mercoledì 30 gennaio 2008

Strage di Erba: I Coniugi Romano




Si è aperto il processo per la strage di Erba, col consueto carnevale di flash, estrazioni per 60 fortunati spettatori al dibattimento, con i consueti approfondimenti di Porta a Porta e Matrix in seconda serata, impegnati a scandagliare nella mente dei coniugi Romano: Olindo e Rosa e il loro matrimonio di sangue, che li hanno portati a massacrare con inaudita ferocia quattro persone, tra qui il piccolo Youssef.
I coniugi Romano, hanno dimostrato in un anno di reclusione, cos’è un matrimonio indissolubile, sancito da Dio e benedetto dal sacerdote. Essi rappresentano il prototipo dei vicini di casa di tutti i giorni, gli anonimi, gli ultimi. I vicini che senza figli, vivono per se stessi, per il loro piccolo mondo che li avvolge e protegge, divenendo l’apoteosi del bisogno di tranquillità e silenzio, arrivando a distruggere due famiglie, ammazzando barbaramente tre donne e un bambino, pur d’avere quella pace interiore, da anni cercata e mai trovata.

Faceva una certa impressione vederli ieri rinchiusi in una gabbia, mano nella mano, come due innamorati disinteressati all’universo circostante che ruotava attorno a loro, generando un senso di piacevole e sensuale orrore, di sottile invida nel vedere, come l’amore, sancito dal sacrificio del Sangue, come l’Olocausto comandato dal Demiurgo nelle loro menti, li abbia resi più forti nei reciproci sentimenti, come due simbionti in un avvolti bozzolo d’amore insanguinato.

Può apparire allucinante, ma innanzi a questo sacrificio reciproco, questo desiderio costante d’unione, si rimane affascinati da come la normalità quotidiana, possa trasformare due anonimi iracondi, in animali mediatici in cui l’opinione pubblica, seppur fingendo disprezzo, s’identifica.

L’odio mascherato nei confronti dei due Colombi Neri, trasudava d’invidia, perché nella loro lucida follia, i Romano, hanno aperto l’angolo buio dell’esistenza, lasciando uscire l’animalità primordiale e primitiva, ingabbiata da milioni d’anni nell’Homo Sapiens Sapiens, riportando i Romano, per alcune ore all’
Homo Habilis, facendo – forse – quello che consciamente è impensabile in un individuo razionale e controllato, ma che nell’attimo in cui il precario equilibrio dell’esistenza, momentaneamente s’infrange come un mal formato cristallo veneziano, molti negli angoli più nascosti e bui della mente umana, sognerebbero di poter fare, solo che la pressione sociale ed il retaggio culturale moderno, diverso da quello di milioni d’anni fa, non permette più di fare.

Abbiamo visto come l’animalità umana ingabbiata, oggi da come sempre, attiri frotte di spettatori armati di pazienza, desiderosi come cannibali di cibarsi della carne infetta e malata degli assassini. Si sentiva nell’aria quell’elettricità, presente da tempo immemore alle esecuzioni pubbliche dei Grandi di tempo, vedi ad esempio:
Maria Antonietta, Anna Bolena, Andrei Chikatilo e altri, diventati simboli vivi impressi a fuoco nella memoria collettiva.

Per quanto si voglia dire, il genere umano, non è cambiato e né tantomeno evoluto. L’orrore, il fetore della carne bruciata, dei corpi smembrati, dei particolari raccapriccianti di un esame autoptico di un cadavere maciullato, sebbene a parole si dice destino raccapriccio, nei fatti, attraggono come una mosca attirata da un cumulo di escrementi, prolificando, come batteri infetti, trasformando l’escremento mescolato con terra e aria, prima in letame e poi in eterico biogas da diffondere nell’aria.

È inutile nascondersi dietro al dito della bugia o della falsa retorica pietistica. Abbiamo sempre amato assassini, stupratori e genocidi letterari, tant’è che la letteratura è colma di queste mitiche figure, di questi mostri di disumana umanità senza cuore, partendo dalle fiabe, con
Grimilde, la strega di Biancaneve, Jack lo Squartatore, Dracula, Frankenstein, che in un turbinio di morte e sangue, orrore e piacere orgasmico per l’effluvio di vita altrui, che tramite la morte entra nelle nostre vene e nella psiche, portando a sentire, anche se esplicitamente non vogliamo ammetterlo, come parte creativa e attiva della distruzione entropica della vita.

Va ricordato,per concludere, come nella cinematografia attuale, l’identificazione dello spettatore col personaggio negativo, vedi ad esempio Jack Torrance di
Shining o Hannibal Lecter de “Il silenzio degli Innocenti”, portando ad amare,l’espressività del Lato Oscuro della Forza, la primitività distruttiva del genere umano, paradossalmente edificatore di civiltà codificante ed imbavagliante l’animalità presente nell’uomo.


Marco Bazzato

30.01.2008

martedì 29 gennaio 2008

Condannati a morte perché Gay


L’Iran è una Repubblica dalle forti tradizioni religiose e morali, tant’è che certi comportamenti, in troppi Paesi del radical-laicismo, considerati – per editto dell’Oms (Organizzazione Mondiale della Sanità) – come “normali e naturali”, sono punti severamente, anche con la morte, condannando quelli che secondo la Legge Iraniana e la sua religione, sono considerati degli invertiti sessuali “Nemici di Allah, e sodomiti”.

La sentenza, anche se non ancora eseguita, potrebbe far rabbrividire – in teoria – ma, non va dimenticato, che l’Iran è una Repubblica che ha democraticamente scelto i propri rappresentati, e il modo di legiferare, segno chiaro che la maggioranza della popolazione i comportamenti non eteronaturali, non sono tollerati.

D’altronde, va ricordato, che fino a poche centinaia d’anni fa, nella civilissima Italia, nello Stato Pontificio, a differenza della paradossale umanità iraniana, in quello che poi sarebbe diventato il Bel Paese, la morte era inflitta in modo più atroce: Il rogo, col condannato cosparso di finocchi per aromatizzare l’aria, evitando al clero al pubblico festoso il tanfo nauseabondo della carne – umana – alla brace.

Non va dimenticato, che secondo il calendario islamico, i Paesi musulmani, usando la datazione gregoriana, è 1427, dove negli stati cristiani, era appena iniziata l’inquisizione e lotta della Chiesa contro gli eretici.

Volendo ragionare in termini fantascientifici, le cosiddette civiltà evolute – secondo la nostra opinione, dovrebbero applicare a quei Paesi che reputati culturalmente arretrati, la
“Prima Direttiva” per non alterare la loro normale evoluzione culturale.

Va tenuto presente infatti, che nella civilissima Europa del 1400, si è dovuto attendere l’
illuminismo, e la conseguente corrente massonico-filosofica, portante per opposto ad una radicale distruzione dei valori fondanti della famiglia, e della normo-eteronaturale evoluzione umana e culturale, con tutti i drammi correlati, vedi il prossimo Festival di Saremo, dove Anna Tatangelo canterà una canzone scritta da Gigi D’Alessio, dedicata all’”Amore Gay” , tant’è che se un visitatore straniero, illuminato, si fosse recato nell’Europa del 1400 e oltre, avrebbe avuto da sbraitare per secoli, prima di veder accettato, o imposto militarmente, come spesso accade, un presunto pensiero evoluto.

Le teoriche rivoluzioni culturali, non possono avvenire per influenze, spesso nefaste, esterne, ma bisogna lasciare che un popolo, una cultura, una religione si evolva secondo i suoi tempi e modi, facendo si, che il cambiamento parta dal basso, dal popolo che chiede, anche a costo di feroci guerre intestine interne, il cambiamento, perché se i mutamenti sociali, avvengono per imposizione esterna, e i Paesi come Iraq e Afganistan sono un esempio, fanno fronte comune ribellandosi con tutte le loro forze agli invasori.

Non va dimenticato che anche nella Cina Comunista attuale, dove l’imprenditoria mondiale si affanna ad entrare in quello che fino a pochi anni fa era considerato un mercato emergente, è dovuto avvenire il massacro di
Tiananmen, perché il regime allentasse un po’ la presa sul popolo, non perdendo l’abitudine di mettere a morte i nemici del popolo, facendo pagare alle famiglie il costo del proiettile, senza che le organizzazioni umanitarie, sovvenzionate spesso da Stati e multinazionali, alzino troppo la voce, per paura che il Paesello da oltre un miliardo di abitanti, e con un regime, che più rosso non si può, tagli i lucrosi contratti, anche di moltissime ditte di Moda Italiana, ma non solo, che da anni hanno delocalizzano, facendo sfruttare, tramite consociate di diritto cinese la manovalanza mal pagata e spesso schiavizzata, tant’è che nel ricco “Paese di Mezzo” secondo la traduzione ufficiale, patria della rivoluzione del pedofilo di Mao Zedong, secondi i dati – teorici – vista la difficoltà di reperimento, in quanto le “buone” abitudini comuniste, sono dure a morire, ammontano a circa 3.400, con nessun pacifista arcobaleno con la falce e martello, vada a protestare sotto qualche ambasciata o consolato cinese, in quanto Business is Business e Money is Money, e decantati diritti umani, possono tranquillamente finire sotto i tacchi, ma soprattutto che nessuno si azzarda, al giorno d’oggi a definire: Regime la Repubblica Popolare (comunista) cinese, come la Repubblica Islamica Iraniana.

