sabato 30 maggio 2009

Star Trek, il futuro ha inizio


Una chiaivica!
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Non c’è altra espressione per definire l’XI film della serie Star Trek con un cast d’attori completamente rinnovato, per far ripartire la saga da un giovanissimo capitano James Tiberius Kirk, interpretato da un Chris Pine.

Nonostante le lodi della critica al regista, J.J. Abrams, che avrebbe reinventato la creatura di Gene Rodemberry, questi probabilmente sta bestemmiando nelle lingue aliene, come ad esempio il Klingon, ideato da Mark Okuda. Il prequel decolla a fatica, non tanto per il cambio dei personaggi, alcuni effettivamente ben caratterizzati come il giovane James Kirk, Sulu, McCoy e Spok, reggono abbastanza bene il confronto con i personaggi della serie originale, mentre quella che fa storcere il naso è la “nuova” Uhura, che rispetto alla signorilità dell’originale, quella di J.J. Abrams si comporta come un puttanone che ha appena lasciato il marciapiede. Infatti oltre ad essere una bisessuale interplanetaria, si muove come sulla plancia dell’Enterprise come una cortigiana deducendo Spok.

Tralasciando che con la scusa del futuro alternativo la madre di Spok, Amanda Garrison, muore, che il padre di Spok, Sarek è contento che il figlio si sia arruolato nella Flotta Stellare, che il capitano Pike, anziché morire diventa ammiraglio, il prequel con questi svarioni dalla linea temporale getta alle ortiche i quarant’anni della saga solo perché il regista ha affermato di non essere un amante della serie, e che probabilmente non si è preso nemmeno la briga di restare abbastanza attinente con la serie originale.

Veniamo al capitolo più dolente, l’astronave, l’USS 1701 Enterprise. A parte il fatto che lo scafo esterno si vede pochissimo, praticamente di sfuggita, sebbene appaia identica, a parte la tecnica digitale di realizzazione, a quella originale, sono gli interni, com il ponte di comando, l’hangar di carico, il reparto medico che non rispettano lo stile ne della serie originale come neppure di Nex Generation. Ma la cosa peggiore è la Sala Macchine, questa sembra, con quel groviglio di tubi, un vecchio capannone industriale senza nessuna affinità con le precedenti, facendo precipitare in modo vertiginoso l’appel che questa in passato aveva.

Non si capisce come un film costato praticamente 170 milioni di dollari, in parte già rientrati, sia stato creato in modo così inetto, senza nessun occhio di riguardo alla tradizione, all’immagine che i trekker storici hanno della visone del mondo di Star Trek che ne esce fuori completamente frantumata ed incongurente, un film che corre rapido come un video clip musicale, troppo rapido, che fa fugge via immagine dopo immagine, perdendosi tra i frastuoni roboanti delle battaglie nello spazio e a Terra, prive però di quello spirito trek che hanno reso celebre nel mondo le varie serie. Senza contare, nota ancor peggiore, che la Flotta Stellare, partendo dai cadetti sino a giungere alle più alte gerarchie, denota una connotazione militare molto forte, molto più marcata, pur essendo in piena guerra fredda, di quella del 1966.

Se mai dovesse esserci un seguito, stando alle anticipazioni già preventivato, si spera che la nuova sceneggiatura ed i nuovi allestimenti siano più attenti allo stile originale dell’opera, non tanto per senso di nostalgia, ma perché il “mondo Trek di J.J. Abrams è distante anni luce dal mondo Trek creato da Gene Rodemberry, ed i due universi, pur portando lo stesso nome, sono figli di padri diversi, solo che il primo, Rodemberry, ne è il padre biologico, mentre il secondo, J.J. Abrams, oltre che essere trovatello, potrebbe essere anche figlio e di conseguenza anche padre bastardo del prequel.

Star Trek, il futuro ha inizio, rappresenta non tanto la nuova visione di un futuro, conosciuto da quasi mezzo secolo, ma l’uccisione ed il seppellimento di quel passato, sotto una patina roboante, che ne esalta lo stridore e l’incongruenza storia e narrativa, che abortisce ed uccide il passato, a favore di un nuovo futuro, teoricamente da riscrivere, ma che potrebbe – come un figlio nato malformato e deforme – avere vita brevissima. Del mondo Trek nella visione di J.J. Abrams, il vecchio mondo è stato demolito, reso maceria, sbeffeggiato e quasi cancellato come se questi non fosse mai esistito.

