giovedì 29 maggio 2008

Abolizione della Legge Merlin?


Daniela Santanchè nonostante sia stata trombata alle ultime elezioni torna alla carica. E a passo di marcia, non su Roma questa volta, ma sulle prostitute, chiedendo un referendum per l’abolizione della Legge Merlin, che 50 anni fa aveva condannato a morte i bordelli, costringendoli alla chiusura forzosa.

In Italia, darla via a pagamento non è reato, ma è reato o sfruttamento della prostituzione – il che è una contraddizione di termini – sebbene di papponi in galera non se ne vedano molti.

Ma nell’ipocrita Italia, patria del Vaticano, non si può parlare di bordelli, di puttanifici, di luoghi atti al sesso a pagamento, perché, sia per il centro destra, come per il centro sinistra, l’argomento è tabù. Il centro destra, dice che il puttanesimo è immorale, e che uno Stato che guadagna sulle prestazioni d’utero, è uno Stato pappone. Mentre però lo stesso Stato, non si fa nessun scrupolo etico morale nello sfruttare il gioco d’azzardo, distribuendo come bustine di droga, in giro per l’Italia, macchinette mangia soldi, incamerandosi cifre esorbitanti, e comportandosi peggio di un biscazziere corrotto, dimenticandosi di farsi pagare i quasi 90 milioni di Euro di tasse, che avrebbe dovuto incamerare dalla società, alcune in odor di mafia, e altre legate a società quotate in borsa, che in caso di ingiunzione forzosa, rischierebbero il tracollo dei titoli, quindi, per ripianare i debiti, è meglio tassare i cittadini, togliere sevizi, piuttosto che ricevere quanto dovuto.

Eppure riaprire la Case Chiuse, dette anche bordelli, o meglio ancora Puttanifici, darebbe finalmente il pretesto allo Stato di sbattere in galera le battone sulle strade, darebbe il preteso di confiscare gli appartamenti delle massaggiatrici inserzioniste, anche sui maggiori quotidiani italiani, darebbe il pretesto legale, di tassare, come Dio comanda, le mignotte d’alto bordo, pardon le Escort, che per un servizio di pochi minuti o poche ore, prendono cifre – in nero – da capogiro.

Fare lavorare legalmente le Grandi Meretrici di Babilonia, oltre che garantire un ingente introito allo Stato, darebbe maggiori garanzie igieniche anche ai puttanieri, visto che spesso le zoccole che si trovano sulle strade sono peggio delle discariche abusive, piene di germi e batteri peggio di una tazza del cesso non lavata da settimane, che mettono a rischio non solo la salute degli allupati della sveltina fatta ai bordi delle strade, come cani in calore, ma anche la salute delle legittime consorti dei clienti, nel caso questi poi avessero anche rapporti con le medesime.

Quello che non si capisce è perché la politica, non importa di che colore, sempre così attenta, quando vuole, ai temi fiscali, alla sicurezza sul lavoro, al diritto alla salute, lascia le puttane nella totale anarchia, prive d’alcun obbligo, non solo fiscale ma sanitario e ambientale, debba mostrarsi ideologicamente cieco, ipocriticamente falso, nei confronti delle altre categorie di lavoro, come se essere puttana dasse automaticamente, in Italia, il diritto d’essere fiscalmente ladra, andandosi a curare nelle strutture pubbliche, a spese di tutti i cittadini, quando queste, per il mantenimento dei costi dello Stato non versano un centesimo dei loro succhi vaginali, e delle tre cavità abitualmente utilizzate per lavoro, Gli altri quattro orifizi non possono utilizzarli, solo perché sono troppo stretti. In futuro si vedrà.

È paradossale che l’occhio fiscale, il vampiro informatico che spia da anni, pardon monitora i movimenti finanziari degli italiani, anche quando acquistano un pacchetto di sigarette, non riesce, o non vuole incrociare i dati, per scoprire gli eventuali possedimenti immobiliari di mignotte o prestanome, non chiedo conto, di come queste sgualdrine, spesso per il fisco dichiararono redditi da accattone, possano viaggiare, o permettersi appartamenti, magari affittati in nero, a prezzi esorbitanti. Evidentemente lo Stato non ha interesse a scoperchiare il coperchio del letame che ruota attorno a mignotte e mignotti.

Si dice, a ragion veduta, che il puttanesimo sia mestiere più antico del mondo, dimenticando però che anche l’hobby del puttaniere è altrettanto antico.

Ma nella società attuale, fondamentalisticamente maschilista, l’indice è puntato solo su quella che la vende,non su quello che acquista il servizio, quasi come se questi non esistesse, e forse è proprio qui, il dilemma italiaco, di non voler rendere legale un mestiere come un altro. La donna per assurdo, non si vergogna d’essere puttana, visto che mostra, oltre che la mercanzia, anche il volto, mentre è l’uomo che ha vergogna, pudore, e chiede rispetto per la sua privacy, se viene scoperto che va a puttane, facendo di tutto affinché, la povera moglie cornuta, non lo venga a sapere. – Sa, sono un padre di famiglia – spesso dicono quando vengono sorpresi coi calzoni abbassati.

Quello che fa riflettere è l’arroccamento sulla difensiva delle associazioni delle baldracche, che non ne vogliono sentir parlare d’essere regolamentate, adducendo scuse assurde, dove a chiosa si accodano, con i dovuti distinguo, le forze politiche, generando un commistione ed un intrallazzo, che non fa onore a quanti sono costretti da una fiscalità vessatoria, a sottostare alle gabelle, col sacro terrore di vedersi “fottuto” con l’esercizio commerciale chiuso, dopo tre mancate emissioni, mentre una zoccola, che incassa, usurandosi certamente gli organi di lavoro, cifre certo non indifferenti, godono del diritto di derubare, per mancanza di coraggio politico il Paese e gli italiani onesti. Per assurdo hanno ragione loro, che combattono per poter continuamente a lavorare in nero, mentre ai loro occhi, gli altri, i costretti, non sono altro che stupidi schiavi che vivono nel terrore della mattanza fiscale, non solo dei dipendenti a reddito fisso, ma anche d’artigiani e piccoli imprenditori, mentre i grandi, i grossi gruppi, trovano il modo di farla franca.

Per la serie cornuti e mazziati!

29.05.2008
http://marco-bazzato.blogspot.com/

mercoledì 28 maggio 2008

Commenti moderati

A causa di un esigua minoranza, pochissimi, numericamente omeopatici, ma fastidiosi come tarzanelli, in qualità di amministratore del blog, sono stato costretto ad inserire la moderazione e/o la registrazione per i commenti.

Me ne dolgo in quanto find’ora, la maggioranza dei commenti, anonimi e non, sono sempre stati, seppur connotati di forti critiche nei confronti dei contenuti degli articoli all’insegna del rispetto, della dialettica accesa, ma entro i limiti del fisiologico confronto, pur nella diversità delle opinioni.

