sabato 30 dicembre 2006

Pacs: perché no

Continua il dibattito tra i favorevoli e i contrari ai Pacs. Lasciando all’angolo l’appello del Papa sul valore dell’integrità della famiglia, in quanto avendo ribadito un ovvietà naturale ed anche storico-sociale, non si capisce perché, specie da parte della sinistra italiana, e ormai da alcuni settori del centro destra, ci sia un appiattimento a favore di un riconoscimento legale dei medesimi, in quanto per decenni è stata la sinistra stessa ad attaccare l’istituzione del matrimonio sia esso religioso, sia celebrato davanti ad un ufficiale dello stato civile.
Questi signori dopo aver predicato per anni l’inutilità del vincolo matrimoniale, spingendo verso la dissoluzione dei civili canoni legali, ora si sono resi conto che la presunta libertà predicata, è diventato un problema sociale di difficile soluzione. Ma l’ammissione degli errori politici non fa parte del patrimonio culturale della politica stessa indipendentemente dal colore d’appartenenza, ecco perché affetti dal virus della viltà preferiscono spingere l’opinione pubblica verso la legalizzazione di forme di convivenza che potrebbero già da ora essere sancite dal un normale contratto matrimoniale davanti ad un ufficiale comunale, ma se poi la scusa dei pacs è usata come cavallo di troia per legalizzare anche le unioni eterofobiche, che potrebbero essere sancite con un contratto davanti al notaio, mentre si preferisce l’affondo alle radici della società stessa.
È evidente il fatto che si vorrebbe far superare e dimenticare il concetto di famiglia tradizionale, e che giunti a questo punto si dovrebbe usare il nome di famiglia vera o reale, in quanto è l’unica che nel nome del bipolarismo delle figure genitoriali assicura stabilità, emotiva e psicologica all’interno del nucleo naturale stesso di base della società.
Molti mi hanno accusato di posizioni filovaticane, clericaleggianti, attaccate alla tonaca di un moralismo superato e becero, quando in precedenza espressi queste posizioni non integraliste, ma ancorate alla naturalità della vita stessa, nata e sviluppatasi attraverso i secoli molti millenni prima della religione cristiana, additandomi come nemico delle diversità, di strette visioni mentali, e quant’altro.
A tale proposito una lettrice mi ha scritto:Mi i spiace che nel 2006 ci si aggrappi ancora alle leggi naturali per giustificare o meno la presenza di tutele sacrosante. Vorrei porre alla tua attenzione una mostra che sta avendo un grande successo ad Oslo e che dimostra come l'omosessualità sia un comportamento normale in centinaia di specie animali.
Tesi rispettabile, ma bislacca, in quanto si dimentica che la natura ha le sue leggi immutate dalla notte dei tempi, e la volontà limitata, politica e parziale di parificazione alle leggi naturali, è un sovvertimento della natura stessa, perché come adduce la lettrice, ci sono centinaia di specie omosessuali, omettendo che sul pianeta ci sono centinaia di migliaia di specie animali, e questa percentuale omeopatica che sfugge ai canoni naturali anche nel regno animale, null’altro che un’anomalia nella natura stessa. Parificare l’anomalia significa dare un risalto numericamente improprio all’anomalia stessa, mettendo in secondo piano la naturalità delle centinaia di migliaia di specie animali presenti sulla terra. Se poi un uomo desidera paragonarsi ad un bufalo, o ad un'altra specie animale per giustificare certe tendenze sessuali, questa è una sua libera scelta, ma non significa, che tutti si debbano sentire felici di tale paragone. Ma il culmine arriva, quando si parla di tutele sacrosante, usando la santità come scusa politica facendo impropriamente leva sui sentimenti religiosi, che nulla hanno a che fare con comportamenti e/o leggi della società laica.
Educatamente ho risposto che Io non mi aggrappo a false presunte leggi naturali, se sei in grado di smontarmi con i fatti e prove che queste leggi naturali sono fallaci, fammelo sapere, saro' felice di prenderne visione e discuterne.
Credo che sia doveroso partire da un assunto storico. Mai fino al pochi decenni fa si è pensato a dare uno status giuridico alle coppie eterofobiche, non perché la società non fosse pronta o indifferente, ma perché la storia stessa ha insegnato l’inutilità di una regolamentazione di fatti privati che toccano la sfera affettiva, sentimentale e carnale di due unità, ma che la somma dei loro presunti sentimenti non potrà mai portare naturalmente a tre o più, ma sarà uguale a zero, perché impossibilitati a portare all’evoluzione della specie tramite la procreazione naturale.
Se viviamo in uno stato civile, laico, aperto alla civiltà giuridica, le istituzioni dovrebbero farsi promotrici di un referendum propositivo affinché il cittadino possa esprimere senza condizionamenti il proprio convincimento, non come astrazione di pensiero, ma liberamente orientato verso il nucleo familiare che l’ha generato, indicando così se è favorevole o contrario allo stravolgimento giuridico delle realtà biologiche della vita. Il legislatore, che spetterebbe essere al disopra delle parti, non dovrebbe farsi condizionare da lobby di pressione seguendo, a responso avvenuto, quello che i cittadini e il popolo sovrano vuole nel segreto dell’urna referendaria, non quanto dichiarano nei sondaggi, dove sovente i pensieri sono contrari a ciò che si sente realmente, perché sovente rendere pubbliche le riflessioni personali è considerato pericoloso e ipocritamente politicamente scorretto.
Facendo una ricerca nella rete si può appurare che non sono più di una quarantina i paesi nel mondo che hanno una legislazione a favore dei pacs per le coppie eterofobiche, il che rispetto alle centosessantaquattro nazioni accreditate all’ONU, risultano essere una minoranza delle medesime. Questo porta a dedurre, che gli Stati che una legislazione orientata verso la tutela delle unioni, convivenze o matrimoni eterosessuali non sono nazioni regredite intellettualmente o culturalmente, barbare, ignoranti, insensibili, o quant’altro di dispregiativo o regressivo si possa scrivere o semplicemente penare, bensì Paesi prudenti, e accorti, che non si fanno condizionare dalle tenenze del momento, ma desiderano mantenere forte il peso delle loro tradizioni storico-sociali e culturali, auspicandosi di cedere il più tardi possibile, utopicamente mai, alle pressioni delle lobby. Questo indurrebbe a sperare forse vanamente che tuttora, a larga maggioranza planetaria, regge un solido argine di convinzioni etiche e morali radicate, augurandosi che non vengano spazzate via dal vento progressismo radicale di quanti vorrebbero stravolgere convinzioni di coscienza, pensieri individuali, sociali, religiosi e culturali acquisiti a livello sovrannazionale dall’uomo nel corso della sua evoluzione.

Marco Bazzato
30.12.2006
http://marco-bazzato.blogspot.com/

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