giovedì 29 ottobre 2009

Nozze cattoliche proibite al castrato diventato “legalmente donna”


Dopo un abominio del genere e lo scandalo derivato, era il minimo che l’arcivescovo doveva fare, sebbene la condanna alla riduzione allo stato laicale sarebbe stata la giusta pena per lo sgarro fatto alla chiesa.

D’altronde che “questo matrimonio non s’ha da fare” anche per lo stolto doveva essere chiaro fin da principio, ma per il prete, che dovrebbe conoscere le regole, non solo divine, ma anche ecclesiastiche e del diritto canonico, evidentemente no.
Il fattaccio accade a Firenze, dove due uomini, secondo i certificati di battesimo, vogliono contrarre matrimonio religioso. Uno dei due da decenni è stato castrato, che si è fatto imbottire d’ormoni, ha cambiato il suo stato anagrafico, da uomo a donna, innanzi alle leggi dello Stato Italaino ed ha firmato davanti al sindaco un contratto matrimoniale con un altro uomo.. E questo matrimonio civile regge da 26 anni.

Ora però i due maschi, secondo i registri battesimali, che saggiamente non tiene conto delle eventuali castrazioni e agiungimenti posticci di seni e pseudo attributi femminili, volevano contrarre anche un matrimonio religioso, entro le mura di uno Stato Straniero – una chiesa – lo Stato Città del Vaticano, dove certe regolette dello Stato italaino sono carta straccia.

I due uomini, secondo i certificati di battesimo, avevano trovato un complice per il loro misfatto, un prete, che invece d’essere, come si conviene a ogni burocrate, non importa se di uno Stato laico, di uno Stato teocratico o di Dio, ligio alle leggi, ai regolamenti e alle carte, le ha palesemente e platealmente violate, e da qui è scattata la sospensione da parte del superiore, l’arcivescovo di Firenze, Giuseppe Betori.

Come sempre accade gli strenui difensori dei diritti degli omosessuali si sono scatenati, hanno accusato la chiesa di discriminazione e di ogni genere di nefandezza, dimenticando che per gli atti cartacei, uno dei due era un uomo con sembianze femminili, stando al certificato di battesimo. Stop. “…Tutto il resto è noia…” come canta Franco Califano.

Non va dimenticato che poche settimane fa, a Treviso, in questo caso l’errore di un funzionario pubblico poco solerte, aveva erroneamente trascritto un matrimonio, eseguito all’estero, di due persone dello stesso sesso, cosa giustamente proibita dalla legge italiana, esattamente come proibita nello Stato Città del Vaticano e quindi in tutte le chiese cattoliche del mondo. Questi due qui, con la complicità del prete, cosa volevano? Cambiare le regole in casa d’altri?

La cagnara indegna che si è scatenata sui media è poco consona alla presunta cattolicità della “coppia” in quanto se veramente cattolici dovrebbero conoscere almeno le regolette fondamentali, quelle del catechismo, sapendo che entrambi sono stati battezzati come maschi, e la chiesa non ammette nozze omosex.

Marco Bazzato
29.10.2009
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martedì 27 ottobre 2009

Piero Marrazzo e l’odissea familiare


Probabilmente questi sono stati i giorni peggiori di Piero Marrazzo, che da Presidente di Regione, con tutti gli oneri che ne conseguono, si ritrova sbattuto nelle prime pagine dei giornali, secondo lui per una vicenda privata, ma secondo Vox populi, vox Dei per una storia di perversione, sodomia, cocaina e sesso mercenario. Sesso mercenario che si protraeva non da un giorno, oppure occasionale, ma da ben sette anni. E la moglie molto probabilmente non l’avrà certo presa bene. Scoprire infatti che il marito con cui condividi gioie e dolori “fotte” e si “fa fottere” da dei transessuali, per di più pagandoli profumatamente, certo non deve aver rallegrato alla giornalista del TG3 le ultime giornate.

Sarebbe bello poter avere dei microfoni direzionali, stile Diabolik, per sentire le maledizioni, le imprecazioni, gli insulti scagliati dai famigliari della moglie di Marrazzo nei confronti di quello che entro poco potrebbe essere – nel volgere di pochi mesi – solo un ex consorte. Forse le frasi pronunciate potrebbero essere l’apoteosi di tutti gli insulti che gli italiani serbano nel cuore nei confronti dei pervertiti, ma che per motivi d’opportunità sono costretti a tacere.

Roberta Serdoz rappresenta oggi la riscossa di tutte le donne d’Italia cornificate dai mariti che invece d’aver la decenza di tradire con altre donne, scivolano nella perversione del tradimento consumato con uomini. L’umiliazione per la donna in questi casi è amplificata oltre che dal senso di vergogna, anche dal senso di schifo e di repulso che sicuramente proverà nel guardare il fedifrago in faccia, ricordandosi le volte che si è concessa a lui, forse dopo una copulata perversa e a pagamento consumata dal marito con un uomo che pensa d’essere una donna.

Lo squallido che sta affiorando in questi giorni sta raggiungendo abissi di perversione fuori da ogni logica umana, non per un sentimento che potrebbe, se non viziato dal pagamento delle prestazioni sessuali, anche vero, ma proprio del degrado morale, inteso anche come impudicizia corporea e ambientale, viste anche le immagini degradate, non di via Gradoli, ma in via dei Due Ponti, sebbene la degradazione sia in questo caso dei comportamenti derivati dall’essere transessuali mercenari.

La grettezza del mercimoniale mondo del transessualismo fa emergere tutto il rifiuto sociale del tradimento, della fornicazione extraconiugale, del rifiuto a una normale vita affettiva creata da una coppia maschio/femmina. La pulsione, regressiva allo stato dei primati, porta l’individuo che si accoppia con un suo simile,pagandolo, che pensa d’essere donna, negli aspetti estetici esteriori, ma maschio di nascita e che mercifica il suo corpo, dovrebbe indurre, proprio alla luce dello scandalo Marrazzo a prendere in considerazione il fatto che certe “libertà” sessuali il più delle volte sono l’anticamera della tomba dell’amore coniugale e che a nulla servono i pianti, i piagnistei, i certificati medici, le perizie psicologiche che attestano lo stato di prostrazione psicofisica causati dalla distruzione scientemente cercata, a meno di non essere mentalmente dementi.

Piero Marrazzo dovrebbe riflettere se, alla luce di quanto ha causato alla famiglia in primo luogo e poi alla Regione Lazio, se non sia il caso d’applicare la filosofia del bushido, tramite – come scrive wilkipedia – il suicidio rituale, per salvare l’onore.

È strano però alla luce di quanto in questi giorni è venuto alla luce il silenzio delle associazioni gay, e il sindacato di battoni, battone, transessuali, mercifica tori d’ano e affini, abitualmente sempre pronti a scendere in piazza per ogni emissione d’aria contro i loro presunti diritti.

Ora sarebbe cosa buona e giusta che la moglie cornuta, la povera Roberta Serdoz ,andasse in ogni talk show a raccontare, per filo e per segno, insulti, contumelie, maledizioni e quant’altro la mente umana ha il pieno diritto di generare in queste situazioni distruttive, deflagranti e destrutturanti non per il cornificatore, a lui non deve essere dato nemmeno il rispetto che si deve a un clochard, ma alla moglie offesa, umiliata pubblicamente, distrutta negli affetti e nei sentimenti, sbattuta in prima pagina per colpa di un portatore insano di perversioni sessuali al limite dell’abominio umano.

Ma sfortunatamente potrebbe accadere che la vittima, ossia la moglie, possa venire dipinta come la carnefice, se decidesse con piena ragione, di divorziare, pretendere un risarcimento da strappa mutande, togliendo al marito ogni bene, non solo economico, ma anche sentimentale e affettivo, come ad esempio la figlia di otto anni, che in questi giorni sarà costretta, ingiustamente o giustamente, dipende dai punti di vista, per colpa del padre, a subire ogni genere di offesa e neffandeze come solo i bambini, nella loro pura innocenza, sanno trasmettere con virulenta e distruttiva semplicità.

Sta ai media ora non trasformare un carnefice, non solo nella vittima dei presunti ricatti, perché altrimenti sarebbe un’offesa nei confronti della vera vittima di queste perversioni sessuali, che duravano da anni, sette almeno. Non va dimenticato che i militari, le cosiddette mele marce non sono ancora state condannate in via definitiva, e quindi anche per loro esiste la presunzione d’innocenza fino al terzo grado di giudizio. Senza contare che eventuale reato a parte, i militari hanno svolto un servizio non solo sociale, ma anche familiare e politico, facendo emergere il comportamento dell’ex Presidente della Regione Lazio, permettendo non solo alla politica, ma soprattutto alla famiglia di lui di fare pulizia, allontanando – si spera quanto prima – il soggetto dalle mura domestiche, senza dimenticare che i comportamenti licenziosi e libertini non avevano nulla di privato, in quanto partendo dalla scorta, l’autista, i vari transessuali prestatori d’ano a pagamento, altri clienti pervertiti e le due vie dove Marrazzo andava a pagare anche 5.000 euro per ricevere una marchetta, questa era tutto fuochè una faccenda privata. L’unica che sicuramente non conosceva il vizzietto del marito d’accoppiarsi carnalmente con uno più uomini, era la moglie, solitamente l’ultima a conoscere le cose, nonostante oggi, ,martedì, dai giornali si evinca la volontà della donna di rimanere vicino al cornificatore depravato. Parole che non dicono nulla, in quanto anche la donna a mente ancora troppo calda potrebbe essere stato facile perdonare, ma poi vedremo col passare dei giorni, dei mesi, quando inizierà a domandarsi dove va il marito ogni volta che esce da solo, quando si avvicineranno i momenti dei processi, dove dovrà ripercorrere nuovamente davanti a un giudice i suoi vizzietti, i costi pagati per le prestazioni, le bugie che ha detto, ma soprattutto dormirci assieme, senza non prima avergli fatto fare una serie di esami per appurare che non sia portatore di qualche malattia sessuale, o infezione dovuta ai rapporti anali se commessi senza l’uso del preservativo o peggio ancora dell’Aids.

Marrazzo però dovrà anche chiarire prima alla moglie e poi anche ai magistrati quanti denaro abbia letteralmente infilato nei “buchi dei cu.i” dei transessuali, perché sebbene il suo stipendio non sia certo da pezzente, 5.000 euro per commettere un atto sodomitico è una cifra da capogiro. Senza contare che bisognerebbe sapere quante volte la settimana o al mese spendeva certe cifre e per quanto tempo questo andazzo degradante e dispendioso è andato avanti, facendo così quattro conti per capire se ha usato solo il suo denaro o se ci sono stati altri introiti, anche perché è difficile da credere che la moglie, indipendentemente da tutto, non chiedesse almeno una volta ogni tanto conto delle entrate familiari, solo per un semplice calcolo dettato da una sana gestione dell’economia domestica.
Piero Marrazzo ora dice d’essere stressato, d’avere le palpitazioni, di sentirsi distrutto, di vergognarsi per ciò che ha fatto. Beh innanzitutto dovrebbe avere almeno come minino sette anni di vergogna, sette come gli anni che avrebbe frequentato questo transessuale, pagandolo.