Quello che ha portato alla decisione, è il fatto che, alcune persone, vigliaccamente nascoste dall’anonimato, hanno l’ardire, peggio degli zingari che fanno razzie nelle case altrui, di lasciarsi andare a sproloqui che rasentano, non solo insulti, ma anche le minacce fisiche.

L’amministratore ha provveduto a togliere alcuni commenti ingiuriosi nei confronti della sua persona,ed irrispettosi verso i lettori.

A questi anonimi Dante, se abituati in casa loro a comportarsi come latrine, come vasi da notte, o come nelle toilette pubbliche, dove ognuno è costretto, a causa delle impellenti necessità fisiologiche da espletare a subirsi gli odori e flatulenze altrui, questo non significa che debbano portare il loro lordume in casa d’altri.
Ringraziandovi per la comprensione

I bambini napoletani: specchio d’innocenza


Sta suscitando immotivato scalpore i temi scolastici dei ragazzini di nove, dieci e undici anni di Ponticelli. I piccoli, con gli occhi dell’innocenza, ma con parole di fuco, forti come le tavole della legge dati a Mose da Dio, hanno descritto la situazione in cui sono costretti a vivere loro e i genitor, per colpa di una politica miope d’accoglienza indiscriminata, che sta fagocitando il già labile tessuto sociale di Ponticelli, costringendo alcuni elementi della popolazione, probabilmente eteroguidati per interessi economici della camorra, a raid contro gli zingari presenti nella zona, dove pochi giorni prima, una di loro aveva tentato di rapire un bambino.

Ora
Amnesty International, seguendo l’onda forcaiola contro l’Italia risvegliatasi guarda caso, dopo la vittoria di Berlusconi, al grido di “Italia razzista e xenofoba”, mette il Paese in una lista nera, dove teoricamente, secondo Amnesty sarebbero a rischio i diritti umani. Si, ma per assurdo, non i diritti umani degli italiani, costretti, complici le frontiere abbattute, ed una giustizia da anni nel braccio della morte in attesa della soluzione finale: l’abdicazione a favore dell’anarchia, ma i presunti diritti di coloro che non debbono avere nessun dovere etico, morale, e sociale, nei confronti del Paese che gli accoglie e che – visti i risultati – gli permette di delinquere impunemente.

I bambini di Ponticelli, sebbene questo non piaccia ai “ben” malpensanti, hanno fotografato, con le loro parole, la realtà sociale in cui questi sono costretti a vivere, a crescere, a confrontarsi con un mondo a loro estraneo e straniero, che si comporta come un barbaro invasore, che tiene sotto scacco le città, addirittura entro le mura cittadine.

Dicono che i bambini manifestano una pericolosa xenofobia, contro, in special modo contro gli zingari, ma nessuno , invece di condannare degli innocenti, i bambini, si è premurato di capire, o di domandarsi perché degli impuberi sono arrivati a queste atroci conclusioni, e come vanno distribuite le responsabilità, non tanto per gli scritti dei ragazzini, ma di quanti hanno permesso questo scempio sociale, che si consuma ormai, quasi con l’abitudine di un guidatore ubriaco, ultimamente troppo spesso.

La situazione di degrado generalizzata della Campania e Napoli in particolare, non merita condanne, specie dalla politica Europea, nazionale, e locale, che ha permesso, soggiogata da un buonismo di facciata la transumanza d’intere etnie, che seppur costrette a fuggire da realtà socialmente disastrose, non ha saputo, o peggio voluto, integrarsi con gli italiani, consci anche dell’impunità generalizzata, che abitualmente da tempo condanna le vittime che provano a ribellarsi, proteggendo i carnefici, nel nome di un pluralismo culturale, che punisce e condanna soprattutto le fasce più deboli delle periferie italiane e gli italiani stessi.

Non va dimenticato, che l’Italia, che ne dicano i detrattori internazionali, accoglie lo straniero, se dimostra capacità e volontà d’adattarsi ed integrarsi, non solo alla legalità, ma anche alla cultura del Paese che li ospita, il che non significa l’annullamento della loro, ma l’ampliamento e le fusioni tra culture diverse. Non va dimenticato, che esiste anche un'altra problematica, che non fa onore agli italiani e al Paese Italia, e questo è lo sfruttamento del lavoro in nero, dove l’assurdo più malefico, lo sta facendo il neonato governo Berlusconi, con la regolarizzazione delle più di
150 mila badanti in Italia, senza a quanto pare, nessuna sanzione penale nei confronti dei datori di lavoro. Quest’amnistia pilatesca, rischia, se non vengono puniti anche gli sfruttatori, i padroni, spesso ricchi signori che non hanno tempo o voglia di badare ai loro anziani, o ai pargoli, di creare un immigrazione tutelata di serie A e un immigrazione clandestina che – se delinque – deve essere scacciata. Mentre sembra in questo caso che se delinquono gli italiani, non mettendo in regola le badanti o colf, il massimo rischio è l’impunità fiscale e penale.

Si dice che senza queste particolari lavoratrici, anche in nero, l’Italia rischierebbe d’andare in crisi. Bene. Non si può scaricare le colpe, sanandole, su una categoria già sfruttata fino all’inverosimile, mal retribuita, senza contributi previdenziali, costrette a vivere nel terrore d’essere ricacciate nei loro Paesi, se lo Stato, che ora ha per interesse nazionale chiuso gli occhi, decidesse d’aprili, non a metà, come ventilato, ma entrambi, colpendo equamente, che non significa indiscriminatamente lavoratrici e datori di lavoro, ma facendo piazza pulita degli sfruttatori, di coloro che certi di un impunità trasmettono anche agli stranieri il messaggio deviato, che si può fare sempre quel che si vuole.

L’Italia ha ancora la pretesa assurda di lambire a faro di civiltà ma, questa bandiera sfilacciata, derisa, sbeffeggiata, è quasi ammainata,per colpa delle varie classi politiche succedutesi negli ultimi vent’anni, che hanno reso il Paese una fucina di contraddizioni sociali, legali, ambientali, con una cultura in radicale declino, in quanto la miopia politica, invece di rendere dei servizi al Paese e ai cittadini, gli ha resi se innocenti servi se colpevoli impuniti.

E poi ci si lamenta se i bambini, nella loro purezza, descrivono senza pietà i mali della propria città?

Marco Bazzato
28.05.2008
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martedì 27 maggio 2008

Accoltella il figlio perché gay?


Con l’arrivo del caldo, giornali e telegiornali, cercano notizie socialmente irrilevanti, per tenere alta l’attenzione di lettori e spettatori. Questa volta la scelta è caduta su Palermo, dove sembrerebbe che un genitore abbia, affermano enfaticamente i media, accoltellato, nonostante in un servizio di ieri sera su Rai 3, appare semplicemente graffiato leggermente, nonostante la fasciatura al braccio destro, con una lama di coltello, il figlio diciottenne, che voleva imporre ai genitori, legati alle tradizioni lo storiche ed etiche eterosessuali, della sua morale di vita sessuale.

