giovedì 28 marzo 2013

L’animalismo pasquale istiga all’antisemitismo?


Premetto che non mangio carne d’agnello non per motivi ideologici, ma semplicemente perché non mi piace. Da carnivoro nutro rispetto per quelle culture e religioni, partendo dall’ebraismo, passando per il cristianesimo e arrivando all’islam, che annoverano certi tipi di piatti nelle loro cucine tradizionali e/o festività religiose, o preparati laicamente in tutti gli altri giorni dell’anno, rispettando nel contempo, laici, agnostici e atei che sentono nel consumo di qualsiasi tipo di carne, una necessità fisiologica inscritta nell’uomo dalla natura stessa, traendone beneficio proteico e  soddisfazione psicofisica.


Ed è sulla base di questa premessa che la società civile, specialmente quella che affonda le sue radici nelle tradizioni religiose giudaico-cristiane, che dovrebbe indignarsi contro i movimenti animalisti, in quanto tentano di strumentalizzare con la loro ideologia reazionaria anche le parole di Papa Francesco, facendo tra l’altro il possibile per danneggiare, in un periodo di depressione economica, le avvizzite casse degli allevatori di carne, in questo periodo pasquale,, che cercando di incentivare, tramite un boicottaggio non dichiarato di matrice pseudo cristiana, il consumo di carne di agnello.

Il tutto parte dai una articolo trovato in rete, dal titolo:

“Pasqua, animalisti a San Pietro, basta strage agnelli, non è cristiano” (1)..

Già dal titolo si parte con la manipolazione della storia religiosa anche delle radici giudaico cristiane del cattolicesimo romano e del cristianesimo, nelle sue diverse componenti planetarie.

Joshua, nome comunissimo all’epoca, questo è il vero nome di Gesù,era un ebreo,  partorito da madre ebrea, vergine, figlio, secondo la tradizione Cristiana, del Dio di Israele e che  stando quanto scritto nei Vangeli, questi confermò a Caifa, Sommo Sacerdote, nell’interrogatorio avvenuto dopo l’arresto nell’orto dei Getsemani,, in seguito del tradimento di Giuda Iscariota, voluto e/o accettato da  Dio, operato per mezzo di Satana.

Ed è sulla base di questo che va ricordato che Joshua per 32 anni, ha seguito la tradizione degli anziani, visto che anche leggeva e commentava la Torah,, ossia i Rottoli della Legge, nelle Sinagoghe o nel Tempio, dove tra gli altri testi sacri ci sta anche il Pentateuco, con  è scritta la narrazione dell’Esodo verso la Terra promessa, Israele:

l Signore disse a Mose e ad Aronne nel paese di Egitto: «Questo mese sarà per voi l’inizio dei mesi, sarà per voi il primo mese dell’anno. Prendete tutta la comunità di Israele e dite: Il dieci di questo mese ciascuno di voi si procuri un agnello per la famiglia, un agnello per casa. Se la famiglia fosse troppo piccola per consumare un agnello si assocerà al suo vicino, al prossimo della casa, secondo il numero delle persone, calcolerete come dovrà essere l’agnello, secondo quanto ciascuno può mangiare.” Esodo, 12, 1-4.

Quando Joshua di Nazareth si è recava a Gerusalemme, ci andava anche per celebrare in primis la pasqua ebraica e l’Alleanza che Dio aveva stretto con il popolo di Israele. Infatti  una delle frasi pronunciate nell’”Ultima Cena”, istituendo l’Eucarestia fu questa: 

«Ecco l’agnello di Dio che toglie i peccati del mondo, fate questo in memoria di me.»

conscio che ci sarebbe stata la morte in croce. Con questa frase Joshua non ha annullato Alleanza, fatta da Dio con Mosè sul Monte Sinai, e con il suo popolo, a favore della Nuova Alleanza, instituita durante l’Ultima Cena, ma l’ha integrata – “Non sono venuto per abolire, ma per dare compimento” Mt. 15, 17 – creando un legame di continuità, grazie o nonostante le differenze, religiosamente e tradizionalmente indissolubile.

 Ed è alla luce di questo legame che Giovanni Paolo II, durante la sua storica visita alla Sinagoga di Roma, chiamò gli ebrei “I fratelli maggiori!”..

  E alla luce del paragrafo predente che l’attacco reazionario alla tradizione  ebraico-cristiana,  potrebbe anche essere considerato come un atteggiamento antisemita, in quanto contro anche la tradizione di Pesach, la Pasqua ebraica, che quest’anno inizia il 26.03 e termina il 02.04, che come per quella cristiana, contempla la consumazione di carne di agnello, secondo i dettami e le modalità delle rispettive tradizioni religiose. Ma gli animalisti non hanno avuto il coraggio di andare a manifestare apertamente contro la medesima tradizione, innanzi alle sinagoghe o davanti all’ambasciata di Israele.  Per questo forse usano “l’attacco indiretto”, recandosi a Piazza San Pietro, perché il cristiano porge l’altra guancia, fino a quando non muore perché gli viene spezzato l’osso del collo a suon di ceffoni.

I fautori della protesta, prima di andare sotto le finestre di Papa Francesco, se cattolici-cristiani, avrebbero dovuto ripassarsi le Sacre Scritture, in modo da non fare  propaganda e proselitismo settario, altamente fuorviante, passando da ignoranti matricolati, circa i dettami basici del cristianesimo, traviando i fedeli,, con“pensieri, parole opere e omissioni”,  dove oltre che essere anticristiane, a causa di un ideologia di matrice  fondamentalista, sono  false e nemiche non solo della tradizione giudaico-cristiana  ma anche dell’industria zootecnica e della filiera legata alle carni di animale, l’agnello in questo particolare momento., animati dalla volontà pervicace di incrementare la crisi ad un settore che da lavoro, tra diretto e indotto, a centinaia di migliaia di persone, solamente in Italia.

 E se sono agnostici, razionalistici, laici, atei o semplici animalisti mal scolarizzati, sarebbe bene che si informassero – oppure avrebbero dovuto nuotare entro il loro stagno – circa i gusti alimentari di Joshua di Nazareth, che non ha mai disegnato la carne, essendo un piatto tipico della cultura ebraica di allora così come nell’ebraismo contemporaneo.

 Gesù poteva essere tutto, ma non era un fanatico animalista. Infatti in tutto il Pentateuco per gli Ebrei,  Antico Testamento,per i cristiani,  partendo dal sacrificio che Abramo doveva fare al Dio di Israele, offrendo in olocausto suo unico figlio Isacco, ma Dio vedendo la fedeltà di Abramo gli comandò di offrirgli in olocausto un ariete impigliato in un roveto Genesi, 22, 1-13,  o come sta scritto nel Levitico: 3, 1-17, e in particolare il versetto 5 che dice: “I figli di Aronne lo bruceranno sull’altare, sopra l’olocausto, posto sulla legna che è sul fuoco: è un sacrificio consumato dal fuoco, profumo soave per il Signore”.

Così come nel Nuovo Testamento, con la parabola del Figliol prodigo, quando al ritorno di costui, il padre ordina di macellare il vitello grasso, nonostante che il secondogenito avesse dissipato tutta la sua parte di eredità, tornandosene alla casa del padre, pronto a essere il più umile tra gli umili dei suoi servi. Fedi Luca, 15,11-32.

Ormai è chiaro l’intento animalista: traviare le coscienze poco istruite a riguardo i temi religiosi, manipolando il contesto storico dei testi ritenuti sacri dalle due confessioni, quella ebraica e quella cristiana, dando un immagine del cristianesimo e del cristiano, contestualizzandola solo all’interno della realtà contemporanea, e non in Eterno Presente, , per dare un immagine difforme anche alla luce della Torah , dell’Antico e del Nuovo Testamento.

Mentre, per essere oggettivi, l’eventuale invito a non consumare carne dovrebbe essere slegato dalla fallace e volutamente malevola manipolazione dei Testi Sacri, ma portando argomenti che forniscano una base scientifica oggettiva, scevra dall’intento palese o occulto di danneggiare non solo delle culture religiose, ma anche il tessuto zootecnico, già pesantemente compromesso dalla crisi economica.

Termino con una nota personale: augurando buona Pasqua a tutti i cristiani, i cristiani ortodossi la festeggiano il 5 maggio e agli ebrei per il loro Pesach già iniziato, che terminerà il 02 aprile.

Marco Bazzato
28.03.2013



mercoledì 27 marzo 2013

“Donne in Gioco”di Michelle Bovev





Sono le 11 di mattina del 27.03.2013 ora bulgara, quando inizio a scrivere questo pezzo e non dovendo smaltire una sbornia a base di rakia, vodka, birra, vino, batida de coco, limoncello e tequila, perché non bevendo né alcolici né superalcolici – a parte che in pochissime occasioni speciali – manco li detengo in casa. Sto comunque cercando di rimettere in ordine i pezzi della fiction tv, mandata in onda ieri sera da Canale 5, in prima serata, e che terminerà, a Dio e a Mediaset piacendo, questa sera, “Donne in Gioco”.

Lo show, che nelle intenzioni della produttrice-sceneggiatrice-regista-attrice, Michelle Bonev, al secolo Dragomira Boneva. Драгомира Бонева, ove Dragomira non sta per femmina dall’alito di drago, ma per “Cara al Mondo”, nelle intenzioni doveva essere una fitcion drammatica, pregna di “tensione interiore”, per citare un liottismo usato e abusato in un romanzo di un autore napoletano, ma non ha fatto altro che farmi scompisciare dalle risate, costringendomi a un via vai all’urinatioio per smaltire la sbronza di sganasciate strappa mandibole, che abitualmente avvengono durante la visone di b-movie “catastrofici” degli anni ’50-’60 o dopo l’ennesima replica de “La fuga del cavallo morto” o di “Ghiacciaio in fiamme”.

