realtà completamente diversa.

Infatti, da quanto ne so io, mi pare azzardato che un bambino possa odiare i propri genitori adottivi a tal punto da arrivare al suicidio... sarebbe un caso unico nel mondo, unico anche per l'assurdità del fatto: questo bambino al di là della famiglia non conosceva nessuno? Nessun amico? Nessun primo amore? Nessun hobby? Niente di niente? Beh, mi sa più di una storia di un ragazzo segregato in casa più che altro.

Inoltre le note contenute nel suo articolo mi fanno sorgere molti dubbi per l'incoerenza con ciò che succede nel mondo reale:

o la storia dei bambini che lodano i propri genitori eterosessuali naturali e adottivi mi ha fatto scappare una grossa risata: non ho mai visto un bambino vantarsi con gli amici del proprio papà e della propria mamma, o discutere sui propri genitori invece che giocare a pallone, o fare la gara con gli amici a chi ce l'ha più grosso (il papà, intendo), o chi ha la mamma più gnocca, ecc.

o non sono inoltre riuscito ad immaginarmi un bambino, figlio di una coppia gay aggressivo, e soprattutto che nessuno nel gruppo dei coetanei non l'abbia almeno stuzzicato per essere figlio di un omosessuale; ad immaginarmi un omosessuale latente aggressivo, poi, non ci provo neppure o i dati riportati da una rivista indipendente poi mi fanno capire quanto lei sia una persona ignorante in materia di valutazioni scientifiche: se un articolo non viene riportato dalla maggior parte delle riviste scientifiche di psicologia (la medicina non vedo proprio cosa possa centrare con questo caso, quindi questa sua citazione fuori luogo è davvero ridicola) è evidente che al suo interno abbia numerosi quanto evidenti errori di interpretazione o inoltre i dati da lei riportati sono in pieno conflitto con i numerosissimi dati riportati dall'APA (American Academy of Pediatrics), i quali nei loro esperimenti non hanno notato nessuna differenza psicologica significativa tra i figli di genitori eterosessuali e di quelli omosessuali; un dato così contrastante avrebbe portato ad altri dati opposti a quelli derivati dagli esperimenti dell'APA, e invece niente.

Insomma, sentiti complimenti per la MEGA-STRONZATA che evidentemente ha scritto di suo pugno, nella quale dimostra di essere una persona ignorante, dal pregiudizio facile, diffamante, senza scrupoli nel raccontare il falso e disposta a tutto pur di portar acqua al suo mulino.

Ci tengo a farle notare che non le dico questo perché sono un omosessuale, e non rappresento nessuna associazione gay, bensì sono semplicemente una persona stanca di vedere in giro gente come lei, che si spaccia per saccente dall'alto della sua ignoranza. Si vergogni.

Le consiglio inoltre di provvedere il più presto possibile di cancellare o al massimo di correggere il suo articolo diffamante e falso prima che qualcuno le faccia causa.

Sperando di non dover mai più leggere cose del genere in giro per la rete, le porgo i miei distinti saluti.

lunedì 18 febbraio 2008

Campania: normalità senza fine


La normo-emergenza rifiuti, come molti osservatori, comportandosi da buone Cassandre, avevano pronosticato, è ben lungi dal dirsi conclusa, anzi. Il tracollo dell’economia Campana, secondo gli avvoltoi di sventura, è prossimo.
L’inverno col suo freddo e ghiacciato tepore, lentamente lascerà spazio alla primavera e alle imminenti festività della Pasqua, che per molti albergatori, già fin da ora, si preannuncia in magro, peggio di una quaresima, con una carestia di prenotazioni cancellate, ma – se continuerà di questo passo – con una vera e propria emorragia, causa licenziamenti di massa, nel settore alberghiero e della ristorazione.


Già da ora, gli alberghi sono desolatamente vuoti, silenziosi, dove con un po’ di fantasia si potrebbe sentir riecheggiare le invocazioni di un San Gennaro – fuggito per il tanfo nauseabondo – unite alle imprecazioni, maledizioni ed ogni genere di fattura nei confronti di un’amministrazione locale assente e di una politica nazionale, che come da prassi, ha fatto per lustri, le orecchie da mercante, fingendo, peggio delle talpe, di non vedere quanto profondo stava, giorno per giorno, settimana per settimana, diventando l’abisso. Ma quello che fa sorridere, che come sempre accade, quando si tocca il fondo, molti invece di darsi da fare per risollevarsi, corrono ad acquistare pala e piccone, per scavare ancora più in profondità, nella vana speranza di poter trovare, qualche granello d’oro o addirittura il petrolio.

Ma se già da mesi, in molti non hanno più la forza per riderci sopra, tra qualche settimana, si inizierà a piangere sul serio. Infatti, con l’arrivo della bella stagione, il pericolo epidemia, potrebbe diventare, non un astrazione per virologi, magari contenti d’un ritorno dei qualche epidemia, così potranno abbandonare i freddi laboratori testando qualche nuovo farmaco sperimentale, senza dover necessariamente passare per i topi.

»Vista l’emergenza, qualche piccolo sacrificio nel nome della scienza, dovrà pur essere sopportato dalla popolazione infetta, no?» Si staranno forse dicendo così, tra di loro, sfregandosi le mani, rinchiusi nei loro laboratori?

Anche l’Unione Europea ha segato le gambe all’Italia, ma non importa, ci abbiamo fatto il callo, visto che i media, non riportano mai quanto il Bel Paese paga ogni anno di multe. I politici di certo, specie ora in campagna elettorale, sono impegnati a rimpinguare i bilanci dei partiti, e non hanno tempo per queste inezie, tant’è che nessuno apre bocca su questa normo-emergenza.