Naturalmente, fino al terzo grado di giudizio, il genitore, sebbene pregiudicato, deve essere ritenuto innocente, nonostante sia stato condotto in galera, anche se bisognerebbe capire fino a che punto, il figlio ha voluto forzare la mano in famiglia, imponendo un’accettazione del proprio orientamento sessuale, in un nucleo familiare, che viveva in regole, inerenti alla morale sessuale, ferree, e se il figlio ha cercato consciamente o inconsciamente di scardinare, generando una conflittualità esplosiva, dove genitori e figli, ne sono rimasti, con esisti diversi, vittime.

Certo, se il padre, verrà in futuro, ritenuto colpevole e condannato per quanto commesso, usando sul figlio, peraltro maggiorenne un eccesso violento di metodi educazionali e correzionali, a quest’ultimo, terminato il processo si dovrà andare tutta la solidarietà per ciò che la giustizia stabilirà che ha subito. Ma fino ad allora il padre, come ordina la giustizia italiana, è da ritenersi innocente.

Rimane aldilà dell’aspetto giudiziario, l’aspetto etico, culturale e sociale di dove si è svolto il presunto evento criminoso, cioè quanto un figlio ha il diritto di forzare la mano in famiglia, imponendo a genitori e/o fratelli l’accettazione incondizionata del proprio orientamento sessuale, diverso dalla genitorialità eterosessuale, che ha consentito anche la sua nascita, specie se vive o è disoccupato, nonostante abbia conseguito la maggiore età, e per la legge autonomo a tutti gli effetti, entro le mura familiari, mantenuto dai genitori stessi?

Alcuni dicono, condannando eticamente ogni forma di violenza fisica, che ci si trova, sebbene ancora da dimostrare, davanti l’ennesimo episodio d’omofobia. Eppure non ci si rende conto che i genitori hanno subito, vista la loro cultura, una violenza indicibile, quando il sangue del loro sangue, dichiarando la propria intolleranza e la mancanza d’amore nei confronti delle donne, preferendo lussuria e concupiscenza con esponenti del suo stesso sesso, li ha messi con le spalle al muro, condannandoli senza appello ad un’accettazione contraria ai loro valori morali, che vanno rispettati e non violati.

Il diciottenne, adulto per le leggi dello Stato italiano, se avesse rispettato le tradizioni familiari, storiche, culturali e sociali, o se non le condivideva, doveva staccarsi, rendendosi indipendente, facendosi aiutare dalla comunità omosessuale – se solidale come dice d’essere, a parole – se secondo la sua opinione, la convivenza entro le mura domestiche era diventata insopportabile per tutti. Ma ha scelto scientemente di non farlo, scatenando la reazione iraconda di un genitore, che visti i precedenti, al figlio avrebbe dovuto essere chiaro, che non sarebbe stato facile né trattare, e ancor più fargli ingoiare il rospo, il calice di fiele, letale come il sapore delle mandorle amare del cianuro, del proprio orientamento sessuale.

Dire, se il genitore sarà condannato, che il torto sta da parte esclusivamente paterna, è comunque, già da oggi, una forzatura etico-morale, in quanto, sebbene il figlio non possa essere materialmente colpevolizzato del proprio orientamento, doveva usare più accortezza e pudore, evitando di dichiarare i particolari della propria vita intima e o sessuale, soprattutto se coscio dell’ambiente, pregno di radicale impostazione eterosessuale, dove era stato non solo allevato, ma soprattutto concepito e messo al mondo.

Sfortunatamente, in questi casi, sui figli ricadono le colpe, non dei genitori, ma della scienza, che a tutt’oggi, non ha voluto, o politicamente saputo approfondire gli aspetti genetici del problema omosessualità, tenendo i futuri genitori sotto una cappa di nero oscurantismo scientifico, in quando manca una diagnosi prenatale che stabilisca in modo inequivocabile l’orientamento genetico-sessuale del feto, condannando genitori e figli ad una coesistenza difficile, che poteva essere evitata, già in fase uterina, se si fornissero esami genetici accurati, con la conseguente libertà di scelta da parte delle madri, se tenere o eliminare il grumo di cellule che le crescono in grembo. Questo è un ulteriore diritto negato alla donna e a alla maternità responsabile.

Marco Bazzato
27.05.2008
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lunedì 26 maggio 2008

Grazia per Anna Maria Franzoni?


L’Italia si sa,è un Paese strano. Un Paese dove a fatica, non si riesce a capire perché determinati delitti, a distanza di anni continuano a tenere le prime pagine dei giornali. E il caso dell’assassina di Cogne, Anna Maria Franzoni, madre snaturata, secondo la Corte di Cassazione, condannata a 16 anni di galera, ma se l’ingiustizia farà il suo corso, probabilmente potrebbe iniziare ad uscire dal carcere, grazie a permessi premio, sconti di pena, e bestialità varie, tra circa cinque o sei anni. Eppure per alcuni buonisti, amanti del perdonismo facile, questi sono ancora troppi. Accantonata l’ipotesi di una revisione del processo, alcuni comunisti, dalle pagine di Liberazione, ventilano la volgare ipotesi, non respinta dalla Franzoni , di chiedere la grazia a Napolitano. “Per far prevalere il sentimento di pietà” – dicono – nei confronti di una madre, condannata per assassinio, nei confronti dei due figli superstiti e il marito, che stanno soffrendo in m odo indicibile.

Cosa centrano le sofferenze dei figli e del marito della Franzoni, con questa situazione? Giuridicamente nulla. La signora ha avuto anni per dimostrare l’ estraneità ai fatti, ma non c’ è riuscita, anzi, l a somma delle prove a suo sfavore l’hanno soverchiata. E ora per un assurdo sentimento di pietismo, la si vorrebbe fuori, cercando di tirare il Presidente Napolitano per la giacchetta?

La condannata Franzoni, indipendentemente dal dolore del marito e dei figli, non merita né nessuno sconto d pena, né un solo giorno di permesso premio, anche se per buona condotta, poco importa se continua a dirsi innocente, è stato stabilito l’esatto opposto, ed è giusto, che sconti la condanna, senza favoritismi, come sembra stia già iniziando ad avvenire. Tant’è che le guardie carcerarie del gabbio dove l’assassina è rinchiusa mugugnano per i
favoritismi concessi al marito e ai figli, che hanno potuto entrare con l’auto nel cortile dell’istituto di pena, possibilità negata anche ai dipendenti stessi. È strano che i giornalisti sempre così accorti, quando vogliono, non si siano presi la briga d’indagare sul perché e chi ha permesso queste agevolazioni.