Creare una questione illuminista di presunte violazioni dei diritti umani in Iran, mentre è solo un mero problema di politica internazionale, di pressione per motivi di strategia geopolitica, puzza di zolfo ed ipocrisia, non perché interessi il destino dei 6 omosessuali condannati a morte nel 2007, ma per continuare la pressione, per appropriarsi dei giacimenti petroliferi iraniani, e perché da tempo l’Iran ha chiesto il pagamento delle forniture petrolifere, non più in dollari, sempre più a picco e quasi carta straccia, ma in Euro.


Marco Bazzato

29.01.2008

lunedì 28 gennaio 2008

Campania: Emergenza rifiuti finita!



L’emergenza rifiuti finalmente è finita. Molti sostengono, che continuare a soffiare sul fuoco della polemica, della protesta, della rivolta, sia una cosa che appartiene al passato.
La Campania dovrà adattarsi non a vedere il dramma della spazzatura che appesa la regione come un’emergenza costante, ma come una naturale ed inevitabile normalità, uno Status Quo che non può – per mentalità - essere modificato, come un soggetto che scopre d’essere sieropositivo e sa d’essere spacciato, o come una persona che si scopre omosessuale, dove secondo il pensiero comune, si dice essere irreversibile.
È acclarato che la regione, Napoli e provincia soprattutto, dovrà adattarsi ad una lenta ma inesorabile agonia, tant’è che molti sostengono che la situazione è da coma vigile o da cancro allo stadio terminale e allargando le braccia sconsolati, dichiarano, r a denti stretti che non c’è nulla da fare.

I roghi propiziatori dell’immondizia appiccati dai cittadini aumenteranno, come nella medicina del passato, quando il medico applicava salassi, nella speranza di purificare il moribondo, portandolo alla morte.

L’Italia tutta, ma non solo, ha preso atto che ha un organo malato, un organo, che come un intestino costipato, poi soggetto a rantoli e scariche diarroiche, non vuole esserne intossicato, tant’è che anche la Germania, prima amica accogliente – a pagamento – dei rifiuti campani, ha iniziato a rimandare al mittente le “Ecoballe” o “Ecotesticoli” ricolmi di fetido pus.

La regione dovrà adattarsi all’emorragia costante di turisti, all’agonia sempre più rapida, fino al collasso finale, e relativa morte sociale, e i suoi abitanti, dovranno sapersi adattare a vivere, come avviene in molte megalopoli del Sud Est Asiatico, dell’America Latina o dell’Africa Sub Sahariana convivendo e accettando pacificamente cumuli di rifiuti, le relative malattie virali e tumorali, dove la maggioranza dei cittadini italiani, alzando le spalle e sottovoce e a denti stretti spesso si mormorano:

«Visto? Si sono adattati. Possono vivere tranquillamente, andare a scuola, studiare, e fare la loro vita normale», continuando a raccogliere i rifiuti, e dividendoli come da prassi consolidata da anni, per la raccolta differenziata ed il riciclo.

A ben guardare, hanno poco da lamentarsi. In 15 anni, hanno sempre atteso che altri togliessero le castagne dal fuoco, facessero pulizia nelle strade, facendosi carico dei loro malanni, sperando nell’eterno aiuto del governo nazionale, scaricandosi le colpe vicendevolmente. Eppure, nell’era della comunicazione di massa, d’Internet, dell’informazione in tempo reale, nessuno di questi saccenti, iniziando dai Presidenti di Regione, fino a tutti i Commissari Straordinari, che si sono succeduti – De Gennaro, per ora escluso – ad andare a vedere, o informarsi su come si comportavano le altre regioni, dimostrando, come livello e volontà politiche ed organizzative, d’essere rimasti fermi come mentalità e modalità d’agire, al paleolitico.

Anche la Chiesa, si è accorta, dopo lustri di sonno della ragione, che la Campania è sommersa, iniziando a spronare i fedeli a fare la raccolta differenziata? Ma prima, non sapevano che c’era questo problema, e questa mentalità da cambiare? Come ministri di Dio Onnipotente, dovevano capire da tempo, il messaggio divino proveniente dal Cielo, che come l’angelo sterminatore dell’Apocalisse, annunciava le rinnovate piaghe d’Egitto e l’arrivo dell’Armagedon che avrebbe trasformato la Regione in un’immensa Geenna?

Scordiamoci l’inventata emergenza rifiuti Campana, è una leggenda metropolitana dei cattivoni del Nord Italia per rubare i turisti, che farebbero volentieri un cordone sanitario, mettendo la regione in quarantena, isolandandola da cielo, terra e mare lasciandola vivere, agonizzante di vita e morte propria, lavandosene – giustamente – pilatisticamente parlando le mani, lasciando che natura, topi, virus e le epidemie, facciano il loro naturale corso.

Finalmente, dopo decenni l’emergenza campana è finita. La loro diversa normalità è tornata, e tutti vivranno felici e contenti tra i loro rifiuti!

Marco Bazzato

28.01.2008

domenica 27 gennaio 2008

Dimenticare o non ricordare la Memoria


Anche quest’anno è arrivato il 27 Gennaio, col consueto carico di commemorazioni retoriche, frasi fatte, e ripetizioni, che da tempo hanno stancato gli ascoltatori, come il romanzo “La Nausea” di Jeaan Paul Sartrè.
Quest’anno, almeno in minima parte, agli studenti sono stati risparmiati, i consueti compiti, ripetizioni stancanti degli eventi accaduti il millennio scorso.

Il giorno dell’”amnesia” del non ricordo, del non m’interessa, è molto più vicino al cuore di centinaia di milioni d’Europei e di decine di milioni di italiani, più di quanto non possa effettivamente interessare a non più di qualche milione di Europei nell’unione.

In tutti gli Stati membri, come una scossa elettrica, eterocomandata, Capi di Stato, Presidenti del Consiglio e ministri vari, saranno costretti a tenere, quello che da decenni, è bene o male sempre il medesimo discorso aggiornando la data. È una minestra riscaldata, una polenta da tempo seccata sotto l’incidere della storia e degli eventi – nefasti – che si sono susseguiti.

A chi, oltre a quanti sono costretti a fare dichiarazioni pubbliche in codesta data, interessa questa memoria? Ai politici? Che nemmeno ricordano le menzogne dette i giorni precedenti? Ai giovani? Più interessati ad una sana scopata, o ad una pista di coca? Ai professori ed insegnati, che da anni, per obbligo ministeriale, sono costretti a riguardarsi e far rileggere fino alla barba bianca “Se questo è un uomo” o "Il Diario di Anna Frank":
C’è poco da piangersi addosso, è ora di guardare avanti, non perdere tempo con eventi passati, dove per poco, saranno vivi, superstiti ottuagenari, che come vecchi nonni, ripeteranno, sino all’ultimo grammo di senilità, la solita litania.

D’altronde è già successo con i combattenti della I Guerra Mondiale, quando, nonostante se acciaccati, ancora arzilli per raccontare, per dire, per far sognare la Battaglia del Piave, vinta.

Ma tutto muore, impolverandosi per sempre. Tutto muore, come i vecchi partigiani, venendo – giustamente – poi dimenticati, decadendo, fortunatamente, nell’oblio del nulla, anche se oggi, rispetto ai secoli scorsi, complice la grancassa mediatica, compiranno il possibile, per farci ingurgitare cibi, ricordi, esperienze altrui, che abbiamo il sacrosanto diritto, né di ascoltare o ripassare. Film, dibattiti,conferenze e parole gettate al vento, rimosse, dimenticate e lasciate cadere nell’oblio, dopo esser state pronunciate.

Anche oggi, anche questa sera, le ennesime repliche di film, documentari, volti, storie vere e romanzate, racconti ripetuti, che invece ad aiutare a ricordare, sono un toccasana per allontanare, rimuovere, lasciare andare, far morire di morte naturale i neuroni disinteressati a questo – ormai – millenarismo arcaico e passato.