Descrivere la fiction è banale come la fiction stessa. L’unico problema sta nel trovare gli aggettivi e le metafore confacenti all’opera.

Sceneggiatura: assente o non pervenuta! Il canovaccio è così sottile che manco può essere utilizzato nemmeno per togliere la polvere da una vetrata panoramica, priva di vetri, in uno chalet a Borovetz, Боровец!

Regia: per rispetto nei confronti di una sentenza giudiziaria mi rivolgerò alla regista, Michelle Bonev, usando il maschile, avendo come regista, diretto da cani gli attori, cosa che potrebbe offendere le razze di canidi nel pianeta.  Probabilmente la fiction sarà studiata all’Accademia Nazionale di Arti Teatrali e Cinematografiche di Sofia, come esempio di come non deve essere diretto e/o recitato un film o una fiction, perché altrimenti Stanislavskij, al secolo, Konstantin Sergeevič Alekseev. in russo, Константин Сергеевич Станиславский, bestemmierebbe per l’eternità.

Testi e dialoghi: Una persona potrà vivere in Italia anche da più di un decennio, avere il passaporto italiano, ma rimarrà sempre straniera, in quanto i pensieri, formatisi nell’infanzia e nell’adolescenza e nella prima età adulta, permangono per sempre, e i dialoghi di “Donne in Gioco” risentono di questo. Infatti, anche se scritti direttamente in italiano, sono “viziati” del modo di pensare della lingua e della cultura bulgara, avendo significati non retorici in quanto contestualizzati entro un lessico e un idiomatismo strutturato, secondo la lingua e la cultura di origine,  mentre in italiano, se non adattati  da validi professionisti, risultano pensanti e ampollosi, soventemente ripetitivi. È starano che nessuno abbia fatto notare la cosa alla “produttrice-sceneggiatrice-regista-attrice!”. Oppure se ci hanno provato, costei essendo piena di se per dar retta ai consigli altrui, avendo acquisito l’umiltà di alcuni italiani, del “So tutto io”|, li ha ignorati. Forse si credeva Mel Gibson, sceneggiatore, regista e uno dei produttori di The Passion of Christ,, che fece ripetere 48 volte la scena del lancio dei 30 denari a Giuda.

Recitazione di Michelle Bonev: ha recitato? In molti potrebbero obiettare che se ha recitato, lo ha fatto diversamente bene. Si possono contare sulla punta delle dita gli attori-registi che godono dell’oggettività e del senso critico- estetico nel saper riconoscere in se stessi, nelle vesti di regista, quando recitano a livelli superati senza il complesso della telecamera da Cita, l’”antenato” quadrumane ma contemporaneo di Tarzan, ma la Bonev non appartiene a questi pochi eletti, a questi mostri sacri. Da ultimo ma non certo meno importante: l’accento.  Michelle Bonev, è nativa di Burgas, Бургас, nel Sud Est Bulgaria. Per i puristi bulgari gli abitanti di queste zone hanno una cadenza, il “meko” che li fa sembrare quasi come se parlassero con cadenza russa, visto che la “L” e le vocali vengono ammorbidite, con le frasi e/o parole, invece di uscire “secche e dure”, sono come allungate, cantilenanti. Un po’ simili come “musicalità” a quelle dei veneti.

La cosa che salva l’onore bulgaro è che Dragomira Boneva,  Драгомира Бонева, Michelle Bonev, ha passaporto italiano. Per questo Wilkipedia, nelle pagine bulgare così come in quelle italiane, non le dedicano che poche striminzite righe. Un po’ come se fosse figlia di N.N.

Recitazione degli altri attori: mediocre. Ma la colpa non è di costoro ma della regista che non ha saputo dirigerli, in quanto la Bonev ha un background sociale e ambientale, anche e soprattutto nei suoi inizi di “carriera” appena giunta in Italia agli “antipodi inginocchiati,” rispetto  al cinema, regia e recitazione cinematografica o teatrale. In alcuni momenti sembrava d’essere all’interno della parodia in salsa brasiliana da telenovelas dei “Promessi Sposi,” di Anna Marchesini, Massimo Lopez e Tullio solenghi, con i personaggi che assomigliavano a tanti Pedro Ghilberto Imenez Perito per Aria, o a quello di un palazzinaro laziale, eternamente rosso come un gambero lampadato,  “Che non vende sogni, ma solide realtà”.

Questa produzione bulgaro-italiana della Romantica Entertainment – la casa di produzione di Michelle Bonev, che per scrivere – male – la sceneggiatura ci ha impiegato quasi due anni – e RTI, non rappresenta la cinematografia e le fiction bulgare, passate e contemporanee, avendo abbassato all’inverosimile la recitazione degli attori bulgari che vi hanno preso parte,  alcuni veri mostri sacri in patria –  ove  la Bonev non viene, per dirla con un termine gergale tutto italiano, “cagata manco di striscio” –  degradando la recitazione anche degli attori italiani che apparivano come burattini smarriti e guardavano verso la macchina da presa senza sapere in che direzione sarebbero stati gettati. Primi tra tutti Lando Buzzanca e Martina Colombari: due statue di gesso.

Location e fotografia: campi stretti, primi piani malfatti e fotografia da B movie degli anni ’80, fatta, in totale economia. Niente a che vedere con le produzioni di Pietro Valescchi della Taodue o le regie di Alexis Swet. Le immagini il più delle volte sembravano smorte, sgranate, e una definizione così’ bassa che non si è vista nemmeno ai tempi di Kojak, 1973-1978.

A tirar le somme ci si trova innanzi ad uno show  quattro ore,diviso in due parti, di pessima qualità. Ieri mattina anche se Federica Panicucci a Mattino Cinque cercando di non dimostrarlo, sembrava nutrire dubbi abissali sulle qualità artistiche dell’italiana Michelle Bonev – produttrice,sceneggiatrice, regista e attrice e  di tale egocentrismo sparagnino fa sembrare “Donne in Gioco”  come ne “La famiglia del professore matto”con Eddy Murphy –  presente in studio per promuovere, al pari  di uno scrittorino sconosciuto, la sua autoproduzione cinematografica, in quanto  nessuno le offrirebbe un lavoro né come sceneggiatrice, né come regista e né tantomeno come attrice.

I mostri sacri del cinema bulgaro, primi tra tutti gli attori Stefan Danailov, Hristo Shopov, o registi come  Binka Zeliaskova ,Anri Kulev, Ivan Nichev, Metodi Andonov o sceneggiatori come Boris  Hristov,, Kiran Koralov, solo per citare tra i più noti in Bulgaria, alcuni totalmente sconosciuti in Italia probabilmente diranno tra di loro, non ammettendolo mai pubblicamente, che con “Donne in Gioco”non ha vinto per fortuna la cinematografia bulgara, ma l’arrivismo della mediocrità della naturalizzazione italiana, come proseguo  del deludente esordio di Michelle Bonev alla regia nel film – fisco –  “Goodbye Mama,”  e le meritatissime polemiche mediatiche in seguito al premio – politico –  ricevuto alla Mostra del Cinema di Venezia, si ripete in uno show che si muove nella direzione d opposta rispetto all’eccellenza,. A detta  di tanti addetti ai lavori non fa altro che rafforzare l’idea che “Donne in Gioco” non sia altro che un Голямо гюбре, essendo  “l’opera” la nemesi della fiction televisiva, e i 3.311.000 telespettatori italiani lo stanno a dimostrare.  E Mediaset, per non gettare troppo denaro al vento, facendo infuriare gli inserzionisti pubblicitari, presupponendo uno share quasi da seconda serata, ha preferito metterlo in programmazione in concomitanza con la partita Malta-Italia, per nascondere, sotto il tappeto della scusante della nazionale di calcio, la genesi di un progetto fallimentare, concepito peggio di due neonati morti a causa di un aborto a nascita parziale.

Marco Bazzato
27.03.2013

martedì 26 marzo 2013

Magdi Allam abiura il cattolicesimo romano


Mai fidarsi di un apostata! Nascondono in se il seme del fanatismo.

In molti nutrirono serissimi dubbi nel 2008 in occasione del suo battesimo, comunione e cresima celebrati in pompa manga dall’allora Papa Benedetto XVI, usati a mo di propaganda clericale dalle tv di Stato e non solo, nella speranza di reclutare nuovi adepti (1), con tanto di show televisivi che inneggiavano alla forza del messaggio cristiano, che batte e converte,  conducendo apostasia, i credenti di altre religioni.

Ma ieri la doccia fredda è arrivata ieri con il suo articolo di abiura del cattolicesimo romano, anche se non è chiaro se si senta cristiano e battezzato, oppure se abiuri anche il battesimo stesso, impartitogli dall’oggi Papa emerito, Ratzinger.(2), in questo caso sarebbe giusto che si sbattezzasse, scaricandosi dal sito dell’UAAR, Unione Atei e Razionalisti, l’apposito modulo, cosa che potrebbe essere impossibile in quanto Magdi Allam è stato battezzato in uno Stato straniero e teocratico. Teocratico come le teocrazie islamiche che avverma d’aver sempre combattuto a suon di articoli.