Può sembrare assurdo, all’orecchio dei perdonisti a tutti i costi, ma è per la gravità del delitto in cui la Franzoni è condannata, dell’ infamante valore simbolico che la vicenda ha assunto, che l’assassina, sebbene se non reoconfoessa, deve diventare un esempio, non di mollezza pelosa della giustizia, ma del rigore della stessa, in virtù del fatto, che per anni, questa “madre” di famiglia, ha impazzato, col beneplacito non si sa di chi, nelle tv nazionali, e oggi, in ragione della sentenza di colpevolezza, deve essere da monito a tutte le bravi madri, che avessero l’idea crepuscolare di prendere a mazzate i figli.

L’onda perdonista in cui si sta muovendo una certa politica, non rappresentata in parlamento, da decenni ha inquinato la giustizia italiana, creando un movimento falsamente buonista che ha reso la Legge e la giustizia italiana, il ventre molle dell’Unione Europea, dove certi tracagnotti provincialisti, dovrebbero piantarla di prendere le difese di ogni condannato, soprattutto eccellente, per il piacere di rendere ancora più melmosi i fondali, già traboccanti, come pittali pieni, di processi infiniti, reggendo il moccolo di ogni oscenità morale, nel nome di un falso perdonismo ateisiticamente cristiano, che fa passare per bestie disumane, complici anche i media, che continuano, inconsciamente, ma non troppo a parteggiare per i carnefici, addossando ai sopravissuti di qualche tragedia, quasi il senso di colpa per la giusta impossibilità umana e naturale di iniziare un processo elaborativi di perdono a nemmeno poche ore dal un evento criminoso con i cadaveri ancora sul tavolo autoptico del medico legale, in attesa di darne degna sepoltura.

La Franzoni, per qualche mistero doloroso della politica italiana, è diventata un personaggio mediatico, di cui gli italiani del volto, apparentemente affranto, avrebbero fatto volentieri a meno. Eppure è stata eletta, elevata a personaggio pubblico, non per opere meritorie ma, dopo i tre gradi di giudizio, per un omicidio in famiglia, per l’omicidio del sangue del suo sangue, del figlio, Samuele, che ha portato in grembo per nove mesi. E di questo, alcuni
comunisti, in nome di un finto buonismo, sono pronti ad muoversi a favore della domanda di grazia. Viene da chiedersi se questa è umanità, oppure una volgare copertura a favore della disumanità stessa?

Si potrebbe, in un eccesso d’umanità vera, comprendere il dolore dei figli e del marito della Franzoni, ma questo dolore, questo distacco, non deve essere mediaticamente trasformato in una richiesta di Grazia per la madre assassina. Non si possono usare marito e figli, come arieti per far leva sui sentimenti, mediaticamente ignobili, di una sofferenza, che deve essere scontata in forma privata, lontano dalle luci dei riflettori.

C’è da rilevare, che troppi amici di Caino, sostenitori dei carnefici, hanno il coraggio d’andare a dire che l’Italia, e gli italiani, a ragione, stanno diventando forcaiola e giustizialista. È vero, da tempo gli italiani, per colpa di una sinistra morta, sono diventati giustizialisti, cinici nei confronti dei colpevoli, desiderosi di vederli, non appesi a testa in giù, come fecero i comunisti con Mussolini, ma almeno di veder inflitta, fino all’ultimo giorno,la la pena, cosa che complice leggi con più buchi di un groviera, da decenni è impossibile fare.

La Franzoni è solo l’ultima carnefice in onore di beatificazione ateistica, che si vorrebbe liberata in onore dei vivi, infangando la memoria dei morti, in questo caso di un bambino, il figlio, che aveva come unica colpa, l’essere un figlio di Anna Maria Franzoni.

Marco Bazzato
26.05.2008
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domenica 25 maggio 2008

Campaina: Chiaiano È qui la festa?


“È qui la festa?” avranno pensato tra se molti celerini inviati a Chiaiano per contenere l’esuberanza festaiola dei chiansei, felici d’aver la discarica sotto il naso, che appresa la notizia, ebbri di gioia come alcolizzati, sono scesi in piazza, erigendo barricate, nemmeno fosse stato in arrivo Bava Beccaris. I celerini avranno sicuramente oliato bene i manganelli, nell’ipotesi non troppo remota, che questi dovessero abbattersi non solo sulle zuche dei protestanti, ma entrare nei secondi canali, senza distinzione per la parità dei sessi, e discriminazione tra uomini donne e generi (de)generi in perenne transumanza sessuale.

Ma a ben pensarci i campani hanno ragione da vendere. Hanno ragione perché i cittadini delle altre regioni italiche sono idioti, coglioni scellerati senza cervello, che preferiscono rivivere con le discariche, piuttosto che con i cumuli d’immondizia che appestano l’aria, arrivando fin oltre i primi piani dei palazzi.
Le altre regioni italiche, secondo i Campani, non hanno a cuore la salute e la sicurezza dei propri figli, si permettono di costruire termovalorizzatori, guadagnandoci, facendo – orrore – la raccolta differenziata, avendo cura di tenersi il più possibile le città pulita, senza cumuli di rifiuti, comportandosi incivilmente da persone civili.

A Chiaiano sono eroi. Sono i nuovi paladini dell’igiene pubblica, i menestrelli che le cantano alla politica regionale campana e nazionale, alla politica, che finge di voler risolvere i problemi. Ma i chiaianesi non ci stanno, non vogliono essere i capri espiatori del tanfo napoletano, dei rifiuti delle città limitrofe. Per questo protestano, protestano, e si fanno – con gioia dei celerini – pestare senza ritegno.
I Campani hanno ragione e non voler le discariche, preferendo vivere tra i rifiuti, preferendo la compagnia dei topi, mosche, zecche e tanfi nauseabondi. Preferiscono aver l’immondizia non raccolta per giorni, settimane, mesi, e piuttosto che fare pressioni sugli amministratori comunali, provinciali, e regionali, scelgono di donare gratuitamente l’ano alla Camorra, agli speculatori, a coloro che sodomizzano, metaforicamente parlando, ma non troppo, uomini, donne, bambini e anziani, tenendoli in ostaggio dei rifiuti, delle volontà criminogena di tenere una regione, di tenere i cittadini in pugno sotto il giogo della nauseabonda ferocia del tanfo che sale dai vicoli e raggiunge il cielo, in un intera regione, che non vuole scrollarsi le pulci dei propri amministratori incapaci (?)

I campani sono grandi perché da una parte invocano, manco fosse San Gennaro, l’intervento dello Stato, affinché pulisca loro il deretano, in quanto troppo aristocratici per pulirselo autonomamente, salvo rivoltarsi contro lo Stato se prova a far ordine dal disordine decennale. Ma i Campani non vogliono l’ordine. Le discariche. L’immondizia – secondo loro – dovrebbe essere accolta dalle altre regioni, perché per son troppo signori per smaltirsela proprio conto. Puzza troppo per essere raccolta. Meglio lasciarla dov’è.