Ancora pochi e, questa commemorazione, non sarà altro che l’ennesima pagina ingiallita nei libri di storia, commemorazioni svuotate d’ogni presenza civile, musei, sparsi per il continente, diverranno cimiteri abbandonati, invasi da fantasmi di volti, nomi, persone trapassate.

Alcuni dicono che è un obbligo preservare la Memoria. Certo, se questa non fosse fine a se stessa, se questa Memoria preservata, fosse funzionale al non ripetersi di tali eventi, anche in forme, modi, o giustificazioni differenti, che nella sostanza causano gli stessi dolori, le stesse morti, gli stessi campi di reclusione a cielo aperto, a patto che questa Memoria non sia usata per istillare colpe collettive inesistenti, ricadenti come macigni morali sulle generazioni nate dopo quei tragici eventi, costrette a scusarsi per errori, crimini o reati, che non sono né loro, né tantomeno dei propri genitori. Colpe inculcate, come una nuova sorta di Peccato Originale, che non può essere cancellato con un battesimo purificatore, attaccate nell’anima e nella psiche come un peccato eterno.

Le eventuali colpe, secondo il diritto nazionale ed internazionale, sono esclusivamente personale, mai collettive, dove, i singoli, i mandanti morali o ideologici ed esecutori materiali, sono gli unici a cui deve essere imputata la condanna sociale, penale e civile dei fatti compiuti, perché il peso di queste atrocità, non deve mai ricadere sui figli, sulla società tutta, pena l’annientamento stesso delle singole coscienze individuali, che verrebbero trasformate in coscienze collettive pubbliche, colpevolizzate politicamente e/o moralmente di eventi mai commessi.

Per fortuna, trent’anni al massimo, e poi, come già avvenuto per la I Guerra Mondiale, e come avverrà, tra qualche decennio,per la II Guerra Mondiale, e poi finalmente, questo, diverrà patrimonio esclusivo degli storici più eruditi. A tutti gli altri, come da sempre, basterà il presente, e forse, una vaga idee, confusa ed indistinta sul futuro prossimo venturo.

Marco Bazzato

27.01.2008

venerdì 25 gennaio 2008

Il Governo è morto!


Il pargolo, povero piccolo paffuto è morto. Morto nella culla, soffocato da un rigurgito interno di una giustizia colpito dalla giustizia stessa, morto, anche se aveva compiuto appena diciotto mesi, ma pochi lo piangono, molti sorridendo lo percuotono, ballano e cantano, come se il Paese si fosse liberato da una malefica jattura. Lo hanno affossato, tradito e crocefisso, come nemmeno Giuda nei Getsemani, seppe tradire con cotanta freddezza.

Si sono avventanti sul cadavere dell’infante ancora caldo. Si sono avventanti sul piccolo corpo, calpestandolo senza ritegno, trattato come il serpente nell’Eden, la cui testa venne schiacciata, come un pesce rancido, puzzante dal Capo, il tanfo è fetore era diventato nato nauseabondo.

Non ci saranno funerali, fanfare e bandiere. Non ci saranno militar silenzi a scandire l’ultimo viaggio verso l’ignoto luogo di sepoltura, in attesa di resurrezione che nessuno, dai tempi della s-vendita dell’Alfa Romeo, e altre agonizzanti di Stato, che come l’ultimo morto, sono implose dall’interno, come se avessero ricevuto un colpo segreto dal Divino Maestro di Hokuto.

Nessuno piange, ma tutti soffriranno ancor di più, non per precoce dipartita, ma perché dopo il biennale salasso familiare, con uomini, donne, e famiglie impoverite, la nuova tempesta cadrà sul capo d’ognuno per pagare lo sbraitare inutile e vuoto del presunto futur vincitore.
Da anni, come la “Munnezza” napoletana, siamo un Paese governato da morti fermentati, un Paese, dove i “Sancio Panza” sono figli dei mulini a vento, parlano, parlano, distribuendo ad amici degli amici regali e prebende, sfruttando, pretendendo, chiedendo, inchinandosi e prostrandosi ai forti e violento e potente coi deboli.

Tra poco, un nuovo pargolo nascerà. Nascerà tra le macerie dell’infante appena sepolto, sulla tomba dell’impubere defunto, come un novello conquistatore, un Magno Alessandro, un Piccolo e paffuto Napoleone plutocrate, prendendo il potere, il comando della barca alla deriva, del transatlantico, pronto a solcare i sette mari, portandosi appresso le carestie passate, i dolori e rifiuti ammucchiati, ricercando una nuova discarica, creando nuove colline d’infausti frutti venefici.

Tutto come e peggio di prima. Nessun nuovo Eletto potrà guidare la barca alla deriva delle correnti verso un porto sicuro, verso un porto accogliente che saprà ridare prosperità e benessere.

Lacrime e pianto, fame e disgrazie, tumulti e picchetti, manganelli calati sui capi degli affamati di verità e giustizia reclamanti il pane, nuovi Signori, s’affacceranno all’orizzonte, padroni sconosciuti delle nostre vite, solcheranno il cielo con frecce infuocate, nuovi Signori dei nostri destini, condurranno gaudenti il Paese all’abisso.

Dio, secondo alcuni è morto, secondo altri, veglia dormiente sui nostri capi, lasciando il mondo, lasciando il Paese al tristo destino, attendendo la nuova rivolta, attendendo l’ennesimo bagno di sangue dei derelitti.

Il radioso futuro nascerà morto, senza speranze, certezze e virtù. Nascerà al capezzale di centinaia di medici neri, che con arcani riti Vudu, maledendo la nascita, perchè segno infausto di nuova Apocalisse, pronti a soffocar l’infante in fasce.

È già alba nera di rinnovate sventure, alba infausta d’un levarsi di sole morente della Costituzione violentata, stuprata, vituperata e calpestata, resa Magna Carta Straccia dai veti crociati, di governi ombra e balneari, di divergenze parallele, e ribaltoni.

Ad essa il popolo 12 lustri fa guardava con speranza, per sollevarsi da una guerra infingarda e bastarda, ad essa gli umili, gli ultimi, i poveri erano portati a credere, come Dogma di una Nuova Laica Legge divina, scesa dal Cielo e scritta dall’uomo. Ma tutto è andato perduto, calpestato e dimenticato, lasciato marcire ed ammuffire, come il frutto abortito d’una madre snaturata, copulante non per generare nuova vita, ma per far rigettare e raschiare il frutto indigesto al ventre, di quell’essere lei crescente.

È morto, tutto è morto per sempre. Sepolto da decenni in suolo sconsacrato dagli italici politici. È morto, rigettato, già sepolto tra le ennesime pagine ammuffite d’un Italia decadente e decaduta. È morto e ieri, come oggi e domani, l’italiano non ha più fiducia nei nuovi vecchi che verranno, perché, come il pargolo appena ucciso, era nato, nascerà domani e sempre vecchio e moribondo.


Marco Bazzato

25.01.2008

mercoledì 23 gennaio 2008

Adozioni Gay: No Grazie
















Cronaca di un suicidio annunciato


Roma, 25 gennaio 2020


Sono passati dodici anni da, quando una sentenza dell’Unione Europea, ha imposto alla Francia d’accettare all’interno del suo ordinamento le adozioni da parte di coppie, o singoli omosessuali, di minori, costringendo anche l’Italia d’adeguarsi.

Mario, nome di fantasia, avrebbe compiuto sedici anni il prossimo febbraio, ma si è tolto la vita. Da tempo, l’adolescente, denunciava, ai servizi sociali, il profondo disagio interore, dettato dalle condizioni di vita della persona che lo ha adottato: un omosessuale dichiarato, che assieme al suo compagno, avevano, dopo la sentenza Europea del Gennaio 2008, ricevuto il bambino.

Il piccolo, fin dai primi tempi, non aveva mai accettato la sua nuova “famiglia,” dando precoci segni di nervosismo, che avevano iniziato a manifestarsi durante il primo anno della scuola elementare. Le maestre segnalarono più volte ai servizi sociali i disagi del bambino, ma questi – nascondendosi dietro l’ufficialità dell’Oms a riguardo l’omosessualità – hanno sempre imputato il comportamento aggressivo del bambino, alla non accettazione da parte dei compagni della sua situazione familiari.

Nascoste sotto la promessa di anonimato, molte insegnanti, hanno dichiarato che Mario più volte ha aggredito i compagni, spinto dalla rabbia nei confronti dei genitori – anche adottivi – eterosessuali degli altri bambini.

Il piccolo, anche agli assistenti scolastici, aveva dichiarato tra le lacrime, che non capiva perché doveva vivere e vedere la persona che lo aveva adottato in atteggiamenti affettivi con un altro uomo. Molti psicologi interpellati, affermarono che il bambino soffriva d’omosessualità latente, e aveva paura d’esprimerla, per questo faticava a ad accettare la situazione affettiva della persona adottiva.