E leggendo alcuni brani della sua lettera si rimane basiti da come questo egiziano con passaporto italiano, rinneghi, abiurandole le proprie origini. Infatti in un punto scrive:
“…Sono contrario al buonismo che porta la Chiesa a erigersi a  massimo protettore degli immigrati, compresi e soprattutto dei clandestini. Io sono per l’accoglienza con regole e la prima regola è che in Italia dobbiamo innanzitutto garantire il bene degli italiani…”

Quello che relativizza è ignorante sulle dinamiche non solo cattoliche, ossia dello Stato Città del Vaticano, ma anche su quelle propriamente cristiane, a dispetto del suo pomposo e superbo nome “Cristiano”, dimostrando un’assenza di conoscenza della spiritualità cristiana fuori dal comune per un “italiano” solo di passaporto, ma non svezzato all’italiana, ma con tutto il rispetto per la cultura egiziana, all’egiziana ,dove leggendo  quanto sopra riportato fa venire in mente una vecchia barzelletta razzista del nord Italia:

Ci sta una famiglia meridionale, dove nono riuscendo a trovare lavoro nella loro regione decidono di trasferirsi al nord, usando mezzi di fortuna. Arrivati sula riva del fiume Po’ e non avendo denaro per pagarsi l’attraversata, decidono di andare sull’altra sponda a nuoto. Si getta prima il padre, poi la madre e via via gli altri tre figli. Il padre, la madre e due figli raggiungono la riva, stremati. Ma l’ultimo, il più piccolo fatica sempre di più e spinto dalla corrente contraria viene quasi ricacciato indietro, finendo sottoacqua quando entra in un mulinello, iniziando a chiedere aiuto. Ma gli altri componenti della famiglia lo guardano con disprezzo fino a quando non smette di gridare stremato annega. E il padre sorridendo: «Meglio così, era solo un terrone!» Divenuti settentrionali partono alla ricerca di fortuna.

Madgi “Cristiano?” Allam, è il prototipo tipo dell’immigrato che ha dimenticato da dove è partito e chi era., essendo nato egiziano, con sangue egiziano, sempre con il massimo rispetto per gli egiziani che hanno sangue e  cuore migliori del suo, e perché ha in mano uno straccio di passaporto italiano ,vive nella superbia di essere diventato migliore di tanti suoi connazionali e immigrati, anche migliori di lui, che non hanno avuto la sua stessa fortuna e appoggi politici.

Va ricordato che Magdi “Cristiano?” Allam ha sempre sfruttato l’Italia e l’ottusità di certi italiani in quanto si è sempre nascosto dietro il paravento d’essere un nemico di qualsiasi forma di integralismo e a favore dell’integrazione mentre scriveva per il Manifesto, giornale comunista, favorevole all’apertura indiscriminata delle frontiere, proprio come lui, per poi passare a Repubblica e poi al Corriere della Sera, salvo adesso sembrare un Erminio Boso o il prosindaco di Treviso, Gentilini, o uno gli esponenti atei di Forza Nuova.

Facendo una breve ricerca in rete si trova che domenica 16/02/2007 rilasciòun’intervista a Stefano Lorenzetto, de Il Giornale (3), dove al termine dichiara quanto segue:

“Una volta ti sei persino accostato all’eucarestia.
«Sì al Cairo, avrò avuto 13-14 anni. Agii di impulso, pur sapendo che era un atto blasfemo, non essendo battezzato. Ho sempre provato attrazione per la religiosità, anche quando mi sono cono professato ateo o agnostico. Oggi sono convinto che l’occidente possa riscattarsi solo riscoprendo Dio.»
Che cosa ti impedisce di convertiti al Cristianesimo?
«Niente e nessuno. Il giorno che decidessi di farlo, sarei orgoglioso di annunciarlo.»”

Mentre il 23 maggio del 2008 scrive il giorno seguente alla sua iniziazione battesimale, a quella eucaristica e alla confermazione cristiana, nel Correre della Sera:

«Indubbiamente l’incontro più straordinario e significativo nella decisone di convertirmi è stato quello con il Papa Benedetto XVI, che ho ammirato e difeso da musulmano per la sua maestria nel proporre un legame indissolubile tra fede e ragione come fondamento dell’unica  civiltà umana, a cui aderisco pienamente da cristiano, ispirandomi di nuova luce nella missione che dio mi ha riservato.» 

Semplicemente leggendo gli stralci di questi due testi si possono mettere in luce le enormi contraddizioni e/o menzogne che emergono. Il 16/02/2007, a domanda risponde: “Ho sempre provato attrazione per la religiosità, anche quando mi sono cono professato ateo o agnostico…” mentre solo 13 mesi dopo , “.., che ho ammirato e difeso da musulmano per la sua maestria nel proporre…”sconfessandosi con le sue stesse mani, in quanto ora come allora non si capisce se e quale religione abbia mai professato.

Ieri con la sua abiura nei confronti del cattolicesimo romano, apparsa nel sito “Io amo l’Italia”, l’ex giornalista, l’ex politico, che evidentemente ha bisogno di farle parlare di se, in quanto già nel 2011 aveva dato prova di quanto disprezzasse l’Italia che gli ha dato un passaporto, che sfortunatamente gli era dovuto per legge, permettendogli di candidarsi ad un seggio al Parlamento Europeo, risultando tra i fanalini di coda in quanto a presenze,  abbia nel corso degli anni sputato addosso al tutti i piatti che l’hanno sfamato,. (3).

Ergo chi o cosa sarebbe Magdi “Cristiano?” Allam? Un egiziano con passaporto italiano, musulmano, ateo, agnostico, cristiano a seconda della convenienza dell’attimo, entrato piano piano entro i gangli del potere italiano, per poi tornare verso l’oblio della periferia, rinchiuso in un dimenticatoio mediatico, tanto più che oggi il pericolo islamista radicale sembra lontano, visto che l’onda lunga dall’11 settembre in poi, senza dimenticare la morte di Bin Laden, sta cercando una rivalsa e un riscatto sociale, dopo essersi bruciato da solo la terra sotto i piedi, per puro calcolo dilettantistico?

Esiste per carità il diritto dell’uomo di evolversi e di cambiare opinione, altrimenti rimarrebbe arroccato all’età della prima infanzia. Ma bisogna capire se il cambiare opinione è frutto di maturazione interiore o se di freddo calcolo cinico, legato a interessi più ampi. In ogni caso è chiaro che il fenomeno Magdi “Cristiano?” Allam è mediaticamente ridotto al lumicino e che la grande notizia di ieri, oggi appartiene alla storia e agli esempi diversamente positivi da ricordare a futura memoria dei posteri.

Nel dizionario della lingua italiana, alla parola Abiura, si legge:

Nel cristianesimo e nell’islamismo, solenne rinuncia ad un'altra religione o dottrina considerata falsa o erronea.  Formula scritta o orale, nella quale si esprime tale rinuncia.

Magdi Allam è figlio di quell’integralismo e culturale relativista, a seconda delle convenienze, della società in cui è nato e cresciuto. Può cambiare casacche , bandiere e religioni  ma rimarrà un integralista sempre.  La sua prima battaglia, persa in partenza, è contro se stesso, anche se ha sempre voluto rimuovere il problema profondo che del malessere che lo assale.

E quindi resta da spere se dopo aver abiurato per la seconda volta, prima l’islam, tramite l’apostasia e poi il cattolicesimo romano, forse per passare alla prima delle tre religioni Abramitiche, attraversando il Mar Rosso e pellegrinando simbolicamente per quarant’anni per giungere in Israele, abbracciando l’ebraismo, sulla scia del suo libro, “Viva Israele” del 2007, così che non potrà più essere criticato, in quanto altrimenti le critiche legittime potrebbero essere lette come critiche antisemite e antisioniste.

Marco Bazzato
26.03.2013


venerdì 22 marzo 2013

La moglie fa le corna col sindaco.


La notizia è stata da poco pubblicata su Venice today (1). Anche se abitualmente questo blog non si occupa di gossip, a memo che non abbiano rilevanza nazionale o internazionale, la notizia era troppo ghiotta per non inspirarmi un breve racconto fantastico, di pura fantasia.

Dal diario segreto di Gnao Fufu!

Quando lessi la notizia mi venne lo stesso freddo alla nuca che sentì John Clark, in “Raimbow Six”, di Tom Clancy – Rizzoli, 1999 – prima dell’attentato fallito nell’aereo che portava costui, il cognato, la moglie e la figlia in Inghilterra.

 Il paese della chiavata fedifraga era forse a me noto e subito. Come in un sogno Mariano, mi vennero in mente alcuni volti che probabilmente conoscevo. Voci e suoni provenienti da un passato ormai lontano. Lui sembrava il guerriero Alberto da Giussano, un celodurista apparentemente moscio, una mezza sega, alto più non più di un metro e uno sputo di Lama, e nonostante il culo non dei più ciompi riusciva a mantenerlo incollato a due poltrone, ben pagato dalla Pubblica Amministrazione. Poltrone che si trovano sia in Comune che in una diretta emanazione di rango inferiore della Regione.

Nel sogno Mariano, questi mi è apparso, con le fattezze di “Er Mutanda”come un Neil Amostong, piantatore di bandiere del Fiore della Vita nei posti sbagliati, causanti grandi incazzatura del Prefetto. In più questo sindaco immaginario che non concede, giustamente, la cittadinanza italiana agli extracomunitari che non sanno leggere il testo del giuramento.