Il divertente di questa situazione, è che nonostante il governo abbia indicato dieci siti per lo stoccaggio, prima che questi diventino utilizzabili, dovranno passare almeno trenta mesi, due anni e mezzo, salvo proteste già iniziate. Praticamente entro i primi mesi del 2011, senza contare che il termovalorizzatore di Acerra, non entrerà in funzione prima di diciotto mesi. Un anno e mezzo, nel 2010. Per quel periodo,se il tempo aiuta, con l’ arrivo del caldo, la Campania e Napoli, se non cambiano le teste dei cittadini si troveranno per l’ennesima volta con le pezze al culo e i cumuli di rifiuti che soffocano, appestano l’aria, rendendo l’ambiente adatto per la proliferazione di malattia infettive e polmonari. Ma ai Campani, in primis ai napoletani sembra che questo non importi. Contenti loro!

Eppure esisterebbe il modo non per risolvere non immediatamente la situazione, ma per ridurre a più miti consigli i campani che si oppongono alla costruzione di nuove discariche, per i rifiuti che loro producono. Smettere di spedirli in Germania. Sarebbe denaro pubblico risparmiato, riportandoli nei comuni o quartieri, specie i più riottosi, lasciando che si accumulino, visto che è in arrivo l’estate, la bella stagione, il calore e la calura, cingendo nel contempo la regione e le città scelte per le discariche in una sorta d’assedio, prendendo i cittadini per le narici.

I campani non vogliono capire che o rientrano nella legalità, partendo in primis dal presidente della regione, che invece di tenere la mano al governo, dovrebbe avere l’onestà morale di dimettersi, oppure costretti a soccombere sotto il peso di una Camorra che da decenni sta manovrando alle spalle, per gli enormi interessi che dallo smaltimento dei rifiuti e dal controllo delle discariche ricava. Ma questo i campani, non hanno il coraggio di ammetterlo,e preferiscono vivere con la munnezza sotto il naso per anni, piuttosto che aprire gli occhi e svegliarsi dal sonno della ragione, che li ha resi schiavi e manipolabili. Se le altre regioni italiane non hanno un’emergenza rifiuti, una motivazione ci sarà. La risposta, allora secondo i campani, potrebbe essere che tutti i cittadini del resto d’Italia sono degli idioti. Gli unici intelligenti e saggi sono loro. I risultati di quest’intelligenza sono sotto gli occhi del mondo. Complimenti. Continuate così!

25.05.2008
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giovedì 22 maggio 2008

Delitto di Cogne: La Franzoni in carcere


Finalmente dopo la conferma della sentenza della cassazione, Anna Maria Franzoni, la madre assassina del piccolo Samuele Lorenzi è entrata in carcere per scontare la condanna, a 16 anni, ufficiali,per aver massacrato il figlio,con un oggetto contundente, mai ritrovato, Samuele, di due anni.

Circa 5 minuti per ammazzarlo e 138.060 minuti d’attesa per vedere la figlicida condannata in via definitiva. Meglio tardi che mai, diranno alcuni, non certamente familiari e avvocati difensori, che già pensano, nel caso emergessero nuove prove a favore della condannata, alla revisione del processo.

La vicenda di Cogne ha tenuto banco per tutti questi anni, togliendo spazio a notizie più importati, dividendo l’Italia interessata all’assassinio di un bimbo di 2 anni, in innocentisti e colpevolisti. La conferma della sentenza di secondo grado – salomonica – accontenta a metà, entrambi, che avrebbero optato, o per un’assoluzione piena, o una condanna senza appello a trent’anni.

«Che ne sarà dei miei bambini?» sembra aver detto l’assassina ai familiari all’arrivo dei militi che l’avrebbero accompagnata, con o senza ferri, al carcere di Bologna, giunti nella cascina dell’amica di famiglia, tre ore dopo la lettura della sentenza.

Strazianti, per modo di dire, le scene raccontate dai tg notturni, da Matrix, e dai quotidiani online di oggi, pronti, per l’ennesima volta a descrivere il dolore, la sofferenza, la disperazione della figlicida, dei familiari ed amici, per la pena che nei tre gradi di giudizio, non hanno saputo dimostrare essere ingiusta. Come se i supremi giudici fossero responsabili della condanna inflitta per gli atti commessi dalla Franzoni.

Pietismo peloso, a tratti volgare, dove anche Enrico Mentana, conduttore di Matrix e i suoi ospiti, nelle quasi due ore di trasmissione, mai nei confronti della condannata hanno pronunciato le parole: assassina. Parola che devo essere cancellate dalla memoria collettiva dei telespettatori, a cui deve rimanere impresso solo il dolore – non si sa se vero o recitato – per l’assassinio del figlio, non di disprezzo per l’assassina stessa.

Si può provare umano dolore per i figli, il più grande, Davide, e Gioele, avuto dalla coppia a pochi mesi dall’omicidio commesso dalla Franzoni del secondogenito, ma non si può credere al dolore della madre, che ora piange e si dispera per la separazione dai due sopravvissuti.

Leggendo i commenti, sparsi in rete, si ha la netta sensazione, a parte i familiari, che gli italiani ne avessero le scatole piene dei piagnistei dell’omicida, e , sebbene ad alcuni non piace la parola giusitizialismo, in molti oggie affermano che 16 anni di gabbio – sempre che li sconti tutti – sono pochi, ela Franzoni doveva essere condannata a 30 anni, magari senza dirlo apertamente, gettando via le chiavi.
La corte di Cassazione, salvo revisioni future, ha messo fine ad una commedia dell’arte giudiziaria trascinatasi, senza motivo, per troppo tempo. Non è da Paese normale e civile che un’accusata di un barbaro omicidio a sangue freddo di un figlio, abbia per anni la possibilità di impazzare,infestando studi televisivi delle reti nazionali, cercando di difendersi dagli attacchi mediatici, che non dalle prove sempre più circostanziate, che mese dopo mese si accumulavano nelle aule dei tribunali.

Al termine di questa vicenda criminale, dove si messa sotto i riflettori la principale e unica imputata, rimane un amaro in bocca, un senso di disgusto, per come è stata gestita dall’inizio l’intera “Operazione Cogne” e come quest’uscita di scena, a, metta la parola fine, dimostrando come l’eccessivo garantismo abbia permesso ad un assassina, per anni l’utilizzo dei mezzi di comunicazione di massa per scopi personali, senza che nessuno intervenisse o volesse intervenire, per fermare le compassate medianiche, che a distanza di più di sei anni sono terminate, spedendo la Franzoni nel posto che meritava da molto tempo: in galera. L’assassina forse potrebbe uscire tra meno di tredici anni, permessi esclusi, a poco meno di cinquant’anni. Praticamente una miseria.