Nel corso degli anni, la situazione anziché calmarsi, era diventata più ingestibile, e la stessa persona che lo aveva adottato, più volte convocato, imputò all’omofobia – presunta – dei compagni, che invece d’aiutare il piccolo ad inserirsi nel gruppo, continuavano a plagiarlo, spiegandogli quanto buoni e bravi fossero i loro padri e le loro madri eterosessuali, non solo biologici, ma anche adottivi.

Una psicologa indipendente, nel corso degli anni, s’interesso, in una sua ricerca, dei casi di suicidio sui ragazzi adottati da singoli o “coppie” omosessuali, i dati – che nessuna rivista di psicologia e psichiatria, o medicina ha voluto pubblicare – dimostrano in modo inequivocabile, che il tasso dei suicidi, cresce in modo esponenziale, tra gli adolescenti dati in affido, o in adozione a singoli o “coppie” non eterosessuali.

Le associazioni Gay, fecero pressione per bloccare la pubblicazione di ogni ricerca che andasse contro la loro lobby, trincerandosi dietro la sentenza dell’Unione Europea, che aveva condannato la Francia, all’obbligo di adozione da parte di singoli, o “coppie” non eterosessuali, altrimenti sarebbero andati contro i diritti fondamentali dell’Uomo.

Balza all’occhio per paradosso, è che l’unione Europea, l’Italia compresa, ha da decenni ratificato la Dichiarazione Universale dei Diritti del Bambino ma, nessun’associazione né di psicologia infantile, né di psichiatria pediatrica, ha mai avuto né il coraggio, né la forza politica, di proteggere l’integrità psicologica dei bambini dagli esiti nefasti, per le psichi di bambini ed adolescenti, costretti dalle leggi senza cuore dell’Unione Europea a vivere senza l’adeguata presenza della figura paterna e materna anche se adottiva.

È particolarmente toccante la lettera che l’adolescente ha scritto prima di togliersi la vita. Il nostro giornale ne è venuto in possesso pochi giorni fa, ma la nostra redazione, ha subito forti pressioni censorie affinché essa non venga data alle stampe. Noi, non piegandoci alla logica censoria, vogliamo che i nostri lettori possano leggere l’appello straziante del giovane e la sofferenza che egli ha patito, affinché simili gesti non accadano mai più.


Caro Mondo,

non posso dire né cari mamma e papà naturali o adottivi. Il primi, perché non gli ho conosciuti,i secondi, perché adottato da un uomo, che viveva con ad un altro uomo che credeva d’essere una donna.

Fin dal primo momento che sono entrato in questa “famiglia”, mi sono sentito a disagio. Certo ero piccolo, ma capivo che quelle persone non avrebbero potuto essermi padre e madre. L’uomo, sebbene buono e affettuoso, non mi ha mai dato un abbraccio paterno, e anche il suo compagno, che pensava d’essere una donna, non poteva darmi psicologicamente quell’ amore, che solo una madre – vera donna, non importa se biologica od adottiva – avrebbe saputo donarmi.

Ho cercato di far capire che soffrivo, ma le maestre prima e i professori poi, dicevano che lo facevo per attirare l’attenzione, e l’uomo, impostomi come “genitore innaturale”, che mi ha preso con se, scaricava le colpe sui miei compagni di scuola, che mi emarginavano perché loro avevano dei genitori, naturali o adottivi, eterosessuali, per questo – secondo lui – facevo i dispetti, o a volte picchiavo ragazzi, sia e ragazze.

La verità è un'altra. Io non ho chiesto, né mai voluto essere adottato da un uomo che vive con un altro uomo. Io, anche se non ho conosciuto il mio vero padre e la mia vera madre, ma avevo sempre desiderato una famiglia normale, che mi amasse, magari con dei fratellini, però i Grandi, gli adulti, che pensano solo da adulti, e mai da bambini, ragazzi o adolescenti, hanno dogmatizzato, legiferando, che secondo la Legge dell’Unione Europea, doveva essere giusto non per il bambino, ma per l’uomo adulto, discriminandomi e ghettizzandomi, per colpe non mie, il futuro.

Ho passato serate a piangere, con la testa sotto il cuscino, sognando l’abbraccio di una mamma, il calore di un suo sorriso, non quella barba, sempre mal fatta, del compagno – che si pensava di poter essere donna e madre – della persona che mi ha adottato.

Questi poi,volevano che li chiamassi papà e mamma, ma nessuno dei miei amici, o dei miei compagni di scuola, ha ma una mamma con le sembianze fisiche di un uomo, oppure volevano che li chiamassi, se mi faceva sentire più a mio agio, papà e papà, ma anche in questo caso, nessuno che io conosco ha due papà che vivono “assieme” nella stessa casa.

Non sono vissuto in una “famiglia” normale,, anzi non ho proprio vissuto una vita normale. Ho vissuto in una casa, con due uomini, che per loro ammissione, quando parlavano tra di loro – credendo che non li sentissi – dimostravano tutto il disprezzo per la donna, a volte anche per le loro stesse madri che li avevano messi al mondo. Ed io vendendo con quanto amore gli altri bambini erano circondati da queste donne stupende, mi faceva arrabbiare ancor di più.
Ho sofferto pesi, condanne e colpe indicibili per sedici anni, portandomi una croce, che altri mi hanno imposto. Non ho rancore nei confronti dei miei genitori biologici che non mi hanno voluto, che mi hanno abbandonato e rifiutato, forse avevano ragioni che non conosco per comportarsi così, per questo li perdono. Ma, non posso perdonare uno Stato, un Unione Europea, che mi ha costretto a vivere da diverso, che mi ha imposto una “famiglia” falsa, innaturale, inesistente in natura, una famiglia morta, ancor prima di veder la luce perché senza speranza di futuro e d’evoluzione.

Lascio questo mondo, questa vita miseramente e dolorosamente vissuta, facendo esattamente quel che ogni “famiglia” omosex fa a se stessa:la morte personale e sociale dell’individuo. Me ne vado da questo mondo, senza nessun odio o rancore, verso chi mi ha cresciuto, ma pongo fine alla mia vita, odiando e maledicendo quanti, in nome dei diritti dell’Uomo, si dimenticano, o non vogliono vedere, che prima dei diritti dell’Uomo vengono sempre i Diritti del Bambino, e sapendo di non aver vissuto come bambino, non voglio vivere come uomo, per diventare, come quelli che hanno dichiarato la mia morte psicologica, familiare e sociale.

Addio madre e padre, genitori naturali sconosciuti. Spero di incontrarvi nell’altra vita, dopo la morte, se questa – secondo una fede che ho sempre cercato, ma non ho mai trovato – vita esiste.

Mario



Marco Bazzato

23.01.2008

domenica 20 gennaio 2008

Il Campanile: Sfacelo Italico

Siamo da tempo al capolinea. Il Paese, a differenza di altri Stati, non solo europei, anziché avanzare, arretra a velocità vertiginosa, che non lascia scampo a nessuno, travolgendo i cittadini, illustri e non, come una slavina, che nemmeno la mitica Valanga azzurra, ha saputo fare.

Da anni,, l’annoso problema – normale – dei rifiuti campani, come una discarica intestinale, tiene incollati i campani al proprio fetore escretivo, e il lezzo dell’indifferenziata raccolta ha iniziato a raggiungere i pieni alti della politica, non solo regionale, ma anche nazionale, e le magistrali cannonate della giustizia, hanno travolto, a mastellate d’acqua fetida in faccia, il ministro viaggiator di Stato a scrocco, e la sua Sacra famiglia Unita.