Come si evolvere in futuro la situazione? Nessuno ha il coraggio di far previsioni. Certo è che i tedeschi, sebbene adeguatamente pagati, non ne vogliono sapere delle Balle Ecologiche italiane, ed i treni non partono e le altre regioni italiche, giustamente, come dei novelli Ponzio Pilato,s ne lavano le mani.

Gli unici contenti, sembrerebbero essere, per paradosso, proprio i cittadini Campani, che oltre a subire i danni, ricevono, quando hanno la disgraziata idea di ribellarsi, qualche bella manganellata in testa, se si azzardano ad attuare i blocchi stradali.

C’era uno, nel ventennio del secolo o millennio passato, che risolveva i problemi col manganello e l’olio di ricino, ora quest’ultimo, non sembrerebbe più necessario, tanto col tanfo nauseabondo le scariche evacuative intestinali sono all’ordine del giorno.

Meglio così, almeno si risparmia su questo fronte.

Insomma, tra poco torneranno le rondini, mentre come già scritto, San Gennaro è emigrato, forse sotto il sole Brasiliano, facendo visita, quando vuol sentire l’aria di casa, a qualche favelas puzzolente nei sobborghi di Brasilia. Forse gli mancherà la musicalità del dialetto napoletano, gli schiamazzi degli scugnizzi, le sparatorie camorristiche per il controllo del territorio che colorano di rosso sangue marciapiedi ei rioni, il taglieggiamento degli esercenti.

Sicuramente gli mancheranno i campani, della Napoli e della vera, vittime di una politica cresciuta allattata a latte cagliato, che se ne infischia, vedendoli come servitori con le pezze al culo, buoni solo per essere sbeffeggiati e fottuti.

Meglio a questo punto emigrare. Chi non può s’arrangi, comprandosi santini del San Gennaro brasilero, mascherine, cornetti antisfiga, attendendo che arrivi la Sanitaria Quarantena Regionale, quando la caluria opprimente, colpirà mortalmente e cristiani e non indistintamente e senza colpe penali per nessuno, creperanno in scala industriale. Per la scala artigianale elocale ci pensano già tumori e malattie polmonari che secondo la scienza ufficiale, non sono imputabili alla normo-emergenza rifiuti campana. È colpa dei campani, che hanno scelto di nascere, vivere lì e hanno il diritto e dovere di prendersela solo con loro stessi. Almeno così, non ufficialmente, dichiarerà, ora e sempre, la politica campana.
Alleluia!!


Marco Bazzato

18.02.2008

domenica 17 febbraio 2008

Campagna Elettorale: Maschilismo italico!


Si sta lentamente entrando nel vivo della campagna elettorale. Il neonato Partito Democratico, sta affilando le armi, cercando sebbene i sondaggi lo diano già per spacciato, per attaccare la nuova Corazzata Potëmkin, denominata Partito delle libertà. Entrambi gli schieramenti, propongono come prossimo futuro Primo Ministro, due vecchi ronzini di classe: Walter Veltroni e Silvio Berlusconi, mostrando per l’ennesima volta, come la politica italiana, è ancorata allo schema maschilista, intollerante ed impossibilitato per cultura retrograda a candidare una donna alla guida del governo.

Siamo forse uno dei pochi Paesi “civili” europei, che non è mai stato guidato da una donna, questo la dice lunga sulla misoginia italica, refrattaria al cambiamento è culturalmente arretrata.
Il Regno Unito, per anni è stato governato da
Margaret Thatcher, che apparteneva al partito conservatore, o Angela Merkel, mentre l’italietta cattocomunista, continua a litigare sulle Rosa Quote in parlamento – come fossero Panda a rischio estinzione – quando in Svezia, la presenza femminile è del 47%.

Peggio sta facendo la Sinistra Arcobaleno, accozzaglia politica di partiti, che ha al suo interno comunisti riciclati di togliattiana memoria, Verdi e altre sigle politiche unicellulari, che come un microrganismo virulento, raccoglie all’interno del suo nucleo, nel D.N.A malato, verdure, identità sessuali ambigue, maschi dalle tette in plastica, femministe radicali, obbedienti disobbedienti civilmente incivili, che nel loro pro – re – gressismo, sono sempre in prima linea in difesa del diritto d’Utero Libero, avendo come candidato premier, quel giovane puledrino dalla Erre moscia di Fausto Bertinotti.

Insomma, la sinistra pro – re – gressista, dalle radici – lorde col sangue della storia staliniana – che a parole ha sempre campato come un avvoltoio che si ciba di carogne – sul teorico diritto della donna all’emancipazione, al diritto laicamente e ateitisticamente sacrosanto, dell’autodeterminazione, e della libera scelta, non ha avuto le “ovaie” di candidare una donna a diventare Presidente del Consiglio, come ha avuto le “palle” di fare La Destra con Daniela Santanchè , che senza dare calci in culo al motto “Dio, Patria e Famiglia”, ma sapendo dove mandare gli studenti di sinistra che protestano davanti Montecitorio, contro – l’effettivamente mediocre e deleteria – Riforma Moratti, si propone come l’unica candidata premier donna del panorama italico. Senza dimenticare tra l’altro che in caso elezione – peccato impossibile – farebbe fare all’Italia, nelle occasioni internazionali, una “porca” figura, unita alla sensibilità e all’acutezza politica vista anche la piacente e bella presenza estetica che la Sananchè come donna ha.