Il film, seppur buono sotto il profilo scenico, è una pallida imitazione di quelli originali, dove il marchio Star Trek ed i nomi dei personaggi, dell’astronave sono stati presi, senza citare il creatore – Gene Rodemberry, per crare un action movie senz’anima, senza spirito, senza storia, perché la storia è stata uccisa ed in un ciak distrutta. Per sempre.

L’unico legame col passato è l’apparizione dello Spok originale – Leonard Nimoy – che invecchiato, ma totalmente estraneo alla linea temporale fino ad ora conosciuta, ha dato un forte tocco di nostalgia, passando il testimone ad un giovane se stesso, completamente diverso, piatto e senza personalità, che ha dimostrato, se mai c’è ne fosse bisogno, che il tempo inesorabilmente passa e che tutto prima o poi è destinato a morire e che l’animazione forzata, peggio di un accanimento terapeutico, aumenta l’agonia non solo del paziente, ma anche dei famigliari, in questo caso i fans storici dei veri ed unici Star Trek, quelli creati da Gene Rodemberry.


Marco Bazzato
30.05.2009

lunedì 25 maggio 2009

Noemi e Mills: “amici” di Berlusconi?


Ennesima doccia fredda per Silvio Berlusconi. L’avvocato David Mills è stato condannato, in quanto secondo l’accusa si sarebbe fatto corrompere da Bernasconi, ora defunto, per conto della Finivest, di proprietà di Silvio Berlusconi.

Appresa la notizia, il cavaliere, è andato su tutte le furie, in quanto reputa la sentenza persecutoria, e avendo bollato il giudice che l’ha emessa come suo personale nemico politico.

Come sempre accade, a ragione, sono partite subito le bordate dell’evanescente centro sinistra, che ha prendendo la palla al balzo non ha esitato a chiedere che, non il presidente del consiglio, ma il cittadino Silvio Berlusconi si faccia processare, come direbbero gli inglesi, da una giuria di suoi pari. Cosa che non avverrà in quanto il nostro è protetto, come le altre tre più alte cariche dello stato, dal cosiddetto lodo Alfano, che garantisce, dipende dai punti di vista, l’immunità o l’impunità fino a quando rimarrà in carica.

Naturalmente il premier si difende, non in tribunale, ma in conferenza stampa, affermando di non aver mai conosciuto, nemmeno per interposta persona, l’avvocato Mills, e che questi avrebbe pagato anche le tasse sulla stecca incassata, e che quindi, secondo Berlusconi il pagamento delle tasse avrebbe resa lecita la somma, in quanto sarebbe stato dato a Cesare, cioè al fisco di Sua Maestà Britannica, quel che è di Cesare, sebbene per la storia non va dimenticato che anche Al Capone fu incastrato dal fisco, finendo così al fresco.

L’indignazione del centrodestra innanzi alla vicenda Mills ha raggiunto livelli d’isteria da pollaio, dove praticamente le galline si affannano a difendere il gallo, in quanto forse da anni da questi ricevono il becchime.

Ma l’apoteosi del cattivo gusto, il baratro della mancanza di tatto, la vetta della nequizia è stata raggiunta, quando in molti si sono affrettati a difendere quella santa Maria Goretti in salsa napoletana, quella vergine sacrificale, che non manca ormai giorno che non spunti una sua foto in qualche settimanale gossipparo: Letizia Noemi. Dove anche oggi su Repubblica, fa la sua bella porca figura un articolo, dove il suo ex fidanzato spiegherebbe come il Cavaliere Papi avrebbe conosciuto la giovane ninfetta. Sembrerebbe infatti che le conoscenze vantate dal padre di Noemi, risalenti addirittura agli anni ’90, fossero vere esattamente come lo sbarco dei vulcaniani sulla Terra, all’epoca del primo contatto, del 5 aprile 2063, false e mai avvenute, ma frutto di una pura invenzione senil-fantascientifica.

È strano come pian piano le verità stiano venendo a galla, esattamente come un morto che rigonfio d’acqua torna in superficie, mandano i propri olezzi e gas da decomposizione che a fatica si disperdono tra i quattro venti.

