martedì 8 maggio 2007

Da “Lacrime Eugenetiche”
Romanzo inedito

…«Attendo un bambino» disse la donna, rivolgendosi all'amica, la quale soffiò il fumo della sigaretta che teneva tra le dita e rispose: «Che pensi di fare? Terrai anche questo? Sarebbe il terzo. Mi sembri - sai come dice quel giornalista scientifico televisivo - "Solo una fattrice, che mette al mondo figli, come conigli"» le domandò, con il solito tono brusco.
«Credo, che tutto lo terrò» rispose di rimando. «Anche se, prima voglio farmi tutti gli esami, non sono più una ventenne».
«Fa come vuoi. Se fossi in te abortirei. Non vorrai passarti i prossimi anni ad accudire sempre marmocchi? Quando ti godi la vita?».

Passò un mese, e la donna, dopo aver fatto i controlli di rito in una clinica privata ritirò i responsi e si recò dalla ginecologa per farseli leggere.
«Sono tutti a posto, tranne questo» disse indicando un foglio scritto a caratteri quasi illeggibili e proseguì. «Non capisco perchè le abbiano consegnato questo?»
«Cos’è?»
«Un esame sperimentale, non ancora autorizzato dal Ministero della Sanità, perchè dichiara il possibile orientamento sessuale del nascituro».
«Mi faccia capire, non riesco a comprendere» la sollecitò con un velo d’apprensione.
«Certo, stando a quanto è scritto, il feto che porta in grembo ha il gene dell’omosessualità, e le probabilità che diventi gay, sono pari all'ottanta percento» rispose con tono piatto la ginecologa.
«Cosa dovrei fare, secondo lei?»
«Non sta a me dirlo. Io leggo solo i referti. Per l'aborto deve decidere assieme al marito.

La futura mamma uscì dallo studio sconvolta. Non aveva mai pensato che il figlio che portava in grembo potessero diventare omosessuale, ma ora quel verdetto non le lasciava scampo. doveva pensare cosa fare. «Un figlio gay non lo voglio!» si disse tra se, risalendo in auto e scoppiando a piangere.

Il mese successivo passò come se stessero vivendo un incubo. Aveva messo al corrente il marito il giorno che aveva parlato con la ginecologa, e l'aria tra loro nelle settimane successive si era fatta sempre più tesa. Lei non voleva quel figlio, mentre il marito, era più possibilista, e rifiutava di credere che un esame predestinasse in modo inequivocabile il futuro del figlio.
«Non puoi gettare via nostro figlio per un esame non approvato» urlò il marito dopo un’ ennesima lite furibonda scoppiata una domenica mattina.
«Non m’importa nulla. Io un figlio gay non lo voglio. L’utero è mio e lo gestisco io. Domani vado in clinica, voglio abortire. Nessuno mi obbligherà a tenere un frutto avvelenato che mi cresce dentro. Sai bene che la legge è dalla mia parte» gridò la moglie di rimando, scoppiando a piangere, e uscì di casa sbattendo la porta.

«Sono io, ho bisogno di vederti» disse all'amica appena rispose al cellulare.
«Dammi dieci minuti e arrivo» rispose la donna dall’altro capo. «Ci vediamo al solito locale?»
«Si, al solito posto» terminò bruscamente e dopo aver chiuso la comunicazione, scoppiò nuovamente a piangere.

L’amica arrivò puntuale, come aveva promesso, e la donna l’aggiornò sugli eventi accaduti nell'ultimi mese, e sulla volontà di non volere quel figlio, portatore del gene dell'omosesualità.
«Ti rendi conto di quello che vuoi fare? vuoi abortire per questa cosa, sei una criminale» quasi gridò quando seppe le sue intenzioni.
«Ma come, proprio tu, tempo fa mi hai detto che non devo essere una fattrice e che era meglio per me abortire. Perchè questo cambiamento? Credevo d'avere il tuo sostegno, in quanto femminista e abortista convita».
«Non cambiarmi le parole. Resto della mia idea, se il figlio fosse malato, eterosessuale, o altro, ma abortire perché potrebbe essere gay, è un omicidio» fu la sua risposta disgustata, e aggiunse: «Farò di tutto per farti dissuadere dal tuo intento, a costo di scatenare una bufera che nemmeno ti immagini. Ho molti amici nell'ambiente omosessuale, che certamente penseranno di te che sei una sterminatrice delle diversità» fu la sua sanguigna ribattuta.
«Cosa faresti al mio posto?»
«Non sono al tuo posto, piccola stronza che non sei altro, e se lo fossi, certamente non verrei dirti a te cosa farei. non sono una debole come te, e sai bene che ho gettato nel cesso più di un feto».
«Ti comporteresti così anche in questo caso?» la incalzò.
«Senti nazistella, non ho intenzione subire un interrogatorio da SS da parte tua. Ma guai a te, se ammazzi quel pezzo di carne che sta crescendo in grembo. Ti giuro che se lo fai, rimpiangerai d'averlo fatto. Ora pagami il conto, lo sai che non ho soldi con me» detto questo si alzò e si diresse all'uscita.

«Io questo figlio non lo voglio, e non lo metterò al mondo. Costi quel che costi»…


Da “Lacrime eugenetiche”: romanzo inedito

Marco Bazzato
08.05.2007
http://marco-bazzato.blogspot.com/