Questa è una storia sordida, squallida che oggi peggio degli scandali di Berlusconi fa apparire, all’estero, un uomo delle istituzioni come un degenerato sessuale, mettendo ancor di più in cattiva luce l’Italia, gli italiani ma soprattutto la Regione Lazio e i laziali che l’hanno avuto come Presidente di Regione. Lo Stato e la Regione Lazio dovrebbero costituirsi parte civile contro Piero Marrazzo per il danno d’immagine che i suoi comportamenti teoricamente privati hanno cagionato, chiedendo un sostanzioso risarcimento.

Un consiglio alla moglie da parte di Cicerone e da Santa Caterina da Siena. Il primo diceva: Quando un marito soggiace a questo vizio, la moglie ha diritto alla separazione di corpo e di beni dal proprio marito e Santa affermava che la sodomia è ”vizio maledetto schifato dagli stessi demoni”.

La moglie mediti perché un vizio non sparisce quando uno scandalo, specie lo scandalo dell’ex giornalista e dell’ex Presidente della Regione Lazio, diventa di dominio pubblico, anzi potrebbe assumere nuove forme.

Marco Bazzato
27.10.2009
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lunedì 26 ottobre 2009

Piero Marrazzo e la gaia gioia per i transessuali


In tutta franchezza all’inizio non ci si poteva credere, ma poi, passato lo stupire, la gioia ha trovato la sua naturale collocazione. Sono trascorsi due anni e mezzo da quando il portavoce di Romano Prodi, Silvio Sircana, è stato beccato in auto, in una via trafficata da transessuali, sparendo in seguito dall’agone politico. E ora la storia si ripete grazie alla solerzia ricattatoria di quattro carabinieri che avevano tentato un’estorsione ai danni del Presidente della Regione Lazio, Piero Marrazzo, ripreso con un telefonino durante un’irruzione in un appartamento, in atteggiamenti inequivocabili con un transessuale, dove stando anche ai verbali pubblicati da Il Giornale, si vedevano strisce di coca e in sottofondo il presidente mezzo nudo che piagnucolava ai militi che non voleva essere rovinato.

Doveva pensarci prima! Non si va a transessuali che sniffano coca, salvo poi frignare se si viene sbugiardati dalle forze dell’ordine, indipendentemente dal presunto ricatto.

Ma la cosa più esilarante la si è vista ieri nei Tg, quando il frequentatore del transessuale cocainomane ha rilasciato una dichiarazione ai media. L’utilizzatore del rapporto sessuale mercenario, aveva la voce rotta dalla rabbia e a fatica, per la vergogna, riusciva a stento a trattenere le lacrime.

Bellissima scena d’alta politica, bellissima scena d’alti valori etici e educativi per i cittadini che tra poco dovranno andare alle urne per le elezioni regionali.

Ora ci sarà da ridere perché dopo la campagna contro Berlusconi, dovrebbe essere arrivato il momento di una severa e dura reprimenda contro Piero Marrazzo, dove purtroppo i media stanno prendendo una deriva vittimistica nei confronti del Presidente della Regione Lazio, come non lo fu per Silvio Berlusconi.
Dobbiamo estrapolare dal contesto il fatto delle quattro mele marce dell’Arma dei Carabinieri che hanno tentato sia di ricattare Piero Marrazzo, sia di vendere il filmato, ma concentrarci su cosa effettivamente stava facendo Marrazzo con un prestatore d’ano a pagamento, con annesse piste di cocaina. Forse Marrazzo non sapeva che consumare coca è reato e soprattutto da quanto tempo questi frequentava il prestatore d’ano cocainomane?

La pietra dello scandalo di Piero non è tanto il ricatto, dove questi si sarebbe prestato per paura dello sputtanamento pubblico, assurdo se una persona fosse certa d’avere la coscienza a posto sia sotto l’aspetto penale, etico, morale e politico. Cosa che evidentemente alla luce dei pagamenti, avvenuti tramite anche assegni, non è, ma la pietra dello scandalo è che una persona dalla moralità personale così da specchio curvo a novanta gradi non abbia dimostrato, almeno per ora la decenza di ammettere d’essere un abituale frequentatore di transessuali, di amare i giochetti viziosi con siffatti soggetti, pagandoli. Altro come dice lui: “Debolezza privata”.

Ora Marrazzo si difende, “Ho una famiglia alla quale tengo più di ogni altra cosa e che voglio preservare con tutte le mie forze…” .

Ridicolo e patetico. Evidentemente quando decideva d’assecondare le sue pulsioni sessuali, che probabilmente i familiari della moglie potrebbero anche definire perversioni con un mercenario del sesso, non aveva una famiglia da preservare, non aveva una figlia o dei famigliari che non dovevano sapere. Ipocrisia allo stato puro. Se i carabinieri non l’avessero ricattato, forse Marrazzo avrebbe continuato a infischiarsene della famiglia, continuando a frequentare – di nascosto – il prestatore d’ano a pagamento.

Una cosa che i media non hanno fatto notare è che la vicenda Marrazzo, per quanto riguarda la frequentazione di un prestatore d’ano è più grave di quella di Berlusconi che lo ha visto coinvolto con la puttana Patrizia D’Addario, in quanto il premier, come hanno accertato i magistrati, era solo l’utilizzatore finale dei servizi della baldracca, non il pagatore, mentre Marrazzo, almeno da quanto fin ora è emerso, pagava il sodomita. Senza contare che almeno Berlusconi è un uomo che va a donne, non un uomo che va a donne col cazzo e siliconati.

Ora però sembrerebbe che l’ex giornalista, divenuto Presidente di Regione si accinga a diventare x anche in questo campo, avendo così forse la possibilità di riprendere le sue frequentazioni con i prestatori d’ano a pagamento, dove stando a quanto riporta oggi Repubblica la frequentazione con il sodomita sarebbe iniziata sette anni orsono, e che negli allegri ambienti omofili romani la cosa era risaputa.

Ora il Pd si appresta a scaricare gentilmente l’appestato, nonostante a parole il Pd sia uno strenuo difensore delle minoranze non etero, nei fatti i Presidenti di Regione che vanno clandestinamente da prestatori d’ano, non ci fanno una bella figura né con l’elettorato cattolico né tantomeno con le gerarchie ecclesiastiche di cui il Presidente di Regione del Lazio è costretto anche a trattare per colpa del Concordato tra Stato e Chiesa, fascisto-craxiano.

Si leggono in questi giorni ventate d’ipocrisia che odorano di flatulenze dovute al maceramento di sostanze piccanti negli intestini, da parte di Piero Marrazzo, il quale solo a sputtanamento nazionale avvenuto si ricorda d’avere una figlia di otto anni che apprende dalla tv dei giochetti erotici che il padre conduceva con altri uomini con le labbra e mammelle plastificate. E vorrebbe sparire! Non si preoccupi, sparirà. Sparirà perché probabilmente la famiglia lo tratterà come un appestato, bandendolo di casa, la figlia non gli vorrà – a ragione – più rivolgergli la parola, gli amici etero lo guarderanno di sbilenco e naturalmente in Rai non ci potrà tornare, in quanto nessun direttore di testata, dopo quanto accaduto se lo porterà in una tv, come quella di stato lottizzata.

Ma in molti immagineranno la gioia della moglie, la giornalista di Linea Notte del Tg3, Roberta Serdoz, felice dopo 4 anni di matrimonio e una figlia di 8 anni di scoprire che il marito la tradiva da sette con u n uomo dalle tette posticce. La coppia, soprattutto la donna, potrà dimostrare all’Italia quanto progressista è, quanto tollerante sarà nei confronti degli omosessuali e dei transessuali dopo la scoperta che il marito fa parte di questa “allegra” combriccola, per di più, pagandoli.

Il ribrezzo oggi arriva dal fatto che tutti, in un modo più o meno velato esprimono solidarietà a Marrazzo, nonostante l’imbarazzo che provano, ma nessuno ha speso una parola di solidarietà nei confronti della moglie cornuta. Lei è un parassita sociale, un soggetto a cui non manifestare vicinanza per quanto, per colpa del marito, sta subendo, per i traumi che grazie a Piero Marrazzo la loro figlia sta patendo. Si concentra l’attenzione, anche solidale, nei confronti del cornificatore, del traditore, del vile che non ha avuto il coraggio di confessare alla moglie le proprie “debolezze” dice il Marrazzo, perversioni pensano in molti.

Stando ai quotidiani queste frequentazioni andavano avanti da anni. Non giorni. Anni passati a mentire alla moglie, alla figlia, a quella famiglia che ora dice di voler difendere. Sì, ma difendere da chi? Dai media che fanno solo il loro lavoro, non pescando nel torbido, ma nei fatti e se i fatti, ora agli occhi della famiglia e dell’opinione pubblica appaino sordidi e torbidi, certo non si può parlare di volontà politica di distruggere una persona. Marrazzo ha fatto tutto da solo. Da solo ha frequentato i trans, da solo mentiva alla moglie, a tutti, seppure i transessuali di via Gradoli sapessero delle sue debolezze private, e loro nel rispetto della sua privacy e dei loro affari, a ragione hanno taciuto.

Ora si spera che altri politici vengano beccati con le braghe calate, meglio se sposati, e che si dimettano con la coda tra le gambe!

Marco Bazzato
26.10.2009
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giovedì 22 ottobre 2009

Gabriella Carlucci controreplica



Nonostante il silenzio assordante dei grandi media, televisione soprattutto, tant’è che neppure le Jene che avevano fatto partire il tutto nel 2007, qualcosa da qualche sito inizia a filtrare.
Gabriella Carlucci risponde – a modo suo – sbattendo la cornetta in faccia alla giornalista, quando questa si fa troppo petulante, diventa maleducata, permettendosi di fare domande che già da tempo dovevano aver trovato risposta, chiedendo di mostrare il famoso statino che attestava la messa in regola della segretaria.

Ma la Carlucci, signora com’è, prima di sbattere la cornetta va oltre, attaccando come un toro imbufalito, rabbiosa per essere sbugiardata in mezza Italia, affermando che la notizia della sua condanna non andava data, in quanto è solo una sentenza di primo grado, non definitiva, rimarcando che la vera notizia – a suo avviso – sarebbe quella che la sua ex segretaria, pagata in nero, secondo condanna di primo grado, sarebbe stata rinviata a giudizio per furto e additata dalla stessa Carlucci come una “Ladra”.

Mentre chi non paga i contributi non è un ladro?

Vediamo di capire il ragionamento astruso di questo pazzo pozzo di scienza, di questo magma di conoscenza e sapienza, di questo pittale di erudizione liquida.

Secondo la Carlucci sarebbe più importante il rinvio a giudizio, senza una sentenza che non è di primo grado, piuttosto che una condanna di primo grado.

Ragionamento astruso e bislacco, in quanto secondo il modesto pensiero dell’onorevole deputato, un rinvio a giudizio, privo di una sentenza, vale più di una sentenza, specie se contro di lei, proprio perché la riguarda, non deve essere data in quanto non definitiva, mentre un rinvio a giudizio, nei confronti di una sconosciuta, dovrebbe valere di più come notizia, avendo quasi il dovere d’essere data, magari con titoloni da prima pagina, per far passare la derubata, dalla Carlucci condannata in primo grado, a ladra ancora non condannata. Ecco il garantismo e il liberismo a senso unico, pro se stessa della Carlucci.

