martedì 12 dicembre 2006

Conferenza Iraniana dei negazionisti. L’Europa ha torto o ragione?

In questi giorni i media si sono scatenati contro l’Iran ed il suo presidente che ha indetto una conferenza per negare l’olocausto, usando come frasi ad effetto il fatto che vuole cancellare Israele dalla cartina geografica.
Entrare in merito sulle motivazioni politiche di questo sinistro personaggio, esula dalle competenze di questo scritto, anche se l’opinione pubblica internazionale è shoccata dalle dichiarazioni rivoltanti del medesimo.
Ma la conferenza ha nell’atrocità del tema trattato una valenza che non deve essere né sottovalutata, e né negata, cioè quello di portare sotto i riflettori personaggi forse ambigui, forse discutibili, ma che in occidente non avrebbero potuto avere un tale riscontro mediatico, avendo libertà di parola, paradossalmente nel chiuso mondo islamico più integralista.
Ultimamente si fa un gran parlare di revisionismo storico, come forma estrema di negazione dei tragici eventi avvenuti durante la seconda guerra mondiale, soprattutto sotto il regime nazista, ma se l’obbiettivo politico del presidente iraniano era quello, allora indipendentemente da quanto i media internazionali paventano, il colpo mediatico è andato a vuoto, in quanto la storia in se stessa non può né essere cancellata, o negata, ma può essere rivista alla luce di nuovi fonte storiche, di nuove opinioni e calcoli statistici, supportate anche dall’ausilio delle nuove tecnologia, che sebbene differiscano dalle cifre ufficiali, non andrebbero sottovalutate, ma usate come metro di paragone e confronto rispetto alla storiografia ufficiale. La comunità accademica degli storici internazionali, non influenzati delle politiche dei governi dovrebbe avere l’onestà intellettuale di prenderli in considerazione, perché se falsi, inventati, o deliberatamente fuorvianti potrebbero mettere finalmente la parola fine alle speculazioni, ma se per disgrazia alcuni dati fossero esatti, si dovrebbe rivedere per onestà storica e per rispetto che si deve ad ogni singola vittima del nazismo, e ai sopravvissuti del medesimo.
La storia come tutte le discipline accademiche non vive di dogmi incontrovertibili, e assolutistici, la storia, come ogni realtà prodotta dal genere umano è costellata d’errori, di dati passati per veri, dove però il diritto di replica o dell’opinione difforme è negato. Una nuova discussione sugli eventi atroci fatti e disumani che hanno funestato di morte e sangue il ventesimo secolo sarebbe meritevole d’approfondimento.
L’Europa ha perso un’occasione, forse spinta da pressioni politiche e da poca apertura intellettuale da parte dei politicanti di mestiere, per farsi garante aperto e senza pregiudizi della verità storica. Doveva essere l’Unione Europea ad indire una conferenza o proporre nuovi seminari di studi ponendo fine allo spettro del revisionismo negazionista, ma forse per viltà, per piaggeria nei confronti di qualche entità politica ha lasciato che ciò avvenisse fuori del contesto Europeo dove lo sterminio si è compiuto.
Negare la realtà delle camere a gas, e dello stermino sistematico d’esseri umani da parte del nazismo, sarebbe come negare che l’acqua bolle a cento gradi, quindi sarebbe come voler nascondere il sole dietro un foglio di carta nero, ma è altresì necessario non bruciare quel foglio di carta nero, ma capire, conoscere e approfondire, perché esistono ancora delle zone d’ombra, delle opinioni che non collimano con la verità. La verità stessa non deve aver paura delle opinioni divergenti, perché se fallaci e arbitrariamente manipolate e false, sarebbero nuovamente annichilite dai fatti stessi, mentre se la verità si nasconde dietro a frasi ad affetto e altisonanti, richieste di perdono a soggetti non fisicamente nati e coinvolti negli eventi storici, può indurre a pensare ad una forzatura della libertà di pensiero e di parola dei singoli, andando ad intaccare i valori costituzionali della libertà d’espressione sanciti nella costituzione Italiana.
Lo spirito di chiusura acritico specialmente della politica, involontariamente è a totale vantaggio dei negazionisti, in quanto li mette l’occhio dell’opinione pubblica come dei perseguitati, come degli esuli, correndo il rischio di ottenere l’effetto contrario, dove la verità anziché uscirne rafforzata, ne esce indebolita, contribuendo a creare quell'opinione spesso taciuta, ma presente forse in tanti cittadini che ci sia la paura del confronto costruttivo d’idee, anche se discordi.
È strano che un consesso politico e culturale, dove secondo taluni si dovrebbe essere aperti ad accogliere ogni tipo di differenza di pensiero, ogni cultura, nel nome dell’inteculturalità sociale, si abbia paura della cultura e della conoscenza storica diversa da quella ufficiale.
Ci troviamo innanzi ad una forma di pericolosa censura imposta, dove in una società desiderosa di conoscere fino in fondo le proprie radici storiche, dovrebbe avere il coraggio di scavare sotto lo strado di conoscenza collettiva, spesso vista da un’unica angolazione, mentre la storia stessa per vivere di realtà propria ha bisogno di tutte le componenti, anche all’antitesi, altrimenti scivola nel pericoloso inganno della costrizione al pensiero unico tipico dei regimi totalitari.

Marco Bazzato
12.12.2006
http://marco-bazzato.blogspot.com/

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