Certo e oggi dovessi riscrivere quell’articolo, non userei parole del genere, lasciandomi andare ad un barbarismo lessicale, che fa onore, e forse mi ha svilito ed avvilito, anche se mi ha permesso, attraverso i commenti di conoscere, grazie all’espressività lucida ed articolata, di molti frequentatori di queste “Case di Cultura”, quali siano i pensieri e i valori, a cui la “Generazione Ketamina si inspira.
Ho scoperto un mondo diverso, un mondo “fatto” di persone semplici, sognatori – sballati – amanti del multiculuralismo alcolico, del confronto e dell’accettazione altrui incondizionata, un mondo “fatto” di parole uscite a monconi, spastiche, dove questi giovani dicono di vivere liberamente, di sapersi divertire in modo diverso, meno confuso, con gli orizzonti mentali espansi, un mondo dove le regole sono solo una vecchia concezione astratta, buona per i ricoglioniti, che a differenza d quelli la, non sanno più sognare, hanno perso – secondo quelli – gli ideali, le idee, mentre loro prendono da quei paradisi artificiali l’ispirazione per rimodellare il mondo e la realtà a loro immagine e somiglianza.
Debbo ricredermi, cospargendomi il capo di cenere, sentendomi davanti a cotanta sapienza, un dinosauro, un reperto archeologico del passato, spostandomi di lato, facendo un passo indietro, per questa nuova (de)generazione che avanza. È difficile spiegare, come grazie ad un articolo, sia stato possibile dialogare, seppure a distanza, con un mondo forse, ma non troppo, lontano anni luce da quello che per anni, anch’io ho frequentato e conosciuto.
Poter descrivere con poche parole le diverse sensibilità che hanno commentato, o giuntemi in mail, selezionando le migliori, è un’impresa ardua, e per le mie misere forze, in quanto mi sono sentito letteralmente travolto dalle manifestazioni “d’affetto” che mi toccavano profondamente il cuore. Una cosa l’ho però notata: lo spirito di fraterna solidarietà esistente tra di loro, una sorta di “comunità terapeutica”, simile agli alcolisti anonimi, dove tutti si sostengono a vicenda, dove nessuno – dentro al branco – viene discriminato, anzi è aiutato, compreso e se nuovo del “giro” dopo esser stato annusato, a richiesta, può essere indirizzato al pusher più vicino, affinché possa avere anche lui la sua dose di sballo in libertà e nei casi più o meno fortunati, dipende dai punti di vista, la morte.
È stato un viaggio affascinante, forse unico nel suo genere, dove si è potuto venire a contatto, a debita distanza di sicurezza, grazie alla rete, di un mondo parallelo, una specie di Matrix, fatto di umana sensibilità, gentilezza, educazione, rispetto per le idee altrui, anche se sbagliate e/o come nel caso dell’articolo, sicuramente troppo dure, forti, recepito come un cazzotto alla bocca dello stomaco. È particolarmente interessante capire meglio queste coscienze evolute, questi specialisti dell’ascesi da
Dopo questo “viaggio” nel mondo giovanile, cercando di vedere la realtà secondo i loro occhi annebbiati, non si può che dire, che le forze dell’ordine hanno forse ragione nel tenersi a debita distanza, lasciandoli – come cani randagi – al loro destino, rimanendosene seduti in auto ad osservare, senza intervenire, perché questi ragazzi, questi giovani, che rappresentano una minoranza omeopatica, meritano d’avere i loro luoghi d’aggregazione recintanti, lontano dalla civiltà, liberi, senza controlli, dove possano far cadere i freni inibitori, per lo sfogo, col pretesto di sentirsi incompresi, emarginati dal mondo, non capiti, non valorizzati nelle loro qualità alcoliche e altro.
Devo anche aggiungere, per onor di verità, che ci sono stati anche commenti, fatti da persone che pur frequentando i Rave Party, a differenza della massa uniformata, hanno dimostrato una sensibilità ed un educazione fuori dal branco, persone pulite, che amano divertirsi, rispettando la propria persona, il proprio essere e la vita, scrivendo pubblicamente e privatamente il loro sdegno in maniera pacata e coincisa, facendomi capire che pur frequentando quei posti, si dissociano dai loro coetanei, avendo mantenuto la capacità critica d’osservare la realtà con occhio distaccato, accettandone i rischi e quindi tenendosi a debita distanza, senza rinunciare al piacere della musica che amano. A questa minoranza della minoranza va il mio più sentito grazie, per essersi dimostrati, senza dubbio, più forti delle mie provocazioni, più saggi e avveduti, senza rinunciare ad un analisi ampia ed articolata del fenomeno Rave.
Debbo delle scuse a tutte le famiglie delle persone morte nei Rave, n discoteca o quant’altro, senza però esimermi dal rammentare, che non ci deve essere umana compassione per gli amici, per coloro, che pur sapendo, non fanno nulla per aiutare i più deboli, coloro che si fanno trascinare, e poi, quando per una somma di eventi “fortuiti” accadono le “tragedie”, piangono – col senno del poi – gli scomparsi.
I giovani, i ragazzi, piaccia o no, hanno accesso alle nuove tecnologie, alla conoscenza e al sapere, in modo diretto, meno filtrato, con la possibilità, se vogliono di discernere il giusto dallo sbagliato, nascondersi dietro il dito, menzognero, che la scuola, i media, i programmi d’approfondimento non educano, è il classico modo per deresponsabilizzare le persone, facendoli passare per vittime di una società e di un sistema di comunicazione globale che non educa, mentre va ricordato, che per la legge italiana, una persona, a meno che non sia dichiarata psichiatricamente inabile, è nel pieno possesso delle sue facoltà mentali e di discernimento, e se decide di darsi all’alcol, alle pasticche, andando ad acquistarle da uno spacciatore, a meno che non abbia una pistola puntata sulla nuca, lo fa sempre di propria responsabilità e come tale deve sapersi far carico di tutte le conseguenze, anche quella più estrema come la morte.
Il punto è che se anche la scuola, i media, vogliono educare, i giovani, i ragazzi, non ne vogliono sapere d’essere educati, d’essere guidati, non come marionette, ma almeno indirizzati verso strade diverse, da quelle che forse sfortunatamente, ma coscientemente intraprendono, preferendo un aggregazione fine a se stessa, vuota, ma con la testa ricolma d’alcol, pastiglie, musica assordante, piuttosto che un aggregazione che permetta di pensare, riflettere, confrontarsi, vivendo non solo come giovani di oggi, ma come futuri uomini pensando al domani, sempre che vogliano che quel domani arrivi.
Marco Bazzato
25.04.2008
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