venerdì 22 dicembre 2006

Intervista esclusiva allo psicostorico Iakov Levi



Chi e’ Iakov Levi?

Sono uno psicostorico. La psicostoria è la scienza che studia le motivazioni psicologiche, che sono sempre inconsce e latenti, alle radici degli eventi storici . Come lo psicoanalista analizza le radici inconsce dell’agire del singolo, lo psicostorico analizza l’agire collettivo e quello che lo ha motivato. I presupposti sono gli stessi: le motivazioni reali non sono mai quelle dichiarate consciamente. Sotto allo strato superficiale delle dichiarazioni manifeste si celano motivazioni ben diverse. Alcuni psicostorici credono di poter cambiare il corso della storia scoprendo le motivazioni inconsce dell’agire collettivo, e predicando una soluzione. Io non mi trastullo con simili fantasie di onnipotenza. Il mio scopo è il piacere personale della scoperta della verità. E siccome la verità è donna, mi considero soddisfatto dal piacere del raggiungimento dell’oggetto della mia libido.
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1.Alla luce dei miti e della visione giudaico-cristiane, come si puo’ leggere oggi la deflorazione femminile e che valore assume la verginita’ nell’odierno contesto sociale?

L’attitudine dei popoli verso la verginità cambia in concomitanza alla propria evoluzione psicologica collettiva, come anche le religioni, che ne sono l’espressione. Come ci ha mostrato Freud in “Il tabù della verginità”, i popoli primitivi avevano un sacro orrore di questa condizione della donna. Nelle tribù primitive le vergini venivano deflorate dallo stregone o manualmente da una vecchia. Anche i popoli semiti del Medio Oriente Antico erano molto restii ad avvicinarsi ad una donna ancora vergine. Come descritto da Robertson Smith, in Siria, Palestina e Cipro pagavano degli stranieri affinché deflorassero le donne da maritare. La verginità era dunque considerata un difetto e non una virtù.
Mi sembra che l’attribuzione di una normatività di carattere morale alla verginità sia una conseguenza diretta dell’aumento del senso di colpa collettivo. Dall’orrore, che provavano i primitivi, siamo gradualmente passati all’attribuzione di una valutazione positiva: da difetto è diventata virtù. Nel Medio Oriente semitico, i primi ad attribuire un “prezzo” alla verginità sono stati gli ebrei, dopo il ritorno dall’esilio babilonese. Il senso di colpa stimolato dalla perdita della terra e dell’indipendenza nazionale, si tradusse in monoteismo e in una legislazione sessualmente repressiva, mentre prima, come gli altri loro vicini semiti, indulgevano in costumi estremamente permissivi.
In Occidente l’evoluzione è più complessa, ma sembra che anche qui l’attribuzione di una normatività positiva alla verginità per sé sia stata una cosa piuttosto tarda. Solo con il cristianesimo questa fu innalzata a valore assoluto. Prima oscillavano tra i due poli: permissività e repressione. Tuttavia, anche in Occidente la traccia mnestica dell’ambivalenza emotiva verso la verginità femminile rimase nel famigerato costume del Ius primae noctis. Apparentemente questo era il diritto, attribuito al despota locale, di deflorare le vergini prima che potessero consumare il matrimonio con il marito. Noi uomini moderni interpretiamo questo costume come una sopraffazione tirannica del più forte sul più debole: un sopruso perpetrato nel contesto di un regime dove i più socialmente deboli erano privi di diritti civili e umani. Tuttavia, la radice inconscia di questo costume ci riallaccia al costume primitivo di far deflorare le vergini da uno stregone, una vecchia o da uno straniero. Per il nostro inconscio arcaico, quello del Ius primae noctis non è dunque un diritto del signore, ma un dovere. Questi si accollava lo spiacevole compito di deflorare le vergini, per risparmiare ai suoi sudditi le conseguenze nefande, implicite nell’atto. Nella sovrapposizione posteriore, quello che era stato originariamente un dovere, diventò un diritto, e come tale è passato alla storia.
Le oscillazioni nell’attribuire una valenza positiva o negativa alla verginità continuano fino ai giorni nostri. Se nell’ottocento l’illibatezza era considerata la virtù per antonomasia della ragazza da maritare, oggi, sotto le spoglie della razionalizzazione manifesta di una permissività sessuale, che a mio parere è più ostentata che sentita, la valenza negativa della condizione di verginità sta diventando preponderante. Siamo a un passo dal pagare nuovamente uno straniero affinché deflori le donne al posto nostro.