Mentre lei, la “nobildonna” ha le fattezze quasi simili, a parte che invece di usare la tonaca, porta gonne o pantaloni, a Jorge da Burgos, de “Il Nome della Rosa” di Umberto Eco – Bompiani 1980 –  facendo sovvenire in mente ciò che disse Umbertino da Casale ad Adso da Melk:
«Se gli uomini vedessero quello che è sotto la pelle come accade con la lince di Beozia, rabbrividirebbero alla visione della donna. Tutta quella grazia consiste di mucosità e di sangue, umori e bile. Se ci pensa a ciò che si nasconde nelle narici, nella gola e nel ventre non troverà che lordume. E se ti ripugna toccare il muco o lo sterco con la punta del dito come mai potremmo desiderare di abbracciare il sacco stesso che contiene lo sterco» (ct. pg 220).

Sempre nel sogno Mariano la mente mi corse verso le “Infinite diversità in infinite combinazioni” dell’IDIC, la domanda di come questo amministratore della cosa pubblica abbia potuto passare, saltando da un “bidone” con cui si è congiunto per anni carnalmente, a un altro bidone che donava le sue [dis] grazie (?) al legittimo consorte e che questo, per citare Riccardo Cocciante, con l’inizio del brano, “Cervo a Primavera” il qui testo recita: “ Io rinascerò, cervo a primavera”,sembra quasi che le streghe di Salem o le fate di Wicca ci abbiano messo lo zampino, proprio in occasione dell’equinozio, quasi che questi avesse ricevuto un ammonimento dalla moglie di Giulio Cesare, udendo dall’aldilà: «Attento alle idi di Marzo!»

Ora, nel sogno che da Mariano si è trasformato in un incubo stile Bestia dell’Apocalisse, il mitico 666, “The number of the beast” degli Iron Maiden. 

Nel paese innominato non si parla d’altro. I vecchi fuori dai bar mentre giocano a bestia o a briscola, commentano bestemmiando. I giovani mimano il coito facendo l’ok con il pollice e l’indice della mano sinistra, infilando velocemente, in un rapido su e giù l’indice della destra. Le suore, rinchiuse ne convento di clausura, recitano giaculatorie affinchè il Signore Santissimo, non quello delle mosche,  conceda, proprio che nel mentre Suo figlio, Gesù di Nazareth, si appresta a tornare a Gerusalemme per celebrare la Pasqua, scacciando i mercanti dal Tempio, ai due fornicatori smascherati il perdono e in quando ci sarà la morte certa, la vita eterna. Mentre il parroco si sciacqua le mani nell’acquasantiera, messa a bollire per l’occasione, sperando che queste si purifichino, essendo stato costretto a stingerle al primo cittadino, svariate e svariate volte…

Ma nella mente continuano a formarsi immagini, questa volta infernali, circa le pene che i due fornicatori stanno subendo dai legittimi consorti. Urla, imprecazioni contro le divinità divenute mito e leggenda e contro quelle à attuali. Porte sbattute, piatti frantumati a terra e sedie scagliate contro il mondo. Oppure silenzi assordanti e punizioni che vanno ben oltre il sadomaso, fatte di letti di chiodi, frustate ai genitali o alla clitoride, cilici e perforazioni delle mani e dei piedi, come se un professionista di piercing si fosse messo all’opera utilizzando strumenti non sterili, infettati preventivamente, lasciandoli a mollo per qualche giorno nella fossa biologica.

In questo sogno simile al Decameron boccaccesco in salsa padana, sembra quasi una parodia de “Le baruffe Chiozzotte” di Carlo Goldoni, dove in questo caso “goldoni” non sta per plurale di profilattici – auspicando che i rapporti siano sempre stati improntati alla protezione, usandolo, per la prevenzione di malattie venere come scolo, sifilide, o micosi della vagina, ossia crescita impropria di funghi velenosi nella vulva, che le “guardie forestali” vietano di raccogliere – ma è il cognome del noto drammaturgo, scrittore, librettista e avvocato italiano, nato a Venezia il 25 febbraio 1707 e morto a Parigi il 6 febbraio 1793.

Ma alla fine anche i sogni mariani,colmi di Arcobaleno Sei, in Rose nominate,  trasformatisi in incubi apocalittici e in romanzi boccacceschi, quasi di matrice goldoniana, spariscono.  Al risveglio ci sta solo lo stomaco che reclama la cena e una notizia di gossip che parla di corna, dove alla fine si dice tutto e nulla, perché tutto e nulla è accaduto, in quanto solo i cornuti e cornificatori conoscono la felicemente triste verità della loro meschina e gretta esistenza. Siano essi sindaci, carrozzieri che vanno di dima o a manovella, bibliotecarie annoiate casalinghe infoiate, spargitori dei semi di Onan o quant’altro, perché come scrisse questa sera un amico, «Sono solo cazzi loro e lasciamoli in pace.» Perche di pace, piaccia o no,per un po’ di tempo non ne avranno , come dice sempre Cetto Laqualunque: «Una beata minchia!»
Amen.

Marco Bazzato
22.03.2013

(1) http://www.veneziatoday.it/cronaca/sindaco-provincia-venezia-scoperto-amante-albergo.html

I marò rispediti in India per il bene dell’economia italiana?


I due marò del Battaglione San Marco non dovevano nemmeno rientrare in Italia per le due licenza: né per quella di Natale e Capodanno, né per le elezioni politiche. Ma tanto  la politica ha  fatto e l’ambasciata italiana ha brigato ha che alla fine, una volta tornati, si sentivano  belli e al sicuro, mentre dopo l’ennesimo voltagabbana nei loro confronti e dell’India,i due fucilieri sono stati rispediti nel paese dove stanno scontando la loro detenzione dorata in attesa di processo.

D’altronde con la grana dell’ambasciatore italiano – che per rappresentare il Paese e gli interessi del Made in Italy viaggia in Volvo –  a cui era stato ordinato di non lasciare il Paese, ritirandogli l’immunità e l’accredito diplomatico, fregandosene, ragione, della Convenzione di Vienna, era come se per alcuni giorni, anche se i media italiani non l’hanno detto, si fossero rotte relazioni diplomatiche tra i due Paesi. E rompere le relazioni diplomatiche significa mettere in pericolo in primis milioni di Euro di contratti e va ricordato che l’India senza l’Italia campa, ma molte grosse aziende italiane senza i contratti con l’India rischiano assai, e non è da escludere che queste abbiano fatto forti pressioni sussurate sulla politica, affinché, per il bene dell’industria in affanno, i due marò venissero rispediti nel subcontinente indiano, in quanto sacrificabili nel nome degli interessi economici della penisola italica.

I due marò sono stati usati dalla politica interna italica per finalità anche elettoralistiche e propagandistiche. Il governo morituro di Mario Monti sperava con questo atto populista e nazionalista di raccattare qualche voto in più, ma gli italiani, se ne sono ben guardati dal farsi coinvolgere a suon di croci sulle schede elettorali. Dove i politicastri nostrani che non avevano previsto la sacrosanta reazione iraconda indiana. Per questo, visto anche la “rottura delle relazioni diplomatiche” con il rischio che finisse al gabbio l’ambasciatore italiano in India per essersi impegnato personalmente con la sua firma a far rientrare i due marò nel Paese di Gandi, ha fatto sì che i due militari divenissero, a detta di alcuni, e della nomenclatura oligarchica politico-militare-industriale, sacrificabili, in nome della ragion di Stato. Visto che, a detta dei silenziosi che operano da dietro le quinte, è meglio due marò arrestati all’estero in attesa di processo per omicidio, piuttosto che un ambasciatore ingabbiato per falso. A livello di immagine per l’Italia la seconda accusa sarebbe più devastante, nonostante sia riconosciuto all’estero che gli italiani sono dei voltagabbana patentati, in “casa” come in “trasferta!”.

Ma la cosa “divertente” è che i due marò sono stati traditi dalle stesse istituzioni nazionali, politiche e militari. Senza dimenticare che l’Unione Europea, si guarda bene dall’intervenire nel contenzioso giuridico italo-indiano. Ogni Paese UE, ha interessi economici e scambi commerciali da difendere con l’India e visto che l’Italia, rispetto a quel subcontinente è considerata una nazione in de pressione economica e l’India, un Paese in crescita, e è meglio fare affari concresce, che non con un Paese depresso,  quasi ridotto come Cipro.

In molti si stanno chiedendo come questi possano sentirsi nei confronti della patria che li utilizza, correttamente secondo la politica economica, come merce di scambio, ciarpame sacrificabile da barattare per un ambasciatore e qualche centinaio di milioni di Euro in commesse commerciali o industriali,  e qualche migliaio di posti di lavoro in Italia, come se ci si trovasse sulle bancarelle di Porta Portese o allo scambio delle figurine Panini dei bambini della scuola primaria?

Ma la parodia dell’assurdo è che l’Italia, dopo aver pagato il risarcimento danni alle famiglie dei due pescatori assassinati, facendo oggettivamente passare i due marò per rei confessi, prima di una sentenza definitiva, dopo aver perso faccia e credibilità in patria e nel resto del mondo il “Bel Paese” ha la pretesa, assurda, di dettare le regole in casa d’altri, ossia ricevendo rassicurazioni scritte che i due fucilieri del Battaglione San Marco non possano essere condannati a morte, ottenendo così un trattamento di favore, discriminatorio rispetto alla legge e gli altri cittadini indiani, nei reati ascritti di pari gravità capitale., Il tutto porterebbe a supporre che le autorità italiane siano ragionevolmente certe che i marò saranno condannati e che dovranno scontare la pena in India, auspicando che le leggi indiane non siano morbide come quelle italiane nei confronti degli assassini e/o omicidi e non prevedano sconti di pena misure alternative, indulti o permessi premio.