Mentre secondo la dotta onorevole “dare della ladra” a una persona appena rinviata a giudizio, senza nemmeno uno straccio di sentenza questo è lecito e normale? L’onorevole dimentica che se anche fosse come lei dice, la sua ex segretaria, da lei pagata in nero, secondo la sentenza di primo grado, è innocente fino alla condanna definitiva, esattamente come la Carlucci vorrebbe che i media facessero nei suoi confronti.

Per fortuna che fa la parlamentare, scrive proposte di legge.

Secondo la Carlucci il liberismo dovrebbe valere solo per lei, mentre gli altri, quelli che si permettono la sua stessa libertà, sono degli illiberali perché tolgono a lei i suoi spazi, ma la Carlucci da liberale può occupare quelli che vuole.

Eppure ha ancora il coraggio d’alzare la voce, arrabbiarsi, rilasciare dichiarazioni, proclamandosi innocente fino a sentenza definitiva, ma nel contempo marchiando a fuoco per un rinvio a giudizio che non ha ancora ricevuto la prima sentenza.

Strano modo di far politica.
Strano perché pur di difendere se stessa, non esita ad attaccare a tesa bassa una persona che a differenza di lei non ha ancora subito alcuna condanna. Ah sì la Carlucci è una liberista estrema, radicale,senza compromessi, dove la sua libertà deve essere illimitata, dove ha anche la libertà prima di promettere che avrebbe mostrato lo statino di busta paga della dipendente, salvo poi rimangiarsi tutto, dove si lamenta dei costi per mantenere ben due segretarie, una in Puglia, il suo collegio d’elezione e un’altra a Roma. Poverina, dovrebbe aprire una sottoscrizione pubblica, perché con il compenso di parlamentare e con quello di conduttrice su Rete 4 di un programma, non riesce a sfamare se stessa, la famiglia, i figli ed è quindi costretta a pagare in nero, secondo la sentenza di primo grado, una dipendente, non pagando i contributi previdenziali, obbligatori per ogni dipendente, ma sottraendo così anche denaro alle casse dello Stato. Ma lei è liberista!

Quello che fa arrabbiare oltre misura è che nessuno dei suoi colleghi ha chiesto metaforicamente la sua testa, le sue dimissioni. Almeno quelli hanno i portaborse a libro paga in regola, avrebbero dovuto far sentire la loro voce, invece niente. Silenzio assordante e collusivo che suona come un insulto quando i parlamentari si scagliano contro gli evasori fiscali, gli evasori contributivi, a patto che appartengano alla loro casta.

La Carlucci, secondo la sentenza di primo grado è anche colpevole di evasione contributiva. A quando un’ispezione del Ministero delle Finanze per appurare e sanzionare l’evasione contributiva commessa dalla Parlamentare Gabriella Carlucci, del Partito delle Libertà (loro?)

Per correttezza etica si linka anche la strenua difesa di se stessa di
Gabriella Carlucci, postata nel suo sito.

Marco Bazzato
22.10.2009
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martedì 20 ottobre 2009

“E lei è un sodomita e sostenitore di coppie sodomitiche”.

Ci sono delle frasi che dovrebbero essere impresse a caratteri cubitali nei libri di storia, che senza ombre di fraintendimento raccontano una storia, una verità, che dovrebbe essere storia e verità per tutti, senza i relativismi beceri di cui la moderna politica delle minoranze infinitesimali al livello subatomico ci ha abituato.

Una di queste frasi, colme di coraggio e priva di ogni orpello inneggiate all’ipocrisia del politicamente corretto è stata pronunciata domenica pomeriggio nello studio di
Pomeriggio 5, il contenitore domenicale di Canale 5, condotto da Barbara D’Urso, dal cattolicissimo e i pissimo – molto più del papa che come capo di stato ècostretto al pelosissimo politicamente corretto – Maurizio Ruggero, Presidente dell'Associazione Sacrum Romanum Imperium, contro l’omofilo Alessandro Cecchi Paone, che non difeso né dalla D’Urso né tantomeno dal pubblico, evidentemente felice per il coraggio d’esternare, a nome della maggioranza degli italiani, quei pensieri, costretti a tener celati e che potrebbero essere fonte di acidità di stomaco è stati d’ansia perché si è costretti a reprimerli.

Il problema è che Maurizio Ruggero non ha detto nulla di offensivo, né tantomeno di falso nei confronti di soggetti dello stesso sesso commettono atti omofili. È acclarato non solo dai numerosi libri di pseudo cultura gay, e dalla pornografia omosessuale dilagante ormai anche nelle reti nazionali che l’atto sessuale è un atto sodomitico, il quale intende “Qualsiasi rapporto sessuale non finalizzato alla procreazione, specie se in vase indebito (“in un orifizio illecito”).

Ora scaldarsi tanto perché si è dichiarato un fatto, alzando la voce, urlando per mascherare – forse per vergogna – ciò che è risaputo dalla notte dei tempi, ma che non deve essere pubblicamente detto, appare come una sfida alla logica umana dell’intelligenza. D’altronde nessun etero si sognerebbe di arrabbiarsi se di parlasse apertamente di cosa si fa a letto con un esponente del sesso opposto, mentre i gay si vergognano di se stessi quando gli etero sono messi a conoscenza pubblicamente dei loro atti, perché potrebbero aver vergogna dei loro atti.

Scomodare, da parte di uno come Cecchi Paone Dio, appare come un insulto alla divinità, in quanto da quando si abbraccia l’omosessualità come stile di vita, e come atto di godimento carnale, si volta le spalle alla divinità sia quella superiore, sia alla stessa divinità umana presente nell’uomo.

Scriveva
Daniel Jousse già nel 1711 “La sodomia è la più abominevole di tutte le impudicizie, e quella da sempre punita con la pena più severa; è questo il crimine che ha fatto perire per mezzo del fuoco le città di Sodoma e di Gomorra (Genesi, cap. 19, n. 24).

Ma anche Cicerone non ci andava leggero. “Quando un marito soggiace a questo vizio, la moglie ha diritto alla separazione di corpo e di beni dal proprio marito.
Anche i grandi Dottori della Chiesa, citati dai gay solo quando fanno comodo, non badavano alle sottigliezze.
Santa Caterina da Siena diceva ”vizio maledetto schifato dagli stessi demoni”.
Il francescano san Bernardino da Siena (1380-1444), celebre predicatore insigne per dottrina e per santità. Egli proclamò nella sua Predica XXXIX:
“Non è peccato al mondo che più tenga l’anima, che quello de la sodomia maledetta; il quale peccato è stato detestato sempre da tutti quelli che so’ vissuti secondo Iddio, (…) ‘La passione per delle forme indebite è prossima alla pazzia; questo vizio sconvolge l’intelletto, spezza l’animo elevato e generoso, trascina dai grandi pensieri agli infimi, rende pusillanimi, iracondi, ostinati e induriti, servilmente blandi e incapaci di tutto; inoltre, essendo l’animo agitato da insaziabile bramosia di godere, non segue la ragione ma il furore’. (…)Come de la gloria di Dio ne partecipa più uno che un altro, così in inferno vi so’ luoghi dove v’è più pene, e più ne sente uno che un altro. Più pena sente uno che sia vissuto con questo vizio de la sodomia che un altro, perocché questo è è maggior peccato che sia” (San Ber
nardino da Siena, Predica XXXIX in Prediche volgari, pp. 896-897 e 915).

Qualcuno potrà addurre che la società è cambiata, che la mentalità si è evoluta, che oggi non è più come in passato, usando il presente per giustificare se stessi o peggio incolpando la società se certi atti, oggi come in passato, non sono tollerati. Ma anche se ipoteticamente la società fosse cambiata, nei fatti gli atti commessi da due individui dello stesso sesso, anche se consenzienti, sono i medesimi e che i loro i praticanti continuano a provare pubblica vergogna, viste le reazioni, quasi oltre il limite dell’isteria.

Ma se non tanto la società fosse cambiata, ma se i gay accettassero veramente se stessi per quello che sono non si capirebbe il perché di certe reazioni esagitate. Evidentemente nel loro profondo sanno che su di loro non pende una condanna umana, ma una condanna ultraterrena.

Sono ridicoli anche su questi discorsi i politici quando parlano di radici cattoliche dell’Italia, quando citano anche loro, come gli omosessuali, i grandi Dottori della Chiesa estrapolandone i concetti, per mera propaganda. Le radici cattoliche dell’Italia si basano anche su questi scritti, volutamente dimenticati dall’ortodossia ideologica di stampo omosessuale, difensori dell’italianità che a loro fa comodo, non di quella vera, quella inscritta non nel dna italiano, ma nel dna umano e che questi vorrebbero sovvertire.

Le scuole, durante l’ora di religione cattolica, dovrebbero far leggere agli studenti, almeno quelli liceali, come fulgido esempio di cultura cattolica i passi riguardanti l’omosessualità dei grandi Dottori della Chiesa, senza timore d’essere attaccati, insultati, offesi e minacciati, perché anche questi brani hanno reso grande la cultura cattolica e il senso d’identità religiosa e culturale del Bel Paese.

Marco Bazzato
20.10.2009
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sabato 17 ottobre 2009

54 kg: troppi per sfilare



Siamo alle solite. Appena una modella sovrappeso, secondo i canoni delle case di moda o delle grandi firme, viene licenziata,scatta un assurdo finimondo.


Sarebbe ora di sfatare queste false accuse.


In primo luogo le modelle sono degli appendi abiti mobili con un collo, una testa, un tronco, due gambe e due braccia. Stop. A nessuno verrebbe da porsi domande se un appendiabiti è troppo magro, o poco robusto per sostenere un abito. In quel caso, se fosse troppo leggero, col rischio che l’abito cadesse a terra, danneggiandolo, l’appendino sarebbe sostituito. Lo stesso accade per le modelle. Queste, soprattutto quelle che sfilano per i grandi stilisti, non sono le ultime arrivate, ma delle professioniste ben pagate, anche troppo secondo alcuni, che prestano il loro corpo e i loro arti, solo per far passeggiare gli abiti, che altrimenti non potrebbero farlo da soli e che non possono essere portati in passerelle con un carrello elettrico per la spesa, risparmiando un bel po’.


La polemica è del tutto pretestuosa, specie dopo che le sfilate di moda son terminate, in quanto nessuno dei vip presenti, va per osservare gli appendini con le gambe, ma solo per farsi vedere che esistono, senza curarsi, a ragione, dello stato di salute spesso al limite dell’anoressia delle modelle.


Come appare del tutto infondata l’assurda mania dei giornali di imputare alla moda la colpa se qualche ragazzina idiota, per assomigliare a un appendino camminante, smette di alimentarsi. Come se la stupidità potesse trasmettersi attraverso la carta patinata o le immagini televisive delle sfilate. E anche se così fosse, le sconosciute anoressiche, non saprebbero distinguere la loro vita da quella di una top model affermata, pagata per restare denutrita.


La presunta anoressia delle modelle, non deve essere considerata una malattia, ma una scelta delle medesime, per rimanere competitive sotto l’aspetto estetico, visto dall’ottica degli stilisti e delle case di moda, sostenute a forza di pane, acqua e pochissimo zucchero, fino a diventare quasi trasparenti. Basta che però non svengano in passerella. Ne verrebbe fuori un danno d’immagine per gli stilisti e per la top che cadesse rovinosamente a terra, spinta dai morsi della fame e dall’incapacità fisica delle gambe di sostenere il resto del corpo.