2.Ha un senso parlare di illibatezza oggi, oppure quest’idea corrisponde ad una visione arcaica e superata dalla moda e da un nuovo ordine sociale?

L’arcaico non è mai superato, ma solo rimosso, e in attesa di riemergere nuovamente. Come dice l’Ecclesiaste, “non c’è niente di nuovo sotto il sole”.
Per dirla con Nietzsche: “Non temete il flusso delle cose: questo flusso ritorna in se stesso: e fugge da se stesso non solo due volte. Tutto quanto "era" diventa di nuovo un "è". Il passato morde la coda al futuro” (Frammenti postumi 1882 - 1884 , 4 [85]).


3.L’uomo porta in se, secondo la tradizione ebraica il valore esperenziale del vissuto nel grembo materno, e con la nascita dimentica e piange questo vissuto di nove mesi. Come puo’ recuperare e riscoprire quanto in lui rimosso? Puo’ avvenire solo tramite la conoscienza storica del suo passato, oppure deve orizzontare i propri pensieri verso una visione piu’ olistica e gnostica, che sappia condurlo verso una fonte d’illuminazione piu’ profonda?

Preferisco citare coloro che hanno già risposto alle questioni che ci assillano, piuttosto che cercare di dire qualcosa di nuovo, che potrei esprimere solo in maniera più maldestra. Nietzsche ci ha detto:

“Ogni estensione della nostra conoscenza sorge dal render cosciente ciò che è inconscio” (Frammenti postumi 1969 - 1974, 5[89]).
Tutte le valutazioni e gli “interessi” che abbiamo posto nelle cose cominciano a perdere il loro senso, quanto più regrediamo con la nostra conoscenza fino a giungere alle cose stesse. Con la piena cognizione dell’origine aumenta l’insignificanza dell’origine
: mentre la realtà più vicina, quel che è intorno e dentro di noi, comincia a poco a poco a mostrare colori e bellezze ed enigmi e ricchezze di significato (Aurora, 44).
Vicinanza della mendicità. Anche lo spirito più ricco ha perduto talvolta la chiave della camera in cui giacciono ammassati i suoi tesori, ed è allora simile al più povero, che deve mendicare per vivere ( "Opinioni e sentenze diverse", 375, in II Umano troppo umano).
Per quanto l'uomo possa espandersi con la sua conoscenza, apparire a se stesso obiettivo, alla fine non ne ricava nient'altro che la propria biografia ("L'Uomo con se stesso", 513, in I Umano, troppo umano ).
Suum cuique. Per quanto grande sia l'avidità della mia conoscenza, non potrò estrarre dalle cose nient'altro che già non mi appartenga - mentre ciò che possiedono gli altri resta nelle cose. Com'e possibile che un uomo sia ladro e predone? (La Gaia Scienza, 242)
In definitiva, nessuno può trarre dalle cose nient'altro che quello che sa già, chi non ha accesso per esperienza a certe cose, non ha neppure orecchie per udirle ("Perché scrivo libri così buoni", 1, in Ecce Homo)
“Conosci te stesso” è tutta la scienza. Solo alla fine della conoscenza di tutte le cose, l’uomo avrà conosciuto se stesso. Le cose infatti sono soltanto i limiti dell’uomo (Aurora, 48).
I sistemi filosofici sono la forma più modesta in cui si possa parlare di sè stessi - una forma poco chiara e balbettante di memorie (Frammenti postumi 1969 - 1974, 79).
La psicoanalisi ha dimostrato quanto ciò sia preciso.

4.Possiamo considerare la nascita come una morte al contrario? Perche’ se dall’assenza di vita prima del concepimento, con la nascita l’uomo assurge delle vesti fisiche, perche’ allora questo timore della morte, visto che alla fine null’altro e’ che un ritorno alla non vita, prima della nascista stessa?


