mercoledì 29 novembre 2006

Il dovere di far vedere il dolore e la morte

In questi giorni infuria la polemica sulle immagini del malore dell’ex presidente del consiglio Silvio Berlusconi, che è stato vittima di un collasso durante un comizio. Le immagini del presidente che vitreo sbarra gli occhi, mentre i sensi perdono il contatto con la realtà, oltre ad avere fatto il giro del mondo, hanno acceso l’ennesima discussione politica sulla necessità o no di trasmettere quei fotogrammi di sofferenza.
Se dietro a questa polemica sterile ed inutile polemica non ci fosse la sofferenza, vera o presunta, non possiamo saperlo di una persona, ci sarebbe da ridere per la quantità di sproloqui scritti in scala industriale. È giusto o no far vedere gli attimi di sofferenza di una persona in tv? Dietro a questa domanda idiota si nasconde tutta l’ipocrisia mediatica di cui il giornalismo contemporaneo soffre. Ma come? Viviamo forse nella realtà immaginifica della pubblicità, viviamo forse in un mondo ovattato dove non esiste né dolore, né morte?
Siamo alla panzana più nera, alla polemica becera, all’utilizzo strumentale della privacy della sofferenza di un politico, usata come paravento per comportamenti che sanno da Soviet Supremo. Ma come, se un politico va a visitare un ospedale, va a dare conforto a qualche famigliare sconvolto dal lutto per la perdita di qualche caro, allora lì vedere la sofferenza è un must, un obbligo, un imperativo, perché la plebe deve assistere all’indegno pietoso spettacolo della mercificazione del dolore privato, ma in quel caso il politico fa movimento d’opinione, odience naturalmente sulle spalle di chi soffre, ma se la stessa sofferenza, se gli svenimenti sono di un esponente politico, allora s’invoca il diritto alla riservatezza?
Ma che siamo tutti un popolo di buoi e creduloni. Il cittadino ha il diritto di vedere il politico che soffre, il politico che agonizza, che sviene, è un diritto, perché il cittadino deve vedere quegli stessi uomini che per ragioni di politica internazionale hanno mandato i nostri soldati a combattere e morire per qualche fasulla missione umanitaria, perché abbiamo poi visto i politici fare lacrime di coccodrillo davanti alle telecamere, mentre consolano i parenti di quei giovani morti per la “patria” petrolifera.
La verità è semplice, forse addirittura banale, vogliamo bandire il dolore e la sofferenza dai media e dall’informazione, vogliamo escludere quelle realtà umanamente agghiaccianti che possono colpire ognuno di noi. La morte è una bestia maledetta da esorcizzare, da non far vedere in tv. Ma basterebbe guardare i canali internazionali, a cosa trasmettono le tv straniere durante i loro servizi per rendersi conto del nostro becero provincialismo falso moralista. Basta aprire una televisione del medioriente per rendersi conto di quanto la morte in alcuni posti del mondo è una realtà costante, per rendersi conto che la sofferenza, il dolore, gli svenimenti, gli occhi sbarrati, non sono solo quelli del malore dell’ex premier, ma sono una costante maledetta, di cui, però ci turiamo il naso, chiudiamo gli occhi e fingiamo che non esista.
In tv si deve vedere più sofferenza, più sangue, più morti, più cadaveri dilaniati e arti smembrati, non importa a chi appartengono o che nazionalità abbiano Il cittadino ha il diritto e dovere di sedersi davanti alla tv durante il lauto pranzo e la lauta cena e assistere mentre gira il piatto di spaghetti, il condimento quotidiano d’atrocità e morte. Forse si sveglierà dall’inedia sonnolente in cui è precipitato.
Sarebbe giusto che le scuole accompagnassero gli studenti a far visita a qualche obitorio, a vedere qualche corpo ingrigito dal rigor mortis, a vedere i corpi fatti a brandelli dopo le stragi del sabato sera.
È ora di finirla con questa ipocrita politica della vita, con questa ipocrita politica del va tutto bene e i problemi finiscono sotto il tappeto, è ora di finirla con i documentari storici, con il lavare i cervelli con gli eventi della seconda guerra mondiale, evento che appartiene al millennio passato, è ora di guardare in faccia alla realtà quotidiana, al sangue che ci sta affogando tutti indistintamente. Ma siamo troppo con le pance piene di grasso, con la mente annebbiata da veline, starlette d’infima categoria, opinionisti prezzolati che ci raccontano tutto ed il contrario di tutto. Insomma viviamo in una realtà mediatica, dove al cittadino è continuamente gettata sabbia negli occhi e reso sordo dalle colate di cera bollente infusa da oche starnazzanti che gracchiano idiozie a tutte le ore del giorno e della notte.

Marco Bazzato
29.11.2006
http://marco-bazzato.blogspot.com/

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