Marco Bazzato
22.05.2008
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mercoledì 21 maggio 2008

Zingari: emergenza europea


Ora i sapientoni di Bruxelles, che oltre a cibarsi di cavoletti non sanno mangiar altro, hanno l’arroganza – come gli zingari – d’andar a rompere le balle in casa d’altri. Il parlamento di Strasburgo, forse guidato dalla dichiarazioni xenofobe dell’euro parlamentare zingara ungherese, Victoria Mohacsi, chiede lo stop, alle presunte violenze italiane agli zingari, suoi consanguinei, dando il via libera per continuare a delinquere liberamente, e Strasburgo la segue.

L’attacco degli zingari all’Italia, sembra un’opera preordinata, per dare il benvenuto al nuovo governo Berlusconi.

Stando ad alcune teste vuote di Strasburgo, sarebbe colpa degli italiani, se gli zingari non vogliono integrarsi, se vogliono continuare a mandare i figli a fare gli accattoni, a rubare negli appartamenti, a scippare, insomma delinquenti, che però non si potrebbe nemmeno dire, visto che si rischia d’essere tacciati per razzisti o xenofobi.

Il bello è che il problema è un altro. molto più semplice. I sapientoni di Strasburgo temono che se l’Italia inizia a dare calci in culo agli stranieri che delinquono, questi possano prendere armi e bagagli e andare a combinar casini in altri Paesi. E questo certo non va giù.

I “saggi” col cavolo nel cervello, prima d’andare a dire in casa d’altri come vanno trattati gli zingari disonesti, devono dimostrare come hanno saputo integrarli, creando una società perfetta, una società dove questi, quando arrivano, non trasformano i loro accampamenti in letamai, dove non si ubriacano, e fanno schiamazzi a tutte le ore del giorno e della notte, dove il valore delle case, dei condomini non crolla, quando è allestito un campo abusivo, e nessuno si sente più sicuro d’uscire il giorno o la notte.

Gli zingari esistono. Questa è una realtà indiscutibile, innegabile e tra loro sicuramente ci sono persone degne, che mandano i figli a scuola, che lavorano onestamente, che non delinquono, e vanno tutelate, aiutate e inserite nel modo migliore possibile nel tessuto sociale dove decidono di stabilirsi. Ma gli altri?

Secondo Strasburgo, luogo di burocrati fuori dal mondo, che vivono protetti e cianciano senza ragion veduta, o senza ragione proprio, l’Italia deve proteggere gli zingari delinquenti, dar loro ospitalità, insegnare agli italiani che devono offrire spontaneamente i portafogli, fare l’elemosina alle madri che tenendo i braccio figli, tenuti appositamente lordi per incutere pietà, non monete da qualche centesimo, ma banconote fruscianti, possibilmente da venti euro in su. Gli italiani, devono, stando ai sapienti di Strasburgo, offrire spontaneamente i figli agli zingari che poi o li rivendono, o dopo averli rieducati alla loro cultura, li mandano sulle strade a delinquere.

La zingara ungherese, l’europarlamentare Victoria Mohacsi, non ha avuto il coraggio d’andare a sentire gli italiani – forse non aveva un interprete col coraggio di tradurre tutti i moccoli ed imprecazioni che questi rivolgevano ai suoi pari – andando a domandare quanti furti avevano subito, chiedendo quanto si erano deprezzate le loro proprietà, dopo l’arrivo di questi gentiluomini e gentildonne. Comodo, sparare sulla maggioranza degli italiani, per difendere, o a questo punto si può essere indotti a pensare che questa sia connivente con gli zingari che delinquono. Troppo comodo affibbiare la nomea internazionale all’Italia di Paese razzista e xenofobo, quando i problemi sono gli zingari disonesti, banditi e criminali che li provocano.

La verità è molto semplice, quasi banale. La maggioranza degli zingari che delinquono hanno il passaporto rumeno, quindi cittadini comunitari, e pe possono passare tranquillamente tutte le frontiere degli Stati membri dell’Unione Europea, andando da insediarsi dove vogliono. Questo fa tremare le vene ai polsi ai governi degli altri Paesi, consci dei problemi che possono creare, o già creano, e che non vogliono vederli aumentare.

L’Italia oggi rappresenta il capro espiatorio ideale del fallimento dell’Unione stessa, nei confronti di questi nomadi con l’abitudine a delinquere, e che nessuno vuole in casa propria. Rumeni compresi.

Dell’Italia e degli italiani ora, i politici europei, dicono che siamo un popolo razzista. Razzisti perché si cerca di difendere la proprietà privata, i figli, la sicurezza individuale e sociale? In troppi, parlano a vanvera di accoglienza e solidarietà. Certo, ma come si fa essere accoglienti e solidali con chi arriva in Italia, non per integrarsi, ma per aggiungere problemi a problemi? L’Italia, secondo il Parlamento Europeo, deve trasformarsi nella discarica umana di coloro che vogliono vivere fuori dal mondo e dalle regole?

È vero che la responsabilità penale è un fatto individuale, ma è altrettanto vero, che se un individuo vive in un ambiente dedito al crimine, alla violenza, quello stesso ambiente, se non espelle dal proprio interno il cancro che lo divora, si ammalerà della stessa malattia, a meno che il cancro non sia una costante sociale di certi gruppi etnici, ma che in nome della propria – presunta – identità culturale, debbono essere lasciati allo stato brado, e liberi di comportarsi come meglio aggrada.

Davanti a tutto questo, c’è almeno una nota positiva: i media. I media finalmente hanno smesso d’usare quel termine incivile, ma politicamente (s)corretto di Rom, tornando al vero nome, di origine, guarda caso, ungherese: Zingaro. Che se poi nel corso degli anni ha preso una connotazione negativa, il problema non è dovuto a razzismo italico, ma dal comportamento degli zingari stessi, unici carnefici e responsabili della rabbia che si sta accumulando negli italiani, che volgarmente parlando, ne hanno le palle piene dei reati e della loro presenza, quella delinquenziale, e non vede l’ora che prendano armi e bagagli e vadano a combinare casini in altre nazioni europee, prontr e felici d’accoglierli a braccia aperte.

Andate, il resto d’Europa, Strasburgo compresa, vi accoglierà a braccia aperte, visto che a parole, sono favorevoli alla multiculturalità e alla multietnicità. Siamo curiosi di sapere, come si comporteranno nei fatti!