La modella sottopeso o anoressica non va vista sotto l’ottica dell’eventuale denutrimento, ma in chiave di mero accessorio necessario atto alla mobilità dell’abito.


Sono anche da considerare ridicole le campagne internazionali a favore della taglia 42 per le modelle, per non indurre le giovani stupide all’emulazione, divenendo anoressiche, come i Photoshop oggi possono ritoccare.


Un abito, una camicia, un paio di pantaloni si osservano in una rivista di moda per quello che sono, per come cadono sul corpo del manichino vivente che gli indossa,, per quello che potrebbero rappresentare per l’eventuale acquirente. Tant’è che i potenziali consumatori non comprano l’appendiabiti vivente ma solo i capi e di questo e solo di questo che i consumatori sono interessati.


Le campagne contro l’anoressia fatte come pressione nei confronti di stilisti e case di moda, sono sbagliate perché andrebbero a limitare non solo la libertà d’espressione degli stilisti, ma anche delle modelle, che devono avere il dritto di dimagrire fino, se lo vogliono, ad autodistruggersi.


È arrivato il momento, vista l’obesità dilagante con i conseguenti problemi cardiovascolari e tutto il resto che ne possono conseguire; continuando queste battaglie barbariche a favore delle taglie superiori al 38 per le modelle, in quanto, ancora riferito alle ragazze, idiote, si fanno condizionare dalle modelle lardose, mettendosi a mangiare come suine, diventando grasse come maiali, con i problemi che poi obbligatoriamente sorgeranno.


Per questo le campagne contro l’obesità devono essere condotte da modelle anoressiche, proprio perché vista la stupidità femminile, queste siano, visto che sono condizionabili, da esempio, per diminuire l’obesità in Italia, accentuandone, fino all’esasperazione, la magrezza sistemica.



Marco Bazzato
17.10.2009
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venerdì 16 ottobre 2009

Cacciare Paola Binetti dal PD



Le voci continuano a rincorrersi in modo frenetico. L’aria che tira nei confronti di Paola Binetti, ogni giorno che passa, dopo che costei ha votato a favore della pregiudiziale di incostituzionalità sulla legge contro l’omofobia, voluta dalla sua collega di partito, in palese conflitto d’interesse, in quanto lesbica dichiarata, con un coinvolgimento emotivo sulla questione, Paola Concia, facendo così girare la voce che la Binetti potrebbe essere espulsa dal Partito Democratico.

Evidentemente i generali
omofili stanno mandando all’attacco le truppe dei disertori etero, passati dall’altra sponda, dalla parte del nemico, che oggi stanno facendo di tutto per impallinare politicamente Paola Binetti, rea d’aver votato secondo coscienza.

Il Partito Democratico, se democratico così può essere chiamato, si sta appiattendo in posizioni così radicali da rappresentare la pronezza nei confronti della casta, di quelli che secondo la Bibbia, possono essere considerati i discendenti di Sodoma.

Ora questa virulenza pandemica si sta dimostrando in tutta la sua ferocia, proprio contro Paola Binetti, colpevole di ragionare secondo la propria testa, la propria sensibilità personale e sociale, ben conscia di quanto sarebbe avvenuto nel caso avesse votato contro le direttive – dittatoriali – del partito, sta dimostrando all’Italia cosa veramente sarebbe successo al Paese se fosse passata la proposta di legge contro l’omofobia: la gogna per quanti solo osassero pensare in modo normale, rispetto alle diversità omosessuali. E queste diversità si stanno manifestando in tutta la loro rozzezza, con volgari attacchi pretestuosi nei confronti della presunta omofoba, solo perché cerca di marchiare al meglio il proprio territorio, evitando che le torme di invasori GBLT gli entrino dappertutto, costringendo non solo lei, ma la maggioranza degli italiani a alla ritirata, perché accerchiati peggio del Generale Custer.

La Binetti con il suo coraggio e abnegazione sta mostrando al Pese che non bisogna abdicare i propri diritti, nel nome dei presunti diritti altrui, diritti già esistenti, ma che alcuni poteri forti, complessati perché la natura, la genetica, o le condizioni sociali gli hanno consegnati al mondo in modo diverso, pretendono che lo stesso mondo si pieghi alle loro diversità, accettandoli per come sono, quando il loro primo problema e che non accettano se stessi e che intimano agli altri, anche con la coercizione d’essere accettati, togliendo agli etero il loro libero arbitrio e possibilità di scelta nel dire cosa piace e cosa intimamente disgusta.

Ma l’assurdo è proprio che la Binetti, con questa sua scelta autonoma e di coscienza, è diventata, all’interno del PD minoranza. Minoranza che in quanto tale dovrebbe essere tutelata proprio da quella maggioranza omofila che cerca di distruggerla, insultandola e volendone la sua testa su un piatto d’argento, comr sadiche messaline,manco la Binetti fosse Giovanni il Battista.

Ma l’aspetto sordido della vicenda, non è solo l’eventuale espulsione della Binetti dal PD, ma il silenzio vile del Centrodestra, che ha avuto, anche grazie a questa paladina della libertà, la possibilità d’affossare una legge farsa. Nemmeno una parola di solidarietà. Silenzio tombale.

Gli omofili a questo punto, forse, faticano a capire che la coscienza individuale è un diritto inalienabile da preservare, un diritto che vale più dell’orientamento sessuale, del transgenderismo, dell’omosessualità, perché la coscienza appartiene alle persone, non a quello che i GBLT vogliono ideologicamente chiamare generi sessuali. E il valore della scelta di coscienza, il libero arbitrio, vale più di qualsiasi valore omosex, per questo che la coscienza va preservata.

Marco Bazzato
16.10.2009
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giovedì 15 ottobre 2009

Condannata Gabriella Carlucci


Poi dicono che in Italia l’informazione è libera. Nelle tv di Stato e in Mediaset certamente no. Difficilmente gli italiani che si informano tramite i Tg sono venuti a conoscenza, complice un silenzio assenso che puzza da censura della condanna, per sfruttamento del lavoro nero ai danni di una sua collaboratrice, pagata una miseria e mai contrattualizzata. L’esborso economico inflitto alla Carlucci è francamente irrisorio, solo 10.170,39 Euro. Una miseria che grida vendetta agli occhi di tutti i datori di lavoro, stangati fino a fargli uscire il sangue dal naso, se beccati con lavoratori in nero e con i contribuiti non pagati.

Chiaramente Gabriella Carlucci, sempre pronta ad attaccare, ha preferito un secco “no comment”, forse perché arrabbiata per essere stata sbugiardata pubblicamente, non tanto dai media, ma dalla magistratura stessa, che a ragione l’ha condannata a una pena, che per la sua tasca è una miseria, in quanto ogni parlamentare percepisce 4.000 euro per pagare i collaboratori. Da qui si evince che se la Carlucci prima ha pagato 500 euro al mese e poi 1.000 alla sua collaboratrice in nero in ventuno mesi. La deputata della libertà – la sua – si è tenuta in saccoccia, avendo incassato per il solo periodo da settembre 2004 a giugno 2006 la bellezza di 84.000 Euro, solo per i rimborsi per le spese della collaboratrice. Ipotizzando che per farla grande le abbia dato 1.000 euro al mese, per un totale di 21.000, alla Carlucci ne sono rimasti in tasca 63.000, che tolti i 10.000 e rotti della sentenza, ne ha guadagnati di puliti, puliti, quasi 54.000 mila euro.

Il bello è che proprio il centrodestra sta facendo la battaglia contro l’evasione fiscale, dei comuni cittadini, ma in parlamento nessuno ha il coraggio di far pulizia, imporre ai parlamentari le medesime leggi e sanzioni inflitte al popolo, ma con i media, la tv, sempre pronta a sbandierare i presunti successi, salvo nascondere il fango dei loro parlamentari sotto il tappeto, come se avessero la carogna di un cane morto in casa, dove le esequie debbono celebrarsi in forma privata, lontano dagli occhi dell’80% degli italiani che si informa solo grazie alla televisione, che ad oggi ne sono all’oscuro.

La sentenza di condanna, nel rispetto delle decisioni del giudice,è troppo bassa, pone ancora una volta il dilemma della differenza tra gli “eletti” e i comuni mortali, dove quest’ultimi sono vessati fino all’inverosimile, specie se artigiani, commercianti, liberi professionisti, a ragione costretti, a pagare i contributi ai loro dipendenti, ma se quest’incomodo tocca ad un parlamentare ecco che allora, non tanto l’impunità, ma la possibilità di risparmio anche sulle sanzioni pecuniarie diventa evidente anche agli occhi dell’uomo della strada che volesse fare due conti.

C’è da tenere presente che la Carlucci non svolge solo il lavoro di parlamentare, ma lavora anche in Mediaset, conducendo un programma, che almeno allo scrivente fa passare l’appetito, per questo non lo guarda mai. Anche se non capisco se sia per via dei servizi o per via della conduttrice.

Per fortuna che, come dice Beppe Grillo, i “nostri dipendenti” dovrebbero servire solo i cittadini. Ma evidentemente, anche questa semplice regola, non vale per la Carlucci e molti altri degni compari, sia del centrodestra, come del centrosinistra. Della serie a parte i dovuti distinguo, cioè quelli che servono il Paese a tempo pieno, tutti gli altri, sono della “Stessa pasta” andata a male!

C’è da aggiungere, se un parlamentare avesse una vera coscienza etica e civica, rispettosa proprio delle leggi dello stato italiano, dopo uno sputtanamento di questo tipo, in seguito alla condanna, dovrebbe avere il buon gusto di dimettersi. Secondo gli italiani, la Gabriella Carlucci ha questo senso di coscienza etica e civica?

Marco Bazzato
15.10.2009
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mercoledì 14 ottobre 2009

Omofobia, testo bocciato alla Camera

*Niente immagini per non dare una visibilita' immeritata!*

Ci sono delle leggi che nemmeno dovrebbero essere pensate. Leggi così sconce che fanno sembrare il Lodo Alfano come l’innocuo gioco della morra cinese. Uno di questi aborti dell’intelletto era la legge contro l’omofobia, gettata fuori dai finestroni parlamentari a calci sui denti, facendo infuriare la relatrice, Paola Concia, che ha dichiarato “Mi vergogno di questo parlamento”. Ottima idea, che dia le dimissioni e non rimanga un giorno in più in un posto dove trova vergogna adessere presente. Gli italiani, tutti, la ringrazieranno per il nobile gesto.

Ma un plauso particolare, per il coraggio e l’abnegazione, va alla Teodem, che più di tutti ha avuto la forza, facendo parte dell’armata Brancaleone del PD, di votare contro, coscienza: Paola Binetti.

Il partito è andato in fibrillazione ventricolare e testicolare per questa scelta coraggiosa, paventando addirittura, come in una dittatura di stampo stalinista in salsa gay, l’invito a cambiare aria. E per fortuna che si chiamano democratici. Evidentemente agli alti papaveri del PD, la democrazia vale solo per gli altri, magari esportandola a suon di bombe, a patto che si rispettino gli ordini di scuderia, dove i parlamentari dovrebbero essere come tante scimmie ammaestrate, che non vedono, non sentono ma soprattutto non pensano con la loro testa. Questa è la democrazia del centrosinistra, identica e dittatoriale come quella del centrodestra, dove i capi non si discutono, mai. Men che meno pubblicamente. Figuriamoci poi sconfessare il Partito durante una votazione parlamentare.