Col Paese stretto nella morsa della povertà galoppante, i cittadini esasperati, sognano un ritorno al tintinnar di manette, sognano, come Rambo, dopo Rambo II Rambo III, il ritorno d’un Rambo IV, che come un Giustiziere della Notte, spazzi via nell, a forza di avvisi di garanzia, una classe politica che non decide, una politica, che preferisce il parlare al sfare, che preferisce, come un malato in terapia intensiva, in coma irreversibile, la sopravvivenza vegetativa, anziché una sana eutanasia, che liberi il Paese dall’agonia a cui è sottoposto da decenni.
È inutile nasconderlo, ma il popolo gode, come un coniglio infoiato, quando un potente cade, gode. Gode come un adolescente che riceve estasiato il primo gioco fallace di membro, magistralmente lavorato dalla liceale mignottina, presente in ogni istituto superiore. Il popolo ha goduto, quando Il Campanile è caduto, la gente ha goduto prima nell’ascoltare i rombi di tuoni funesti, le nubi provenienti da levante e ponente, il tintinnar di manette, il salato mieloso sapore di lacrime scendenti dai presunti – fino a prova contraria – innocenti. Il popolo, prima come col tiro al grassone, non vedeva l’ora d’abbattere il panciuto, ed ora, che egli è agonizzante attende l’esalazione dell’ultimo respiro, indignandosi quando il lardoso, cerca di rialzarsi, imponendo, come moneta di scambio avvelenata, il politico sostegno, pena la caduta generale d’ogni velleità di potere.
Da mesi godiamo non solo del disastro campano, da mesi, come sadici virologi militari, amanti giocosi delle armi di distruzione di massa, attendiamo che l’epidemia di colera esploda, spazzando viva il disastrato napoletano, di ove in casa propria nessun vuol accogliere il rifiuto e fetore.
Siamo al disastro, al baratro e l’abisso, come una nave alla deriva, ove anche i topi fuggono spaventati. Siamo un Paese retto da cadaveri deambulanti, retto da una stirpe immortale, che si rigenera e ricicla e, come un cancro impazzito, e che alla fine condurrà il all’incivile morte civile.
Non abbiamo presente, non abbiamo futuro, non abbiamo certezze che esista il nuovo giorno, non abbiamo speranze e gioie e, l’unica cosa rimasta, è il godimento della caduta dei potenti.

I nefasti pensieri sono l’unico cibo degli spiriti defunti, uniche certezze in questa lenta e affamante agonia che uccide padre, madre e figli Da tempo, abbiamo bisogno – come vampiri – di sangue altrui per sopravvivere, del nettare, uscente come una linfa avvelenata dalla sofferenza di chi prima appariva intoccabile, inarrivabile, abbiamo bisogno di colpevoli, veri o presunti, di colpevoli, sbattuti e scannati come maiali al macello sulle pagine politiche di cronaca nera.
Il popolo affamato è stanco,il popolo assetato, cerca vendicante giustizia, brama cataste e catastrofi politiche, desidera, come una gravida, assalita da voglie marchianti il feto, la luna, la ghigliottina, il carcere e la consunzione degli affamanti, la distruzione dalle fondamenta di un potere da decenni, putrefatto e maligno.
L’amore è merce marcia, la solidarietà è una venefica illusione distruttiva, la vita del semplice, dell’ultimo, del reietto impoverito dall’ingordigia dei Grandi nani, brama rivalsa, brama un ritorno buio di una giustizia spettacolo, di una gogna mediatica che distrugga le presunte certezze degli Eletti.
Siamo un Paese da rifondare, non dalle fondamenta, non dalle radici, ma dall’humus che dovrebbe concimarlo, oggi da decenni, fetido e rancido, malato.
Il nostro però, è solo il sogno dei dormienti, dei nuovi liberi schiavi del XXII secolo, dell’immondizia umana, secondo la disumana politica, inutile e servile, da sfruttare e gettare, in mezzo alla strada, come l’immondizia Campana, come un Campanile infetto, sorretto dal nulla, tanto prima o poi, qualche idiota si farà carico, nel portarsi a casa propria letame e sporcizia altrui, permettendo così che tutto continui come prima, e che il cazzeggio continui ad essere banale normalità di vita vuota e nulla facente.


Marco Bazzato

20.01.2008

giovedì 17 gennaio 2008

Il Papa censurato?



Continua la polemica politico-religiosa sull'ipotetica caccita del Papa dall’apertura dell’anno accademico dell’università alla Sapienza di Roma, andando a tirare in ballo,la presunta mancanza di libertà, nei confronti dell’Imperatore Vaticano, usando come pretesto banale che il presunto terrorista Iraniano – secondo la propaganda guerrafondaia americana – il presidente della repubblica Mahmoud Ahmadinejad, ha tenuto lezione alla Columbia University il 25 settembre del 2007, spacciando gli Stati Uniti come una democrazia perfetta. Sarebbe interessante vedere, se gli americani dovessero sorbirsi, come in Italia, l’invasione mediatica di un Capo di Stato straniero, come minimo ogni domenica, tra le notizie dei telegiornali, non solo con notizie in studio, ma anche con inviati sul posto Probabilmente quasi 2000 anni di pazienza, stanno arrivando al pettine.

Non va dimenticato che poche settimane fa, è stato in visita ufficiale il Dalai Lama, ma la nostra cara politica – quasi – sempre genuflessa a 90 gradi, per farsi perdonare un’inesistente offesa al Papa, visto che ha rinunciato di sua volontà, facendo perdere agli italiani, la gioia di veder manganellati – a sangue – qualche centinaio di facinorosi, è fuggita, davanti al capo religioso Tibetano, per non offendere la Cina, amica degli studenti – 15 aprile 1989,piazza Tienanmenn docet, che con umanità comunista, l’ha trasformata in macelleria di carne umana a cielo aperto – inventansi fasulle visite continue al cesso, vaginiti, emorroidi, attacchi di tibetanofobia, pur di non offendere l’amato-odiato partner commerciale cinese, che invade i mercati di mezzo mondo con le loro paccottiglie di scarsa qualità, ma che anche gli italiani, sono costretti ad acquistare, visto che il parlamento ed il governo è coeso solo quando si tratta d’aumentare le proprie prebende, tutti gli altri, possono pure finire in povertà. Quando lo stomaco è vuoto, pensano, forse non si rivolteranno, e come tante Marie Antoniette, credono che se il popolo non ha pane, può magiare brioches. La fine però di questa nobil vacca, per fortuna la conoscono tutti. Crepata per una “segata” al collo.

I fautori del clericalismo partigiano, usano la baggianata che nel mondo i cattolici sarebbero circa un miliardo, come se questi, attendessero l’angelus domenicale incollati – via satellite – alle tv pubbliche e private italiane. Ma lo immaginiamo uno zulù cattolico che interrompe la caccia domenicale, per cibarsi il discorsi del papa in italiano? Come se tutto il miliardo e rotti di cattolici sparsi nei cinque continenti, non dico parlassero, ma almeno capissero l’italiano accentanto tedesco del panzer bavarese.
La verità, e qui aveva ragione Marco Pannella, mercoledì a Porta a Porta, è che siamo un Paese, dall’estero, considerato sotto ciabatta della teocrazia cattolica. Uno del luoghi comuni più diffusi, su di noi, dopo mafia, camorra e mondezza napoletana, spalata spalmata come fosse letame all’estero, vedi Sicilia, Sardegna o Germania, è che siamo una nazione di Cattolici devoti, e pensano che seguiamo come rincitrulliti, gli insegnamenti di Santa Vaticana Chiesa, che non si commetto aborti, divorzi, e le chiese sono piene, solo perché vedono qualche immagine della Basilica e di Piazza San Pietro, in occasione delle benedizioni Urbi et Orbi.

L’Italia e l’italiano medio, vive in una sorte di provincialismo megalomane, dove crede che tutto ruoti attorno all’Italia, e anche le immagini degli studenti cattolici alla Sapienza imbavagliati, degli studenti di Comunione e Liberazione, che all’udienza del mercoledì, scandivano lo slogan “Libertà” hanno mostrato un fanatismo bieco, becero e pericoloso, fomentando ancor di più il luogo comune della Teocrazia Vaticana; cos’ come quei quattro “straccioni” lasciati fuori dall’Università – meno di centinaio di esagitati – hanno trasmesso l’idea di un Paese spaccato in due, ancora diviso tra Guelfi e Ghibellini .
Nell’assurdo, l’errore od orrore di fondo l’ha creato il rettore dell’università con un invito inappropriato, che ha fatto rivivere al Paese, seppur in forma meno virulenta e violenta, i fantasmi della contestazione studentesca del ‘68 e della metà degli anni ’70, rimediando – ma tanto ormai ci siamo abituati – l’ennesima figuraccia internazionale, dimostrando che il laicismo di poche frange fanatiche, seppur con degli sani punti di verità, ha avuto la forza di imbavagliare la libertà di parola ed espressione, dando l’immagine non di un Paese libero, ma paradossalmente illiberale e nemico, proprio per assurdo, del libero pensiero di Giordano Bruno memoria.
Questa tensione, religioso culturale, negli anni a venire, è destinata ad aumentare – sempre che il Papa, per gioia dei francesi non torni ad Avignone, o in altri Paesi che sarebbero felici d’avere dentro il loro territorio lo Stato Città del Vaticano – l perché il Paese e gli italiani in generale, anche se la maggioranza, di fatto il cattolicesimo ed il cristianesimo lo conosce per sentito dire, lo applica integralmente quando è ora di lavarsi la coscienza innanzi ad un confessore, m all’atto pratico, è molto più laicizzato e secolarista, di quanto abbia il coraggio d’ammettere, e si spaventa come se credesse ancora nella favola del fuoco della Geena, la discarica dei rifiuti dati alle fiamme fuori dalle porte di Gerusalemme, e divenuta metafora per costruirci sopra 2000 anni di fiamme infernali, mentre l’Italia, ha già la sua Genna quotidiana, il suo inferno, e non metaforico, ma puzzolente come la diossina emessa dalle immondizie non raccolte in Campania.
Per fortuna che questo disastro annunciato, che ha sputtantato, l’Italia nel mondo, sia per fortuna passato in secondo piano, grazie prima al no del Papa alla Sapienza, e le dimissioni del Ministro della Giustizia, hanno graziato il Paese dall’occhio fetido delle tv che hanno capito, che per farsi un po’ di grasse risate, basta fare dei servizi sui vizi pubblici italici.