La destra, per paradosso, con la candidatura della Santanchè, sta provando a fare, cosa impossibile in Italia, il traghettamento – non come i Caronti della Sinistra – verso un futuro diverso, in quanto la candidata premier, è identificata dagli ignoranti come post fascista, nemica dell’Italia, per il semplice fatto che sedici anni prima della sua nascita, è terminato – sconfitto – il ventennio, mentre i presunti vincitori, gli ex comunisti, riciclasi in forme diverse, da Togliatti in poi, anche quando inneggiavano alle purghe staliniane, sono sempre e comunque dei Santi, per il semplice fatto, che il sangue versato dal dittatore sovietico, non era italiano, anche se i rossi dell’arcobaleno, fingono di non sapere, che proprio con Stalin, fino al 1989 con la Caduta del muro di Berlino, i finocchi non piacevano, e gli invertiti, facevano la fine del topo, lavorando come schiavi fino alla morte nei Campi di Concentramento sovietici: i Gulag.

La politica italiana, come sempre, mostra tutti i suoi paradossi ideologici, La Destra conservatrice candida una donna giovane, piacente, divorziata, mentre la sinistra pro – re – gressista, femminista, abortistica e radical eutanasistica, candida residuati ideologici del passato, affabulando, come e peggio di un imbonitore televisivo, quanti, per paradosso culturale, si ostinano a leggere, come ciechi, senza conoscere il Braille, la storia, intortando il volgo, esattamente come comunque tutto il futuro emiciclo parlamentare, ora in campagna elettorale, blaterando di futuri programmi di risanamento italico, pontificando, in queste settimane, peggio di quelle passate, ed nelle future, fino a due giorni prima della votazioni, raggiungendonuove ed eccelse vette di menzogne politiche, senza mai spiegare, come concretante e praticamente sapranno curare i mali dell’Italia.

Insomma, parafrasando il vecchio proverbio: “Tra il dire ed il fare c’è di mezzo il mare”. E in mezzo a questo miasma, pregno di rifiuti politici, affonda l’Italia e gli italiani, vittime e carnefici – perché come buoi si ostinano a votarli – nel continuare a credere, dall’estrema sinistra fino all’estrema destra, a queste cariatidi politiche, che non vogliono cedere il passo alle nuove generazioni, convinte, non solo d’essere indispensabili ed eterne, lanciando – nemmeno le giovani generazioni fossero dei cani affamati, accucciati ai piedi dei Padroni Eletti – le briciole, e attendendo che vadano anche a leccargli le dita, che il Paese, come un moribondo in terapia intensiva, aspetta che qualcuno sia veramente in grado di praticare una rapida ed indolore eutanasia, oppure che abbia gli attributi, per risvegliare il popolo dal Sonno della Ragione, che da decenni, continua a colpirlo, come una sindrome letargica incurabile.



Marco Bazzato

17.02.2008

sabato 16 febbraio 2008

Aborto per Sempre




Roma 20; 06.2008


Nelle capitale, dopo gli scontri violenti, avvenuti a seguito della manifestazione pro aborto, del giorno precedente, non accennano a placarsi le polemiche politiche, che vedono contrapposti in due fronti diversi, i laici estremo-radicli e i teocratici di Santa Romana Chiesa.

A scompigliare le carte, ci si è messa anche una nuova associazione, fondata pochi giorni fa, denominata “Aborto per sempre”, con sede in “Via daL utero 69”. La neonata associazione, apolitica, apartitica e amorale, si pone l’obbiettivo di difendere, gli uomini per la paternità irresponsabile, specie se battezzati, religiosamente o civilmente sposati, o conviventi.

L’associazione, che ha all’interno il gruppo maschile e femminile, divisi come al catechismo negli anni settanta e ottanta, maschietti a sinistra, donne a destra, si pone come obiettivo comune il sancire il diritto naturale del maschio nel disinteressasi in – in quanto già impegnato – del figlio concepito illegittimamente, delegando alla donna, di solito amante o mignotta prezzolata, coniugata o convivente già con prole, avuta dal legittimo consorte, facendosi carico di tutti gli affanni, ansie, stress, danni psicologici e psichiatri, spesso mai volutamente evidenziati e rimossi dalle statistiche e dalle riviste competenti, per la rimozione dell’escrescenza uterina, “incautamente”inoculata, dal membro maschile nel grembo materno, facendosi altresì carico dello smaltimento del rifiuto speciale ospedaliero.

L’Associazione “Aborto per Sempre” di pone, tra l’altro, tramite appropriate campagne di sensibilizzazione, lo scopo di portare il termine ultimo per l’aborto, sia esso selettivo e terapeutico, fino a pochi istanti prima dell’imminenza del parto, quando le doglie della gestante sono già iniziate e la testa, o ha appena fatto capolino o sta già uscendo dal grembo materno, tramite iniezione nel capo, di formaldeide, atta a provocare la cessazione immediata di ogni attività biochimica del feto, legalmente non ancora nato.

Lo scopo dell’iniziativa, ricalcante di pari passo, l’evoluta legislazione cinese, che vere però nel caso del Paese di Mezzo, ad un ferro controllo, specie nelle zone rurali, della genitorialità responsabile, no permettendo alla famiglie di mettere al mondo più di un figlio, adattandola, non tanto ad una pianificazione imposta come legge di Stato, ma ad una scelta estrema, spettante, sempre e solo esclusivamente alla donna, dove tenendo presente, i più avanzati dettami del femminismo di stampo americano, si auspica una completa detronizzazione del ruolo maschile, inteso come possibilità d’espressione, nel caso ingravidamento di questi ultimi, nei confronti delle loro amanti – sconosciute alle mogli o compagne ufficiali – auspicando che il fardello, il peso, la zavorra, la pena e strazio per la libera scelta omicida, non possa mai, in nessun modo, imputata per ragioni, vere o inventate, al maschio.