Bestemmia!

Ma l’apoteosi del sordido, del mediocre, dell’utilizzo strumentale, per fini propagandistici contro l’omofobia, lo si è visto ieri sera, in seconda serata, a Matrix, condotto da Alessio Vinci.

In tutta franchezza non sono riuscito a reggere fino al termine della trasmissione, nonostante avessi messo a terra, a pochi centimetri dalla poltrona, una bacinella, nel caso i coniati di vomito mi colpissero come una mazzata alla bocca dello stomaco. Vomito che con difficoltà e grazie a sforzi eroici sono riuscito a trattenere.

Il povero Alessio Vinci era in balia, letteralmente in balia di Vladimiro Guadagno, vestito da donna, con tanto di seni posticci al silicone, fard e rossetto che urlava come un ossesso e la Paola Concia che come un pavone ci andava dietro a ruota.

Paola, volevo aggiungerci una S prima di Concia, che oggi , ancora imbufalita per lo smacco subito, durante Omibus su la 7, ha dato l’aut aut al partito. “O io lo la Binetti!”

Se il partito fosse intelligente, dovrebbe saper bene che ha più bisogno, per ingraziarsi il Vaticano e i cattolici, della Teodem, Paola Binetti. E dovrebbe scaricare la Concia, tenendosi senza tanti complimenti la Binetti, in virtù dei voti che questa potrebbe portare all’interno della coalizione, in quanto è chiaro tutti, che a molti cattolici queste aperture reazionarie a sinistra, spostano l’elettorato a destra. E questo il PD non può permetterselo. La Concia potrebbe accasarsi nel gruppo misto, per iscriversi, alle prossime elezioni, in uno dei tanti partitini comunisti – partito dove aveva iniziato la militanza, per saltare sul carro dei Democratici di Sinistra, e poi nel Partito Democratico – che da sempre pur di raccattare – da perdenti perenni ormai – qualche manciata di voti in più, accoglie e diventa sempre più radicale, tanto da essere estromessi dall’emiciclo parlamentare.

Ma il ribrezzo finale, quello cha costretto molti spettatori, me compreso, a spegnere la tv, fare i gargarismi col colluttorio prima e l’acido per batterie, è stato il servizio sulla famigerata Gay Street, a pochi passi dal Colosseo. Gay Street, che vista l’immensità di Roma, Capitale d’Italia, in molti si chiedono perché non sia stata fatta in qualche quartiere periferico, quasi fuori dalle mura capitoline? Ma tralasciando domande a cui nessuno avrebbe il coraggio di rispondere, il servizio poteva far bloccare la digestione anche a una statua di marmo, omosessuali esclusi naturalmente. È bastato vedere al termine, prima di spegnere la tv, il sorriso compiaciuto di Vladimiro Guadagno e di Paola Concia, come a significare, che nonostante l’ora tarda, siano riusciti a far vedere maschi che si scambiavano fluidi salivari con maschi, e donne che facevano lo stesso con altre donne. Tutto, dicono loro, in nome della lotta contro l’omofobia.

Ora in molti si chiedono, ma là omofobia non potrebbe essere proprio alimentata da tutta questa voglia di protagonismo, non solo mediatico, ma anche di borgata, da parte di persone che con i loro comportamenti pubblici, istigano i bassi istinti degli altri?

È vero, l’omofobia, quando diventa attacco fisico alla persona, non deve essere tollerata, deve essere combattuta usando le leggi a disposizione, senza il bisogno di leggi speciali, in quanto altrimenti per combattere l’omofobia, si creerebbero dei reati di serie A contro gli omosessuali e dei reati di serie B se commessi da etero contro altri etero.

Ora l’aspetto peggiore che Mara Carfagna, Ministro delle Pari Opportunità, ha affermato che, vista la bocciatura, sarà presa in considerazione l’idea approvare in Italia la normativa europea contro l’omofobia. Col rischio che la normativa imponga all’Italia i matrimoni tra persone dello stesso sesso, adozioni ai single, non importa se gay o etero, e quanto di peggio molti altri Paesi europei “più progressisti” hanno già fatto.

Per l’Italia, piuttosto che accettare l’imposizione di simili direttive, sarebbe meglio essere sanzionata. Meglio pagare che cedere al ricatto!

Marco Bazzato
14.10.2009
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lunedì 12 ottobre 2009

Berlusconi contro la stampa estera



"Sputtanano non solo me, ma il Paese" dice l’imputato premier Silvio Berlusconi.Come se la stampa estera, i media stranieri fossero i responsabili delle avventure galanti con una puttana non pagata da lui. Come se i media stranieri fossero responsabili della stangata da 750 milioni di Euro che il gruppo Finivest si è beccato, in primo grado, per il Lodo Mondadori. Come se la stampa estera fosse responsabile del doppio “calcio volante sulle palle” che la Corte Costituzionale ha sferrato contro il Lodo Alfano, mandandolo k.o. Di tutto questo, come a voler lanciare il gatto morto e putrefatto in casa d’altri, sono responsabili i media stranieri,responsabili per aver riportato i fatti, colpevoli di non aver taciuto innanzi alle difficoltà di un premier imputato in vari processi pendenti a suo carico. E solo per aver detto questo, i media stranieri, avrebbero sputtanato l’Italia?

Passi l’idea di mettere un bavaglio alla stampa nazionale, ma aver anche la presunzione che oltre i patri confini, i giornali stranieri debbano tacere sulle vicende italiane, si rischia di scadere nell’apologia dell’assurdo.

Il tycoon italiano dei media, diventato Presidente del Consiglio, sembra aver dimenticato che i media si nutrono non solo di nani, ballerina e telefilm, ma anche di fatti, notizie dal mondo, in questo caso il mondo include anche l’Italia e i fatti politici del Bel Paese. Se passasse l’assioma dell’imputato premier, allora dai telegiornali, dai giornali, dovrebbero sparire così le notizie che riguardano gli altri stati del mondo, rinchiudendo il Paese in un bieco provincialismo che distruggerebbe le conoscenze e gli intelletti, creando così un esercito di cittadini con le brenne davanti agli occhi, che non sanno né vedere, né ragionare oltre la punta del proprio naso.

Poi non si capisce che legame ci sa tra l’Italia e le vicende private dell’uomo Silvio Berlusconi, che è imputato in vari processi, per vicende che non toccano il suo ruolo istituzionale come Presidente del Consiglio, ma come privato cittadino, come sancito dalla Costituzione Italiana,all’: Art. 27.

La responsabilità penale è personale

Silvio Berlusconi, laureato all’età di 25 anni in Giurisprudenza, dovrebbe conoscere la costituzione a menadito, anche perché prestato giuramento più di una volta, nelle mani dei vari Capi di Stato che si sono succeduti. Giuramento che rappresenta l'espressione del dovere di fedeltà che incombe in modo particolare su tutti i cittadini ed, in modo particolare, su coloro che svolgono funzioni pubbliche fondamentali (in base all'art. 54 della Costituzione).

Mettere in mezzo l’Italia, il ruolo istituzionale del primo ministro con le faccende private di un imputato, in questo caso Silvio Berlusconi, significa disattendere, scientemente, un dettame costituzionale, scritto senza tanti fraintendimenti, chiaro e semplice, e che può essere compreso anche da uno stolto, scaricando sull’Italia e gli italiani colpe che non hanno, come se i cittadini fossero responsabili in solido di quanto è imputato una singola persona.

Si dice che: La legge non ammette ignoranza, tanto più da secchione con 110 e lode, dovrebbe conoscere a menadito, non solo la Carta costituzionale italiana, ma anche il detto.

L’attacco fatto ai media stranieri è ottuso, pretestuoso e arrogante, in quanto travalica i confini nazionali, ingerendo in modo indebito dentro le libertà costituzionali stabilite in altre nazioni, senza contare che in Italia la Costituzione stabilisce, Art 21

Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione.

La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure.

Il premier forse ignora anche un'altra realtà fondamentale, credendo che gli stranieri siano tutti degli imbecilli, e che oggi con internet e tv satellitari, sapendo le lingue, conoscere i fatti del mondo è un attimo. Il tempo di premere un tasto sul telecomando, o un colpo di mouse sul pc, ed ecco che la schermata appare. Senza contare che evidentemente anche non conoscendo le lingue, basta usare il Traduttore di Google, un semplice copia e incolla e dopo un clic compare una traduzione grezza, ma comprensibile di ogni peto che accade nel mondo.

Ma c’è un aspetto che se non fosse comico sarebbe tragico su questa esternazione dell’imputato premier, Silvio Berlusconi. Come dovrebbe, secondo lui, comportarsi un cittadino italiano che vive all’estero, se un autoctono chiede informazioni sulla situazione del premer in Italia? L’Italiano dovrebbe mentire sui fatti accaduti a Silvio Berlusconi per paura d’essere marchiato come diffamatore dell’Italia o dovrebbe semplicemente dire la verità, spigando all’autoctono che un conto sono le vicende giudiziarie dell’imputato premier, un conto è l’Italia e gli italiani, che grazie a Dio sono realtà distinte e non sovrapponibili, in quanto Silvio Berlusconi, come imputato in vari processi, rappresenta solo se stesso,secondo il dettame costituzionale dell’Articolo 27 che recita:

La responsabilità penale è personale.

E Silvio Berlusconi in coscienza dovrebbe saperlo, come dovrebbe sapere, parafrasando un detto di una delle sue società, di cui tramite Finivest ne detiene il 37% che “Il mondo non è costruito attorno a lui!”n come lui pensa del mondo.

Marco Bazzato
12.10.2009
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50 mila in corteo contro l'omofobia

Niente immagini per on dare una visibilita' immeritata!

Erano in 50 mila, secondo gli organizzatori, i partecipanti alla manifestazione romana contro l’omofobia, svoltasi sabato. Praticamente un numero omeopatico, non solo rispetto al numero degli abitanti della penisola, ma anche semplicemente rispetto al numero degli abitanti di Roma, che ne conta circa 2.700 mila. Il che stando alle statistiche che vorrebbero circa un 10% della popolazione sessualmente attiva non eterosessuale, indicherebbe che meno di 1/6 dei non etero romani erano presenti alla passeggiata per le vie romane, di questi 50 mila vanno tolti anche i fiancheggiatori etero che nulla avevano a che fare con questi presunti problemi, ma che forse si trovavano lungo il tragitto per fare shopping e tanto per fare numero sono stati inseriti nel computo.

La manifestazione è stata un fiasco colossale. Niente diretta, niente servizi sul Tg3 e le foto in primo piano presenti nei quotidiani online, mostravano tutto fuorchè una manifestazione oceanica, al massimo, vista l’estensione di Roma, si può considerare come un rigagnolo secco.

Quello che non si riesce a capire e a cosa sia servita. Per sensibilizzare, dicono gli organizzatori, gli italiani sul presunto problema dell’omofobia, come se questa fosse una colpa degli italiani e non un numero sparuto di idioti che si comportano indegnamente, commettendo reati contro i non etero, come reazione estrema e totalmente fuori logica a seguito di comportamenti che non sono, da questi singoli violenti, accettati.