Naturalmente, questo giornalismo d’inchiesta, secondo il premier sarebbe sciacaccallagio contro di lui, e poi contro la povera vergine che si vede messa i propri panni sporchi – tarzanelli compresi – sempre che lo siano, sbandierati al pubblico, in quanto ora che il bubbone è scoppiato, presumibilmente in molti, a ragione,avranno vari sassolini da togliersi dalle scarpe, sapendo benissimo a chi lanciarli – Noemi – e a chi inevitabilmente come, come schizzi di fango su un abito bianco, ricadranno addosso, facendo si spera, perdere consensi elettorali e popolarità.

Non sappiamo cosa ci possa riservare il futuro, certo è che il Cavaliere, divorzio prima, e ninfetta poi, è finito sulla graticola, ma non per colpa di qualche macchinazione politica, come sovente, quando è in crisi d’argomenti, sostiene, ma per propria volontà, certo di poterla far franca sempre e comunque, in quanto, come afferma, avendo ricevuto mandato popolare a governare, e solo questi può giudicarlo. Ma questa volta il giocatolo sembra essersi rotto, la fiducia si sta incrinando, e quel che è bello è che non vien sbugiardato solo in Italia, ma anche a livello internazionale di vergogna, facendo apparire il premier come un frequentatore di bettole di porti malfamati, e non rendendo cosi certo un buon servizio all’Italia e agli italiani, che all’estero si vergognano come ladri. Non c’è che dire: chi di Gossip ferisce, di Gossip perisce.

Il Watergate all’italiana, alla puttanesca, sembrerebbe iniziato. Si attende con piacere e scherno nuovi pruriginosi sviluppi, aspettando magari anche un epilogo tragico, come in un nuovo melodramma, dove alla fine, per un motivo o per un altro, qualcuno muore.

Marco Bazzato
25.05.2009
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domenica 17 maggio 2009

Respingimenti immigrati, l’ONU protesta


Era ora che il governo Berlusconi, dando seguito a quanto fece il precedente governo Prodi, iniziasse a respingere i clandestini che invadono, via mare, l’Italia. Quest’orda di affamati, disperati, spesso fuggono dai teatri di combattimento umanitario, dove anche l’esercito italiano, che come nel caso della bambina di 13 anni, uccisa dai soldati della forza di pace, mentre con la famiglia si recava ad un matrimonio, perché il padre, sotto una pioggia battente, non ha sentito l’intimazione dell’alt, e di altri ordini, probabilmente dettati in lingua italiana, incomprensibili per il cittadino afgano. .

Gli afgani, così come gli iracheni, fuggono guarda caso, anche dall’esercito italiano, che da anni occupa, con la scusa della lotta al terrorismo due stati sovrani, cercando rifugio proprio in Italia, attraverso la Libia.

Questo sterminato esercito di affamati, affamati proprio dall’ingordigia predatoria e criminale del ricco occidente, a ragione, secondo l’attuale governo, ma anche quelli passati, deve essere, se non rigettato in mare, per quanto poco, riportato nelle spiagge da cui sono partiti, in questo caso la Libia.

Non è giusto infatti, che l’Italia, dopo essersi accollata gli oneri delle spedizioni militari all’estero, sperando nella spartizione delle briciole, come un cane affamato che attende qualche boccone dal padrone, debba sobbarcarsi anche l’onere di mantenere quelli che hanno l’ardire di chiamarsi profughi, magari anche con la sfacciataggine di volere l’asilo politico ed il relativo assegno di mantenimento. Questo – a ragione – secondo il governo è un affronto insostenibile, sia esteticamente, sia economicamente.