Sempre che gli indiani non facciano come gli italiani: mentendo. Emettendo una sentenza di pena capitale anziché di lunga detenzione e che, i due marò non vengano spediti, secondo i tempi della giustizia indiana, innanzi al boia, per l’esecuzione della sentenza.

È chiaro che se in caso di condanna a morte, pena legittima nell’ordinamento giuridico indiano, se in Italia dovessero esserci manifestazioni, anche razzistiche, contro l’India, questa non esiterebbe, come suo diritto, a fare carta straccia dei contratti con il nostro Paese. E quando le aziende interessate saranno obbligate a licenziare, a causa del diritto indiano di far rispettare le loro leggi in casa propria, le manifestazioni a favore dei due marò condannati cesseranno.

Due sole vite da salvare dal boia non possono e non devono rischiare di mettere a repentaglio migliaia di lavoratori, con conseguenze a cascata sul reddito delle famiglie degli operai, causando il crollo del benessere economico e sociale nelle zone interessate, perché parafrasando ciò che auspica sempre il nostro beneamato Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, “Bisogna guardare agli interessi generali dell’Italia e non ai particolarismi o agli interessi dei singoli”.
Proprio come nel finale di “Star Trek II – L’Ira di Kan”:in quanto:
 .È la logica. Le necessità dei molti sono più importanti delle necessità dei pochi o di quelle di uno»


Marco Bazzato
22.03.2013

mercoledì 20 marzo 2013

Il Parlamento cipriota boccia il prelievo forzoso!


La codardia dei parlamentari ciprioti è un attacco senza precedenti ai voleri del FMI, della BCE per far felici le banche creditrici europee che hanno sbagliato gli  investimenti finanziari.

In fin dei conti ai ciprioti si chiedeva una miseria: il 6,75% per i depositi fino ai 100 mila Euro e del 9,9% per quelli eccedenti, magari applicando una franchigia di 20 mila euro. Ma nisba. I parlamentari, vili, hanno detto di no, sbattendo la porta in faccia ai creditori, che per 10 miserabilissimi miliardi di euro, ne chiedevano sull’unghia, 5,8. Guarda caso è proprio la somma che sono esposte verso Nicosia le banche tedesche. Ergo: i tedeschi volevano i soldi sull’unghia e per questo il dinego gli ha fatti incazzare quasi come vipere.(1).

Ma l’atto di codarda generosità dei politici ciprioti non è stato commesso per far piacere al popolo cipriota. Quelli, come ogni Paese, possono tranquillamente scannarsi tra di loro, cannibalizzarsi, squartarsi, come sembra stia accadendo in Grecia. No, la vigliaccheria dei parlamentari ha un nome: gli imprenditori russi che utilizzano la piccola isola come Paradiso fiscale e quindi il prelievo forzoso avrebbe “impoverito” del 9,9% i milionari in euro, non certo il popolino. Perché alla fine non erano i “piccoli espropri” visto che se si incazzano le masse, quelle sono pecore belanti e piagnone, ma sono i milionari quelli, che in ogni Paese, tengono tra le mani le palle dei politici…

L’Italia, visti i precedenti con Giuliano Amato del 9 Luglio 1992, quando questi si accontentò di un prelievo forzoso pari al 6 per mille, una miseria, se paragonata a quanto chiesto e/o imposto dall’Unione Europea, leggesi Germania, a Cipro.

Comunque se adesso godiamo per il coraggio di Nicosia a dire di no alla rapina a mano armata europea nei conti correnti ciprioti, gli italiani devono mettersi il cuore in pace. In caso di governo Bersani, questi da buon lacchè, assieme a Vendola e Monti, non avranno alcun timore nel depredare – legalmente (?) – le tasche degli italiani, visto che gli italiani tutt’ora, fonti BCE, riescono, nonostante tutto, a risparmiare, avendo il gruzzoletto,magari improduttivo o infruttifero, in banca. Ma che vista la cristi ogni giorno che passa si assottiglia sempre  più e quindi sarebbe giusto affrettarsi. Perché i politici italiani e banchieri europei non riescono a comprendere perché una tale massa di denaro debba rimanere inerte e non rimessa in circolazione, togliendola ai legittimi proprietari, per ridistribuirla alle banche straniere che ne hanno bisogno, perché esposte con Titoli di Stato di Paesi privi di solvibilità. Negare questo sarebbe come negare il cibo ai poveri, sputandoci addosso. Sarebbe come togliere ossigeno a una vittima – la banca – che sta per essere stozzata dall’acquisto esagerato di Titolo di Stato considerati ora carta straccia, prendendo a calci le istituzioni finanziarie che tendono le grinfie affamante verso i conti correnti in attivo italiani e non, per sanare le profonde ferite dei bilanci  e dell’imperizia gestionale delle risorse finanziarie.

Cipro, se i parlamentari fossero stati più coraggiosi, sarebbe stato un ottimo terreno di cultura per la sperimentazione, prima in piccola scala, ossia su un totale di un milione di abitanti dell’isola, di quello che poteva diventare uno standard FMI-UE-BCE, accettato e/o imposto a tutti i Paesi con un’esposizione di debito troppo elevata nei confronti delle banche estere.

 Purtroppo, per ora, la cosa non è andata a buon fine. Ma non è detto che, con le adeguate pressioni, i parlamentari non si pieghino, come del resto ha fatto la Grecia, agli ordini tedeschi delle banche creditrici.

 Ed è luce dei fatti ciprioti, he l’ articolo “I risparmi italiani sono al sicuro nelle banche?” (2) datato 09.11.2011, sembrerebbe quasi profetico, visto quanto si voleva che accadesse a Cipro e che quasi sicuramente potrebbe avvenire, con l’avvento di un governo, non importa se di centro sinistra o di centro destra, in Italia, nel volgere di pochi mesi, specie quando tutti gli indicatori economici volgono non verso la ripresa, ma nemmeno verso la crisi, ma verso una vera e propria depressione endogena , endemica e pandemica.

Ma i conti del debito pubblico italiano che ha sfondato quota 2 mila miliardi (2.000.000.000.000, di Euro, vale a dire , 387.254.000.000.000.000 delle vecchie lire), il Paese potrebbe sanare una parte di debito con un prelievo forzoso su tutti i C/C bancari, Postali, Bot e Azioni, detenuti dai privati cittadini e dalle ditte individuali, calcolandoli nel caso di ditte come costi indetraibili, pari al 15%, perché automaticamente il debito italiano scendesse sotto il 100%,(3).

Dove però l’impoverimento del Paese e degli italiani sarebbe doppio in quanto, oltre al calo immediato, per via dell’esproprio dai conti correnti del 15%, non va dimenticato che salterebbe fuori immediatamente un secondo 15% in più di sofferenze bancarie, che andrebbero a bloccare ancora di più la possibilità di erogare prestiti alla piccola e media impresa, mettendola dentro una spirale depressiva la cui via d’uscita forse potrebbe essere visibile tra non meno un decennio.

Ma questo sarebbe un modo “indolore”, ossia senza utilizzare l’esercito e la violenza, per rendere il Paese schiavo e i cittadini servi. E giunti alla situazione economica da canna del gas, forse la cosa migliore, come dice il Movimento Cinque Stelle, sarebbe quella di uscire dall’Euro, lasciando che affondino, pur che l’Italia si salvi, le altre banche straniere, tedesche per prime, che anche in questo caso, sono tra le più  esposte con i Titoli di Stato italiani…

Perché se l’interesse prioritario dei tedeschi è quello di salvare il loro sistema bancario ed economico e il benessere dei cittadini, per quale motivo l’Italia e gli italiani non dovrebbero avere lo stesso diritto al pari dei tedeschi?

Giunti a questo punto l’effetto domino sul sistema bancario e finanziario internazionale sarebbe la cosa più auspicabile per i Paesi “ricchi…”., perché porterebbe a un livellamento verso il basso dei tenori di vita europei ma non solo, equiparandoli quasi ai Paesi in via di sviluppo.

A oggi i mercati finanziari internazionali e le economie reali, quelle che riescono a fare un PIL non negativo, si reggono in piedi per il rotto della cuffia. Mentre le economie come l’Italia che hanno una crescita del PIL negativa, ossia in recessione secondo gli ottimisti, depressione secondo di realisti, avrebbero il sacrosanto  interesse a trascinare nel baratro le presunte economie forti.

 Un Paese che si è impoverito i cittadini sanno già a fare i conti con la povertà e con il crollo sia dei consumi sia delle necessità ludiche.  Ma una nazione che rischia di perdere tutto, perché potrebbe passare dal benessere alla povertà, è più incline al terrore sociale e ai colpi di matto e quindi è più controllabile. Quindi, se l’Italia e la politica italiana fosse intelligente, potrebbe usare come cavallo di Troia o Ariete lo stesso sistema utilizzato dall’Unione Europea, BC e FMI contro la Grecia e la Spagna, girando il coltello dalla parte del manico, uscendo dall’euro e non onorando, come ha fatto Argentina e Islanda, il debito estero e lasciando mezzo mondo con le pive nel sacco, avendo tra le mani inutili fogli di carta straccia di titoli di Stato.

Marco Bazzato
20.03.2013


martedì 19 marzo 2013

Papa Francesco e la Chiesa al servizio dei poveri?