Marco Bazzato

17.01.2008

martedì 15 gennaio 2008

Il Papa e la Sapienza



La visita di Benedetto XVI all’università la Sapienza, fondata da Bonifacio VIII nel 131, considerata la più grande d’Europa, ed una delle prime al mondo per numero d’iscritti. La visita non va giù ad uno spaurito numero di rivoluzionari giacobini, guidati da un numero sparuto di 67 professori, che anticipatamente contestano la visita dell’imperatore teocratico dello Stato Città del Vaticano, invitato dal Rettore a tenere un discorso durante l’apertura dell’Anno Accademico.

Evidentemente il “papen” dall’accento di un panzer teutonico non piace, sono infatti ancora vivi nella mente di molti, la figuraccia universale rimediata all’Università di Ratisbona durante la Lectio magistralis tenutasi il 12 settembre 2006, e che ha fatto incazzare un bel po’ di musulmani, per l’alto esempio di rispetto fraterno tra le religioni, andando a sputare – metaforicamente parlando – addosso agli altri, chiudendosi gli occhi innanzi agli spregi storici e dei diritti umani che proprio lo Stato Vaticano, e i suoi emissari, sparsi per mezza Europa commettevano – nel nome di Dio – in quegli anni bui.

Gli illustri sobillatori sono ancora incazzati per il casino e l’abiura imposta a Galileo Galilei nel 1616, perché sposava le idee – eretiche per l’epoca – copernicane. A parte il fatto che usare come pretesto quest’evento, non meno grave dell’arrostimento di Giordano Bruno a Campo dei Fiori, il 17 febbraio del 1600 – che stando ai racconti dell’epoca, si dice che quello fu un buon secolo per i barbecue a base di carne umana – che inginocchiato, prima d’essere arso vivo disse: «Forse tremate più voi nel pronunciare questa sentenza che io nell'ascoltarla», e per dirla alla Fantozzi “Una cagata pazzesca”, visto che non è necessario usare pretesti vecchi di più di 400 anni per metterlo alla berlina, basta attaccarsi al discorsi, dove esprimeva un certo disagio nei confronti della scienza, e che l’uomo deve confidare unicamente in Dio per la guarigione del corpo. Ergo, per farsi passare l’arteriosclerosi, o la senilità – dovrebbero bastare qualche Padre Nostro, Ave Maria, ed Eterno Riposo. Parafrasando Guido Angeli: se ci credete, o se credete, provateci!

La “rivolta” della Sapienza, ha un fondo di verità che esula dalle boiate storiche che con le proteste odierne non possono essere modificate, la verità sta nel fatto che l’Italia, per quanto a parole si dica essere un Paese laico, e clericalizzato – o per dirla con un termine amato dagli ambientalisti, non è declericalizzato – molto di più di quanto si pensi. Basti pensare alla battaglia che da anni Luigi Tosti porta avanti,in solitaria, e senza che i media ufficiali ne parlino, contro l’abolizione dei crocifissi dagli edifici pubblici dello Stato italiano, non perché questi siano un fastidio, ma perché è necessario per la giusta distinzione tra Stato e Chiesa.

Che alla Chiesa piaccia oppure no, il Bel Paese, da tempo, nonostante quanto afferma la propaganda clericale, è una nazione decristianizzata, o decatecolizzata, tant’è che le vocazioni sono in calo, e si è addirittura costretti ad importare preti dall’Africa, visto che il Paese che prima esportatore di missionari in tutto il mondo, è diventato terra di evangelizzazione cattolica da parte di sacerdoti provenienti dal presunto terzo mondo. Senza contare le chiese, sempre più vuote, frequentati da anziani, dove vista la moria di fedeli, lo Stato Città del Vaticano, come ogni multinazionale globalizzata che si rispetti, dopo aver sconsacrato i luoghi di culto, portandoli allo stato laicale, li vende spesso ad associazioni islamiche, che dopo averle sbiancate le trasforma in moschee, visto, che l’islam cresce, e il cattolicesimo cala.

Contestare l’imperatore vaticano, non è un atto di censura nei suoi confronti, ma un atto di democrazia, perché una Chiesa che non sa accettare il dissenso, è una Chiesa chiusa in se stessa, paurosa del dialogo e del cambiamento, una Chiesa che ha paura del sacerdozio dei preti, per paura di perdere le eredità dei sacerdoti morti, è una Chiesa che col tempo andrà verso un a lenta ed inesorabile agonia ed emorragia di fedeli e denaro, anche se le questue e le oblazioni a scopo d’indulgenze, rappresentano da tempo una minima parte degli introiti della multinazionale d’oltretevere.

Ci sono due appunti finali per concludere. Il primo è che la Chiesa come sempre è in ritardo, visto che dopo aver plaudito alla moratoria dell’ONU sulla pena di morte, si è dimenticata che le Catechismo della Chiesa Cattolica, sempre così attenta nel suo dogmatismo relativista, all’articolo 2267 contempla ancora la pena di morte, in casi eccezionali, ,ma la contempla.

Punto secondo: non va dimenticato che l’Imperatore Vaticano, come qualsiasi cittadino Europeo ha il diritto d’esprimere la sua opinione, e che come persona che continua ad ambire ad avere un ruolo pubblico, sempre meno ascoltato anche dalle platee che si assiepano in Piazza San Pietro, deve imparare a mandare giù qualche boccone amaro, visto che sia i fedeli, sia i laici, non hanno ancora dimenticato il predecessore: Giovanni Paolo II, dove Benedetto XVI non sembra – citando il vangelo – “Nemmeno degno d’allacciarli i calzari”. Lasciamolo parlare, augurandosi uno scivolone in stile Ratisbona, poi, per criticarlo democraticamente c’è sempre tempo.


Marco Bazzato

15.01.2008

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domenica 13 gennaio 2008

Riciclaggio e monnezza: che goduria!



Si dice che il pesce puzzi dalla testa, se è veramente così, allora i campani hanno tutto da imparare dal presidente francese Nicolas Sarkozy, che da micragnoso – forse perché secondo i maligni, avrebbe sangue zingaro – dovendo sostituire il modello usurato di moglie – probabilmente considerata un rottame – inquinante, con la menopausa e le vampate di calore quotidianamente in agguato, ha scelto il clone della medesima, trovando nella scacquetta Carla Bruni, figlia di un padre legale cornuto – quindi figlia di cento padri – il modello, sebbene con all’attivo molti passaggi di mano e trapanate diverse – ma non registrati – e ascoltando i classici malignismi francesi, che con innata delicatezza dipingono la loro connazionale – ex italiana – come una slabbrata in tutti i sensi, ha riciclato alla nuova, ma comunque usurata compagna, l’anello di fidanzamento, che ‘sto taccagno aveva prima regalato – evidentemente facendoselo poi restituire – alla precedente consorte Cécilia Sarkozy, che avrebbe definito l’ex marito, ridicolo.

Va dato merito al presidente francese, che con l’anello riciclato, ha dimostrato che come col porco, non si getta mai via nulla, dando l’esempio ai cittadini campani, che riciclare anelli, rottami, vecchie galline da brodo, o immondizia generica, è possibile, risparmiandoci sopra.

Ma se i francesi non ridono per i comportamenti presidenziali, i campani piangono per i comportamenti – al limite del genocidio – degli amministratori locali e dei politici nazionali, che anche questa volta, con l’ennesima emergenza in agguato, si ostinano, invece che lasciare la natura a fare il suo corso, con qualche bella epidemia di leptospirosi, peste ocolera, di far cadere, per l’ennesima volta, finanziamenti a pioggia, per cercare l’ennesima soluzione tampone, riaprendo le discariche – anche in deroga alle indicazioni igienico sanitarie – o inviandole in altre regioni per lo smaltimento dei rifiuti.