La parola d’ordine non dovrebbe essere in questi casi “manifestazione e ostentazione” ma discrezione, pudore e rispetto per le idee altrui, consci che ci si trova in un terreno non tanto che non accetta i portatori di comportamenti non etero, ma che trovandosi in un mondo, volente o nolente governato dagli etero, i non etero dovrebbero capire e comprendere le ragioni della maggioranza, senza pretendere d’imporre i loro comportamenti a chi non gli accetta e che questo non deve essere considerato né come colpa né come infamia, ma semplicemente come libertà di scelta su chi sostenere anche in base all’orientamento sessuale.

D’altronde basta vedere a che tipo di pressione sono sottoposti gli etero quando scelgono restare all’interno della propria cerchia. È il caso della squadra di calcio musulmana di Creteil, vicino a Parigi, costretta, a suon di contumelie popolari, ad accettare una partita di calcio Paris Foot Gay. Uccidendo il ibero arbitrio.

Lo stesso dicasi per il Presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, a cui è appena stato conferito, immeritatamente, il Premio Nobel per la Pace, dove si sono avventate le organizzazioni gay, chiedendo di cancellare il saggio “Don't ask, don't tell” in vigore nelle forze armate statunitensi. Dove nessuno ti chiede e nessuno ti obbliga a rispondere di che orientamento sei. Mentre i gay,invece d’amare la privacy, vogliono essere interrogati sugli orientamenti sessuali, per sentirsi obbligatoriamente costretti a rispondere d’essere orgogliosamente gay. Assurdo. Vogliono un’indebita interferenza delle forze armate nella loro privacy sessuale, per poterla sbandierare. Se non è masochismo questo!

Comunque, l’unica nota positiva potrebbe essere che, per la necessità di mandare nuove truppe in Afganistan, il Presidente, potrebbe mandare i gay in prima linea, sotto il fuoco nemico, togliendo gli etero,visto che per anni ne sono morti un sacco. Potrebbe essere arrivato il momento di riequilibrare il piatto della bilancia che pendeva a sfavore degli etero per numero di morti.. Infatti meglio la morte sotto il fuoco nemico che il congedo con onore per colpa dell’orientamento sessuale. Co questa decisone, il Presidente Obama, farà sicuramente felice i falchi del Congresso, i Teocon.

È di ieri sera invece la notizia di un’aggressione a due persone non etero da parte di alcuni giovinastri dell’estrema destra. Atto esecrabile, da condannare, anche penalmente, se saranno presi e assicurati alla giustizia, ma per ora comunque avvolti dalla presunzione d’innocenza, secondo quanto dispone il codice penale italiano. Per questa aggressione, come sempre si è scatenato il solito bailame di dichiarazioni di condanna da parte degli esponenti politici sia di destra come di sinistra, dove le associazioni GBLT nuovamente sono pronte a cavalcare l’onda emotiva, che si è già sgonfiata, per gridare il loro sdegno per l’omofobia, a loro avviso, dilagante.

Rimane, per terminare, una solo alcune domande: ci sono più morti sul lavoro, morti causati dalla normale influenza, morti causati da incidenti stradali per colpa di idioti in preda ad alcol, che aggressioni a presunto sfondo omofobico?

Ai posteri l’ardua sentenza!

Per approfondimenti, vedi
link.

Marco Bazzato
12.10.2009
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venerdì 9 ottobre 2009

A Barack Obama il Nobel per la pace


Ci sono notizie che riescono a rovinarti la giornata, mandandoti per traverso sia la colazione sia il pranzo, visto quanto sono mostruose. Una fra queste è la notizia del conferimento del Premio Nobel per la Pace a Barack Obama.

Ridicolo.

È ridicolo che un premio così prestigioso sia stato dato a un tizio che a meno di un anno dal suo insediamento alla Casa Bianca, come primo Presidente mulatto degli Stati Uniti, praticamente non ha fatto nulla di concreto, ma solo cianciato, mancando ignomignosamente ogni obbiettivo che si era sbandierato ai quattro venti in campagna elettorale. Vedi la riforma del sistema sanitario nazionale, affossata senza pietà, lo stesso dicasi per il ritiro delle truppe dai teatri di guerra in Iraq e Afganistan, dove in quest’ultimo paese gli americani continuano ricevere bastonate, stile Vietnam, infamanti per una presunta superpotenza, che ora si accingerebbe ad inviare sul teatro delle operazioni belliche altri 50.000 mila soldati e un numero consistente di sacchi neri per il rientro in patria dei cadaveri dilaniati.
Promesse da marinaio in campagna elettorale non mantenute.

Obama è un Presidente marionetta, che riesce solo a rimpinguarsi lo stomaco di hamburger e frappè, sfilare in maniche di camicia, pronunciando discorsi così pieni di retorica imbolsita e parole vuote che potrebbero affossare di noia un bradipo appollaiato su un ramo d’albero.

Questo Premio Nobel per la Pace è un insulto per la pace stessa, in quanto, a parte qualche incontro da combriccola delle briscola ambasciatoriale, di risultati pratici nemmeno l’ombra, ma solo cartine, buone per rollarsi sigarette senza filtro e spinelli, che non hanno ottenuto nessun risultato degno di nota.

Barack Obama da tempo è ormai un Presidente a metà, esattamente come è mezzo bianco e mezzo nero, praticamente una specie di Barone Ashura ,impallinato dai falchi del congresso che lo tengono in ostaggio e che avevano bisogno di un uomo nuovo di facciata, dopo la catastrofe Bush, dovevano presentare al mondo una facciata nuova, pur continuando nei medesimi disegni.

Ora questo premio, svilito della sua importanza proprio perché è stato dato a Obama, assume così solo una connotazione politica per aiutare un Presidente in evidente difficoltà, rinunciando al valore etico e morale che questo premio dovrebbe riservare ai vincitori, dove molti commentatori anche americani, hanno dato lettura del Nobel al Presidente americano, come una cambiale in bianco, che al termine della presidenza potrebbe essere in protesto, quindi inesigibile sotto il profilo dei risultati effettivamente conseguiti. E a ben guardare questo, al termine dei prossimi tre anni di soggiorno alla Casa Bianca, sempre che non venga rieletto per un altro mandato, potrebbe essere il destino.

In tutta onestà, ben comprendendo il WOW presidenziale appresa questa mattina la notizia, che arricchirà le tasche del povero presidente di bicolore, permettendogli cosi hamburger e patatine in scala industriale per i secoli a venire. La Svezia, reali compresi, hanno preso una tavanata magistrale sulla fronte scialacquando il prestigio del premio e facendolo finire sotto i tacchi del mondo, annichilendone il valore simbolico, rendendolo pari al premio consegnato al “Miglior acchiappa citrulli del Paese dei Balocchi”.

Anche il mondo politico internazionale è stupido dalla bieca notizia, in quanto tutte le cancellerie sanno quanto nullo sia stato fin ora, oltre alle generiche parole di circostanza, il contributo dato da Obama alla pace nel mondo è praticamente nullo, a parte qualche esternazione così generica da essere evanescente, come il respiro di un corpo messo in stasi criogenica.

L’unica nota positiva sul Premio Nobel per la Pace assegnato a Barck Obama sarà che qualunque guerra gli Stati Uniti combatteranno sotto la sua presidenza sarà sempre e comunque una guerra giusta, combattuta a suon di cannonate e distruzioni a beneficio della Pace.

Parola di Premio Nobel!

Marco Bazzato
09.10.2009
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Silvio Berlusconi come Paolo Bitta?



Dopo l’infelice uscita di Silvio Berlusconi nei confronti di Rosy Bindi, “Sei più bella che intelligente” molti si stanno chiedendo se esiste un qualche legame, almeno spirituale, tra Silvio Berlusconi e Paolo Bitta, il personaggio televisivo interpretato da Paolo Kessisoglu in Camera Caffè?
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In effetti, pur con i dovuti distinguo, i due hanno molto in comune, partendo dall’odio atavico e volgare nei confronti dei “cessi”, vedi Bitta contro Patrizia D’Imporzano. E il premier con l’esternazione nei confronti della povera Bindi è caduto al livello del peggior trivio, dove il barbarismo politico supera la comicità, pur politicamente scorretta di una situation comedy, segnando l’ennesimo punto al ribasso, in direzione dell’abisso, da parte di un imputato in vari processi, divenuto primo ministro a forza di spot propagandistici, degni della peggior nomenclatura sovietica.


Ma le affinità quasi figliali non terminano qui. Il Berlusconi, secondo i giudici e poco amico della giustizia, anzi non perde l’occasione per gridare ai quattro venti che questa è contro di lui, povero miliardario, costretto a “scendere in campo” diventando capo di un partito prima, presidente del consiglio poi, per difendersi dalla cattiveria mendace di quei comunisti che vorrebbero espropriarli il suo misero capitale, accumulato in decenni di duro lavoro, e che sfiora quasi i sei miliardi di euro. Paolo Bitta ha lo stesso problema con quei bastardi dei vigili urbani, che non fanno altro che attenderlo al varco quando parcheggia in tripla fila, corre in autostrada contromano o investe – non accidentalmente – le vecchiette che attraversano la strada, e quanto di meglio la fantasia possa creare per far lettera morta del più banale buon senso. Entrambi sono nemici giurati dei codici, Berlusconi di quello Penale e Bitta di quello della strada, vittime dei poteri forti che strenuamente combattono nel nome della libertà. La loro.


Paolo Bitta si sa, non è uno stinco di santo, anzi. Basta vedere come tradisce la moglie con Maruska, la prostituta che certo non si fa pregare, ma solo pagare, prima d’essere usata, costringendo praticamente Paolo Bitta a cornificare la moglie, Valeria.


Un po’ quello che ha fatto il premier con la povera, si fa per dire, almeno non a livello economico, visto che forse spennerà l’ex marito come un limone, quando gli avvocati avranno fatto tutti i conti per la causa di divorzio intentata dalla donna, dopo le presunte avventure con una ninfetta napoletana prima e un puttanone – per dirla alla Fantozzi – poi, che ha registrato tutto, forse ansimi e orgasmi compresi, sul talamo presidenziale, ma che quest’ultimo non avrebbe pagato, ma solo utilizzato l’utero, come utilizzatore finale del servizio.


Paolo Bitta sembra il figlio misconosciuto di Silvio Berlusconi. Forse per questo Bitta è incollato alla grappa di Pino, come un cucciolo appena partorito è attaccato al capezzolo della cagna che l’ha messo al mondo, abbandonati entrambi dal padre in età neonatale.


I due pur nelle rispettive diversità caratteriali ei fisiche si assomigliano molto, anche troppo forse. Entrambi sono arroganti, Paolo Bitta disprezza i poveri, gli omosessuali, i colleghi della Digitex, visti come destabilizzatori della pace aziendale, un po’ come il Cavaliere detesta la Corte Costituzionale se non gli da ragione, se interpretando la Costituzione si rendono conto delle storture macroscopiche del lodo Alfano, facendolo andare su tutte le furie.


Entrambi sembrano due uomini di plastica. Berlusconi per i numerosi lifting e per i capelli che sono più immobili dei pali telegrafici. Paolo Bitta perché assomiglia a Lupin III con la giacca rossa, così plastico da apparire quasi finto.
È inutile negarlo, Paolo Bitta è l’amico, il fratello maggiore, il confidente, l’educatore che tutti vorremmo avere al nostro fianco nei momenti di difficoltà, perché sempre pronto ad aiutare gli altri, disponibile, dalla mente acuta e pronta a cogliere al volo ogni sottigliezza e battuta di spirito, ma soprattutto senza la paura d’appare un idiota e un ignorante cosmico.