Ormai sembra diventato un mantra straccia palle. “La Chiesa torni a essere al servizio dei poveri…” e quando mai lo è stata? Papa Ciccio (Francesco), sembra l’Obama della prima elezione, del novembre del 2008. Dove il suo tanto becero populismo lo portò a beccarsi anche il premio Nobel per la Pace, sulla… fiducia, Nobel per la Pace che nessuno mai menziona più perché anche le capre sanno che è stata una bischerata politica. E Ciccio, Francesco, gli sta andando dietro a ruota, con i media che lo esaltano fino all’inverosimile, facendo assurgere la normalità che dovrebbe avere un qualsiasi essere umano, a simbolo – assurdamente inventato – di bontà e carità assoluta.

  L’attenzione ai poveri? L’abbiamo vista quest’oggi la plebaglia, messa ai margini, distanti dal centro del potere. Infatti, alla faccia degli ultimi a cui prestare – a parole – attenzione, durante l’incoronazione, dopo il clero ci stavano le teste coronate, i altri leader dei paesi democratici, segno che lo Stato città del Vaticano, a livello sostanziale detesta e le democrazie,  in quanto gli eletti sono eletti, in modo diretto o indiretto, dalla plebaglia bastarda, e nono per Grazia Divina, poi i rappresentati delle altre confessioni religiose e per ultimi, come appestati, in piedi come tante vacche miggenti, il “popopulame”, i servi della gleba, i veri servi da sempre della Chiesa, mossi dal sacro terrore dell’inferno del peccato medioevale, che riempiono le bisacce degli ecclesiastici di denaro, pane e salame e quant’altro, a Gloria di Dio…che a differenza dei preti, non mangia non si ingrassa sulle spalle e sul sacrificio altrui..

Certo, si è parlato e si parlerà ancora molto dell’uscita di Papa Ciccio (Francesco) dopo la celebrazione liturgica di domenica, che come un pastore metodista si è messo a stingere mani, baciare uomini, donne, vecchi e bambini, uscendo dai confini pontifici, entrando in Italia, senza che nessun poliziotto fermasse l’extracomunitario, chiedendone i documenti e la motivazione della sua venuta nel Bel Paese. Una nazione civile, come USA o Australia, nel dubbio avrebbe ammanettato dietro la schiena il presunto clandestino, portato in caserma per accertarne ufficialmente l’identità e poi  rilasciato se in regola o con un decreto di espulsione se irregolare, o se aveva in tasca il Passaporto diplomatico, per quanto poco, come Capo di Stato straniero, aveva l’obbligo almeno morale di avvisare con largo anticipo del suo ingresso nel nostro Paese e non “invaderlo” simbolicamente, anche se per pochi minuti, in totale dispregio della Bossi-Fini, perché la legge non ammette l’ignoranza sia da parte dei poliziotti, così come dei papi extracomunitari.

Scene di simile populismo poco austero e per nulla papale si sono viste anche quest’oggi, quando ha ordinato all’autista di fermare la Mercedes per andare a salutare un povero Cristo in barella. Gesto nobile, per carità, ma ormai manca poco che quasi dia una legnata in testa al conducente, mettendosi a scorazzare con la Papamobile cabriolet – non è chiaro se si tratti di un modello nuovo o se è stata modificata quella di Ratzinger.Se fosse un modello ex novo, dimostrerebbe come ha risparmiato sull’anello e altri paramenti, ma il grosso del grano, se l’auto scoperta non è stata regalata al Vaticano,  questa sia un eminentissimo spreco, alla facciaccia dei poveri –  iniziando a fare numeri su due ruote alla Remi Julienne, famoso stutman cinematografico del cinema italiano degli anni ’70 e ’80.

Un Papa che afferma di rivolgersi ai poveri, i primi che darebbero anche il loro sangue se la Chiesa lo chiedesse, ma bisogna capire a che poveri si rivolge: ossia a quelli di spirito, i poveri di salute, di speranza, oppure ai poveri di cuore, ma ricchi nel portafoglio? È troppo fumoso e populista parlare di poveri, usandoli per la propria propaganda e per farsi bello agli occhi del mondo...

Inizia, piaccia o no, un papato che sotto certi punti di vista appare, si ribadisce appare, di rottura con il passato. Ma non va dimenticato che Bergoglio era il diretto antagonista nel precedente Conclave do Ratzinger e questo lo pone in una situazione non di outsider, perché facent parte del sistema da anni, dove il popolino, manipolato anche dai media, si lascia incantare e incaprettare dalle apparenze, dalla gestualità, ma poi, come per Obama, è alla lunga che si vedono con quali poteri starà per rimanere sulla cresta dell’onda, senza creare eccessivi fastidi ai veri poteri che comandano in Curia. Sì, perché va detto che Ratzinger faceva comodo perché era un teologo interessato a scrivere libri, Giovanni Paolo II a viaggiare,bighellonando e facendo  show in giro per il mondo, ed hanno lasciato la Barca di Pietro che venisse retta da altri. Dove piaccia o no, è dal 1978 che non siede un Papa italiano sul soglio Pietrino, perché che gli stranieri sono più manipolabili a livello linguistico in Curia, in quanto devono leggersi documenti non scritti nella loro lingua materna e si vedevano costretti, come accadrà anche a Bergoglio. a farseli in parte “premasticare” da altri.

Le bizzarrie di Papa Francesco saranno accettate in Curia fino a quando si limiterà ai gesti d’apparenza per accalappiare i miti, gli umili: il maggior bacino del mercato delle questue della Chiesa fin dagli esordi. Perché fino a quando coltiverà il suo orticello di fedeli, senza mettere le mani dentro i gangli del potere, “Nel porto delle nebbie”, come diceva Giovanni Falcone, sarà libero di muoversi come vuole, ma poi, nel caso dovesse andare a pestare troppi calli, alluci e testicoli ai veri poteri forti, beh, la musica potrebbe cambiare in modo molto amaro e improvviso.

La Chiesa, specialmente la Curia romana è sempre campata da papa grazie alla tradizione e anche la rottura dei presunti schemi fa parte della tradizione, a patto che non siano da ostacolo alla gestione del potere, non solo per quello delle anime, ma anche per quello economico, paradossalmente legati come il Serpente del Paradiso terrestre che circuì Eva. Il ruolo nei prossimi anni di Papa Francesco sarà di rinverdire i fasti mediatici e le adunate oceaniche di fanatici che furono per quasi trent’anni appannaggio di Giovanni Paolo II e che Benedetto XVI, freddo e teutonico, si è trovato a proseguire sul solco tracciato dal predecessore, a malavoglia.

Intanto l’inizio del Pontificato sembra che abbia già inanellato un clamoroso fiasco di pubblico, di share e di gradimento. I media la settimana scorsa parlavano di circa un milione di infedeli – secondo le religioni non cristiane – a Roma per la celebrazione odierna, mentre oggi, fonti giornalistiche televisive hanno parlato di non più di 350mila persone, 1/3 dei previsti, sebbene i costi per la Pubblica Amministrazione capitolina, visto che ci stava anche la metropolitana e i servizi pubblici gratis fino alle 14.00, da e per Piazza San Pietro, ancora una volta dimostrano come questi grandi eventi andrebbero delocalizzati fuori dalla capitale, fuori dall’Italia, in quanto oggi come in passato i fasti dell’ex Stato Pontificio si reggono sulle spalle della plebe, su cui indirettamente ricadono i costi economici e i disagi che certi eventi comportano.

Chiaramente Papa Francesco non è responsabile di tutto ciò, ma adesso egli è il monarca assoluto di questo meccanismo vaticano e se volesse veramente tenere fede al suo tanto blaterato interesse per i poveri, per gli ultimi, dovrebbe comprendere che certi grandi eventi sono economicamente dannosi per Roma, a livello di spesa pubblica, e che da questi agapi gigantesch,ne traggono vantaggi economici sempre i soliti “ignoti”, ossia i soggetti privati, a partire dai venditori di paccottiglie, pardon souvenir, agli albergatori, ai ristoratori, anche se la maggioranza dei presenti anche quest’oggi a Piazza San Pietro erano cittadini romani e o  Italiani che hanno fatto il classico turismo religioso mordi e fuggi, portandosi da casa pane e companatico, spendendo meno possibile e viaggiando magari utilizzando le agenzie di viaggi che in modo diretto  o indiretto  sono riconducibili ad stato straniero: lo Stato Città del Vaticano, contribuendo ad arricchirlo, alla faccia dei poveri, che pagano per tutti..

In ogni caso stiamo sereni: Papa Francesco non cambierà nulla di sostanziale nella Curia romana. È troppo attaccato e ama la vita per fare il martire, non della Fede, ma contro ingordigia e la sete di potere politico-affaristico-religsa, perché la Chiesa si sa, nella sua storia è piena di Papa morti… improvvisamente…

Marco Bazzato
19.03.2013

19 Marzo: festa del papà


ggi, come ogni anno, si festeggia in tutta Italia la festa del papà.

Ma chi è papà?

Uno sputatore di seme dal tubo che ingravida una femmina? Un uomo amorevole che ama la moglie e/o compagna e i figli? O semplicemente un bastardo senza arte né parte, buono a sfruttare moglie e figli come animali da soma, salvo poi riempirli di pugni e calci, quando gli schiuma la bava dalla bocca, gli occhi si infiammano di furia cieca e il respiro inizia a puzzare peggio di un cadavere avvolto dallo zolfo?

Esistono tanti tipi di babbo. In percentuale, la maggioranza dovrebbero essere dei buoni diavoli, degli eccellenti genitori, persone degne d’avere una progenie e degne d’essere figli dei lombi dei loro genitori.