Lo schifo è che per togliere le castagne dal fuoco ai vari commissari straordinari, al presidente della regione Campania, e al sindaco di Napoli, si stia facendo intervenire, seppur per compiti logistici, l’esercito per ripulire le strade, e le forze di polizia, invece di manganellare i diritti responsabili dello scempio, preferiscono perdere il loro tempo, facendo saettare i manganelli sulle teste dei cittadini, che anche se in modo infuocato, manifestano incendiano un po’ di spazzatura o qualche autobus, mentre i fautori di questa catastrofe, rimangono impuniti e continuano a portarsi a casa i loro ricchi appannaggi regali.

Il presidente del consiglio e la maggioranza dei ministri, continuano ad invocare la solidarietà delle altre regioni italiane, anche se nessuna di queste brave persone, da quando è iniziata – o continuata – l’ennesima crisi, ha avuto il coraggio d’andare di persona, mostrando la faccia, davanti ai cittadini infuriati sia per i rifiuti accatastati fin quasi ai primi piani delle abitazioni, sia davanti agli abitanti dei comuni di dove dovrebbero essere riaperte – provvisoriamente in eterno – le discariche.

Ora il governo, nella sua lungimiranza, dopo essersi presentato implorante alle altre regioni col cappello in mano, come un accattone, è riuscito a rifilare a Sicilia e Sardegna, qualche tonnellata d’immondizia, con gran rabbia degli isolani, che a differenza dei Napoletani, invece d’incendiare cassonetti, da persone intelligenti, lanciano dentro il giardino della villa del governatore della Sardegna i sacchi d’immondizia, protestando – civilmente – contro la decisione incivile del governatore di portarsi nella regione parte del fetore campano, senza che gli isolani sappiano, cosa la Sardegna riceverà in cambio per questo “gesto” di nobiltà di cuore.

Sicuramente più civili sono state le altre regioni italiane, che correttamente, pilatisticamente parlando se ne sono fregati allegramente, tanto è vero, che nemmeno il Lazio, sembra abbia dato disponibilità ad accogliere le scorie campane, per non parlare delle regioni del Nord Italia, che proprio hanno respinto la proposta del presidente del consiglio, ritenendola – a ragione – indegna d’essere accettata, e così per l’ennesima volta, il sud pagherà lo scotto ambientale e sociale del malaffare campano.

Soffrire per l’emergenza rifiuti in Campania? Ma nemmeno per sogno! Incazzarsi per la figuraccia internazionale che ci sta mettendo in ginocchio il turismo di quella regione, e forse non solo? Ma che scherziamo! Diventare incavolati neri perché le altre regioni italiane – preventivamente e americanicamente parlando – rifiutano frutta e verdura provenienti da quelle zone, rischiando di mandare letteralmente a puttane l’intero settore agricolo? Affari loro! Sapevano che prima o poi il collasso sarebbe arrivato, ma hanno alzato le spalle, la politica amministrativa – forse aiutata con qualcosa per non curare cecità e la sordità e mutismo – ha preferito fare come le tre scimmiette: Non vedo, non sento, non parlo. Quello che dovrebbero fare tutti gli italiani, non campani, a riguardo la situazione di quella regione: scrollarsi le spalle, e fregarsene, dicendo:
«A noi che c’importa? Sono cazzacci loro, e s’arrangino! Vada a farsi sfottere la tanto invocata, dal presidente del consiglio, solidarietà nazionale!Viva l’autonomia regionale che permette – finalmente – di non accettare lerciume da regioni e amministrazioni locali lavative!»

Marco Bazzato

13.01.2008

giovedì 10 gennaio 2008

Campania: maroonna che puzza!


stiamo facendo propri una bella figura davanti al mondo. La Campania, sebbene sia in Italia, a differenza della altre regioCerto che ni virtuose, è invasa da centinaia di tonnellate d’immondizia, e paradossalmente non è colpa di nessuno, stando a quanto afferma il governo, che continua a sollecitare coesione e non polemiche. Intanto però la regione scoppia. Scoppia per malaffare, cattiva gestione, incapacità amministrativa e scarsa volontà di legalità, sia nel far partire i piani di raccolta differenziata, ma anche per negligenza dei cittadini stessi, che preferiscono mettere la “rumenta” come si dice a Genova tutt’assieme, anziché suddividerla.
Il governo, e per fortuna che è di centrosinistra, come l’amministrazione campana, ora lancia appelli – si spera inascoltati –affinché le altre regioni, specie del Nord, vengano in auto della disastrata regione. Ma per fortuna, sembrerebbe, almeno per ora, che non ci sia l’intenzione d’aiutare a togliere le castagne dal fuoco ad una gestione amministrativa fallimentare, riconosciuta ormai, come universalmente incapace.
Intanto i cittadini campani s’incazzano, sbraitano, fanno – giusti e sacrosanti – blocchi stradali, per fermare l’avanzata, anche con l’ausilio delle forze dell’ordine, nelle cittadine ove si vorrebbe stipare nuovamente in forma “provvisoriamente all’italiana” cioè eterna, i rifiuti che da settimane si ammassano lungo le strade.
Come si è arrivati a questa situazione esplosiva, sia dal punto di vista igienico sanitario, sia dal punto di vista sociale, nessuno sembra né volerlo dire, né tantomeno accertare.
Cosa ci si potrebbe aspettare nei prossimi giorni dopo le cariche – da paese sudamericano – delle forze dell’ordine nei confronti dei cittadini? Forse, manca poco allo scoppio di qualche bella epidemia di colera, tifo, o rabbia – come se di quest’ultima sotto il profilo psicologico non c’è ne fosse già a sufficienza – che andrebbe a minare ancor di più la già assente sicurezza sociale.
Il governo, durante l’ennesimo vertice, ha garantito il pugno duro nei confronti di coloro che assaltano i mezzi di soccorso. Certo, giusto, ottimo prendersela con i soliti accattoni di turno, con le mezze tacche che arrostiscono qualche bus, o che come in Palestina, scatenano un Intifada, lanciando, senza voler lapidare nessuno, qualche sasso, un po’ per vandalismo, un po’ per sport idiota, ma lo stesso governo, che in teoria essendo di centro sinistra, dovrebbe proteggere le fasce deboli, non si accanisce con la stessa violenza – legale – della magistratura e delle forze dell’ordine, nei confronti di quanti, singolarmente e socialmente, hanno contribuito allo sfacelo ecologico ed ambientale della Campania.
Dicono, sbagliando, che il problema della mondezza in Campania, è un problema nazionale. Balle! Il problema, è esclusivamente locale, confidando però, che un eventuale epidemia di peste e colera, non si diffonda, nel caso che queste scoppiassero, in altre regioni, andando ad infettare regioni e cittadini, che non hanno responsabilità o corresponsabilità nel disastro campano.
Con chi si dovrebbe essere a questo punto solidali? Con i sindaci che non vogliono nuove scariche? Con i cittadini soffocati dal lerciume, prodotto oltre che dai loro naturali rifiuti solidi urbani, anche dall’innaturale omicida – nella lunga distanza – di una classe amministrativa e politica, che preferisce cincischiare, e rimandare, alle Calende Greche, la risoluzione, magari con atti di forza e violenza psicofisica nei confronti dei cittadini, piuttosto che sudarsi – lavorando come Dio, Satana, Shiva, o Adonai, comanda – guadagnandosi gli stipendi da fannulloni in panciolle, che fanno sentire gabbati e sodomizzati, quanti lavorano veramente per portarsi a casa la pagnotta, ma che visti ormai i tagli da garrota fiscale di questo governo-sanguisuga, sta portando sempre di più il Paese alla fame e alla disperazione.
Per concludere, citando una battuta del Capitano James Tiberius Kirk da “Star Trek Rotta verso l’ignoto”:
Spck “Capitano, i Klingon stanno morendo”
J.T. Kirk “Bene, lasciamoli morire!
Mica è colpa dell’Italia, se la Campania è nella m..da?

Marco Bazzato
10.01.2008
http://marco-bazzato.blogspot.com/

giovedì 3 gennaio 2008

Aborto si! Aborto no!




Si torna a parlare, dopo anni di silenzio e cadaverini prima aspirati dagli uteri femminili, e poi gettati come “mondezza napoletana” sui cassonetti differenziati per i rifiuti dei peccati, come cantavano tanti anni fa Elio e Le Storie tese.



Ad aprire le danze su questa moratoria sui cadaveri post uterini è stato l’ate-clericale direttore del Foglio, Sua rotondità, Giuliano Ferrara.


Come sempre accade, in Italia, appena si prova a toccare la legge sull’omicidio legalizzato – legge 194 – le polveri e i cannoni dell’artiglieria di sinistra, si scatenano, peggio di un offensiva dei Beati portatori di pace bombarola degli alleati americani in Iraq e Afganistan.