Marco Bazzato
09.10.2009

giovedì 8 ottobre 2009

Il Lodo Alfano è incostituzionale



Alla fine la doccia fredda è arrivata. Erano passate da pochi minuti le 18.00 ora italiana quando i primi lanci d’agenzia scrivevano che la Corte Costituzionale aveva dichiarato carta straccia il lodo Alfano, bollandolo col marchio infame dell’incostituzionalità, generata da una legge approvata dal Parlamento italiano.
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…E che la tempesta abbia inizio…

Ieri sera duranti i telegiornali, non importa se Rai o Mediaset o nelle trasmissioni d’approfondimento in seconda serata, come Porta a Porta e Matrix, sembravano tutti fuori di testa, quasi dissennati, col fumo che usciva dalle narici come tanti tori imbufaliti dei cartoni animati della Warner Brothers, col Ministro Alfano in testa all’armata Brancaleone, che anche dopo aver preso la batosta costituzionale sembrava volesse spacciare al popolo banane raddrizzate che nessuno vuole pensare dove siano state introdotte per raggiungere lo scopo.

“Sentenza politica!” è stata una delle prime frasi dette dal premier, Silvio Berlusconi, che dalle immagini viste in tv, poteva sembrare oltre che in evidente stato confusionale, anche incazzato come un alligatore a cui hanno prosciugato l’acqua dello stagno e non sa più dove andare ad abbeverarsi. La voce che da premier, fino a pochi minuti prima sicuro dietro lo scudo della Legge Alfano, improvvisamente si era visto trasformato, manco fosse in una fiaba dei fratelli Grimm, in imputato-premier tremava, era tesa, monocorde, a stento forse si tratteneva dal non scoppiare a piangere, come un bambino a cui il compagno di scuola più grande e grosso – quindi Comunista – gli ha appena rubato, sottoforma di esproprio proletario, la merendina preferita chiamata libertà.

E gli attacchi a destra e a manca non sono mancati. Anzi per la verità solo a manca. Le bordate hanno raggiunto senza pietà le Istituzioni italiane di ogni ordine e grado a lui avverse, praticamente le solite: la minoranza delle toghe rosse, tv e giornali che non perdono l’occasione per metterlo alla berlina – lo mettessero nel bagagliaio di una berlina – e soprattutto il Quirinale, reo di non essere intervenuto per etero guidare la Corte Costituzionale nella direzione a lui favorevole: l’assunzione, pardon l’impunità, pardon,la sospensione dei processi fino al termine della legislatura, nel 2013, ma se tutto andasse bene, diventando Presidente della Repubblica, finchè morte naturale non lo colga.

Padre:«Tutto purchè mi sia allontanato il suo calice amaro dei processi quotidiani».

Ma il Padre, comunista, non solo gli ha lasciato la sua croce, ma gli ha scagliato addosso anche quella del rimborso di 750 milioni a Carlo De Benedetti. Quando si dice che alla fine la Giustizia ultraterrena può arrivare anche su questa Terra.

Cosa farà là imputato Silvio Berlusconi, che ricopre il ruolo di Primo Ministro?

In teoria, essendo anche in questo caso in conflitto d’interesse, e non potendo togliersi la croce da imputato, fino alle sentenze definitive, dovrebbe spogliarsi del ruolo di Presidente del Consiglio, rassegnando, per moralità ed etica istituzionale (che robe sono?) le dimissioni nelle mani del Presidente della Repubblica. Cosa che Berlusconi non farà mai in quanto Giorgio Napolitano non è solo di sinistra, ma è stato allattato al seno sovietico e l’imputato-premier non tratta con i comunisti. Putin e cinesi esclusi, naturalmente!

Ma il bello dello spettacolo lo si è avuto ieri notte, durante il collegamento telefonico dell’imputato-premier con Bruno Vespa a Porta a Porta. Silvio Berlusconi sembrava Fiorello in una delle sue imitazioni di Mike Buongiorno – pace alla sua anima – durante la parte finale di Genius, quella dedicata agli inulti al povero bambino concorrente che aveva sbagliato una domanda facile, facile. Era inarrestabile. Ha mollato fendenti e randellate come un provetto boxer, colpendo in rapida sequenza il Presidente della Repubblica, la Corte Costituzionale, la Magistratura, le toghe rosse fino ad arrivare ai tre porcellini, dando della zoccola a Biancaneve e Cenerentola (ma senti da che pulpito viene la predica! Dal pulpito dell’utilizzatore finale, parole dell’avvocato-parlamentare Ghedini,dell’utero della D’Addario, giungendo alla fine per la santificazione di Pinocchio e del suo naso che cresceva in modo esponenziale a suon di bugie.

Ma la chicca finale è stata riservata a Rosy Bindi. “Lei è tanto bella quanto intelligente” dimostrando, se mai c’è ne fosse bisogno che il premier preferisce solo “belle e oche” e da vetusto, giovani.

Ieri notte, a Porta a Porta, si è assistito a uno show di un imputato-primo ministro, indegno per un Paese Civile. Un imputato che ha utilizzato il servizio pubblico, pagato dai cittadini, per difendersi, usando pretesti politici, in una sede non consona: un salotto televisivo.

Quante volte la politica ha detto che i processi si fanno nelle aule giudiziarie e non in tv? Evidentemente questo assioma vale per i poveri diavoli, ma non per i miliardari che potrebbero rischiare la bancarotta o peggio il gabbio.

Cosa accadrà ora?

Nessuno lo sa. Certo è che il premier ha annunciato che si difenderà, come imputato, non solo nelle alule giudiziarie, ma anche in tv, usando il potere che gli deriva dall’essere Presidente del Consiglio per intortare gli italiani, salvo arrabbiarsi se i giudici non gli crederanno durante le deposizioni, trovando riscontri oggettivi, condannandolo.

Il problema, come dice Emilio Fede, durante i siparietti fuori onda del Tg4, ripresi da Striscia la Notizia è che l’Italia, per colpa di una persona, sta facendo davanti al mondo l’ennesima “…figura di merda” e sembra che alla maggioranza degli italiani – oltre il 70% – stando ai sondaggi di popolarità e gradimento degli elettori, manco che governare fosse uno spettacolino da avanspettacolo dove conta lo share, adorino queste “figure di merda” su scala planetaria, facendosi sputtanare, non per colpa conscia da tutto il mondo civile.

Ma una delle esternazioni può esilaranti dell’imputato-premier è che è assurdo che in un Paese dove ha il 75% di share dal pubblico-elettore-teledipendente, il restante 25% non sia con lui, per colpa di una certa stampa perennemente sbilanciata a sinistra, che occupa anche la tv.

Quel 25% caro Presidente è fatto da quegli italiani che abitualmente leggono i quotidiani e non solo quei giornaletti porno-gossippari buoni per rincoglionire, che non si rincitrulliscono solo davanti ai tg lobotomizzati delle 13 e delle 20 ma che cercando di farsi un opinione sulla politica e sul politico imputato-premier che governa il Paese.

Ma il problema di fondo è un altro, ed è molto peggio del centrodestra. Il problema è il centrosinistra praticamente un cadavere decomposto, senza idee alternative, senza capacità intellettuali di rivoltare il paese nei fatti, come meriterebbe. E quindi l’alternativa all’egemonia del centrodestra oggi sarebbe un suicidio sociale, visto che da ogni volta che ha governato il centrosinistra, ha dissanguato non solo le casse dello stato, ma anche le tasche dei cittadini – a parte un esiguo numero di plutocrati pluri indebitati con le banche,vedi Carlo De Benedetti e molti altri ,che cadono sempre in piedi – sono svuotate e costrette ad andarsene a spasso con le pezze al culo, tanto che statistica di oggi, pubblicata nei quotidiani, 3milioni di italiani non vanno in paradiso e sono “clienti del Banco Alimentare”.

“Per fortuna che Silvio c’è” dice lui!

Contento lui, ma poveri noi!


Marco Bazzato
08.10.2009

martedì 6 ottobre 2009

È scontro sul lodo Mondadori


Alla fine, dopo anni di dibattimenti, di stralci, ricorsi e contro ricorsi la sentenza civile per il lodo Mondadori è giunta alla sua naturale conclusione, con dispiacere della Finivest, condannata a risarcire Carlo De Benedetti, con quasi 750 milioni di euro, accusando Silvio Berlusconi “d’essere corresponsabile dell’atto corruttivo”, in quanto come amministratore delegato non poteva non essere a conoscenza di come i sottoposti più vicini a lui operassero per suo conto.

Naturalmente le polemiche politiche sono subito montate ad arte, come una panna fatta con il latte cagliato e inacidite dalle menzogne. “Giustizia a orologeria ...” è una delle espressioni più gettonate nei juke box del centro destra. “È un Colpo di Stato…” chiosano altri, facendo l’eco. È un sovvertimento della volontà popolare, chiosano altri. Mentre il premier dichiara: “Sono allibito. È una mostruosità giuridica” s’infuria, e via con dichiarazioni sempre più o meno dello stesso tenore.

Ma chi ha ragione?

Il Presidente del Consiglio, non dovrebbe intervenire, per correttezza istituzionale, in vicende giudiziarie che coinvolgono un gruppo privato, dove non ricopre alcuna carica sociale, indipendentemente dal fatto che sia stato sentenziato corresponsabile dell’atto corruttivo. Senza contare che quando le sentenze sono favorevoli a lui o al centro destra, queste si accettano e non si discutono, specie se a sinistra sbraitano come ossessi e viceversa, naturalmente.

Finivest dichiara che se fossero pagati i 750 milioni di euro si azzererebbe la liquidità di Mondadori, costringendola a far ricorso alle banche. Dove sta il problema? Molti imprenditori fanno ricorso al credito. Senza contare che Fininvest possiede il 50% della Banca Mediolanum, quella “costruita intorno a te”, quindi teoricamente il credito potrebbe già averlo a disposizione, prestando denaro a se stessa.

È anche assurdo che Mondadori, di cui Finivest ne detiene solo il 50%, che la cassaforte della famiglia Berlusconi pianga miseria, quando il suo impero è valutato grossomodo 6,5 miliardi di euro, secondo la classifica
Forbes 2009. L’esborso alla fine intaccherebbe il capitale totale di solo 1/6, cifra che potrebbe raggranellare alienando una piccola parte delle proprietà immobiliari, o come ormai molte voci giornalistiche danno per quasi sicuro, il Milan. Il che certamente non sarebbe un dramma, sebbene non va dimenticato che Finivest, nel bilancio 2007 aveva un disavanzo finanziario di 499,2 milioni di Euro,che nel caso di pagamento di quanto chiesto dalla sentenza salirebbe, se non venisse usato il contante presente in cassa a Mondadori, a 1.249, 2 miliardi di Euro.