 Ma ci sta un’esigua minoranza, rabbiosi cani sciolti, infami peggio delle malattie veneree che sono stati messi al mondo dai loro padri, perché quelle vacche delle loro madri hanno apertole gambe, facendosi riempire come bignè alla crema, espellendo dopo nove mesi i frutti malati dei loro coiti primitivi e primordiali, dove entrambi, all’apice dell’amplesso, ululavano come lupi affamati, con zanne imbrattate di sangue e carne umana, alla luna, pregando che le divinità e i folletti dei boschi li proteggessero in eterno.

Un’ esigua minoranza dei padri di oggi  sono identici a quel Dio cattivo e punitivo dell’Antico Testamento, sputatori di sperma e sentenze, aridi di cuore e tardi di mente, che si sono accoppiati con baldracche sfracicate che prima prendevano piselli anche dagli elefanti. Questi sovente sono i padri che avevano i genitori che hanno combattuto nella “Grande Guerra”, figli di una cultura malata , figli di rubagalline della seconda metà del 1800. Ma la malvagità, l’infamità si perpetua entro la linea del tempo, in un eterno presente che non ha storia, perché facente parte della storia umana.

Non tutti i padri sono dei San Giuseppe. Padre putativo, cornuto da Dio stesso, che gli ha ingravidato la futura moglie, anche senza compiere il coito completo. Ma “Bepi”, a differenza di altri padri che hanno avuto progenie, puciando il biscotto, almeno, secondo la tradizione cattolica, si è comportato da uomo, avendo due coglioni grandi come una casa, ma soprattutto un cuore e un cervello altruistico, funzionati.

Padre, papà, babbo…genitore maschio…parole senza più significato, quando nei cuori di questi non ci stava e non ci è mai stato una fava, cruda o cotta. Genitori lo si è per grazia ricevuta e non per aver violentato, tramite lo spermatozoo, un ovulo che si stava facendo bellamente gli stracazzi propri suoi nel grembo della donna, che si è visto arrivare un tubo da irrigazione quasi in gola. A questi bastardi deve andare il massimo del disgusto, devono essere trattati come putride fosse biologiche della società, perché non sono altro che germi infetti e infettivi che appestano il creato, figli di un coito malato. Padri degeneri nati e cresciuti nel furto e nella disonestà morale e materiale, pronti a rubare a figli e/o figlie senza pietà, dandosi alla macchia come bestie codarde, con la femmina che li segue docile e remissiva, perché pronta, alla morte del compagno, d’appropriarsi dei suoi averi.

Questi sono una parte dei papà, quelli marci, malati di potere e assetati di ingiustizie, che hanno vissuto la vita nell’arsura dell’amore, nell’arsura del vuoto e della menzogna. Ma a tutti gli altri papà, quelli onesti, altruisti, quelli che, giovani o anziani, si strapperebbero il cuore per i figli, perché sono la continuazione della vita stessa, a quei papà biologici o adottivi che si dannano per i figli, ma che sanno educare senza menare anche se non sono mai stati pugili professionisti o dilettanti, picchiando selvaggiamente come bestie impazzite per un voto negativo a scuola, ma sanno educare all’altruismo, al rispetto del fratello, non seminando zizzania, perché una volta morto il padre i figli si debbano scannare tra di loro. A tutti i padri veri, a tutti i genitori che sanno amare con la A maiuscola, senza condizioni e senza restrizioni, vanno i migliori auguri.  Perché il padre vero non è colui sputa lo sperma dentro il grembo di una femmina feconda. Il padre vero è colui che sa seminare terreno fecondo in ogni attimo della sua vita, altrimenti questi che in fallito moralmente e socialmente, anche se con il ha il portafogli gonfio di denaro, ma un uomo morto che cammina verso la vecchia scintillante. La cosa migliore che costui dovrebbe fare? Riempirsi la vasca d’acqua, immergersi e poi far cadere una serie di cavi elettrici, da 220 V, avendo cura di togliere i salvavita, folgorandosi. Perché la nascita e l’esistenza di questi padri sono solo state un insulto a Dio e all’umanità.
A tutti gli altri papà:: buona festa e tanti auguri, perché siete padri per Grazia ricevuta, per sempre.

Marco Bazzato
19.03.2013

giovedì 14 marzo 2013

Habemus Papam, Jorge Maria Bergoglio: Papa Francesco

Alla fine hanno eletto un argentino, che si è auto battezzato: Francesco, ossia Ciccio o Checco e che secondo il quotidiano online, Leggo, fin da ragazzo camperebbe con un solo polmone (1).


Lo show del conclave è durato, grazie al Signore degli Inferi, solo due giorni, al quinto scrutinio, è uscita la fumata bianca, liberando Roma dalla cappa di smog che appestava l’intera capitale a causa delle fumante nere, che uscivano dal camino della Cappella Sistina, in quanto guardando la tv italiana sembrava che il mondo si fosse fermato ed esistesse solo quel fottutissimo fumaiolo, ogni tanto usato come campo base da qualche uccello,  causata anche dalla notoria assenza in Vaticano di doppiette visibili, per abbatterlo.

Lo Stato Città del Vaticano ha rispettato tutti i tempi televisivi concordatari, con la fumata bianca partita poco dopo l’inizio del TG3, per poi attendere fino alle 20.21, l’uscita di Papa Francesco, Checco Ciccio, visto che per avere un maggiore effetto scenico,e Papa Francesco Checco Ciccio, da buon pastore ha pazientemente atteso  agnelli, pecore, capre e caproni, il comandante in capo della Barca di Pietro, riempissero Piazza San Pietro fino all’inverosimile, colma così anche di  sardine, scardole e tinche, triglie e acciughe.

Quando giornalisti, telespettatori e pubblico di adepti e/o fedeli, dipende dai punti di vista,  in Piazza hanno compreso, dopo l’Habemus Papam –  scopiazzato di santa e sana pianta dal film di Nanni Moretti – che il nuovo Maestro Costruttore di Ponti,   è un extracomunitario argentino,, hanno forse pensato che non era Belen Rodriguez, e ci sono stati alcuni interminabili secondi di gelo, di shock, di terrore assoluto. I giornalisti sono stati i più lesti a riprendersi. Iniziando a snocciolare alcuni dati di questo Bergoglio: avi piemontesi, ordinato sacerdote a 33 anni – mistica cifra cabalistico massonica, eletto al soglio pontificio a 76 anni, vetustello che non dovrebbe campare molto, dopo che nel conclave precedente aveva, si è fatto volutamente sorpassare nello sprint finale l’attuale Papa Emerito, Joseph Ratzinger, Benedetto XVI, e cosa forse peggiore e/o migliore di tutte: gesuita. Sì, perché non dobbiamo dimenticare che i gesuiti furono collaborazionisti intransigenti e ligi alla corona spagnola, Conquistadores  col motto: “Siamo venuti per servire Dio, il Re e anche per diventare ricchi.” Risultato? Le civiltà precolombiane spazzate via a suon di cataste di cadaveri o convertite a forza al presunto Unico e Vero Dio… il denaro?

E infatti la scelta del nome: Francesco, in omaggio al vero e unico morto di fame con la tonaca, il poverello d’Assisi sembra quasi una cannibalizzazione della holding della Compagnia di Gesù,  nei confronti di un ordine rivale, quello dei confratelli francescani, dove il nuovo Pontefice potrebbe “prendere le armi” della fede, ma non solo, dando nuovo impulso alla teologia della liberazione (2).

Alla fine il Francesco – Ciccio  Checco è uscito. La prima impressione? Apparentemente sembra un buon diavolo mite, di buon cuore, quasi bonario e pacioso e come un attore consumato, abituato ai palchi sopraelevati degli altari ha iniziato il suo pontificato con un alcune frasi:

 «Fratelli e sorelle, Buonasera! Voi sapere che il dovere del conclave era di dare un vescovo a Roma. Sembra che i miei fratelli cardinali siano andati a prenderlo quasi alla fine del mondo, ma ora siamo qui. Vi ringrazio dell’accoglienza. La comunità diocesana di Roma ha il suo vescovo. Grazie! E prima di tutto vorrei fare una preghiera per il nostro vescovo emerito, Benedetto XVI. Preghiamo tutti insieme per lui, che il Signore lo Benedica e la Madonna lo accudisca.», con una preghiera pubblica del Padre Nostro, dell’Ave Maria  e  un Gloria al Padre, e a differenza dei due predecessori niente “umile servo nella vigna del Signore” del tedesco o “se mi sbaglio mi corrigerete” del polacco.

Poi però l’uomo ha lasciato posto al Papa, e anche qui, la prima impressione è stata positiva: riesce a fare gruppo, comunella, con una spiritualità da curato di campagna degli anni ’60 italiani, una spiritualità diretta e asciutta e proprio per questo più calzante anche con i desideri degli adepti e/o fedeli, sapendo creare un  buon feeling con versatori all’offertorio domenicale e se italiani, ossia con coloro che anche firmano  per devolvere l’otto per mille alla Chiesa Cattolica. Ma non è per questo che Francesco Ciccio potrebbe non piacere alla curia Romana, ma per la quasi somiglianza fisica con Albino Luciani, Giovanni Paolo I, che regnò per 33 giorni –  come i 33 gradini del Rito Scozzese Accettato –   somiglianza che non essere di buon auspicio per saldare una cambiale con scadenza 2020/2025n quanto potrebbe diventare inesigibile, causa trasferimento in un non luogo – Aldilà, Paradiso – in tempi molto più recenti, mesi, o al  massimo non più di un lustro…oppure dando le dimissioni. Ma non avendo dentro la follia razionale del tedesco, sarebbe impossibile, anche se è interessante sognare la convivenza di due Papi Emeriti entro le mura Vaticane e con un terzo al potere… creando così una fotocopia del Parlamento italiano, pieno di vegliardi inutili, nominati senatori a vita, che ritirano ogni mese il ricco bottino senza dare alcun contributo al Paese.

