sabato 3 maggio 2008

Dichiarazioni online: a chi giova?


Prosegue la telenovela delle dichiarazioni dei redditi, del 2005, messe online dall’agenzia delle entrate, per nemmeno mezza giornata, ma già disponibili su Emule, il programma per la condivisione dei file peer to peer. Eppure, in mezzo a tutta questa”cagnara” che ha avuto come primo volatile impallinato Beppe Grillo, la politica tace. È strano, ma nessun esponente del governo decaduto, ha messo il becco a Porta a Porta, per spiegare il perché di questa situazine kafkiana, come nessun esponente di spicco della coalizione vincente, ha ancora espresso delle opinioni in merito.

Stando alle ricostruzioni dei fatti, sembrerebbe che i dati avrebbero dovuto essere messi online, entro l’otto marzo, data posticipata in quanto già in quel periodo il Paese era in campagna elettorale, e questo caos avrebbe potuto danneggiare le due coalizioni in competizione. Ma a giochi fatti, col centrosinistra ridotto ad un colabrodo elettorale, e il centrodestra ancora mezzo ubriaco dai festeggiamenti, la baraonda poteva iniziare. A pensare male, verrebbe quasi da scrivere che dentro nei palazzi del potere romano, in molti sapessero della situazione di tempesta che stava per arrivare, edinfatti, praticamente tacciono tutti.

Ma questi dati, effettivamente sono fruibili dai malintenzionati? A livello teorico forse si. D’altronde, se quei pochi che hanno rilasciato dichiarazioni,si fossero presi la briga, prima d’aprir bocca, di collegare il cervello, dandoci un occhiata, avrebbero visto si, che negli elenchi, in ordine alfabetico, esistono i nominativi del contribuenti dei
Modelli 730, ma proprio per il rispetto della privacy, mancadi codice fiscale ed indirizzo del contribuente.

Trovare il cosiddetto vicino di casa, che viaggia in Ferrari, ma denuncia redditi da zingaro accattone, non è facile come alcuni sostengono, specie nelle grandi città, sia per l’enormequantità di nomi presenti nelle liste, sia per l’ordine alfabetico, ma soprattutto per la mancanza dell’indirizzo e del codice fiscale. Cosa diversa, invece se fossero stati pubblicati tutti gli elenchi, compresi quelli di ogni paesello di provincia,dove spesso – come cimici addormentate su un materasso – si annidano milionari taccagni che si fingono poveri in canna.

Ma come dovrebbe fare un povero malintenzionato se volesse sorbirsi la faticaccia di scremare un po’ di milionari, per fare un bel esproprio proletario della ricchezza altrui? La teorica soluzione più semplice la offre ancora la rete, in quanto, per la legge delle probabilità, una volta scaricati i Redditi, controllati i cognomi – in ordine alfabetico – e i nomi dei contribuenti, ipoteticamente sarebbe possibile risalire la “povero” tapino prescelto, usando le
Pagine Bianche, pregando che abbia scelto l’opzione rendere pubblico il numero telefonico e l’indirizzo, cosa che gli eccessivamente ricchi abitualmente non fanno, in quanto amano non essere disturbati dalla plebe.

Viene però da chiedersi, se quest’operazione lesiva – secondo alcuni, ma non secondo un sondaggio del Corriere della sera, che vede più del 50% del campione, non statistico d’accordo – della privacy personale, non nasconda scopi di più ampia portata? Come ad esempio un’ulteriore stretta proprio ad internet, usando come pretesto, proprio la diffusione della dichiarazione dei redditi, da parte dei degli internauti?

L’ipotesi non sarebbe da scartare, in quanto il terrore mediatico, scatenato da alcuni politici, che hanno pronosticato sfracelli di portata planetaria, inducono a pensar male. Tant’è che alcuni si sono affrettati a dire, che ora che i redditi sono online, la mafia cinese, russa, o giapponese, potrebbero usarli per accrescere il loro potere. Già come dire che la camorra napoletana, o l’Anonima Sequestri Sarda, se legge le dichiarazioni dei redditi di un miliardario russo, va in trasferta nell’ex Unione Sovietica, per esportare il pizzo o “l’arte” dei sequestri di persona.
I problemi ci potrebbero essere, ma in ogni caso, ma sarebbe estremamente difficile risalire al rapporto causa/effetto in caso di atti criminosi, perché indipendentemente dalla pubblicazione online dei redditi, è assai difficoltoso trovare i nessi, in quanto basta leggersi le cronache quotidiane o storiche, che pizzo e il sequestro appartienegono alla radice storico-culturale di alcune regioni del nostro Paese, e per assurdo, proprio i sequestri di persona più eclatanti si sono avuti molto prima dell’epoca di internet, mentre permane il problema dell’illegalità di stampo mafioso, che ora offre alla politica un pretesto in più, per dichiararsi impotente, allentando la presa sui controlli, in quanto con la scusante che nonostante lo Stop imposto dal garante per la privacy all’Agenzia delle Entrate, i dati sono pubblici.

Come spesso accade in Italia, è assai probabile, che le colpe di questo “errore voluto”, non sia pagato dai diretti responsabili politici, ma da quanti hanno scaricato i dati, correndo il rischio di venire, attraverso la Polizia Postale, monitorati e denunciati alle autorità competenti.

Questa bolla di speculazione mediatico finirà col dissolversi, in quanto va ricordato che la criminalità organizzata, vedi i boss mafiosi che usano solo pizzini, non fidandosi delle moderne tecnologie, preferendo il passaparola, il pedinamento, il controllo reale – non virtuale – del territorio, con uomini e mezzi, andando, o mandando persone terze, con la fedina penale immacolata, a richiedere le dichiarazioni dei redditi, ben consci che il mondo della rete, il cyberspazio, lascia molte più tracce utili per risalire ad un eventuale atto criminoso, che non mille piccoli accorgimenti, considerati dai superesperti, arcaici, che permettono di “lavorare” quasi nell’assoluto anonimato.



N.d.A Errata corridge: nell’articolo:
Dichiarazione dei redditi online: Beppe Grillo guadagna come 3236 precari ho commesso un errore di calcolo: il numero dei precari è 323, non 3236. Ringrazio l’anonimo lettore che l’ ha segnalato.

Marco Bazzato
03.05.2008
http://marco-bazzato.blogspot.com/

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