Le vesti fisiche sono le uniche che l’uomo abbia. Lo “spirituale” non è altro che una trasformazione, chiamiamola pure sublimazione, di un bisogno fisico. E il bisogno è una conseguenza dell’essere. Con la nascita, ma direi anche prima, con il concepimento, si creano quelle tensioni, che chiamiamo bisogni, e che esigono la scarica.
Nel nostro inconscio, la nascita è senz’altro considerata “una morte al contrario”. Freud ha articolato la proposizione in “Al di là del principio di piacere”. La materia organica viene da quella inorganica. La tendenza naturale a ritornare allo stato precedente rappresenta la prima pulsione, che Freud ha definito “La pulsione di morte”. La vita non è dunque che un sovvertimento dell’ordine precedente. L’unica maniera per eliminare la tensione inerente al cambiamento è di morire.
Il timore della morte non è altro, dunque, che un meccanismo di difesa contro una richiesta pulsionale. Quella più forte di tutte. Le pulsioni dell’Eros (= vita) sono quelle che contrastano la pulsione di morte. La più forte e la più completa delle pulsioni dell’Eros è la pulsione genitale. Da qui, il terrore di castrazione e il terrore di morte sono equivalenti.

5.L’uomo cerca attraverso i riti e le iniziazioni, il concetto della rinascita. Esiste un motivo incoscio di questa elaborazione dell’uscita dal ventre materno?

Direi che il concetto di rinascita è motivato dal bisogno di sopprimere la vita precedente, che viene avvertita come carica di contenuti aggressivi ed incestuosi, quello che le religioni chiamano “il peccato originale”. Il morire e il rinascere dei riti d’iniziazione significano la rinuncia a quelle pulsioni che sono considerate socialmente inaccettabili. Rinascere da un utero “paterno”, invece che da quello originale “materno”, significa rinunciare all’oggetto incestuoso e alle pulsioni aggressive verso il genitore dello stesso sesso attraverso il meccanismo di identificazione. Il modello è sempre quello dell’utero, ma attraverso l’accorgimento del rito iniziatico la sua sostanza viene cambiata da materno a paterno.

6.Chi e’ Iakov Levi?

Sono uno psicostorico. La psicostoria è la scienza che studia le motivazioni psicologiche, che sono sempre inconsce e latenti, alle radici degli eventi storici . Come lo psicoanalista analizza le radici inconsce dell’agire del singolo, lo psicostorico analizza l’agire collettivo e quello che lo ha motivato. I presupposti sono gli stessi: le motivazioni reali non sono mai quelle dichiarate consciamente. Sotto allo strato superficiale delle dichiarazioni manifeste si celano motivazioni ben diverse. Alcuni psicostorici credono di poter cambiare il corso della storia scoprendo le motivazioni inconsce dell’agire collettivo, e predicando una soluzione. Io non mi trastullo con simili fantasie di onnipotenza. Il mio scopo è il piacere personale della scoperta della verità. E siccome la verità è donna, mi considero soddisfatto dal piacere del raggiungimento dell’oggetto della mia libido.

7.Perche’ ha lasciato l’Italia? E che sentimenti prova nei confronti di questo paese?

Direi che l’Italia è un paese in cui torno sempre volentieri

8.Che ne pensa del popolo Bulgaro che ha salvato i suoi ebrei?

Purtroppo conosco molto poco il popolo Bulgaro. Generalmente gli ebrei di estrazione bulgara che vivono in Israele ne parlano sempre con affetto e con ammirazione.
E’ molto edificante sapere che nei momenti più bui della storia europea ci sia stato qualcuno al di sopra di quell’orgia di pulsioni bestiali che hanno caratterizzato il periodo.


9.La societa’ contemporanea tende ad identificare la Shoa come il male assoluto del ventesimo secolo, qual’e il nuovo male assoluto del ventunesimo secolo?

