Dopo la proclamazione dell’indipendenza, unilaterale del Kosovo, immediatamente riconosciuto, dagli Stati Uniti, i serbi, da paese fortemente nazionalista, non sono rimasti in silenzio a guardare, prendendo di mira l’ambasciata americana, a Belgrado.
Anche l’Italia, servile, si è accodata al padrone, mentre l’Unione Europea, ha lasciato libertà di coscienza – sempre gli Stati ne abbiano una – se riconoscere o no, il nuovo Stato.
Mosca, dal canto suo, ha vibratamente protestato in sede ONU, paventando addirittura l’intervento armato, senza per ora specificare, ma potrebbe anche optare per la sospensione del gas all’Europa dove, mentre l’Unione, dopo gli scontri di Belgrado, com’era chiaro, ha deciso di congelare l’ingresso della Serbia, quindi da una parte, indebolendo l’Unione Europea e dall’altra, vista la storica amicizia con la Russia, rafforzando quei legami tra i due Paesi, arrestando anche l’ingresso, non ben voluto dai russi, di Belgrado nell’Alleanza Atlantica.
I rapporti internazionali, si stanno surriscaldando, col rischio che nelle prossime settimane, o nei prossimi mesi, i Balcani, possano nuovamente infiammarsi.
Se la Russia, passasse dalle parole ai fatti, è probabile, che il primo Paese, ad essere colpito, potrebbe essere proprio il Kosovo, con i naturali danni collaterali (leggesi vittime civili), facendo cadere il piccolo neo Stato dalla padella (Serba) alla brace (Russa), vista la potenza di fuoco che con ogni probabilità verrebbe impiegata.
A questo punto, la Nato, e l’Unione Europea, sarebbero costrette a correre ai ripari, per difendere i confini degli Stati membri, col rischio di un escalation di difficile controllo, non solo politico, ma anche sociale, con innumerevoli costi, sia sotto il profilo umano – influenti sotto l’aspetto strategico – sia sotto l’aspetto economico, e delle infrastrutture, il che secondo gli strateghi delle ricostruzioni post belliche, sarebbe solo un bene, – secondo loro – l’unico bene per cui valga una guerra.
Resta da vedere, come si comporteranno i gli Stati membri dell’Unione Europea, specie quelli, come l’Italia, che hanno nel suolo Kosovaro le truppe sotto la bandiera ONU.
Se l’ONU scegliesse di ritirare le truppe, quasi sicuramente l’esercito Serbo, o le milizie come già avvenuto in passato, entrerebbero nella piccola ex provincia, mentre se i soldati della forza internazionale dovessero mantenere le posizioni, in caso di vittime tra quest’ultimi, non si scarterebbe l’opzione di un intervento, come ritorsione, di quei Paesi, che le hanno subito perdite.
D’altronde, per i signori della guerra, questo è un buon momento per un conflitto, seppur forse teoricamente piccolo, ma praticamente nel cuore orientale dell’Unione Europea, infatti, l’economia dei Paesi occidentali, come Germania, Francia e Italia, arranca, mentre le cosiddette economie emergenti, quelle degli ex Paesi del blocco sovietico, Bulgaria e Romania in testa, corrono al galoppo, con molti investimenti anche dei Paesi Occidentali dell’Unione, da tempo si riversano in massa su questi Stati, delocalizzano industrie, anche servizi – telefonici – come fino a pochi anni fa si faceva in Irlanda, incentivati dagli enormi flussi di stanziamenti dell’Unione, che per assurdo potrebbe vedere proprio in un conflitto in quest’area, un buon motivo per chiudere i rubinetti, facendo letteralmente implodere queste “pericolose” nuove economie.
L’Italia, per paradosso, nuovamente impegnata nell’ennesima campagna elettorale,ventra cittadini, sembra disinteressarsi del problema ,annebbiata dalle lamentele della non candidatura di un ottuagenario come Ciriaco De Mita, offeso perché nessuno gli offre una comoda poltrona e stipendio, o indennità parlamentare, per garantirsi una vecchiaia dignitosa, ed i politici di entrambi gli schieramenti, da buoni provincialisti, convinti che esista solo il Bel Paese, o ignorano, o fingono di ignorare, quanto sta avvenendo fuori dal loro piccolo orticello di potere, perché più interessati a spacciare, per promesse elettorali – bugie – ardimentose favole di risanamento futuro, quando i responsabili del disastro attuale, girandola e voltandola sono sempre i soliti noti: loro!
È palesemente chiaro, che con un’economia internazionale, dei Paesi occidentali, del nord del mondo in stagnazione, quasi recessione, avviata, viste anche le continue e reiterate speculazioni internazionali sul mercato del greggio, che una guerra, potrebbe diventare inevitabilmente necessaria, specie per Stati Uniti – geneticamente cowboy – ,con un enorme debito estero, che non riesce a ridurre, col dollaro, sebbene ufficialmente moneta di scambio internazionale, molte economie, come fu a suo tempo l’Iraq di Saddam e come l’Iran, preferiscono, a pagamento delle loro esportazioni petrolifere, l’Euro, che da anni continua la sua ascesa.
L’Europa, ma prima di tutto gli Stati Uniti, sono sull’orlo del baratro economico, come lo era la Germania del 1922, prima del catastrofico avvento di Hitler alla guida del Paese.
Se L’America e l’Europa piange, l’Italia, non può certo ridere, tant’è che l’inflazione italiana, secondo le stime di questi giorni, complice il caro greggio ed i conseguenti aumenti a cascata di beni e servizi, prezzo oltretutto viziato alla fonte, da un “legale” strozzinaggio fiscale, ha toccato è al 2,9%, come nel 2001, segno che la politica di risanamento, teoricamente attuata dagli ultimi due governi, tesoretto compreso, ha il fiato corto e le famiglie affamate, che a fatica, riescono ad arrivare alla terza settimana.
La crisi Kosovara, quando deflagrerà nei media, sperando non con la violenza di un paventato intervento russo, costringere il Paese, proprio sulla spinta del terrore psicologico dei mezzi di comunicazione di massa, a nuove misure draconiane strozza popolo.
L’attuale situazione geopolitica internazionale non preannuncia certo venti di bonaccia, le fosche nubi che si addensano all’orizzonte, dovute o alla miopia politica internazionale, o peggio ad una precisa volontà di generare instabilità, dentro e nei paesi confinanti con l’Unione Europea, che avrà, quasi certamente, serie ripercussioni umane – gia iniziate col morto durante la manifestazione di Belgrado – sociali, col rischio di una nuova carneficina, ed economiche, che potrebbero disgregare ed incendiare, non solo i Balcani e l’Unione Europea.
Marco Bazzato
27.02.2008
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