L’associazione, tramite i presidenti della sezione maschile e femminile, invita, – si legge in un comunicato stampa – la cittadinanza romana, ma non solo, a partecipare in massa, indossando tutti la maschera di Pierrot, al primo comizio pubblico, che si terrà domenica 30 giugno, corrente anno, sotto la finestra pontifica, in Piazza Città del Vaticano, in occasione dell’angelus domenicale.

Sembrerebbe, stando ad alcune fonti, che numerosi politici, di sinistra ed estrema sinistra, che si fanno anche all’ala radicale dei movimenti – pro morte – per l’aborto, abbiano dato il loro assenso, assicurando la presenza dei loro rappresentati, muniti, come da richiesta degli organizzatori, della bianca e piangete maschera di Pierrot.

Marco Bazzato
16.02.2008
http://marco-bazzato.blogspot.com/

mercoledì 13 febbraio 2008

Campagna elettorale


Il governo è ufficialmente imploso, causa sconquassi intestini, che hanno scaricato, addosso, agli italiani, la patata bollente della chiamata alle urne, mentre i partiti, interessati oltre che al potere, anche al denaro, già si sfregano le mani, per i futuri rimborsi elettorali, tanto pagano sempre i soliti coglioni: i cittadini.

Intanto sembra che il cosiddetto
tesoretto, di cui si favoleggiava nei quotidiani nel maggio 2007, non esista, o che si debba attendere, secondo quanto dice Tommaso Padoa Schioppa, Marzo – guarda caso proprio in piena campagna elettorale – per conoscerne la vera entità, scannandosi sulla futura destinazione, che certamente non finirà nelle tasche dei cittadini meno abbienti. Quelli possono campare anche a pane e cipolla, o per la nostra politica, votata ad un radioso futuro, crepare, diventando concime per vermi, visto che gli Eletti, si sentono tutti, indistiamente Il Superuomo di Nietzsche.

Sfortunatamente “
L’Asse Roma-Berlino”, Berlusconi-Veltroni è fallita, abortita pochi giorni dopo il concepimento, come una madre sadica che s’infila nell’utero i ferri da calza arroventanti, pur non portare avanti la gravidanza di un figlio sano, ma non voluto, negando la possibilità, silenziosamente sussurrata dalla maggioranza degli italiani, non espressa pubblicamente, perché lesiva dell’interesse dei potentati feudali mononeurali, di veder spazzati via i partiti unicellulari, ma che come metastasi, si attaccano ai governi, portandone, come un cancro alla morte prematura.

L’alta politica – ipocrita – parla sempre che la politica stessa, deve guardare all’interesse generale, non ai particolarismi individuali o alle beghe di cortile di vecchie matrone incartapecorite dai secoli, i problemi dei lavori, delle famiglie che non arrivano a fine mese o quant’altro di socialmente utile per il benessere personale e sociale degli italiani. No le vere priorità, sono quelle dei matrimoni tra “individui ” dello stesso sesso, le vere priorità sono quelle di perdere tempo con gli aborti, scaricati – come da tradizione tentennale - nel cesso con la stessa facilità con qui si tira l’acqua, dopo aver evacuato!, Ma Cribbio, se una donna si diverte ad ammazzare il feto in pancia, faccia pure! Mica questo è un problema degli adulti vivi e soprattutto della maggioranza degli italiani, che hanno ben altri grattacapi in testa?

Nelle prossime settimane, fino a due giorni prima del voto, gli italiani saranno quasi costretti a sfritellarsi testicoli e ovaie,assistendo ai passaggi di questo o quel leader di schieramento politico, col cappello in mano, come accattoni suonatori di armonica, girando su e giù per l’Italia e studi televisivi, per raccattare qualche voto, perché i due futuri candidati premier, non hanno avuto sufficiente forza testicolare nel portare a termine il sodomitico ed incestuoso 69 politico spazza partiti parassiti, soffocando gli italiani, con l’ennesima litania di promesse, che non potranno – e lo sanno benissimo – essere mantenute.

Poi i sondaggi, dicono che gli italiani, sono distanti dalla politica. Balle, la politica è distante dagli italiani. Questi signori feudali con le pezze al culo, non sono mai responsabili di nulla, non sono mai responsabili – penalmente e civilmente – quando qualche legge votata produce effetti nefasti sul tessuto, non solo sociale, ma anche psicologico degli italiani.

Chi risolleverà il Paese, dall’abisso politico in cui da lustri versa, ridotto peggio della “normalità” drena denaro campana?

Silvio Berlusconi? Classe 1936. Il Nuovo che avanza, o che è solo un avanzo, non si sa di cosa, che fonda partiti come fossero S.p.a? Prima fondatore e leader di Forza italia ora del Popolo delle Libertà, dove non si capisce quale sia – secondo le intenzioni del Cavaliere Mascarato – il popolo libero, da chi e da cosa? Dove i deficit di bilanci sono spalmati tra le classi medio basse , ma gli utili hi li incassa?