Marco Bazzato
21.05.2008
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lunedì 19 maggio 2008

Mara Carfagna: Gay Pride, niente patrocinio

E poi dicono che le belle donne non hanno cervello, che un ex starletta, divenuta prima parlamentare, poi ministro delle pari opportunità nel Berlusconi IV, non ha gli attributi per rispedire al mittente, missive senza arte e né parte, che invece di portare soluzioni ai presunti problemi, portano solo confusione, caos e lascività esibizionisitica, come il famigerato Gay Pride e alla conseguente richiesta di patrocinio, che in termini terra terra, significa soldi, grana pecunia…

La Carfangna ha fatto capire chiaramente, che non ci sono soldi – patrocinio, secondo i gay – da gettare in inutili carnevalate, in quanto, cifre alla mano, il gridare “Al Lupo, Al Lupo” contro un inesistente problema d’omofobia, non è che un modo come un altro di spargere zizzania tra i cittadini, creando inutili contrapposizioni tra eteronaturali e non. La Carfagna, cifre alla mano, ha dimostrato, che gli omicidi nei confronti di omosessuali, negli ultimi due anni, sono stati dodici in totale, e le aggressioni, violenze e minacce, non più di qualche decina. Cifre praticamente nulle, rispetto ai casi di violenza e/o omicidi, commessi nei confronti delle donne, che fa capire, che il problema dell’omofobia se esiste, esiste solamente come percezione mediatica, ma numericamente quasi inesistente, e solo all’interno delle teste o dei gruppi omosessuali, che hanno l’illusione di sentirsi discriminati, mentre forse qualche buona seduta dagli strizzacervelli, come psicologi o psicoterapeuti, potrebbero aiutare queste persone ad imparare a dominare quel senso di panico che potrebbero avere nei confronti della naturale società eterosessuale.

D’altronde, il tenere il borsello chiuso del ministro Carfagna, èun dovere, oltre che una necessità pratica, visto che , nessuno ha saputo spiegare l’utilità sociale e pubblica, ha una baracconata come il Gay Pride, e se questa “manifestazione” porta reali benefici alla cause ideologiche portate avanti con fermezza scientifica nell’imporre un radicale cambiamento dei pensieri degli italiani, costretti ad essere coinvolti, loro malgrado,in realtà private che non gli appartengono.

D’altronde, basta parlare con chiunque, se non è ipocrita, come spesso accade, quando si fanno domande sugli omosessuali, questi saggiamente alzano le spalle, scrollano la testa sorridono, e tirano dritto, segno evidente, che rispettando i loro pensieri e la loro individualità, se ne fregano, visto che la vita di tutti i giorni ha priorità più importanti.

Va anche ricordato, che il Gay Pride, essendo non una manifestazione di sensibilizzazione, ma una carnevalata, spesso discinta e volgare, può organizzata con i fondi delle organizzazioni private interessate all’evento, e che se la cosa sta loro a cuore, non devono essere interessati alla sovvenzione da parte dello Stato, che sa tanto da socialismo reale, ma in un economia di mercato, possono cercarsi sponsor, come si fa per ogni grande e vero evento degno di questo nome. Sponsor che mettano il proprio nome, il marchio a favore della causa, se lo credono utile, col conseguente tornaconto economici e d’immagine. Se non avviene, si batte cassa allo Stato, cercando di mungere la mucca dai seni avvizziti e che non produce latte, è chiaro, piaccia o no, che l’evento ha un’importanza numericamente irrisoria, ma che vuole essere imposto, tramite i mezzi di comunicazione di massa. Evidentemente se le aziende o i grandi gruppi industriali non ritengono opportuno accostare i loro nomi e loro marchi, hanno fatto le loro ricerche di mercato; oppure, secondo alcuni dovrebbero essere tacciate di discriminazione sessuale ed omofobia?

Il ministro per le pari opportunità, non deve essere oggi giudicata per il suo passato come starletta, o i vari calendari fatti, ma per come oggi, da deputata prima, ma soprattutto da ministro gestisce la cosa pubblica, attenta alle disponibilità economiche dello Stato e a quali sono le reali priorità del Paese, che numeri alla mano, non sembrano essere, agli occhi anche dell’opinione pubblica, il Gay Pride.

Scatenare un’assurda bagarre politico-ideologica per la decisone oculata – saggia e ponderata – che tiene conto degli interessi generali del Paese, e non di questa o quella singola comunità, otre che scorretto è lesivo per l’immagine dell’Italia che non ha, in questo difficile momento bisogno di battaglie di bandiere arcobaleno, dove lo sventolio della presunta omofobia è strumentalmente utilizzata, per descrivere una realtà sociale e nazionale, che non appartiene al Paese.
Le organizzazioni, hanno con la decisione del ministro la possibilità di trovarsi degli pagatori, pardon dei patrocinanti, che se hanno veramente a cuore la causa, non lesineranno né denaro né mezzi per dar la maggior visibilità possibile, altrimenti tirino le debite conclusioni su quanto il Gay Pride interessa l’opinione pubblica. Se il privato non investe, l’interesse, senza essere omofonici, è pari a zero. Tutto il resto è volgare e pretestuosa propaganda ideologico-politica di bassissima lega. Meglio pensarci bene, prima di indignarsi – immotivatamente – per il risparmio, almeno in questo caso, di denaro pubblico, pardon: Patrocinio.

Marco Bazzato
19.05.2008
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domenica 18 maggio 2008

Emergenza rom


Nella foto la zingara ungherese
Victoria Mohacsi, europarlamentare



A Ponticelli, un quartiere di Napoli, si è ballato e festeggiato, dopo che gli zingari se ne sono andati. La situazione è esplosa, quando una zingara di sedici anni, ha tentato di rapire neonato, facendo, giustamente, esplodere la protesta.

Napoli è la Campania, si sa, hanno due grandi emergenze: zingari e i rifiuti, praticamente la stessa cosa. Con la differenza che gli zingari, con quattro tegami battuti, un po’ di urla, qualche baracca incendiata, se ne vanno, mentre per i rifiuti, la munnezza, non ci sono bestemmie che tengano.

È chiaro, come hanno detto alcuni osservatori, che gli incendi nei campi nomadi, potrebbero essere stati appiccati su ordine di qualche clan camorristico, che ha inviato i soliti idioti dal cervello vuoto a fare il lavoro sporco, rendendo magari i terreni nuovamente appetibili per la speculazione edilizia.

Fa riflettere, come i media, abbiano improvvisamente cambiato bandiera, sposando la causa zingaresca, sposando la causa degli sgomberati, dei cosiddetti poveri diavoli scacciati, non dalle loro terre, o dalle loro case, ma da terreni che occupano abusivamente, mostrando i volti dei poveri bambini con i lucciconi agli occhi, i capelli infestati di pidocchi, e abiti sporchi, facendo passare il messaggio – falso – che se si trovano in quelle condizioni, la colpa è della società che non accetta il loro modo di vivere.