Ma la cosa più oscena è l’interferenza, prima dello Stato città del Vaticano, che come sua abitudine è bravo ad ordinare, tramite inviti mielosamente al curaro, agli altri cosa devono fare, e poi dell’ONU, che a torto ritiene che la nuova pratica dei respingimenti vada contro il diritto internazionale. ONU e Vaticano, bravi a parole, non si accollano però nessun profugo sia a New York, nel palazzo delle Nazioni Unite, sia a Roma, magari ospitando i rifugiati tra i banchi della basilica di San Pietro – che ne potrebbe accogliere 6.000 – o dentro la cappella Visitina. Se l’Italia fosse furba, invierebbe un bel po’ di profughi oltre i confini dello Stato Città del Vaticano, visto che si becca circa 1 miliardo di euro grazi eall’8 per mille, impedendone l’ingresso in Italia, vedendo così se il Vaticano, sempre contro al relativismo, purchè non contrario al suo interesse, non farebbe di tutto per ricacciare i clandestini nel bel paese. Stesso discorso vale per quell’entità eterica, fantasma, evanescente chiamata Europa, che a parole dovrebbe essere unita, ma nei fatti, rimane divisa nella forma e nella sostanza, dove, nel caso dell’immigrazione clandestina adotta l’antico motto: “Ognuno per se e Dio – se esiste – per tutti”, lavandosene le mani ed affermando che l’immigrazione clandestina in Italia, via mare, è un affare interno del paese che deve risolverselo senza intaccare gli atri paesi dell’unione e rispettando il diritto internazionale.
Che farne allora?

Ricacciarli da dove sono giunti, no!?

Affondare le barche in acque internazionali, magari con qualche sommergibile, speronandole da sotto? I media ne farebbero uno scandalo, perché è vergognoso ammazzare civili a pochi chilometri dalla civile italia, meglio sarebbe nei teatri di guerra, ma questi disgraziati, invece di farsi, come sarebbe economicamente conveniente, ammazzare, fuggono dalla guerra, dalla fame e dalla morte.

Codardi!

C’è poco da aggiungere. I migranti clandestini non li vuole nessuno, nei paesi di transito come la Libia, nei paesi d’arrivo come Malta, che senza tanti complimenti ne impedisce l’approdo, né l’Italia, che se prova a respingerli è condannata dal cosiddetto mondo civile, lo stesso mondo civile che finanzia il nuovo colonialismo, esportando armi, guerre e aggressioni in nome della pacifica guerra al terrorismo, vede questi fuggitivi come un pericolo per l’Europa stessa, e per gli stati membri, lasciando all’ultimo pirla di turno, il cerino acceso delle rogne, che dovrebbe risolversi da sola, senza importunare gli altri partner europei e nel pieno rispetto dei diritti umani, sistematicamente violati nei regimi corrotti dei paesi di partenza dei futuri clandestini, anche con il beneplacito silenzioso ed omertoso del primo mondo.

L’Italia forse ha già fatto troppo, ed è ora che si rimbocchi le maniche, prendendo decisioni forti, anche impopolari, perché questo scempio di migranti che approdano nelle coste italiane sia fermato, visto che costa meno un siluro o un missile che non il mantenimento per sei mesi dei clandestini nei centri d’accoglienza.

Tutti i paesi industrializzati, in un modo o in un altro, devono parte del loro benessere economico anche grazie alle morti di innocenti nei paesi del terzo mondo, e per mantenere questi profitti, non bisogna piegarsi al facile pietismo se l’immigrato cerca di giungere sulle coste italiane, va fermato senza compromessi, in quanto non ci si pone il problema etico o morale se questi vengono ammazzati in patria, e quindi perché porsi il problema, se vengono eliminati in acque internazionali? In acque di nessuno?

Anche i pesci hanno il diritto di mangiare!

Marco Bazzato
17.05.2009
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giovedì 14 maggio 2009

Il divorzio di Veronica Lario, rispettiamo la privacy.


Era ora. Era ora che Verona Lario si decidesse di chiudere la partita trentennale con Silvio Berlusconi, sebbene non bisogna dimenticare che “chi di corna ferisce, di corna perisce”. Infatti, al tempo la love story tra l’allora “giovane” imprenditore rampate e l’attrice, era iniziata quando il Cavaliere era ancora sposato con la prima moglie, quindi a ben vedere, la storia, visto che “il lupo perde il pelo ma non il vizio” si ripete. Eppure oggi, non si capisce perché si parteggi per la tradita, quasi incensando – da parte del centrodestra – il fedifrago.

I duellanti hanno chiesto il silenzio mediatico, ma il premier, ottimo a smentire se stesso, non ha perso tempo, andando a difendersi pubblicamente a Porta a Porta, dove il buon Bruno Vespa, l’ha praticamente trattato con i guanti di velluto, interrompendo il premier con maggior delicatezza possibile, evitando accuratamente domande che potesse metterlo in imbarazzo.

