mercoledì 1 dicembre 2010

WikiLeaks: in attesa dei dispacci che facciano tremare le cancellerie di mezzo mondo.


Dovevano essere i file che avrebbero fatto tremare le cancellerie di mezzo mondo, invece per ora l’atteso botto non c’è stato. Solo banalità, gossip, e qualche piccola perla di ovvietà che tutti i cittadini, riferiti ai politici dei singoli stati, sanno ed esprimo quotidianamente ogni giorno su blog, siti e pagine di Facebook. Insomma chi si aspettava qualcosa di deflagrante è rimasto deluso.

Del nostro beneamato premier, Silvio Berlusconi, si è già detto tutto e il contrario di tutto e allo stato attuale, visto che non molla l’osso del comando per gli scandali quotidiani, appare vero che “ciò che non distrugge, fortifica”Verrebbe da gridare “Miracolo!” o “Peccato!”

La cosa che più rammarica, ma si spera che in futuro WikiLeaks lo faccia, è che non siano stati pubblicati, se fossero disponibili, i messaggi tra le varie ambasciate nel mondo di cosa ne pensano i rispettivi diplomatici dei governati dei paesi ospiti. Sarebbe interessante sapere per esempio cosa pensa un ambasciatore italiano del presidente degli Stati Uniti, o del primo ministro inglese e via discorrendo. Tanto per avere un panorama complessivo della situazione. Se fossimo fortunati, forse, i giudizi, bene o male potrebbero collimare o avere delle piccole differenze,da quanto si può udire in qualsiasi bar di periferia o mentre il barbiere fa barba e capelli, commentando i fatti e i comportamenti dei vari politici nazionali e internazionali, conosciuti e sconosciuti.

A voler essere feroci si potrebbe dire senza timore d’essere smentiti che siamo giunti alla politica da shampisti, con tutto il rispetto per gli shampisti.
Possiamo dire ch si è strappato il velo dell’ipocrisia diplomatica, dei sorrisi a tutti i costi, delle strette di mano davanti ai fotografi, delle pacche sulle spalle e delle corna presidenziali fatte durante gli incontri internazionali, delle barzellette sporche e delle bestemmie contestualizzate, mostrando i vari “leader” nazionali di tutto il mondo, politicamente “nudi come germi” dalla testa alla cintola dei pantaloni, a parte Berlusconi, messo a nudo dalla “cintola in giù”.

Basta ipocrisie, le ambasciate servono ai cittadini per alcuni servizi agli autoctoni e agli emigrati, ma è solo la punta dell’iceberg degli interessi di cui gli ambasciatori e i loro addetti diplomatici quotidianamente si occupano. Addetti militari, addetti culturali, addetti economici e via discorrendo. Ambasciatori e addetti diplomatici non perdono tempo con le “miserie” della plebe – al massimo in caso di incontri con i piccoli imprenditori, l’ambasciatore dice ha “ha preso nota dei bisogni” sebbene nè lui nè nessuno del corpo diplomatico o dei segretari presenti prenda uno straccio di appunto, questo rende l’idea di quanto siano di facciata questi incontri – quelle vengono, a parte casi rarissimi, demandati a dipendenti di rango inferiore, a impiegati, il vero lavoro di un ambasciata rimane comunque la raccolta di informazioni, e non bisogna essere geni per comprenderlo. È naturale che poi i funzionari di grado inferiore, su indicazioni dei superiori, redigano dei dispacci da inviare ai rispettivi Ministeri degli Affari Esteri, per far sapere ai politici ed eventualmente anche alla grande industria, vizi privati e pubbliche virtù delle controparti che si potrebbero incontrare in occasione di negoziati economici e/o politici ad altissimo livello.

Questi sono i “segreti” svelati con dovizia di particolari nei romanzi di spionaggio, come nel caso di Tom Clancy, hanno forti agganci con il sistema e la comunità dell’intelligence. Vedi “Il Cardinale del Cremlino” 1988, e oggi, piaccia o no, le cose non sono cambiate di una virgola. Verità e fantasia mascherate unite e fuse, ma che all’interno rivelano informazioni assai pratiche e utili, per chi non vuole leggere un romanzo solo per la storia, ma anche per comprendere quanto di reale possa esserci dietro.

Le cancellerie internazionali ora sono incazzate perché è ufficiale che molto del denaro speso viene utilizzato affinchè ci si possa “diplomaticamente sputarsi” addosso a vicenda come dei lama tibetani, e sono scandalizzate del fatto che la plebaglia venga a sapere quello che comunque ipotizza bene, infatti, sono furiosi per via dell’ufficialità dei documenti emersi.

Uno dei personaggi più ridicoli di questa situazione è il Ministro degli esteri Franco Frattini, che ne chiede a gran voce l’arresto e l’interrogatorio, anche se non si è capito se anche con metodi estremi, e dato che ci siamo anche un soggiorno “fine pena mai”, senza processo, a Guantanamo. E questo sarebbe un libertario democratico?

Certe richieste di “legalità” odorano di letame fascisto-comunistoide richiamano alla memoria i campi di rieducazione sovietica.

