martedì 21 novembre 2006

La madre del delitto di Cogne ha stancato

Non se ne può più. Poche sere fa c’è stata l’ennesima puntata di Porta a Porta dedicata ad Anna Maria Franzoni, la mamma del piccolo Samuele ucciso a Cogne il 30 gennaio 2002.
Ormai si è visto tutto e il contrario di tutto, continando a dare spazio ad una vicenda personale che anche se ha avesse teoricamente sconvolto l’Italia nei fatidici giorni dell’omicidio del bambinino, oggi a distanza di quasi cinque anni ha superato ogni confine del buon gusto, del buon senso e del rispetto della dignità dei cittadini che siedono davanti allo schermo tv.
Non è possibile che una madre condannata in primo grado, anche se non con sentenza definitiva debba trovare così tanto spazio nei media nazionali, rilasciando interviste, scrivendo libri a quattro mani della sua vicenda, venendo trattata come una star e non come una presunta assassina, anche se non in forma definitiva? Certo esistono i tre gradi di giudizio, e nessuno è colpevole fino all’ultima senteza, ma da qui a cercare a tutti i costi l’assoluzione mediatica, dividendo il paese per una omicidio che non dovrebbe trovare i gradi di giudizio all’interno dei media, ma dentro le aule giudiziarie.
Forse al popolo Italiano che la Franzoni sia innocente o colpevole non interessa molto, ma popolo gode di questo spettacolo da circo, per passare il tempo e le serate nelle quattro stagioni dell’anno, visto che sovente oltretutto l’offetta non è delle più allettanti, anzi alcune serate sono addirittura scadenti.
Il caso di Cogne non è nè un caso culturale, nè un evento sociale, nè una qualsiasi altra cosa che elevi l’intelletto, anzi, indipendentemente dai fatti ancora nebulosi è uno dei tanti barbari omicidi irrisolti in Italia.
Una tv che da nei programmi d’approfondimento da troppo spazio ad una barbarie del genere, sfruttando il pietismo peloso della morte di un bambino, invece di trasmettere valori, trasmette l’elevazione del presunto colpevole a soggetto mediatico, usando con cinismo la morte di un bambino (nemmeno fosse l’unico) per riempire i palinsesti televisivi a tutte la ore del giorno con interminabili e logorrici approfondimenti, che non approfondiscono nulla, ma rimpinzano i conticorrenti degli ospiti in studio.
La signora Franzoni è innocente? La smetta di fare la primadonna e si lasci sottoporre ad una nuova perizia psichiatrica che fughi, si spera una volta per tutte, i dubbi e che la giuria la scagioni dalle accuse.
La signora Franzoni è colpevole? Lo Stato le da ancora l’opportunità di non farsi un giorno di carcere, sfruttando una perizia psichiatrica che la definisce insana di mente al momento dell’omicidio, ma che non sussitono i presupposti per la reiterazone del reato, e si chiude la faccenda, e torna ufficilamente pazza al momento dell’omicidio, ma sana tutti gli altri giorni della sua vita dal marito, dai figli, spengendo i riflettori.
Vuole andare in prigione da martire dello sistema giudiziario Si accomdo, nessuno glielo impedisce se ha così piacere di tornare dietro le sbarre per gridare al mondo fino al termine della condanna che lei non c’entra, bene. Tanto nel giro di pochi anni ci sarà un ennesimo indulto per svuotare le galere.
In questi giorni si è assistito all’ennesimo colpo di scena: la rinucia di Taormina a guidare il collegio difensivo, scaricando l’onere ad un avvocato d’ufficio, che sicuramente per mettersi al passo avrà bisogno di settimane se non di mesi per studiarsi gli atti processuali.
Anche questo colpo di teatro assomiglia ad un piano ben archiettato per allontanare e far slittare il più possibile il dibattimento, portando a pensare che alla fine il vero innocente è colui che vuole che la verità venga accertata il prima possibile, mentre queste pratiche dilatorie, fanno supporre ad una fuga dalla verità, ad un ennesimo tentativo di screditare la giustizia, fuggendo dalle aule dei tribunali per rifugiarsi con tutti gli onori che si competono ad un indagata e condannata in primo grado di un omicidio, sulle comode e ovattate poltrone degli studi televisivi, forse il luogo dove oggi questa primadonna, si sente a più agio, e trattata con i guanti bianchi.
C’è una domanda a cui però non ho si è trovata risposta sui media: ma chi veramente paga le spese processuali, le perizie di parte, investigatori, avvocati e quant’altro? Possibile che nessun giornalista abbia mai scavato in modo approfondito da dove, in quasi cinque anni i coniugi Lorenzi hanno trovato il denaro necessario, per far fronte i costi non indifferenti della giustizia? Non credo che nessuno abbia lavorato gratis o, tant’è vero che sarbbe interessante conoscere la cifra fino al giorno d’oggi spesa solo per le marche da bollo…

Marco Bazzato
21.11.2006
http://marco-bazzato.blogspot.com/

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