Ci sono alcune cose da tenere presente. In primo luogo, se lo scrivente avesse azioni Mediaset le venderebbe subito, in quanto non si sa, una volta terminata la lunga partita giudiziaria, che certo non affiorerà nei media, di quanto sarà il salasso per le casse del patron di Finivest, che detiene Mediaset, e di come una volta – tra tre anni – il tutto sarà concluso, come verranno nuovamente definiti i futuri assetti azionari, in quanto i figli di Veronica, potrebbero – quasi senza colpo ferire – diventare i soci di maggioranza, dando forse anche dei calci in culo, metaforicamente parlando – ma non troppo – a Dudi, - Pier Silvio – e a Marina Berlusconi, figli di primo letto. Va detto, infatti, che forse i rapporti tra i figli dello stesso padre ma di due madri diversi, non potrebbero, in caso di contenzioso legale, essere idilliaci, perché se è vero, che essere figli di Berlusconi – di secondo letto – non necessariamente questo comporta l’ingresso nei consigli d’amministrazione, sebbene i tre fratelli, e figli di Veronica, se non dovessero litigare tra di loro, potrebbero detenere – in comune – oltre il 60% delle azioni ora detenute dal padre, proprio in base alla legge sulle successioni, il che il porterebbe a controllare, direttamente o indirettamente Finivest e la varie società da questa controllate. Questo pericolo potrebbe essere in futuro la vera spada di Damocle che pesa sulla testa del premier, in quanto potrebbe, in caso di contenzioso, il tutto potrebbe dare inizio ad un “Dallas”, della Madunina.

Rimangono tante di quelle ombre su questa faccenda, che a confronto la notte, appare come un mezzogiorno assolato, dove non si riesce a sbrogliare il primo bandolo della matassa, e cioè che rapporti ci sono, e quando sono iniziati, tra Berlusconi ed Elio Letizia, dove gli amici o i presunti tali di quest’ultimo, stanno letteralmente prendendo le distanze da lui, come se fosse un appestato, e dove tutti, escluso forse la magistratura, si ricordano di lui.

Tra questo marasma mediatico, dove il caos fa da padrone di casa, e dove l’omertà, mascherata da privacy, fa la parte del leone, l’unica cosa positiva è il ruolo di Noemi Letizia, diventata – a ragione – l’agnello sacrificale di tutte le aspiranti starlette o politicastre da quattro soldi. È divino, infatti, vederla rincorsa da fotografi e giornalisti, nascondendersi come un’appestata, dagli sguardi indiscreti, e dal giusto can can mediatico. È importante, che almeno per ora, la vita privata della neo maggiorenne, sia diventata un inferno: assalti dei media, passaggio al setaccio di ogni suo gesto, parola, peto, sguardo ammiccante e quant’altro, pur di renderla – come desiderava lei – celebre, anche se forse, questa, non era la celebrità vera a cui ambiva.

Ora, bisognerà attendere gli eventuali futuri sviluppi, senza dimenticare che comunque, indipendentemente da quanto si possa affermare, molto probabilmente i due figli maggiori del Cavaliere, non hanno mai digerito la scelta del padre, come forse, per ogni matrigna che si rispetti, non hanno mai mandato giù la nuova moglie, cambiata con una con un chilometraggio annuale inferiore di quella ritirata dal concessionario, come modello desueto e arrugginito.

Bisognerà comprendere come, in un prossimo futuro, saranno i rapporti tra i figli di primo letto, e quelli di secondo, dove – a ragione – Veronica Lario, cerca in tutti i modi di proteggere.

L’assurdità finale del premier è quella d’arrabbiarsi, gettandola in politica, se i giornali e blog chiedono spiegazioni, non su un fatto d’amicizia privata – ora di dominio pubblico – a riguardo come, quando e perché ha conosciuto Benedetto Letizia e poi la figlia Noemi che ha dichiarato, in questi giorni d’essere vergine, senza naturalmente specificare dove. Infatti, non è detto che se l’imene a tutt’oggi risulti ancora integro, non siano state usate altre vie.

Marco Bazzato
14.05.2009
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