Frattini omette di dire che in quei dispacci resi pubblici i singoli paesi seppur menzionati non possono metterci bocca, in quanto si tratta di comunicazioni interne, intercorse tra le varie ambasciate americane sparse per il mondo e il Dipartimento di Stato, e secondo i principi del diritto internazionale, è come fossero state inviate all’interno del territorio degli Stati Uniti d’America perché le ambasciate non sono altro che appendici all’estero, nelle varie capitali o uffici consolari, del paese che invia i propri ambasciatori nei paesi ospiti, e all’interno le ambasciate sono luoghi extraterritoriali, inviolabili dei singoli stati rappresentati. A tutti gli effetti si tratta di corrispondenza che seppur a migliaia di chilometri di distanza ha viaggiato – formalmente – all’interno del territorio statunitense, e dove per logica di rispetto, le dichiarazioni di Frattini equivalgono ad un intromissione negli affari interni di una nazione sovrana.

Uno che conosce la diplomazia dovrebbe evitare certe sparate, interferendo con gli affari interni di un paese “amico”.

Qualsiasi immigrato in Italia o italiano all’estero che si reca presso la propria rappresentanza diplomatica, vede all’interno del perimetro della medesima le forze dell’ordine del proprio paese,lo sa. È strano che il Ministro degli affari esteri non sia a conoscenza di questa ovvietà, e si lasci andare a dichiarazioni di ingerenza nei confronti di un paese sovrano.

Ora WikiLeaks ha promesso che farà crollare una grande banca statunitense, mettendone in luce le connivenze tra la diplomazia e i banchieri il che ha spinto la signora con le corna, Hilary Clinton, moglie dell’ex presidente dai calzoni macchiati di sperma, Bill Clinton, a far dare la caccia al fondatore di WikiLeaks, e facendo partire la prima guerra mondiale informatica non dichiarata contro un privato cittadino e una società che ha sede in un paese straniero. Con la guerra cibernetica – non dichiarata ufficialmente – gli americani è come se avessero mandato gli squadroni della morte a snidare non i nemici entro i confini di uno stato straniero che ospita i server. Oggi succede a WikiLeaks, domani potrebbe accadere a qualsiasi libera attività ubicata in ogni parte del mondo che sta sui maroni agli americani, il tutto per una falla di comunicazione avvenuta all’interno dei loro confini, ambasciate sparse per il mondo comprese.

Da quando un paese che si reputa democratico e libero ha paura della verità e dei fatti scritti dai loro stessi funzionari? Un terrorista, perché così ministri come Frattini, dipingono dovrebbe essere considerato il suo fondatore Julian Assange. Per chi ha la memoria corta o preferisce resettarla, verso la fine degli anni ’80 gli americani guardavano a Michail Gorbaciov, come un innovatore quando lanciò la “Glasnost” – trasparenza nel vacillante impero dell’oggi ormai ex Unione Sovietica, mentre ora quando questo australiano compie un’operazione di trasparenza nei confronti degli Stati Uniti, facendo uscire documenti disponibili grazie anche alla mediocrità delle difese dei sistemi di sicurezza, ecco che diventa un nemico della pace internazionale, per dirla alla Frattini, “che vuole distruggere il mondo”.

Insomma,in poche parole, siamo all’apologia dell’artereosclerosi.
Ma la cosa più interessante che emerge, almeno per quanto riguarda l’Italia, è come viene visto il presidente del consiglio Silvio Berlusconi dai funzionari dell’ambasciata americana a Roma: un mediocre, dedito a “festini selvaggi”, ma soprattutto il liberista che guarda sempre all’America, ma nei fatti è “intimo” amico di un ex spia comunista, Vladimir Putin, e Berlusconi a parole odia i comunisti, e di un dittatore, tra l’altro simpatico, coreografico e ipocondriaco – stando ai dispacci americani – Gheddafi. Questo dovrebbe far capire in che mani sono gli italiani in questo momento. Uno come Putin resterà per cultura sempre uno con il modo di pensare della spia, ma evidentemente al Cavaliere piace essere accostato a simili personaggi dell’ex apparato sovietico.

Ora però il pericolo più grande non potrebbe venire da WikiLeaks ma dal “silenzio stampa” dei maggiori quotidiani internazionali, cartacei e online, che potrebbero iniziare a dare un basso profilo ai file, perché un conto è quando si tratta di gossip e un'altra cosa quando rischiano, minacciati dai vari governo, ritorsioni legali, nel caso facessero da cassa di risonanza, mettendo al corrente i lettori di quanto emerge.

I cittadini di ogni singolo paese dovrebbero chiedere ai quotidiani d’essere aggiornati in tempo reale per quanto riguarda i file rilasciati da WikiLeaks, perché hanno il diritto di conoscere come si muove il molch della diplomazia, della grande industria e la finanza, perché alla fine quando giungono le crisi finanziarie i costi dei macelli politici ricadono ancora sui cittadini, e sarebbe ora che ognuno inizi a portarsi a casa il proprio letame, smettendo di spalmarlo addosso ai cittadini che alla fine sono solo vittime di questo commistione politico-economico-affaristico planetario.

Marco Bazzato
01.12.2010
http://marco-bazzato.blogspot.com/

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