Papa Francesco – Checco Ciccio potrebbe essere un Papa amato dalle masse filo clericali, ma potrebbe trovare le sue nemesi, i suoi antagonisti naturali all’interno dei palazzi curiali romani che non amano il cambiamento, anzi preferiscono avere, come tutti i politici, non importa se con le gonne, pardon tonache o in giacca e cravatta, varie poltrone – quindi prebende – su cui poggiare comodamente le natiche.

Resterà da vedere come si adatterà Papa Francesco –Ciccio Checco ad avere la testa verso l’alto, non a testa in giù, come accade nell’emisfero meridionale, correndo il rischio che polpacci e caviglie gli si gonfino a dispetto della testa, proprio a causa della posizione capovolta, per lui, del mondo, qui, nell’emisfero settentrionale.

In ogni caso le strategie politiche dal Vaticano hanno cercato di guardare in primis al portafoglio dell’ex Stato Pontificio. In quanto un papa americano sarebbe stato mal visto dagli islamici e cattolici, filo vaticani negli U.S.A. sono una sparuta minoranza, generati miseri utili, mentre l’ingrasso per i prossimi trent’anni sarà assicurato ora dall’America Latina, in seguito dall’Asia, quando il Vaticano si deciderà a riconoscere la Repubblica Popolare Cinese,  rompendo le relazioni diplomatiche con Taiwan, visto che non è il gigante – la Cina –  che deve riconoscere per primo la pulce – lo Stato Città del Vaticano – e infine l’Africa. Tre continenti che attualmente sono il maggior bacino di vocazioni e di creduloni, pardon, di fedeli, che forniscono materie prime: preti e denaro, alla Casa Madre, ossia lo Stato Città del Vaticano.  Perché oggi come quasi 2000 anni fa, come disse il grande Giuda Iscariota, i trenta denari fanno sempre comodo a tutti.

In ogni caso, qualunque sia il suo destino prossimo o venturo, il tutto è nelle mani del suo Dio, e ai comuni mortali, che stanno imparando ad amare l’uomo, il Cardinale, Jorge Maria Bergoglio (3), che a differenza degli argentini non lo conoscono, auguriamo, come dicono i vulcani nani:«Lunga vita e prosperità», perché indipendentemente che il suo pontificato sia breve o lungo, l’uomo Jorge Maria Bergoglio, ha già aperto i cuori di molti e molti potrebbe aprine, sempre che non rimanga imbrigliato entro le maglie della curia e dei giochi di potere romani.
Evviva, quindi, a Papa Francesco, venuto per noi dell’emisfero settentrionale da un mondo capovolto.

Marco Bazzato
14.03.2013

venerdì 1 marzo 2013

Il governo al Movimento Cinque Stelle?


Potrebbe essere l’utopia che diventa realtà per il Movimento Cinque Stelle, l’incubo che si avvera per gli altri partiti, se fosse vera l’indiscrezione che vorrebbe il Movimento guidato da Beppe Grillo incaricato a formare il nuovo governo.
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Certo, ma chi come premier? Per il divertimento degli italiani la scelta migliore non potrebbe che essere lo stesso comico genovese. Infatti già ce lo vediamo a dare della culona cicciona alla Merckel, del rappresentate di cetrioli a Vendola. Mentre Grillo con Napolitano si è sputtanato, quando ci ha dato di spatola, dopo che un leader del SPD aveva detto che Grillo e Berlusconi erano dei clown. Ma si sa; Grillo dovrebbe/vorrebbe andare al Quirinale, anche per semplice soddisfazione personale, quando ci saranno le consultazioni con i partiti per dare l’incarico alla formazione del nuovo governo e l’opinione del leader tedesco gli è giunta fagiolo per arruffare il pelo del vecchio Presidente, dopo che per mesi Grillo l’aveva apostrofato, quando andava bene, come Morfeo.

Francamente un governo guidato da un parlamentare o da una persona indicata al Presidente della Repubblica dal portavoce del Movimento, Beppe Grillo non sarebbe una cattiva idea, anche se uno dei punti interrogativi irrisolti è se il Movimento è filo o anticlericale? Anzi, per dirla più correttamente, è filo o anti Stato Città del Vaticano o anticoncordatario?

Ricordo un comizio di Umberto Bossi anella palestra di Piove di Sacco, verso la fine del millennio passato, a cavallo tra gli anni ’80 e ’90… Ebbene il Bossi ruspante e prima maniera, almeno nei comizi, si dimostrava come acerrimo nemico del Vaticano e del clero, salvo poi, appena salito dalle fredde lande del nord, a Roma, è diventato quasi pappa e ciccia con la Chiesa, perché altrimenti è impossibile governare.

Il Movimento Cinque Stelle, a livello di temi etici, sembra più un partito di ispirazione quasi clericale, con il parroco, il buon curato di campagna – Beppe Grillo – e tanti chierichetti obbedienti, pronti a eseguire gli ordini del trait d’union tra il popolo e i poteri forti che, tramite Gianroberto Caselggio, muovono le fila di tutta la propaganda, i cui però, a detta di alcuni circoli più o meno complottasti, asseriscono che i grandi burattinai siano da cercare oltreoceano. E infatti Grillo e friends non si sono mai espressi pubblicamente, o le reti non lo hanno riportato, sull’essere favorevoli alle unioni gay, alle adozioni da parte di questi di minori, sui temi etici, quali eutanasia, la prossima frontiera italiana, insomma tutti i valori non negoziabili dalle alte gerarchie vaticane. Valori a cui lo stesso PD, anche se con sfumature apparentemente differenti si mette prono a 90° e poi a secco…zac!

Una cosa comunque è certa: Il Movimento Cinque Stelle dovrebbe avere una durata politica limitata. Al massimo quindici anni. Infatti il capo popolo ha oggi sessantacinque banane e se il Movimento dovesse superare integro politicamente ed eticamente due legislature complete sarebbe  un mi miracolo, visto che l’unico partito a cui, con tutti i distingui storici del caso, che potrebbe essere raffrontato è la Lega Nord, che annusò per la prima volta il potere romano nel 1994. Ma quella di Bossi & Co Ltd, fu una crescita sul territorio lenta e graduale, mentre quella del Movimento Cinque Stelle, per quanto riguarda amministrative prima, e nazionali oggi, non è più vecchia di tre anni al massimo. Ed è risaputo che innanzi a un’ascesa vertiginosa poi ci sta giocoforza  la caduta e una penetrazione negli inferi potrebbe essere altrettanto rapida.

Quindi appare chiaro che il Progetto Movimento Cinque Stelle, a livello di durata e lungimiranza politica appare come una sveltina fatta da un ragazzino di primo pelo che va ad accoppiarsi con un puttanone slabbrato, aperto e riempito in tutti gli orifizi, non avendo nel lungo periodo la possibilità pratica di cambiare in una decade una cultura arruffona, approfittatrice, ingannevole e meschina con quasi duemila anni di storia alle spalle. Quindi per chi fuori dall’Italia, oggi il Movimento Cinque Stelle rappresenta una risorsa politica su cui sono stati investiti denaro e mezzi?

Beppe Grillo diceva, durante un’intervista mercoledì che la politica ha bisogno di strategia e non di tattica nel breve periodo. Di una strategia politica ed economica almeno trentennale. Verissimo. Ma Beppe Grillo che oggi chiama “Morfeo” il Presidente Giorgio Napolitano, che di anni ne sta per compiere ottantotto, fra trent’anni ne avrà ottantacinque e si dubita che Grillo abbia voluto ipotecare politicamente la sua terza età per un periodo così’ lungo, a qualche dio piacendo. E perciò la domanda finale, il muro a cui si andrà necessariamente a cozzare è sempre lo stesso: a che pro? Visto che è un Movimento “carismatico” come lo è stato l’Italia dei Valori – sparito, l’UDC di Casini – ridotto in dosi omeopatiche, il PDL – che si regge solo sulle gambe dell’ormai vecchio leader.

Per tornare a fare il paragone con la Lega, non va dimenticato che anche i leghisti erano armati di buone intenzioni prima di arrivare dentro le fatidiche stanze dei bottoni romani e regionali, ma poi, i buoni propositi si sono annacquati, marciti, diventando acque putride, altro che Cerimonia del Po dei Popoli padani. Abbiamo visto tutti che fine hanno fatto poi il cerchio Magico e la famiglia Bossi, con Roberto Maroni che per ora si è garantito la sopravvivenza politica grazie al ritiro sull’Aventino come Presidente della Regione Lombardia.

Nessuno potrà dire se il grillismo porterà il cambiamento nel Paese, personalmente ne dubito, visto che una decade non cambia una cultura e una storia e gli italiani, che lo vogliano o no, non potranno mai essere svedesi, tedeschi, belgi, svizzeri…saranno sempre e solamente italiani, viziati anche dal Vaticano tra i piedi e quindi giocoforza, come dei tanti Arlecchini, ossia servitori di due padroni…destinati ad essere ancora per secoli un non nazione, un Paese a metà.

Marco Bazzato
01.03.2013