Decisamente gli ultimi anni, non sono stati, per l’Austria, il massimo, per quanto riguarda l’immagine del Paese all’estero. Il Paese che ha dato i natali ad Adolf Hitler, continua a generare, come una pianta dalle radici abbastanza sane, dei figli e/o dei frutti malati.
Prima la storia di Natascha Kampusch, rimasta prigioniera del suo aguzzino per otto lunghi anni, e poi l’ultima – almeno per ora – in ordine di tempo, storia quasi “Ai Confini della Realtà, di Josef Fritzl, l’uomo che ha tenuto segregato la figlia, in un bunker antiatomico, che aveva iniziato a costruire dal 1978, uscita poche settimane fa, dopo ventiquattro anni di prigionia, violentata dal padre-padrone, genitore e nonno dei figli che la donna ha avuto da questo padre di una “strana famiglia”.
Ora in molti s’interrogano, se Josef Fritzl, definito il Mostro di Amstetten , sia un individuo sano di mente, oppure affetto da qualche strana turba psichica, tale da permettergli, forse dopo il processo di passarla liscia. Un bravo psichiatra della difesa, forse sarà in grado di dimostrare, con tanti paroloni, che l’Orco è malato e che per ventiquattro anni, non è stato in grado di intendere e volere, che non sapeva che la persona che aveva iniziato a violentare fin da undicenne, era sua figlia, che non era in se, quando abusando ripetutamente della stessa, l’aveva resa più volte gravida, facendola partorire di nascosto, sottoterra, come un animale dimenticato. Ma per l’uomo della strada, Josef Fritzl, è indubbiamente una persona lucida che fin dal 1978, quando aveva iniziato a costruire il bunker, aveva in testa, non l’idea fissa e malata, ma il sogno da realizzare di una famiglia tutta sua, una famiglia fuori dalle regole etiche, morali e sociali, che secondo lui, la società perbenista imponeva a tutti i cittadini, che dovevano – a suo avviso – essere ineccepibili e moralmente integri.
Josef Fritzl era una persona, secondo la sua etica, integerrima, ordinata, ligia al dovere, attento alla forma e alla sostanza, dove la forma esteriore era la casa fortino, con le tende tirate, e la sostanza era il bunker, il luogo – per la società normale – reputato degli orrori, ma per lui, il suo luogo, la sua famiglia oscura, la famiglia che viveva nelle tenebre, la famiglia costretta a vivere curvata, a non avere per decenni contatti col mondo eterno, perché lui, Josef, era il mondo esterno, l’anello di congiunzione tra oscurità Luce, tra morte e vita. Un novello Caronte, traghettatore dei vivi, verso il regno dei morti, dei sepolti, di coloro che hanno fatto dell’oscurità la loro ragione di vita, delle parole solo dei suoni gutturali vuoti e apparentemente privi di senso, il loro universo, quell’universo, che nonostante la tv, credevano un miraggio fantastico, un sogno irraggiungibile, come la luce del sole,. Come l’alito del vento, o il fresco tepore della pioggia che bagna i capelli.
Josef Fritzl, non è né un mostro, né un pazzo criminale, è una persona lucidamente sana, volutamente sadica, che aveva fatto del dolore e delle sofferenze figliali il nutrimento del suo stato d’essere, unito al desiderio orgasmico, di morire e rinascere, tramite la fecondazione della figlia, entro un gioco d’eterna immortalità, che lo portava a riprodurre una parte di se, nella progenie avuta con la figlia-madre dei propri figli-nipoti.
Josef Fritzl, ha un’umanità disumanamente diversa, una scala di valori – che non necessariamente implica pazzia, come gli avvocati difensori cercheranno di far passare – che lo rende il prototipo perfetto del “mostro” della porta a fianco, dell’aguzzino, che con uno sguardo fa raggelare le vene, del Signore, della vita e della morte altrui, ma che non deve essere inteso, né come un maniaco, né come un malato e/o deviato, facendolo diventare una vittima del proprio passato, vittima per l’amore – secondo la “società civile” – materno che l’avrebbe condizionato, al punto di sposarsi e riprodursi, solo per far vivere in eterno, l’immagine della madre giovane con qui aveva rapporti sessuali, e con cui voleva protrarli per sempre, tramite la figlia-madre, che dovrebbe essere condannato al massimo della pena, con la morte in cella, non tanto per l’atto incestuoso che ha avuto con la figlia, ma per i figli avuti dalla medesima e per le condizioni in cui ha costretto a vivere i figli dei suoi lombi.
Ci saranno sicuramente degli sviluppi in futuro, perché è umanamente impossibile, che nessuno per quasi cinque lustri, non si sia mai fatto domande, che la polizia non abbia indagato, che il tribunale dei minori che gli ha affidato i figli avuti con la figlia, non sia mai sorto il dubbio, se quanto avveniva dentro quella casa fu frutto di un’umanità diversa da quella socialmente accettata.
In questa storia, c’è per ora un unico vincitore: ed è il piccolo paese di Amstetten, che ha guadagnato un improvvisa notorietà internazionale, che vedrà, come spesso accade, nascere e svilupparsi, almeno per un breve periodo, il classico turismo dell’orrore, del sadismo, perché in fondo, l’umanità aborrisce i mostri, ma sotto sotto li ama, perché hanno il “folle” coraggio di fare quello che agli altri esseri umani, per scrupoli morali, sociali, religiosi o culturali è negato, e questo, incosciamente, desta raccapricciante ammirazione.
Marco Bazzato
10.05.2008
http://marco-bazzato.blogspot.com/
Nessun commento:
Posta un commento
.Visto il barbarismo espressivo di qualche utente anonimo, i commenti potranno essere moderati e/o rimosssi a insindacabile giudizio..
Il titolare del blog declina qualsiasi responsabilità civile, penale per i contenuti dei commenti dei lettori, in quanto unici titolari, che se ne assumono la completa paternità e con l’invio del post, dichiarano implicitamente compreso quanto sopra