Il male assoluto del ventunesimo secolo è la mancanza di volontà dell’Occidente di difendere i propri valori con fermezza e determinazione, di fronte ad un Islam fondamentalista che dichiara di volerli distruggere, e agisce in questa direzione con il fanatismo del paranoico. La forza del nemico è sempre la propria debolezza. I nazisti volevano imporre il proprio stampo criminale alla società occidentale, mentre l’Islam la vuole distruggere. I secondi sono ancora più pericolosi per la civilizzazione dei primi. Psicoanaliticamente parlando, il nazismo era l’articolazione ideologica del sadico – anale, che vuole imporre, comandare, dominare e tormentare, mentre il fondamentalismo islamico rappresenta l’articolazione ideologica del sadico- orale che desidera distruggere totalmente l’oggetto della sua libido, e sé stesso in un’unica condensazione. Stiamo trattando, dunque, con una fase di organizzazione libidica molto più regressiva di quella articolata dal nazismo, e quindi ancora più distruttiva.

10.L’uomo alla luce di quanto quotidianamente leggiamo puo’ sperare in una qualche forma di redenzione o cambiamento dei modelli comportamentali che lo portino a superare le barriere xenofobe e di differenze religiose e culturali?

Non mi sembra di vedere niente di nuovo nei patterns comportamentali attuali, che possa indurre a coltivare ideologie messianiche diverse da quelle del passato. L’uomo è e sarà sempre lo stesso, vittima delle proprie tensioni pulsionali che cerca di scaricare come può. Le soluzioni che trova hanno un carattere ciclico. A periodi di tolleranza e di permissività si susseguono periodi di tirannia, intolleranza e orge di distruzione, e vice versa.

11.Il consiglio che lei darebbe a quanti volessero affacciarsi, non solo al mondo della psicanalisi, ma al mondo della comprensione interiore di se stesso?

Le due cose sono una sola. La psicoanalisi ci ha insegnato la metodologia attraverso la quale diventa possibile il ricollegarsi con sé stessi. Non conosco un’altra maniera. Direi che non esiste un mondo della psicoanalisi separato dal mondo in generale. La prima rappresenta la metodologia con la quale affrontare il secondo. E’ un po’ come se mi chiedesse se è possibile affacciarsi al mondo della chimica prescindendo dalla conoscenza degli atomi e molecole.
Nel nostro caso, come sia possibile comprendere l’agire umano prescindendo dal motore che lo motiva.

12.Esiste un collegamento tra la fede, la psicanalisi e l’uomo?


La mitologia, la religione e la fede sono espressioni dei bisogni interiori dell’uomo, che sono bisogni fisici trasfigurati in spirituali. La psicoanalisi cerca di decodificarli, ovvero di comprendere la loro sostanza reale, spogliandoli dalle sovrapposizioni posteriori, che sono un meccanismo di difesa, ovvero, delle razionalizzazioni.

13.Gli scritti di Freud hanno ancora il valore rivoluzionario che ebbero in passato, o sono state superate?

Risponderò con una frase di Peter Gay, uno dei biografi di Freud: “Freud sentiva un certo orgoglio nel disturbare il sonno dell’umanità, e l’umanità gli ha risposto trivializzandolo, diluendolo, o trovando ragioni per ignorarlo” (Peter Gay, "Introduction," in The Freud Reader)
Mi sembra che questa frase sintetizzi perfettamente la situazione attuale. Freud non ha proposto una filosofia, che come tale può essere “superata”. Freud ha scoperto una metodologia, quella delle libere associazioni, che può condurci, come il filo di Arianna, alla scoperta della verità. Chi non vuole avvicinarsi alla verità dichiara questa metodologia “superata”. La resistenza alla psicoanalisi è un fenomeno ben conosciuto. Fa parte dei meccanismi di difesa attivati dall’Io per mantenere soluzioni che sono costate un grande investimento energetico. Disinvestirsi è penoso, e la creatura umana cerca di rifuggire la pena come può.

14.Un’ultima domanda: cos’e’ la liberta’ secondo Lei?

La libertà è sentirsi a proprio agio nella casa nella quale si abita.


© Intervista esclusiva di Marco Bazzato e Vessela Lulova Tzalova

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