sabato 26 aprile 2008

Il 25 aprile, giorno della liberazione, serve ancora?


Il rito pagano delle celebrazioni del 25 aprile, si ripete ancora ogni anno sempre così monotono e uguale a se stesso, con sempre meno persone interessate ad ascoltare i discorsi colmi di retorica partigiana. Spesso viene da chiedersi se questa giornata commemorativa, abbia un senso storico, e quando tutto finirà?

Come sempre, non si sa mai se ridere o piangere, se scrollare le spalle, o sorridere per le litanie stantie, i monologhi al limite del delirio che i vari oratori sono costretti a fare ad ogni anno, cercando dentro una memoria – per fortuna sempre più sbiadita – le motivazioni per riattizzare il fuoco tra fascisti e antifascisti.

Ancor’oggi si straparla di “pacificazione”nazionale, come se il Paese avesse una reale ferita aperta, come se gli italiani d’oggi, i giovani, gli adulti che hanno passato la mezza età, i nati dopo il 1960, avessero l’obbligo di conservare, non un ricordo di un esperenziale vissuto nella carne, ma una “memoria” tramandata, a volte volutamente distorta, per continuare a dividere il Paese, tra Guelfi Ghibellini, tra Montecchi e Capulteti.

Ma gli attacchi peggiori, eticamente più infami, non arrivano da chi è stato sconfitto, sia con le armi, tramite la liberazione, sia dalla politica, ma da alcune frange dei vincitori, che esattamente come avvenne a Piazza Loreto, oggi, continuano a prendere a calci – per fortuna metaforici – gli sconfitti, defraudando i perdenti dell’onore delle armi.

Oggi, 2008, 63 anni dal termine della seconda guerra mondiale, sono passate quasi tre generazioni, e all’opposizione sta una classe politica, non sconfitta dalla partigianeria, ma col voto popolare, con i comunisti ridotti ad un’entità extraparlamentare, e i nuovi vinti dovrebbero imparare l’arte oratoria del silenzio, hanno l’ardire ignobile d’attaccare, non esistendo più gli eredi diritti di tale disfatta, i presunti eredi indiretti di un’ideologia morta, allo stesso modo com’è morto e sepolto il comunismo.

La pacificazione che dovrebbe essere offerta dai vincitori – di allora – non deve essere il pretesto ,dei perdenti odierni, per continuare ad attaccare una realtà storicamente esistita, ma attualmente defunta, usandola pretestuosamente per tenere alta una tensione nazionale, fatta solo per i giochetti di palazzo e di potere, continuando ad aizzare il Paese, l’uno contro l’altro, salvo poi avere la pretesa di presentare un ramoscello d’ulivo avvelenato.

Ancora pochi anni, e forse anche questa ricorrenza, come molte altre passerà finalmente alla storia, riponendo nei musei, a futura vera memoria stendardi, bandiere e medaglie conferite nel corso dei decenni alle associazioni partigiane, che hanno fatto il loro tempo, e questo, piaccia o no ad una certa parte della politica italiana, dovrà cedere il passo al futuro.

Oggi a molti sembrerà strano, ma fra pochi anni, il 25 Aprile, l’anniversario della liberazione, diverrà un ricordo del passato, come molte altre ricorrenze, divenute dopo un secolo, tempo medio affinché i protagonisti passino a miglior vita, solo date scritte nei libri di storia, trasformando la ricorrenza odierna, in normale giorno lavorativo, senza parate, inutili retoriche, discorsi monotoni e ripetitivi, svilenti la storia e il sacrificio stesso. Non va dimenticato, che quei partigiani, quei morti che hanno affrontato sofferenze e privazioni, ma anche altri, meno nobili, che hanno attaccato vigliaccamente un esercito in ritirata a Via Rassella, causando la rappresaglia e l’eccidio delle Fosse Ardeatine, avevano un ideale nel cuore: un Paese unito.

Oggi, gli ultimi rimasti, preferiscono un dignitoso silenzio, quando odono coloro che si sono appropriati dei valori della Resistenza, contindo a seminare discordia, quando odono politici che non hanno mai combattuto, non importa se dalla parte giusta o sbagliata, per un ideale, riempirsi la bocca, accaparrandosi indegnamente di valori non propri, strumentalizzando senza rispetto i morti stessi, gli ultimi sopravissuti, scelgono il silenzio, l’estraniazione dignitosa da una realtà che gli è stata derubata, dove come accade sovente in Italia, ma non solo, la corsa al camaleontismo e al trasformismo, saltando sui carri dei nuovi vincitori, è un arte in cui il vile, in ogni tempo, eccede.

Il 25 Aprile, la Liberazione era ed è un valore, ma domani, tra un anno o tra trenta sarà un libro ingiallito, un monumento decaduto, un cimitero di guerra cancellato, per lasciare spazio alla nuova storia, che giustamente macina e distrugge il tempo che fu, trasformando, nel corso dei tempi gli eventi in ricordi, libri, romanzi, miti e leggende, che con col passare dei decenni e dei secoli, diverrà polvere gettata via tra i rifiuti del tempo.

Marco Bazzato
26.04.2008
http://marco-bazzato.blogspot.com/

1 commento:

  1. Spero che non sia così, che rimanga la memoria della guerra, della liberazione , dell'orrore e del coraggio di quel nostro popolo che ha combattuto per un ideale e un Italia libera. Ci stiamo dimenticando il risorgimento, non possiamo cancellare anche questo. Senza storia e memoria, che popolo diverremo?

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