Eppure l’idea del panzuto giornalista, un tempo portatore sano di bretelle rosse, non è del tutto campata in aria. Infatti, l’Italia, ha avuto la nefasta idea di far votare all’ONU la moratoria internazionale sulla pena di morte, da poco approvata dall’assemblea, gettando così alle ortiche secoli di tradizione, di impiccagioni, arrostimenti ed iniziazioni letali, che avevano il pregio d’eliminare dalla faccia della terra la feccia peggiore del genere umano, anche se non è da escludere che alcune volte possano aver fatto la fine del topo anche qualche innocente.


Perché allora, visto che ci vantiamo come pavoni, di salvare dal boia i peggiori Caino, ci si scandalizza, quando si cerca di regolamentare in modo diverso, tenendo conto anche delle nuove conquiste della scienza, il genocidio silenzioso che ogni anno aspirati dalle gambe spalancate delle donne, sui lettini ginecologici, nei day hospital abortivi.


Eppure a parte il fatto di palesi violenze sessuali, e feti portatori di malattie genetiche, la maggioranza delle gravidanze sono ancora dettate dall’idiozia femminile – d’aprire le gambe – e l’idiozia maschile d’inserire il cannone spara bambini liquidi in ogni orifizio pubico che trova, senza avere l’accortezza almeno di metterci un “goldone” protettivo per tenere imprigionati i piccoli, ma pericolosi fuggiaschi espulsi dall’ondeggiare copulatorio.


Che colpa né hanno, quindi, questi piccoli bastardi, concepiti, magari in una notte di lussuria aggrappati come scimmie su qualche trave di discoteca, oppure distesi ed infreddoliti, su qualche sedile d’automobile a fianco di qualche discarica abusiva. Sono loro, questi futuri esseri pensati, ammazzati senza ragione, i responsabili delle idiozie sessuali degli adulti che hanno i sensi di responsabilità individuale, pari a quella di uno spermatozoo o di un ovulo creduti – erroneamente – morti?


Qui, paradossalmente la politica, non vuole difendere né le povere disgraziate – nel vero senso della parola – che hanno una gravidanza indesiderata, può succedere l’errore, ma non va dimenticato che ormai ci sono donne, che per ignoranza generalizzata, abortiscono con la stessa facilità con s’infilano una supposta di glicerina come lassativo.


Sarebbe ora invece, che la politica prendesse in serie considerazione l’idea d’incolpare per omicidio colposo le donne che praticano più di due aborti, sostituendo la pena detentiva, con una bella sanzione amministrativa, ed i soldi raccolti potrebbero essere usati per aiutare le donne che vogliono portare avanti la gravidanza, ma si trovano in uno stato d’indigenza.


Stando alle statistiche internazionali, l’aborto è un genocidio su scala globale che miete 43 milioni di cadaveri – senza tombe palesi – ogni anno. Ogni anno, sono solo 8 milioni di morti in meno di quanti sono costati i cumuli di cadaveri – tra soldati e civili – della seconda guerra mondiale.


Ma paradossalmente, per gli amici dei Menghele abortisti, amici dei Caino universali, continuano a far passare l’aborto solo ed esclusivamente – quando vogliono loro – come un dramma esclusivamente personale, che investe, non la società nel suo insieme, ma solo ogni singola donna, che però non deve mai entrare nello spazio sociale di una discussione o di un dibattito, perché quel dramma è troppo profondo per essere sviscerato. Già e quando ogni verdurina sfiatata sbandiera i suoi gusti personali, svendendo la sua intimità, al pubblico, questo deve essere accettato come normalità?


Viviamo in una società che da tempo ormai, premia i morti, e ammazza i vivi!


Marco Bazzato


03.01.2008

mercoledì 2 gennaio 2008

Benvenuto 2008





“Anno bisesto anno funesto”. Se il buongiorno si vede dal mattino, il nuovo anno si è gia presentato come una felice continuazione di quello appena defunto, il cui cadavere giace ancora caldo, e nessuno sembrerebbe intenzionato a dargli degna sepoltura.

D’altronde, basta vedere come già dai botti di fine anno, che il nuovo che giunge, non è altro che una copia – nata malata del precedente – con l’aggiunta della nuova moda, sembrerebbe per ora tutta meridionale di sparare con le pistole ad altezza d’uomo, col consueto carico di cadaveri, pochi almeno per quest’inizio, ma che stando alle proiezioni degli uccellacci del malaugurio, ai prossimi capodanni, dovrebbero aumentare.

Viceversa invece sono diminuiti incidenti, amputazioni, orberie agli occhi, con dispiacere dei medici, costretti a fare i turni notturni ai pronti soccorso, quasi con le mani in mano.

Per fortuna, almeno Napoli e provincia, continua a fornire spunti giornalistici a causa della decennale emergenza rifiuti, che infetta i cittadini, e li rende ogni giorno che passano sotto i rifiuti, più incazzati e vendicativi, tant’è che continuano a bruciar “monnnezza” con gran gioia dei pompieri che almeno con questo freddo, sono scaldati dal calore dei fuochi alla diossina.

Se l’Italia non piange, il Pakistan non ride. Dopo l’omicidio a sangue freddo dell’ex premier Benazir Brutto, la famiglia ha “democraticamente” investito il figlio della neomorta alla guida del partito, dimostrando, ai pachistani e al mondo la passione della democrazia di casta che regna in quel paese tribale, e che nei fatti che “La democrazia è la miglior vendetta” dentro il partito dei Brutti non vale! Nemmeno in Italia, per ora , siamo riusciti a far di meglio.

In Kenia invece, dopo le elezioni hanno iniziato a scannarsi come buoi tra di loro, dando inizio all’ennesimo genocidio in salsa africana, che comporterà come sempre grandi appelli al massacro moderato, usando magari armi di precisione, invece dei machete e coltellacci alla Tarzan che non portano denaro ai poveri trafficanti d’armi internazionali, che godono come scimmie quando le loro armi – gentilmente offerte – per l’autodifesa tramite offesa personale, vengono usate sugli inermi, dimostrando così la bontà dei prodotti venduti. C’è da aggiungere, però come nota di colore, che forse perché il Kenia è un Paese arretrato, secondo i ricchi standard Europei, hanno preso solamente ora l’abitudine d’arrostire gli umani, ma che a differenza dei roghi medioevali di vaticana memoria, in kenia si fanno piacevoli roghi di cristiani, abbrustolendoli – come pop corn – direttamente in chiesa.

Prepariamoci invece noi, cari italiani, ai festeggiamenti per i 60 della Costituzione, paradossalmente la carta à più giovane dei vecchi decrepiti – non voluti guarda caso né in paradiso né all’inferno, e infatti restano qui a far danni – che come tanti nonnetti coi pannolini ciondolano come zombi nei due emicicli di Camera e Senato.

Visto che la Carta Costituzionale è ancora attualissima, come ha detto il Presidente della Repubblica nel suo discorso di fine anno, si spera che amici e fiancheggiatori dei Gai, vadano a rileggersi l’articolo 29:

La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio.

Il matrimonio è ordinato sull'eguaglianza morale e giuridica dei coniugi, con i limiti stabiliti dalla legge a garanzia dell'unità familiare.

Capendo finalmente una volta per tutte che in questo Paese, malato in tantissime cose, ma sano per altre non c’è posto per istanze che inducano allo stupro costituzionale del matrimonio – laico – tra un uomo e una donna, e non come vorrebbero alcuni, per superare i loro complessi personali, “matrimoni?” tra individui dello stesso sesso. Come se uomini con uomini e donne con donne potessero dar vita a famiglie naturali. Nemmeno i bambini africani crederebbero ad una balla del genere!

Per fortuna in Italia abbiamo Giuliano Ferrara, che se da una parte, esattamente come i radicali, ama far invadere e bombardare pacificamente stati sovrani, come Iraq ed Afganistan, e magari in un prossimo futuro anche l’Iran, dall’altra, il direttore del Foglio, vuole per compensare i cadaveri inceneriti per il mondo, emulare il Radicale, che tanto si è prodigato per una moratoria universale della pena di morte a stupratori ladri, assassini, verdure e quant’altro, proponendo almeno in Italia, spalleggiato dallo Stato straniero , governato da un imperatore – unico caso nell’Unione Europea – una moratoria sull’aborto, per bloccare ormai radicata consuetudine italica della selezione genetica di mengheliana memoria, ora possibile in fase prenatale.

Ci sono praticamente tutti i presupposti per sfregarsi le mani, per godere delle corbellerie politiche, economiche, sociali, degli ormai consueti massacri famigliari che allietano, non solo i giornalisti, ma che tutti gli italiani, che come drogati di cronaca nera e servizi nefasti, non possono fare a meno dell’abituale bagno di sangue quotidiano.

Marco Bazzato

02.01.2008