Walter Veltroni? Classe 1955, con in tasca un Diploma di Cinematografia! Prima Comunista Italiano, poi si trasforma nel 1992 in Democratico di Sinistra, dividendo la leadership nel 1996 con l’Ulivo di Prodi, divenendo Ministro dei Beni Culturali e spettacolo, con delega allo Sport, eletto poi Sindaco di Roma nel 2003, ora dimissionario, perché divenuto segretario del Partito Democratico, mostrando una capacità, di camaleontismo politico ,degna del miglior Arturo Bracchetti.

Gli italiani, non hanno alternative credibili a questa oligarchia che cambia sempre, senza cambiare mai, stretti nella morsa del turarsi il naso e stringere gli sfinteri, perché costretti a votare sempre le solite facce incartapecorite, che vivono nell’illusione d’essere insostituibilmente eterni, d’essere dei fulgidi fari Benito-Kennediane per le masse, ancora barbaramente divise ideologicamente, che cadono nell’eterno tranello politico, che votando ò un ipotetico centro destra, o un ipotetico centro sinistra, questi poi realmente facciano gli interessi, non solo dei cittadini, ma anche della nazione.

Sono passati 138 dall’Unità d’Italia. Nel 1870, ma dopo il periodo
risorgimentale, dove il Paese, mirava a riunirsi idealmente, ma non culturalmente e lingusticamente,oggi dopo più di 27 lusstri, da quel “fulgido” ma momentaneo risveglio dalla “Catatonia campanilistica”, che già dai primi anni del ventesimo secolo, aveva riscaraventato il Paese nella Questione Merdionale, menzionata per la prima volta nel 1873.

Di una cosa gli italiani devono essere felici:
Romano Prodi, ha deciso di non ricandidarsi, liberando gli italiani dalla sua sonnifera presenza, e parafrasando quello che diceva “Il Tizio” duemila anni fa, ci siamo liberati di un “Sepolcro imbiancato”, peccato che ne restino altri. Sempre troppi.

Marco Bazzato

13.02.2008

martedì 12 febbraio 2008

Moratoria sull'aborto?


Forse il sonno trentennale italiano genocida sta terminando. Berlusconi, dall’altro della giaculatoria da imbonitore televis-populista, per essere come un buon divorziato, prostrato alle gerarchie religiose vaticane, pensa d’emulare i Radicali,amici dei colpevoli,che non esitano a difendere Caino, riuscendo ad onnibulare anche l’ONU, facendo passare la – nefasta – moratoria universale, contro la pena di morte , mettendo in campo, in piena propaganda elettorale, una moratoria contro l’aborto, dandosi però, anticipatamente, la zappa sui piedi, perché la scelta, o decisione – solo femminile – di gettare nei cassonetti dei rifiuti speciali, i frutti – peccaminosi – dell’aborto, è bipartisan , visto che le fruitici di tali servizi sociali, sono spesso anche madri di famiglia, battezzate, cattoliche praticanti, osservanti e che confessano – quasi tutti i peccati – regolarmente al prete di turno, e che se dotate di una buona dialettica, riescono a farsi anche assolvere dal peccato mortale di preinfanticidio, o aborto.

Forti coi deboli , deboli coi forti! Questo è il motto della politica sociale, mentalmente deviata. Infatti – secondo alcuni – è giusto salvare dall’arrostimento alle chiappe, dall’iniezione letale, o dal soffocamento al cianuro qualche pluriomicida drogato, stupratore o pappone, mentre ammazzare, legalmente dei quasi bambini di cinque o più mesi, ancora nel grembo materno, solo perché le non future madri, si sono ingrifate in qualche angolo nascosto in discoteca o d’una stanza d’albergo, per solazzarsi, magari con qualche membro sconosciuto, che dopo il coito godereccio, se ne fottono – dopo esser state fottute, ricavandone piacere – di quanto è stato eiaculato in grembo, sono pronte a gettar nel cesso il frutto indesiderato del loro peccato – magari cornificando il legittimo consorte – o se minorenni, già pluringravidate, per ignoranza dei più elementari concetti d’educazione sessuale, non insegnati a scuola, perché parlare di sesso e di tecniche anticoncezionali naturali, è sempre e comunque sconveniente, in quanto argomenti ,per la cultura di repressione sessuale cattolica, tabù.

L’aborto, dopo il terzo mese di gravidanza, non è un diritto della donna, ma è un orrore/errore lla medesima – se non ha subito violenza sessuale – e del suo partner che non ha saputo, o voluto controllare, onanisticamente rigettando fuori dal ventre femminile, il flusso dei bambini liquidi espulsi dal membro, perché privo dell’impermeabile s spermicida e salva gravidanze, che il maschio, vile e vigliacco, scarica, prima nel ventre e poi nella psiche della copulata i fardelli del foruncolo gigante crescente nel ventre.
L’aborto, dicono alcuni amici del genocidio legalizzato, è un dramma per la sventurata che lo compie.

Balle! Ma chi vogliono, verbalmente, sfottere?

Non poteva pensarci prima? Magari stando più attenta, invece di darla via a destra e a manca, senza poi ricordarsi, perché presa dell’estasi orgasmica, a chi l’aveva concessa negli ultimi mesi?

Il dramma dell’aborto, non per chi, allegramente, lo pratica: la donna, ma per il disgraziato che lo subisce: il neomorto,ammazzato prima d’essere legalmente nato – potrebbe essere ridotto, se esistesse la “chiavata responsabile”, la “fottuta con cervello”, la “vacca ed il toro riflettenti” che usano non solo gli ormoni ed il testosterone, ma anche i neuroni saggiamente e sessualmente istruiti, non solo alle arti goderecce del Kamasutra, ma con un minimo di nozioni d’educazione sessuale, non imparata dai giornaletti porno, o video per smanettoni scaricati da internet, o sviolinate digitali di patonze allupate come disperse nel deserto dei membri assenti?.

