venerdì 17 novembre 2006

No vaticano alla satira


Gli strali non ufficiali del Vaticano si abbattono sulla satira e sui comici, che hanno avuto origine da un articolo di Avvenire del 11.11.2006 (1) colpevoli d’essersi macchiati del reato di lesa maestà. Monsignor Georg Gänswein, il segretario di Benedetto XVI, ha commentato ieri le trasmissioni satiriche sul papa (2).
Il Ridge teutonico ha a detto tra l’altro: “Spero che trasmissioni di questo tipo smettano: d'accordo la satira ma queste cose non hanno livello intellettuale e offendono uomini di Chiesa. Non sono accettabili” (3).
L’anatema (4) d’oltretevere ha avuto la consueta grancassa mediatica che si conviene ad ogni parola che giunge da quel piccolo stato straniero situato all’interno delle mura capitoline. Naturalmente per non smentirsi, i giornali filovaticani, hanno preso come metro di paragone i regimi islamici più radicali, dove la censura e la sharia si abbattono come una mannaia sui colli dei colpevoli di profanazione alla religione. Forse il Vaticano si auspica lo stesso trattamento ai giullari e ai comici che irridono gli uomini di chiesa? Ma poi chi sono questi uomini di chiesa intoccabili? In primo luogo non si può far altro che prendere atto che sono persone prive di spirito, prive di allegria per la vita stessa, persone che indipendentemente dallo scamiciato nero che portano addosso, vorrebbero vedere i cittadini italiani, e quindi non cittadini dello Stato Vaticano, piegati e asserviti alle volontà divine da loro imposte.
Gli uomini di chiesa si sono mai chiesti se i cittadini italiani si sentono offesi ,quando aprendo i giornali leggono di preti arrestati per pedofilia? Persone che già in passato si erano macchiati di tali abomini, invece d’essere radiati dalla società religiosa, sono semplicemente stati spostati in altre parrocchie per continuare a solazzarsi sulle loro nefandezze a danno dei minori?
Il comico faccia il comico, e il prete eviti di fare il pedofilo, eviti d’andare a prostitute, a transessuali o con i gay, quelli sono i veri scandali, che devono essere portati alla luce (5). Un paese civile ha il dovere di difendere i cominci e la satira, ha l’obbligo di nono lasciarsi condizionare da uno stato straniero, o sovraterreno, che vorrebbe l’annichilimento del pensiero diversificato, a favore di un pensiero unico, che non tiene conto delle pluralità umane.
I comici italiani nelle loro satire a volte buone, altre meno, prendono di mira il potere, qualsiasi potere, non importa se italiano o straniero, tenendo vigili con la battuta, la goliardia lo spirito spesso addormentato degli italiani, mettendo all’indice, alla berlina tramite parodie o battute salaci, comportamenti, situazioni, tic caratteriali e comportamentali del potente di turno.
Se si dovesse dar seguito agli strali d’oltretevere, per il principio dell’eguaglianza assolutistica vaticana, allora il comico dovrebbe rimanere in silenzio, cambiare lavoro e rinchiudersi in un convento a meditare, visto che la satira non prende di mira solo il papa o gli uomini di chiesa, ma anche politici, subrette, e categorie comuni come massaie, contadini, industriali, operai, e intellettuali. Dando retta a questa corrente si arriverebbe alla cancellazione di ogni spettacolo d’intrattenimento, ad ogni possibilità di ridere e riflettere sui comportamenti umani e sociali della società stessa.
Viene da chiedersi se viviamo in uno stato laico, oppure in uno Stato costretto in modo diretto o indiretto a subire le pressioni, a volte eccessive da una potenza economica straniera che tra i sui cittadini ha il reddito medio pro capite di 407.095 Euro (6), e se i nostri comici ogni tanto non ci facessero sorridere anche innanzi a queste cifre, all’italiano medio, che fatica a sfamare la famiglia ed arrivare a fine mese, o parafrasando il celebre film del compianto Massimo Troisi: Non ci resta che piangere.

Marco Bazzato
17.11.2006
http://marco-bazzato.blogspot.com/

(1) db.avvenire.it/avvenire/edizione_2006_11_11/articolo_699140.html
(2) ilgiornale.it/a.pic1?ID=133968
(3) ilgiornale.it/a.pic1?ID=133968
(4) Zingarelli [vc. dotta, lat. tardo anathema, dal gr. anáthema ‘maledizione’, da anatíthemi ‘io pongo sopra, dedico’; 1619]
s. m. (pl. -i)
1 Nelle religioni greca e romana, consacrazione votiva agli dei inferi Nella religione cristiana, scomunica solenne contenente originariamente la maledizione dello scomunicato.
2 (est.) Maledizione: gettare, scagliare l'anatema contro qlcu.; fulminare qlcu. di anatemi.
3 †Chi è colpito da anatema.
(5) Vangelo di Tommaso versetto 5
(6) wikipedia.org/wiki/Citt%C3%A0_del_Vaticano

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