venerdì 2 ottobre 2009

Roman Polanski non vuole essere estradato


Prima o poi la mannaia della giustizia colpisce, decapitando i colpevoli. Non importa che essi siano sporchi assassini, barbari pedofili o osannati registi. Ne sa qualcosa il polacco Roman Polanski,che dal 1978 dopo aver violentato, drogato e sodomizzato una ragazzina di 13 anni, è fuggito dagli Stati Uniti, sua seconda patria, per rifugiarsi in Francia, paese che notoriamente accoglie ogni genere di feccia sociale, venduta al volgo come perseguitata in patria. Il regista Premio Oscar è stato arrestato il 26 settembre 1969 su mandato di cattura internazionale statunitense, eseguito in Svizzera, dove il fuggitivo si era recato per ricevere un premio.


Come sempre accade quando c’è di mezzo un intellettuale pervertito, sia esso letterato o regista, ecco che la solidarietà pelosa dei colleghi inizia a battere la gran cassa mediatica internazionale, per salvare, non il sodomizzatore schifoso dalla gogna, ma il grande regista, il premio oscar, che però in questa circostanza sono la medesima persona. Dal giorno seguente all’arresto del pedofilo latitante, è scattato il barbaro rito degli appelli sperticati per la liberazione del sodomizzatore della tredicenne.


Fa repulso pensare che questi fini intellettuali, per ragioni totalmente estranee all’umanità nei confronti della vittima, sposino le tesi difensive del carnefice, appellandosi al fatto che sono ormai passati 32 anni dall’atto brutalizzante violenta e che la ragazza, ormai di mezza età, l’abbia pubblicamente perdonato. Irrilevante. La giustizia non deve abbassarsi a questo becero pietismo da osteria, ma elevarsi oltre il tempo e il perdono della vittima, punendo moralmente, oltre che penalmente, con il pubblico ludibrio, specie se questi è una stella del firmamento cinematografico, seppur dietro la macchina da presa.


È un’offesa per la giustizia stessa sapere che tanti pezzi da 90 si sono scomodati per difendere un pedofilo, facendo passare un messaggio volgare e banalizzante, dove tutto è permesso, se si hanno alle spalle gli adeguati gruppi di pressione che muovono l’opinione pubblica in una direzione o in un'altra.


Polanski – senza dimenticare la sua storia personale, il dramma della morte della madre ebrea in un campo di concentramento nazista, la barbara uccisione della giovane moglie all’ottavo mese di gravidanza – deve essere trattato al pari di ogni altro cittadino. Non importa se costui è un Premio Oscar, ritirato per suo conto da Harrison Ford, per paura dei braccialetti ai polsi, cosciente che prima o poi la tegola giudiziaria avrebbe bussato alla sua porta, in quanto proprio in virtù del suo tragico passato, da vittima si è trasformato in carnefice. E dare solidarietà a dei carnefici, indipendentemente da quale sia stata la loro storia passata, mette i firmatari sullo stesso piano del colpevole.


Se il pedofilo sodomizzatore non si fosse chiamato Roman Polanski, gli intellettuali si sarebbero mobilitati, oppure avrebbero scritto editoriali che alla fine il pervertito è stato fermato per essere consegnato alla giustizia?


È il solito sinistro imbarbarimento, che non conosce colore politico, ma solo ignominia per il relativismo con cui sono trattati i soggetti, rei d’essersi macchiati di colpe abominevoli. Non importa che questi siano pericolosi terroristi, schifosissimi pedofili, cinici politici senza paura d’arricchirsi, facendo i propri interessi, o finanzieri con le toppe al culo che campano sulle spalle dei cittadini, incassandosi gli utili, e facendo ricadere le predite societarie sulla società, sono tutti della stessa squallida pasta.


Ma va ricordato che difendere un pedofilo, abominevole bestia sub umana, che da vile fugge all’estro per non affrontare un giusto processo, è la cosa più abietta che un intellettuale, che ha la pretesa d’essere tale, possa fare, quando non è la propria figlia ad essere stata selvaggiamente drogata e brutalizzata analmente. E firmare appelli a favore di un pedofilo, potrebbe essere anche indice di collusione morale con l’esecrabile fatto, e questo un intellettuale che ha la pretesa d’essere tale, non dovrebbe mai farlo.

Marco Bazzato
02.10.2009
http://marco-bazzato.blogspot.com/

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