D’altronde, le statistiche affermano che nel mondo, negli ultimi trent’anni, ci sono stati circa un miliardo (1.000.000.000) di rifiuti speciali umani, smaltiti in modo diverso. E di questo, che ne dicano le femministe – che campano ancora al grido “Dell’utero e mio e lo gestisco io” – sono corresponsabili al 50% anche i maschietti, che partecipano in solido all’atto copulatorio-procreativo, che sono legalmente, ma non eticamente, totalmente deresponsabilizzati dai loro atti, dimostrando praticamente, che non vince il femminismo, ma il maschilismo più becero e che il maschio può fottere senza poi alla fine essere, non solo fottuto, ma anche tagliato fuori dalla scelta della genitorialità responsabile.

Forse, non si vuole concedere la parificazione delle responsabilità, perché troppi figli – poi abortiti – vengono concepiti fuori dalle unioni solide e durature, che molti, potrebbero risultar essere figli di cento padri., futuri figli – illegittimi – di mariti cornuti o compagni cornuti, oppure perché molti maschi, mettono allegramente le corna a mogli, compagne o fidanzate, andando a puttane – non solo a pagamento – e per questo, pilatisticamente sono felici di scaricare, oltre al seme nel grembo dell’infoiata di turno, anche la rogna di gettare nel cesso, il rifiuti di un figlio, espulso fuori, ma paternamente voluto.


Marco Bazzato

12.02.2008

lunedì 11 febbraio 2008

Il Codice Olindo


Dopo il Codice da Vinci di Dan Brown, libro best seller in mezzo mondo, arriva negli schermi dei Palazzi di Giustizia di Como, il più casereccio e nostrano, Codice Olindo, marito di Rosa Bassi, primi attori della strage di Erba.

L’arzilla e sterile – da parte di donna – coppia omicida, come un epitaffio della vita che precede la morte, col Codice Olindo, si lascia trasportare, con la coscienza del vendicatore sanguinario, del demone amante e amato dalla propria sposa, al coraggio dell’odiare, del minacciare, conscio d’essere impotente innanzi al mondo da quando gli hanno tolto, non solo la libertà, ma fin dopo il matrimonio, la speranza d’essere padre, avendo la moglie, biologicamente improduttiva.

Rosa e Olindo, Olindo e Rosa si amano di un amore per noi – teorici della normalità legale – malato. Si amano d’un amore, non solo coniugale ma, materno e figliale, quasi morbosamente incestuoso, un amore che trascendendo, vista l’impossibilità procreativa, nutrendosi della fisicità psicologicamente incestuosa tra i coniugi e carnalmente concupiscente, matriarcalmente vittima di11 una maternità negata.

I coniugi Romano, nei loro pensieri, non hanno ucciso un figlio altrui, non hanno ucciso degli esseri viventi, hanno tolto ad altri, non importa chi, la felicità per quello che non potevano essere: genitori, punendo la doppia maternità generante: quella della signora Paola, madre di Raffaella, e nonna di Youssef.

I coniugi Romano, a tutt’oggi, secondo loro, non hanno ucciso nessuna persona importante e/o necessaria al loro menage familiare, i Romano, hanno semplicemente estratto dal cortile del caseggiato delle piante fecondo estranee, piante – secondo loro – venefiche e velenose, soffocanti l’esistenza. Da loro punto di vista, il quadruplice omicidio, a tutt’oggi è considerato un atto di legittima difesa, non dalle continue liti, spesso provocate dalla sterile coppia, ma dal dolore che i Romano sentivano come un fuoco pulsante e rancoroso, nei confronti del concepimento altrui, che come tale, l’onta del disonore interiore d’essere carne morta, andava lavata col sangue.

Olindo marito–figlio obbediente alla sposa, prende la rabbia della moglie, divenutagli madre carnalmente amante, lasciandosi soggiogare dagli ordini non coniugali, ma matronali, della donna che ha sposato,che come marito desidera proteggere, facendosi proteggere – come figlio premuroso e servile – dalle inside del mondo.

I Romano – secondo i loro pizzini – non uccidono, ma si riappropriano, prendendo, strappando, lacerando vite non proprie, quanto pensano appartenga e come tali, sentendosi legittimanti a distruggere una loro proprietà.
Dentro la loro lucidità, così diversa e personale rispetto a quella sociale, universalmente accettata e vissuta, gli altri non esistono, oppure se hanno un posto, certo non è un luogo d’affetto, ma di morte, d’oscurità, dove c’è spazio solo per i loro sentimenti, un angolo remoto, dove altri, chiunque essi siano, non hanno diritto né d’entrare, né tantomeno di poter comprendere.

“Il luogo Romano” è l’universo buio dell’inconscio collettivo,un luogo che molti vorrebbero percorrere, ma timosi d’esplorare e conoscere, perché appartenente alla primitività essenza dell’animale umano, appartiene a quel remoto passato, sepolto da millenni di costruzioni e convenzioni sociali, che le comuni barriere, filtri protettivi, come fierwall di un computer, non permettono d’essere superati. Molti provano quel viaggio, ma i più restano sconvolti dalla primordialità distruttiva ivi contenuta e ingabbiata.

