mercoledì 19 ottobre 2011
Caso don Paolo spoldadore: Pimpi doveva andare dal Vescovo?
A volte seguendo i programmi televisivi pomeridiani ci si imbatte in trasmissioni strane, come “La vita in diretta”, dove nella puntata di venerdì 14 settembre, gli argomenti di un certo spessore umano e sociale vengono affrontati con una frivolezza decadente e per quanto poco sospetta.
È il caso di Pimpi, la psicologa che ha avuto in passato una storia “d’amore” con l’allora don Paolo Spoladore, e da questa relazione è nato un figlio, la cui paternità è stata attribuita dal tribunale veneziano al sacerdote sospeso a divinis.
Fa un certo che è vedere con che faciloneria un esponente del clero, presente alla trasmissione, abbia cercato di salvare la faccia della Chiesa e la sua presunta dirittura morale, quando la frittata dei comportamenti traditori nei confronti del voto di celibato, infranti dal sacerdote,che a detta dell’ecclesiastico, la cosa era risaputa nel paese dove viveva la donna, la quale senza è stata additata, come principale artefice dello scandalo che ne è scaturito, perché non doveva andare a spiattellare i propri fatti privati in rete e men che meno sporgere denuncia alla Giustizia Secolare – termine caro ai tempi bui alla “Santa” Inquisizione.
A detta dell’ecclesiastico, l’essere impuro per autonomasia – come descritto nel romanzo “Il nome della Rosa”, Umberto Eco , “Se gli uomini vedessero quello che è sotto la pelle, così come accade con la lince di Beozia, rabbrividirebbero alla visione della donna. Tutta quella grazia consiste di mucosità e di sangue, di umori e di bile. Se si pensa a ciò che si nasconde nelle narici, nella gola e nel ventre, non si troverà che lordume. E se ti ripugna toccare il muco o lo sterco con la punta del dito, come mai potremmo desiderare di abbracciare il sacco stesso che contiene lo sterco?” – avrebbe dovuto, per spirito di cattolica obbedienza, riferire il al Vescovo, non rivolgersi, da laica, alla Giustizia dello Stato italiano, come se la Giustizia italiana fosse per la Chiesa un grosso foruncolo “genera scandali” e gli scandali si sa, danneggiano gli interessi economici e le firme dell’otto per mille, che i Mercanti nel Tempio Adorano…
“Andarono intanto a Gerusalemme. Ed entrato nel tempio, si mise a scacciare quelli che vendevano e comperavano nel tempio; rovesciò i tavoli dei cambiavalute e le sedie dei venditori di colombe 16 e non permetteva che si portassero cose attraverso il tempio. 17 Ed insegnava loro dicendo: "Non sta forse scritto:
La mia casa sarà chiamata casa di preghiera per tutte le genti? Voi invece ne avete fatto una spelonca di ladri!". 18 L'udirono i sommi sacerdoti e gli scribi e cercavano il modo di farlo morire. Avevano infatti paura di lui, perché tutto il popolo era ammirato del suo insegnamento. 19 Quando venne la sera uscirono dalla città”.
Vangelo secondo Marco, c.11, vv. 15-19.
E qui sorge la domanda: Il Vescovo cosa avrebbe fatto? Avrebbe ordinato al sacerdote di riconoscere il figlio, compito che appartiene alla giustizia civile, a cui la Chiesa si attiene solo quando fa comodo, oppure l’avrebbe invitata al silenzio per non macchiare l’onore di un ecclesiastico? Tante domande, oltre a questa, frullano nella testa dei fedeli non asserviti al potere “spirituale” di una Chiesa, che in troppi frangenti, sa essere debole con i forti, e forte con i deboli, dimenticando che il suo compito principale è la difesa degli ultimi, dove in questa situazione non sono nè l’ex don Paolo Spoladore nè Pimpi, ma un minore. La Chiesa, secondo quanto detto in tv dall’ecclesiastico, come avrebbe tutelato i diritti del minore? Con il silenzio, che in questo caso odora tanto da omertà imposta e/o mediaticamente proposta, col senno del poi…. a una laica?
Un cittadino o una cittadina italiana deve, in caso di controversie giuridiche, rivolgersi alla Giustizia italiana, e non a un Vescovo dell’ex Stato Pontificio, ossia lo Stato Città del Vaticano, che è per istituzione giuridica è una teocrazia.
La Chiesa accampa degli “obblighi morali” a causa del battesimo – impartito contraddicendo l’esempio Cristico somministrato nel fiume Giordano agli adulti – già da infanti “diventiamo membra di Cristo; siamo incorporati alla Chiesa e resi partecipi della sua missione” (1)., a causa del pretesto secolare del Limbo che non è mai stato una Verità di Fede (2), ma che nei secoli passati fatto sì che ci fossero cimiteri per gli infanti non battezzati, considerati de dannati perché morti con il “peccato originale” (3). Questo è il sistema che la Chiesa usa, far leva sul condizionamento dettato dal “sacramento battesimale” ma essere battezzati non significa essere asserviti a un’istituzione temporale, ma a una spirituale, e in questa storia di spiritualità ce né assai poca, anzi.(4)
Il messaggio passato ai telespettatori si potrebbe considerare devastante, perché ha colpevolizzato una donna che invece di chiedere aiuto alla Curia ha avuto l’”ardire” di rivolgersi alla Giustizia, non tanto per lei, ma per il figlio avuto con un sacerdote, dando l’impressione che sia errato rivolgersi agli organi giudiziari nazionali preposti, perché i panni sporchi vanno lavati entro la “casa ecclesiastica” che leggendo “Sex in the vatican” (5) di Carmelo Abbate, appare come un bordello , o come descritto nel libro di Assen Marcewsky (6) “Il Codice di Marcewsky” – inedito in Italia – a discapito dei diritti riconosciuti dalla legislazione italiana sui minori.
C’è un’ultima nota da fare: se è vero che questa storia tra Pimpi e Don Paolo Spoladore era una cosa di dominio pubblico nel luogo di residenza di lei, perchè la Curia non è intervenuta per chiedere lumi al sacerdote circa la moralità e il rispetto dei suoi obblighi sacerdotali, richiamandolo all’ordine e al decoro, facendo – nel limite del giusto – il possibile che i due “concubini” interrompessero la relazione, e perché la Curia, visto che tutti sapevano, ora in tv si usa pubblicamente l’arma del “bastone” morale quasi solo contro costei?
La Chiesa in queste delicata situazione che coinvolge un minore, dimostra il suo disinteresse e la mancanza di rispetto non solo nei confronti di costui,ma anche delle leggi dello Stato italiano, da cui è foraggiata, e questi sono gli “schiaffi” che il Paese riceve, chiedendo a una cittadina italiana di non cercare Giustizia presso lo Stato, andando in udienza ad un Vescovo, come scrisse a suo tempo Il Mattino di Padova (7) facendo sorgere il dubbio nei telespettatori che anche nei casi molto più gravi il silenzio sia l’”arma” migliore.
Sì, ma per chi è l’arma migliore? Per la vittima o per il “carnefice?”
Marco Bazzato
17.10.2011
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