L’Alitalia, stando alle stime, perderebbe circa un milione di euro al giorno e il prestito, richiesto dal futuro premier Silvio Berlusconi, e concesso dal governo uscente, guidato da Romano Prodi, è oltre che inutile, anche insufficiente, tant’è che se con la perdita quotidiana di un milione di euro, la cifra concessa, non risolverà in alcun modo le sorti della compagnia, ma si permetterebbe solo di frenare la perdita da qui al 31dicembre, con un avanzo di cassa – teorico – di 45 milioni di Euro, senza contare, che non si sa come la compagnia potrà rifondere alle banche o allo Stato il debito, comprensivo degli interessi di mercato, quando le casse sono praticamente prosciugate.
L’operazione, in attesa di un acquirente, che forse mai si farà avanti, o se si presenterà dopo che i libri sono stati portati in tribunale, acquisterebbe la compagnia a prezzi di svendita fallimentare, lasciando allo Stato, quindi ai cittadini – parlamentari esclusi – l’onere di pagarne gli ingenti debiti, portandosi a casa, un capitale economico e d’immagine – appannata – divenuto per incapacità amministrativa e miopia politica sinonimo internazionale di fallimento e mala gestione delle risorse economiche e professionali.
Prodi è stato felice d’approvare il prestito al presidente del consiglio entrante, inquanto il professore, avendo dichiarato di volersi – per ora – ritirare dalla politica attiva, lasciando – come da prassi del medesimo, uno sfacelo economico-politico – una cambiale, già in protesto, felicissimo di passare il cerino acceso al Berlusconi III.
È chiaro che se Prodi dovesse avere – come alcuni ipotizzano – un incarico di rilievo nell’Unione Europea, troverà forse il modo di portare avanti, non solo la svendita, anche lo smembramento della compagnia, facendole perdere prestigio ed immagine.
Quello che poi il nuovo premier dovrà spiegare ai cittadini, è non solo come l’Alitatlia, visto il buco faraonico, restituirà il prestito, ma chi eventualmente si accollerà il medesimo, assieme a tutto il resto? Certamente il debito non sarà saldato dall’eventuale cordata bancaria e/o compagnia entrante, ma come accade in questi casi, sarà addossato sulle spalle degli italiani, usando la solita litania: Così dice l’Unione Europea.
Non c’è da farsi illusioni, il manovratore è cambiato ma, la sostanza per l’Alitalia, rimarrà la medesima: Il destino è segnato, l’agonia dell’attesa, come un condannato a morte, sarà ancora inevitabile.
Quello che è ridicolo, di questa situazione Kafkiana, e che sia governo italiano, sia i sindacati, nonostante abbiano i coltelli puntati alla gola, non dagli acquirenti stranieri, ma dai debiti, vorrebbero vendere la compagnia aerea loro condizioni, dimenticando che chi tiene il denaro detta le regole, decide quanto e come scucirlo. Mentre sindacati e politica, faticano a capire, che possono si dettare le regole a casa loro, e i risultati si vedono, in casa d’altri, quando questi, che dovrebbero acquistare, è un Paese, comunitario,o extracomunitario è pur sempre straniero.
La compagnia di bandiera, piaccia o no, sarà ammainata, conquistata con lo spargimento dei lavoratori, checche ne dicano i sindacati con i loro “niet”, in quanto o accettano i ridimensionamenti drastici ed indispensabili per la sopravvivenza, con la conseguente diminuzione anche degli sprechi, oppure , volenti o nolenti, quando la compagnia – avrà come molti operatori stranieri auspicano – tirato le cuoia, gli avvoltoi economici volteggeranno in cielo, pronti a strapparsi i pezzi migliori a prezzi stracciati, lasciando il problema dei licenziati, sulle spalle del governo italiano, che come abitudine, di destra e di sinistra, li faranno ricadere nelle tasche di tutti, secondo il motto economico: gli utili a pochi e le perdite ai cittadini. Assioma che vale in ogni Paese del mondo.
Marco Bazzato
23.04.2008
http://marco-bazzato.blogspot.com/
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