Mario, nome di fantasia, avrebbe compiuto sedici anni il prossimo febbraio, ma si è tolto la vita. Da tempo, l’adolescente, denunciava, ai servizi sociali, il profondo disagio interore, dettato dalle condizioni di vita della persona che lo ha adottato: un omosessuale dichiarato, che assieme al suo compagno, avevano, dopo la sentenza Europea del Gennaio 2008, ricevuto il bambino.
Il piccolo, fin dai primi tempi, non aveva mai accettato la sua nuova “famiglia,” dando precoci segni di nervosismo, che avevano iniziato a manifestarsi durante il primo anno della scuola elementare. Le maestre segnalarono più volte ai servizi sociali i disagi del bambino, ma questi – nascondendosi dietro l’ufficialità dell’Oms a riguardo l’omosessualità – hanno sempre imputato il comportamento aggressivo del bambino, alla non accettazione da parte dei compagni della sua situazione familiari.
Nascoste sotto la promessa di anonimato, molte insegnanti, hanno dichiarato che Mario più volte ha aggredito i compagni, spinto dalla rabbia nei confronti dei genitori – anche adottivi – eterosessuali degli altri bambini.
Il piccolo, anche agli assistenti scolastici, aveva dichiarato tra le lacrime, che non capiva perché doveva vivere e vedere la persona che lo aveva adottato in atteggiamenti affettivi con un altro uomo. Molti psicologi interpellati, affermarono che il bambino soffriva d’omosessualità latente, e aveva paura d’esprimerla, per questo faticava a ad accettare la situazione affettiva della persona adottiva.
Nel corso degli anni, la situazione anziché calmarsi, era diventata più ingestibile, e la stessa persona che lo aveva adottato, più volte convocato, imputò all’omofobia – presunta – dei compagni, che invece d’aiutare il piccolo ad inserirsi nel gruppo, continuavano a plagiarlo, spiegandogli quanto buoni e bravi fossero i loro padri e le loro madri eterosessuali, non solo biologici, ma anche adottivi.
Una psicologa indipendente, nel corso degli anni, s’interesso, in una sua ricerca, dei casi di suicidio sui ragazzi adottati da singoli o “coppie” omosessuali, i dati – che nessuna rivista di psicologia e psichiatria, o medicina ha voluto pubblicare – dimostrano in modo inequivocabile, che il tasso dei suicidi, cresce in modo esponenziale, tra gli adolescenti dati in affido, o in adozione a singoli o “coppie” non eterosessuali.
Le associazioni Gay, fecero pressione per bloccare la pubblicazione di ogni ricerca che andasse contro la loro lobby, trincerandosi dietro la sentenza dell’Unione Europea, che aveva condannato la Francia, all’obbligo di adozione da parte di singoli, o “coppie” non eterosessuali, altrimenti sarebbero andati contro i diritti fondamentali dell’Uomo.
Balza all’occhio per paradosso, è che l’unione Europea, l’Italia compresa, ha da decenni ratificato la Dichiarazione Universale dei Diritti del Bambino ma, nessun’associazione né di psicologia infantile, né di psichiatria pediatrica, ha mai avuto né il coraggio, né la forza politica, di proteggere l’integrità psicologica dei bambini dagli esiti nefasti, per le psichi di bambini ed adolescenti, costretti dalle leggi senza cuore dell’Unione Europea a vivere senza l’adeguata presenza della figura paterna e materna anche se adottiva.
È particolarmente toccante la lettera che l’adolescente ha scritto prima di togliersi la vita. Il nostro giornale ne è venuto in possesso pochi giorni fa, ma la nostra redazione, ha subito forti pressioni censorie affinché essa non venga data alle stampe. Noi, non piegandoci alla logica censoria, vogliamo che i nostri lettori possano leggere l’appello straziante del giovane e la sofferenza che egli ha patito, affinché simili gesti non accadano mai più.
Caro Mondo,
non posso dire né cari mamma e papà naturali o adottivi. Il primi, perché non gli ho conosciuti,i secondi, perché adottato da un uomo, che viveva con ad un altro uomo che credeva d’essere una donna.