Il Codice Romano, oltre al simbolismo dei segni tracciati nei pizzini e sulla Bibbia, va oltre a quanto scoperto, facendo comprendere agli studiosi, che l’animalità primitiva dell’istinto di sopravvivenza, castrato dalla mancata riproduzione, uccide quando attorno, ad alcuni soggetti, la vita si rinnova, mentre nel silenzio della solitudine coniugale, ogni rumore, d’un bimbo che gioca, diviene frastuono tonante, distruggente l’illusoria normalità di due cuori votati al doloroso silenzio, costretti dalla circostanze degli eventi, ad abbandonarsi all’iraconda ira pluriomicida, perché impossibilitati, per retaggio culturale a rivolgerla contro se stessi, autodistruggendosi fisicamente, riuscendo però ad avere il biasimo e l’esecrazione e di riflesso la morte sociale, per ora in galera, dell’intera nazione.


Marco Bazzato

11.02.2008

sabato 9 febbraio 2008

Maschi e femmine, la divinità ha parlato


Il Capo di Stato della Città del Vaticano, ha pontificato, quello che già, non un qualche dio, ma la natura stessa, aveva da tempo immemore sancito, prima della nascita non di qualche divinità, mortale, immortale, ma dal ciclo evoluzionista della natura universale, non solo umana, ma animale e vegetale, che ad onor di verità, se ne infischia dei progressisti regressivi che vorrebbero riportare le lancette della storia, alla disumanità ripugnante della pederastia dell’antica Grecia, che in quei secoli bui, per quelli – con l’evoluzione della ragione – che la legge tutela come minori, aveva liberalizzato la pedofilia, volendo imporre l’illuministico-accecante-oscurantista come normale e naturale i “rapporti affettivi” tra eterofobici.

L’imperatore straniero, non ha sancito, sebbene nominando un dio, un
Dogma, ma ha esposto – questa volta con semplicità – un dato di fatto incontrovertibile, non solo sul piano evoluzionistico, ma anche storico, sociale e naturale e culturale.

D’altronde quanto detto, non è presente solo nella filosofia religiosa
cattolica, ma anche nella filosofia cinese dello Yin e yang esiste il concetto Esclusivo del maschile e del femminile, non lasciando alcun spazio ad altre “unioni” non complementari ed involutive.

Nei nostri tempi, all’alba del XXI secolo, si continua a discutere, ma anche voler tutelare legalmente, secondo un disegno umano, che non necessariamente implica giustizia, coerenza e coscienza logica, di “legami affettivi” biologicamente sterili, che come una zavorra si attaccano al tessuto sociale, non solo rallentando l’evoluzione, ma producendo effetti a cascata deleteri, non nel tessuto privato di due singoli soggetti – che secondo il loro modo di “pensare” si reputano “coppia”, ma sociale, con sentenze legali, che impongono – arbitrariamente – l’equiparazione delle “famiglie o delle unioni alternative” alla naturale famiglia umana, con i diritti, che per logica evoluzionistica e progressista, dovrebbero spettare esclusivamente a quest’ultima.
Non si capisce, come mai,gli intellettuali del tessuto sociale europeo, partoriti da legami eteronaturali, stiano, consciamente o no, lasciando il passo, approvando leggi, in sede di Unione Europea e italiana, contro gli interessi stessi dell’unica cellula primordiale degna d’essere tutelata e spinta ad espandersi ed evolversi, plagiando ad una “tolleranza” imposta a suon di sanzioni, innaturalmente inculcate nelle giovani generazioni, come se questi fossero responsabili costretti a subire, le scelte individuali di “coppie” dello stesso sesso, oggi sciaguratamente legittimate ad adottare un bambino, togliendo il diritto d’esprimersi liberamente, nel nome di un ipocrita e disgustoso politicamente (s)corretto, rimuovendo, come proposto da un ministro inglese, le parole “
mamma e papà” dal vocabolario degli insegnanti, imponendo un generico e degenere Genitori, per non offendere la sensibilità dei “genitori adottivi” o naturali convertitesi, dopo il fallimento dell’unione con una persona del sesso opposto, all’eterofobia.

Paradossalmente, a dar una mano al ripristino a quella che dovrebbe essere l’unica legale naturalità sociale ed evolutiva, potrebbero essere, se non fossero spinta da un laicismo radicale e deleterio, proprio la scienza, questa che in passato fu a lungo vituperata e messa al rogo, che si porta appresso rancori e ricordi storici, che a rigor di logica e razionalità, non dovrebbero appartenere ad un neutro uomo di scienza, litigio all’unica verità naturale che conosce: quella scientifica,preferendo essere antagonista distruttivo, anziché protagonista costruttivo, non della scienza al servizio di una religione, ma di una scienza serva e maestra della scienza stessa, che combaciano come lo Yin e yang universali, inscritte nel
DNA. stesso, non dello scienziato, ma dell’uomo e della natura.


Marco Bazzato
09.02.2008

giovedì 7 febbraio 2008

Alle urne (funerarie) in Aprile


È morto finalmente. Morto,come fosse stato ucciso da un sicario e disciolto nell’acido. Ucciso per il problema personale – la moglie – di un ministro, che ha sempre minacciato – come una donnicciola alla quale non non arriva il ciclo – la caduta del medesimo.

La XV legislatura, la più breve della storia Repubblicana passera agli annali come il governo “dell’abbiamo parlato molto, ma non abbiamo fatto un ca…o!”

Basta del resto fare una semplice lista nera degli abomini ancora presenti, e degli scempi – che ci hanno fatto deridere all’estero – primo fra tutti l’elezione di
un maschio che pensando d’essere donna, vuole utilizzare i servizi femminili, dove gli italiani – forse ormai troppi con tendenze strane si lasciano abbindolare come citrulli.