Come del resto è assurdo parlare di giustizia a orologeria o di piani eversivi per far crollare il governo, in quanto la giustizia diventa a orologeria quando la politica invece d’aiutare la magistratura a compiere il proprio dovere, taglia gli organici, non la dota degli strumenti informatici necessari per svolgere al meglio il proprio lavoro e fa di tutto affinchè questa sia imbrigliata e costretta a compiere il proprio dovere con una lentezza esorbitante, riconosciuta a livello internazionale. In un Paese che si definisce democratico, la politica fa il possibile perché la Giustizia possa operare in serenità e imparzialità a beneficio dei cittadini e non con processi che durano lustri, salvo poi al momento di una sentenza sfavorevole, questa diventa eversiva e nemica della libertà.

. Ma di quale libertà?

Secondo questo metro di giudizio, è illiberale condannare un’azienda a rifondere, dopo vent’anni, il maltolto, giunto dopo un atto di corruzione acclarata?

Il presunto attacco della magistratura nei confronti non della politica, del presidente del consiglio è una bufala propagandistica, buona per i ciuchi che non vogliono vedere la realtà temporale dei fatti, così come si è svolta, soprattutto in merito al lodo Mondadori, che si è consumato prima che Silvio Berlusconi entrasse in politica, e quindi, la giustizia, complice gli intralci stessi e i bastoni tra le ruote messi dalla politica, alla fine è arrivata a emettere la sentenza, non tanto sul primo ministro, o sul politico Silvio Berlusconi, ma sul gruppo Finivest, a suo tempo guidato dall’imprenditore Silvio Berlusconi in qualità di amministratore delegato, dove se la causa penale si è conclusa con Berlusconi assolto per intervenuta prescrizione del reato dopo le attenuanti generiche. Ora però è Finivest, ha dover rifondere in sede civile il danno economico cagionato all’epoca. E l’unica colpa dei giudici è stata quella di aver condannato, in sede civile, la Finivest per i fatti acclarati.

Si stanno forse avverando quello che nell’inverno del 1993, molte cassandre della sinistra avevano pronosticato, cioè che la sua “discesa in campo” non era che uno stratagemma per salvare se stesso e le sue aziende dalle “grane” giudiziarie e dai debiti accumulati. Grane che si sono strascinate per anni e che hanno portato prima , nel
Lodo Schifani del 2003, poi bocciato dalla Corte Costituzionale per parziale illegittimità, ripresentato successivamente nel 2008, come Lodo Alfano, proprio in questi giorni al vaglio ancora della Corte Costituzionale.

Tutto questo potrebbe essere nato ed evolutosi nel corso degli anni per un’atavica paura di Silvio Berlusconi imprenditore delle verità appurate dalla magistratura, in qualità di organo indipendente dalla politica?

Marco Bazzato
06.10.2009
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lunedì 5 ottobre 2009

Messina, infuriano le polemiche



Il bilancio, non del disastro naturale, della frana che si è abbattuta su Messina, dovrebbe essere di 23 morti e 35 dispersi. Finalmente è ora delle polemiche, nonostante i morti non siano stati sepolti, i dispersi per sempre e il fango siano ancora dentro i fabbricati e le strade. E come accade in questi “tragici eventi naturali” inizia il rimpallo delle responsabilità, di chi sapeva e non ha fatto nulla per cambiare, a distanza di due anni dall’ultimo sgottamento della collina, la situazione.
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Va chiarito un fatto essenziale. La natura non c’entra nulla con quanto avvenuto, visto che questa se ne fotte bellamente di quei microbi camminati, che costruiscono le loro case-formicai nei luoghi più impensati. Luoghi che nemmeno un primate ci costruirebbe una tana. Ma l’uomo, essere senziente per eccellenza, è stupido. È stupido e poco previdente, come una cicala, che canta, balla, scopa e si ubriaca senza pensare al domani. Ma quel domani alla fine è arrivato, presentando il conto dei morti, dei dispersi e della distruzione naturale.

E ora si parla di ricostruzione, di stanziamenti di un miliardo di euro, ha dichiarato ieri il presidente del consiglio, per le nuove case.

Sbagliato!

Quelle case, se erano abusive, sulle mappe catastali non c’erano, in quanto la zona, e lo sapevano anche le cimici, era ad alto rischio di dissesto idrogeologico, tanto è vero che oggi sul Corriere della Sera, il presidente della regione Sicilia, Raffaele Lombardo, dichiara che nella sola zona della frana, dovuto alla pioggerellina durata due ore, le abitazioni abusive siano circa 1.200. Che si abbattano tutte seduta stante, senza tanti complimenti, visto che gli abitanti ne hanno usufruito indebitamente e illegalmente per anni e anche se fossero state incluse nei vari condoni edilizi, buoni per rimpinguare le casse dello stato, rimarrebbe comunque il fatto che queste sono state edificate in una zona d’alto rischio idrogeologico.

In molti si sono lamentati del fatto che le istituzioni, pur conoscendo il problema non abbiano fatto nulla per risolvere il problema del rischio idrogeologico della collina sovrastante sulle case abusive. Ma cosa dovevano fare le istituzioni? Abbattere la collina per preservare le case abusive? Una collina, piaccia o no, fa la collina e quando le pioggerelline sono troppo elevate, se ai piedi di questa il terreno è stato reso friabile a causa dell’edificazioni di edifici ad uso civile che non dovrebbero esserci, questa si squaglia. Questo lo sanno anche i bambini, quando giocano sulla sabbia, in spiaggia. Ma gli adulti no. Quelli edificano abusivamente, nonostante forse possano essere stati sconsigliati da qualche tecnico lungimirante che prima o poi la situazione sarebbe collassata.
Ora Messina piange le sue vittime. Ma di chi è la colpa di questo scempio costruttivo indiscriminato? Della natura, del fato, della sfiga o del Mago Merlino?

È inutile girarci sopra, questo scempio ambientale è stato creato dall’uomo, dai fabbricanti abusivi, poi dal comune che non è intervenuto per abbattere, complice anche il caos legislativo, che per demolire una costruzione abusiva, fra ricorsi, controricorsi, appelli, contro appelli fanno passare anni, e intanto la natura – a ragione – se ne fotte delle umane scemenze giudiziarie e come un dio sterminatore, distrugge ciò che in lei è stato violentato dall’uomo, facendolo sprofondare nel fango primordiale della creazione, riducendo il tutto in poltiglia: uomini e case.

Ora i cittadini, colpiti non dalla catastrofe naturale, ma dallo scempio creato dall’uomo stesso, che ha favorito che la collina franasse, devono essere aiutati? Umanamente verrebbe da dire di si, perché è la perdita di vite è una tragedia per l’uomo stesso, ma una volta sepolti i morti, le case abusive, condonate o no, dovranno essere abbattute, per due ragioni fondamentali. La prima, costa meno abbattere le abitazioni che non mettere in teorica sicurezza una collina, la seconda,perché serva non solo da monito, ma perché sia veramente l’inizio di una distruzione/abbattimento di tutto ciò che è stato edificato senza rispettare i benché minimi criteri di sicurezza e di rispetto del territorio.

Ora resterà da vedere se il presidente della regione Sicilia darà ordine d’abbattere le 1.200 abitazioni abusive ai piedi della collina, oppure se i cittadini italiani che hanno edificato le proprie abitazioni, rispettando i vincoli, debbano sedersi, aspettando di godersi il prossimo spettacolo de ”La collina assassina”.

Marco Bazzato
05.10.2009

venerdì 2 ottobre 2009

Roman Polanski non vuole essere estradato


Prima o poi la mannaia della giustizia colpisce, decapitando i colpevoli. Non importa che essi siano sporchi assassini, barbari pedofili o osannati registi. Ne sa qualcosa il polacco Roman Polanski,che dal 1978 dopo aver violentato, drogato e sodomizzato una ragazzina di 13 anni, è fuggito dagli Stati Uniti, sua seconda patria, per rifugiarsi in Francia, paese che notoriamente accoglie ogni genere di feccia sociale, venduta al volgo come perseguitata in patria. Il regista Premio Oscar è stato arrestato il 26 settembre 1969 su mandato di cattura internazionale statunitense, eseguito in Svizzera, dove il fuggitivo si era recato per ricevere un premio.


Come sempre accade quando c’è di mezzo un intellettuale pervertito, sia esso letterato o regista, ecco che la solidarietà pelosa dei colleghi inizia a battere la gran cassa mediatica internazionale, per salvare, non il sodomizzatore schifoso dalla gogna, ma il grande regista, il premio oscar, che però in questa circostanza sono la medesima persona. Dal giorno seguente all’arresto del pedofilo latitante, è scattato il barbaro rito degli appelli sperticati per la liberazione del sodomizzatore della tredicenne.


Fa repulso pensare che questi fini intellettuali, per ragioni totalmente estranee all’umanità nei confronti della vittima, sposino le tesi difensive del carnefice, appellandosi al fatto che sono ormai passati 32 anni dall’atto brutalizzante violenta e che la ragazza, ormai di mezza età, l’abbia pubblicamente perdonato. Irrilevante. La giustizia non deve abbassarsi a questo becero pietismo da osteria, ma elevarsi oltre il tempo e il perdono della vittima, punendo moralmente, oltre che penalmente, con il pubblico ludibrio, specie se questi è una stella del firmamento cinematografico, seppur dietro la macchina da presa.


È un’offesa per la giustizia stessa sapere che tanti pezzi da 90 si sono scomodati per difendere un pedofilo, facendo passare un messaggio volgare e banalizzante, dove tutto è permesso, se si hanno alle spalle gli adeguati gruppi di pressione che muovono l’opinione pubblica in una direzione o in un'altra.


Polanski – senza dimenticare la sua storia personale, il dramma della morte della madre ebrea in un campo di concentramento nazista, la barbara uccisione della giovane moglie all’ottavo mese di gravidanza – deve essere trattato al pari di ogni altro cittadino. Non importa se costui è un Premio Oscar, ritirato per suo conto da Harrison Ford, per paura dei braccialetti ai polsi, cosciente che prima o poi la tegola giudiziaria avrebbe bussato alla sua porta, in quanto proprio in virtù del suo tragico passato, da vittima si è trasformato in carnefice. E dare solidarietà a dei carnefici, indipendentemente da quale sia stata la loro storia passata, mette i firmatari sullo stesso piano del colpevole.


Se il pedofilo sodomizzatore non si fosse chiamato Roman Polanski, gli intellettuali si sarebbero mobilitati, oppure avrebbero scritto editoriali che alla fine il pervertito è stato fermato per essere consegnato alla giustizia?


È il solito sinistro imbarbarimento, che non conosce colore politico, ma solo ignominia per il relativismo con cui sono trattati i soggetti, rei d’essersi macchiati di colpe abominevoli. Non importa che questi siano pericolosi terroristi, schifosissimi pedofili, cinici politici senza paura d’arricchirsi, facendo i propri interessi, o finanzieri con le toppe al culo che campano sulle spalle dei cittadini, incassandosi gli utili, e facendo ricadere le predite societarie sulla società, sono tutti della stessa squallida pasta.


Ma va ricordato che difendere un pedofilo, abominevole bestia sub umana, che da vile fugge all’estro per non affrontare un giusto processo, è la cosa più abietta che un intellettuale, che ha la pretesa d’essere tale, possa fare, quando non è la propria figlia ad essere stata selvaggiamente drogata e brutalizzata analmente. E firmare appelli a favore di un pedofilo, potrebbe essere anche indice di collusione morale con l’esecrabile fatto, e questo un intellettuale che ha la pretesa d’essere tale, non dovrebbe mai farlo.

Marco Bazzato
02.10.2009
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