Fin dal primo momento che sono entrato in questa “famiglia”, mi sono sentito a disagio. Certo ero piccolo, ma capivo che quelle persone non avrebbero potuto essermi padre e madre. L’uomo, sebbene buono e affettuoso, non mi ha mai dato un abbraccio paterno, e anche il suo compagno, che pensava d’essere una donna, non poteva darmi psicologicamente quell’ amore, che solo una madre – vera donna, non importa se biologica od adottiva – avrebbe saputo donarmi.
Ho cercato di far capire che soffrivo, ma le maestre prima e i professori poi, dicevano che lo facevo per attirare l’attenzione, e l’uomo, impostomi come “genitore innaturale”, che mi ha preso con se, scaricava le colpe sui miei compagni di scuola, che mi emarginavano perché loro avevano dei genitori, naturali o adottivi, eterosessuali, per questo – secondo lui – facevo i dispetti, o a volte picchiavo ragazzi, sia e ragazze.
La verità è un'altra. Io non ho chiesto, né mai voluto essere adottato da un uomo che vive con un altro uomo. Io, anche se non ho conosciuto il mio vero padre e la mia vera madre, ma avevo sempre desiderato una famiglia normale, che mi amasse, magari con dei fratellini, però i Grandi, gli adulti, che pensano solo da adulti, e mai da bambini, ragazzi o adolescenti, hanno dogmatizzato, legiferando, che secondo la Legge dell’Unione Europea, doveva essere giusto non per il bambino, ma per l’uomo adulto, discriminandomi e ghettizzandomi, per colpe non mie, il futuro.
Ho passato serate a piangere, con la testa sotto il cuscino, sognando l’abbraccio di una mamma, il calore di un suo sorriso, non quella barba, sempre mal fatta, del compagno – che si pensava di poter essere donna e madre – della persona che mi ha adottato.
Questi poi,volevano che li chiamassi papà e mamma, ma nessuno dei miei amici, o dei miei compagni di scuola, ha ma una mamma con le sembianze fisiche di un uomo, oppure volevano che li chiamassi, se mi faceva sentire più a mio agio, papà e papà, ma anche in questo caso, nessuno che io conosco ha due papà che vivono “assieme” nella stessa casa.
Non sono vissuto in una “famiglia” normale,, anzi non ho proprio vissuto una vita normale. Ho vissuto in una casa, con due uomini, che per loro ammissione, quando parlavano tra di loro – credendo che non li sentissi – dimostravano tutto il disprezzo per la donna, a volte anche per le loro stesse madri che li avevano messi al mondo. Ed io vendendo con quanto amore gli altri bambini erano circondati da queste donne stupende, mi faceva arrabbiare ancor di più.
Ho sofferto pesi, condanne e colpe indicibili per sedici anni, portandomi una croce, che altri mi hanno imposto. Non ho rancore nei confronti dei miei genitori biologici che non mi hanno voluto, che mi hanno abbandonato e rifiutato, forse avevano ragioni che non conosco per comportarsi così, per questo li perdono. Ma, non posso perdonare uno Stato, un Unione Europea, che mi ha costretto a vivere da diverso, che mi ha imposto una “famiglia” falsa, innaturale, inesistente in natura, una famiglia morta, ancor prima di veder la luce perché senza speranza di futuro e d’evoluzione.
Lascio questo mondo, questa vita miseramente e dolorosamente vissuta, facendo esattamente quel che ogni “famiglia” omosex fa a se stessa:la morte personale e sociale dell’individuo. Me ne vado da questo mondo, senza nessun odio o rancore, verso chi mi ha cresciuto, ma pongo fine alla mia vita, odiando e maledicendo quanti, in nome dei diritti dell’Uomo, si dimenticano, o non vogliono vedere, che prima dei diritti dell’Uomo vengono sempre i Diritti del Bambino, e sapendo di non aver vissuto come bambino, non voglio vivere come uomo, per diventare, come quelli che hanno dichiarato la mia morte psicologica, familiare e sociale.
Addio madre e padre, genitori naturali sconosciuti. Spero di incontrarvi nell’altra vita, dopo la morte, se questa – secondo una fede che ho sempre cercato, ma non ho mai trovato – vita esiste.
Mario
Marco Bazzato
23.01.2008