La legislatura è morta e putrefatta, ed ha vinto lo (s)fascismo.
Lo schifo, è questo disastro annunciato, ricadrà come d’abitudine sul capo e sulle tasche degli italiani. Si stima che le prossime consultazioni elettorali, i partiti che risulteranno eletti, si spartiranno una torta di
300 milioni di euro in più – 600 miliardi di lire, mica topi morti – di rimborsi, che ad onor del vero dovrebbero essere fatti pagare al partito, con i familiari ed i beni personali di tutti – rispondendo in solido.

La cosa più atroce e che si tornerà a votare con quella chiavica di sistema elettorale, definito dal suo stesso estensore,
Roberto Calderoni, “Un’emerita porcata,” rinnegata come un figlio bastardo, gettato nel cassonetto – anzi sulla normale montagna di mondezza napoletana.

Il vomito, è che il Cavaliere, nero o mascarato, non ha voluto fare una nuova legge elettorale con neonato PD – che più che ad un Partito, fa pensare ad una bestemmia – spazzando via, in un colpo solo, uccidendo quei vampiri drenano denari, quella marea di partiucoli omeopatici, unicellulari, che distruggono, e il
campanile mastelliano l’ha dimostrato, il tessuto politico nazionale, solamente perché il leader di Forza Italia pensa come un venditore di cetrioli, ragionando non sugli conquassi economici del paese, ma sui sondaggi, che lo darebbero vincente, facendolo appare come un megalomane affamato di potere.

La cosa più vergognosa, tra le tante, però sembrerebbe che con la data fissata per le elezioni, secondo quanto detto da
Roberto Calderoni, garantirebbe la pensione ai deputati e senatori, di primo pelo, nel caso non venissero o rieletti o ricandiati. Altri parassiti sul groppone da mantenere,con i partiti complici di questa decisione scellerata. Alla faccia del futuro buon governo. Ci si sarebbe appena liberati del mortadella, cadendo nella fornace, o di Berlusconi, o peggio di Walter Veltroni, che aveva promesso, allele telecamere di Fabio Fazio d’abbandonare la politica.

Insomma, il quadro politico – nefasto – futuro che si sta prospettando, tra ritorni di vecchie mummie plastificate, o comunisti sbanchettati, che ora giocano a fare i democratici, non fa presagire nulla né di nuovo, né tantomeno di buono.
Dobbiamo prepararci al ripartire dell’aria fritta, del ripetersi, come dischi ammuffiti, i soliti slogan vecchi e ritriti. Il primo fra tutti, sicuramente vero, specie dopo la sentenza della
Corte Europea di Giustiza che ha riconosciuto il diritto di Europa 7 a esistere, anche se il Governo Prodi, davanti alla Corte, ha tenuto la mano sulla spalla al duopolio Rai-Mediaset, difendendo la Legge Gasparri. Da qui si capisce perché a parole sono tutti bravi ad accusare il Cavaliere, ma nei fatti, si proteggono il deretano l’un l’altro, facendo solo volgari battaglie di parole.

“Il 12 ottobre 2006 il Governo Prodi approva il disegno di legge Gentiloni che, non solo non risolve il problema Europa 7, ma non ne riconosce nemmeno i diritti.Il 30 novembre di fronte alla Corte di Giustizia Europea, il Governo Prodi, tramite l’avvocatura dello Stato, fa propria la posizione del Governo Berlusconi e difende addirittura la legge Gasparri”.

Di una cosa si può essere certi:
Beppe Grillo chiaramente è un populista arruffapopoli, ma infila il dito nella piaga di una politica affaristica, fatta di giochi, giochetti, compromessi, incesti, sodomie e killeraggi vari, che farebbero rabbrividire Hannibal Lecter, che a confronto della raminga italiaca politica, lo fa essere buono come San Francesco.

I nostri politici, economisti, banchieri, industriali, laureati nelle più prestigiose università italiane e straniere, però da tempo, forse per paura delle rivolte popolari, hanno smesso a fornire i dati del debito pubblico italiano, preferendo rincoglionire i cittadini con le fredde percentuali del debito sul P.I.L. In novembre 2007, secondo quanto dal Bollettino Finanza Pubblica della Banca d’Italia, il debito pubblico era di .607,7 miliardi di euro – 320 mila miliardi di vecchie lire – , registrando un aumento pari al 3,9% (60,483 miliardi) rispetto allo stesso mese dell'anno precedente (2005), quando il debito era a 1.547,238 miliardi di euro.

E questi tra pochi giorni, ci racconteranno la fiaba che risaneranno l’Italia!
Su una cosa in molti sono campioni: in stipendi, prebende e pensioni. Vedi, per terminare l’ultimo scandalino napoletano dei compensi per gli amministratori della normo decennale emergenza rifiuti; erano arrivati, in un caso ad incassare anche 100 mila euro all’anno, con i risultati che tutti ben sappiamo. Peccato che non si possano più cospargere di pece come ai bei tempi dei roghi medioevali.
Chiunque nei prossimi mesi romperà gli zebedei agli italiani, con progetti, programmi di risanamento, o ricette varie e se tiene alla propria salute mentale, si dovrebbe intentare intentare una causa collettiva contro quanti hanno gestito politicamente e amministrativamente il Paese, diastrandolo, confinandoli in Siberia, nudi, senza luce, elettricità, cibo e cellulari, lasciando che la natura, amante dell’evoluzione della specie, faccia il suo corso.


Marco Bazzato

06.02.2008