Quello che non si vuole dire, e che gli zingari, non importa se italiani o stranieri, perché non va dimenticato che lo zingheraggio non è una piaga solamente straniera, ma anche italiana, è che questi signori del rame, questi pascià del ferro battuto, questi santi dalle nere Mercedes e carovane a volte chilometriche, dotate di ogni lusso e confort, non vogliono adattarsi al vivere entro il tessuto sociale, perché sanno che esistono sempre degli intelligentoni, che si prendono a cuore i loro - falsi – problemi, trasformandoli in problemi – veri - per l’intera società, dove questi “bravi” figuri mandano i figli a delinquere, con scippi, borseggi e rapine.

L’Italia e gli italiani, che a certi benpensanti piaccia o no, né ha le scatole piene di questi “poveri”, che oltretutto, non vanno ad insediare i loro campi nei salotti buoni delle città, nei centri storici, o turistici. Li i ricchi, per un fatto di decoro urbano – a ragione – non li vogliono, e in pochi minuti, senza tanti complimenti vengono fatti sloggiare e allontanati, andando ad ingrassare, guarda caso, proprio la periferia, che già degradata si degrada ancor di più. Salvo poi trovare sempre qualche “deficiente”, che pur di non averli entro o vicino le mura condominiali, ha pure l’ardire di tacciare di razzismo, se gli abitanti di un quartiere, stanchi di soprusi e angherie, prima li fa sloggiare, e poi per scaldarsi, appicca qualche fuocherello alle baracche.

Italiani razzisti? Se non lo erano, per colpa della politica idiota di qualcuno, che getta i rifiuti – anche umani – non dappertutto, ma nelle periferie delle città, lo sono diventati, spinti dall’esasperazione quotidiana, spinti dall’inedia e dalla sonnolenza delle istituzioni, che per accontentare tutti, alla fine non possono, e questo lo sanno anche le zucche, accontentare nessuno.

Le forze dell’ordine, è inutile giraci attorno, si sono arresi, visto che una volta presi i delinquenti con fedine penali lunghe chilometri, sono comunque rimessi in libertà, spesso per colpa di qualche errore o cavillo tecnico, che poi nessuno penalmente ed economicamente paga. La politica, fino a quando il problema non diviene pubblico, e sbattuto in prima pagina, se ne fotte, salvo poi, preparare il classico decreto legge, che dopo sessanta giorni, passata la buriana, nemmeno viene convertito in legge, aumentando a dismisura il caos normativo, dove i buoni avvocati difensori, ci sguazzano come bisce, dando via a quell’escalation, che alcuni chiamano erroneamente intolleranza, o peggio ancora razzismo, ma che nei fatti, nella pelle di chi vive il disagio, o peggio lo sfregio di vedersi prigionieri in casa propria, costringe le persone ad incivili, ma Draconiane misure di tutela della propria sicurezza e di quella dei propri cari.

L’Italia, indipendentemente da quanto sproloquiano i buonisti a tutti costi, se permane l’andazzo decadente attuale, costringe i cittadini a trasformarsi presunti razzisti inconsci, a tutela del proprio vivere.

La colpa di questa situazione, al limite dello sfascio sociale e culturale, è equamente suddivisa in molteplici rigagnoli di responsabilità ormai impossibili da accertare, ma sta dimostrando, almeno in molte grandi città italiane, che la politica delle porte aperte, a tutti i costi, da tempo è alla frutta, dove però, la politica italiana, stretta nella garrota dell’Unione Europea, difficilmente avrà spazi di movimento per mettere in cantiere misure veramente drastiche per fermare il fenomeno migratorio, anche all’interno dell’Unione Europea, di individui o tribù, che anche nei loro Paesi d’origine, non vogliono integrarsi nel tessuto sociale, preferendo vivere, da imbarraccati, d’espedienti, diventando humus fertile della piccola e grande criminalità.
I media, con inutili immagini strappalacrime, stanno facendo, per l’ennesima volta leva sull’emotività popolare, mostrando file di Ape Piaggio, colmi di masserizie e bambini dagli occhioni tristi, costretti a fuggire, secondo alcuni, per il razzismo italiano, mentre, nessuno ha il coraggio d’ammettere, che dentro le loro comunità, non muovono un dito per emarginare i soggetti più pericolosi e violenti, minori compresi, visto che hanno imparato, che il Bel Paese, si è trasformato nella Repubblica delle banane, che ha come slogan “Più diritti per tutti” e come sottotitolo: “Doveri per nessuno” specie se delinquenti, criminali, banditi, non importa se italiani o stranieri.

Parlano di xenofobia e razzismo, r per far vedere quanto incivile è l’Italia, quanto inospitale, barbara, e cattiva coi rom, il Parlamento Europeo, manda una
zingara ungherese, Victoria Mohacsi, eurodeputata, a fare le pulci in casa d’altri, avendo la presunzione d’insegnare come si deve fare pulizia in Italia, dimenticandosi, prima d’andare a far critiche in altre Paesi, di tornarsene al suo, a fare casino con le Istituzioni locali e nazionali, per le condizioni i cui vivono gli zingari lì. Parlamentare europea, o no, la zingarella, si sentirà, giustamente, rispondere per le rime. La cara parlamentare europea, prima d’andare a impiantare casini, in Paesi altrui, si adoperi per far vivere nel modo migliore gli zingari ungheresi, come quella lì, così i suoi cari compaesani, viste le migliorate condizioni di vita e igieniche, torneranno sicuramente in patria. Ma la Rom, sa che educare ed insegnare qualcosa di socialmente utile, per il proprio gruppo etnico, per vivere ed inserirsi nella società civile, è un impresa praticamente impossibile, preferendo accusare Stati ed istituzioni, per la mancata integrazione degli zingari. Dimostri a tutti che prima risolve il problema in Ungheria, e poi arrivi in Italia dimostrando con i fatti, come ha educato al rispetto dei valori civili la sua etnia. Altrimenti taccia. Il tacere – specie quando delle faccende di casa propria è meglio non parlare – permette di fare una figura, anche mediatica, migliore!

Marco Bazzato
17.05.2008
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venerdì 16 maggio 2008

Unioni Gay: California corrotta




La California e il governatore, il Terminator Arnold Schwarzenegger hanno dovuto cedere, innanzi alla tracotanza e alla violenza (il)legale della Corte Suprema dello Stato, che ha dato l’assenso – sbagliato eticamente e moralmente – ai cosiddette “Unioni?” allegre, dette anche più banalmente gay.

Ora, che le unioni siano una cosa allegra, da prendere alla leggera, esattamente come si va dal fruttivendolo per acquistare cetrioli, senza sapere da parte del venditore, se poi il prodotto fa a finire nello stomaco dell’acquirente, oppure prende canali secondari, è tutto da dire. Ma l’America puritana, integerrima, attaccata ai valori della famiglia e della Patria, almeno in due Stati: California e Massachuttes, dopo questa “saggia” decisione, rischia forse una lenta ma inesorabile estinzione.

Dare valore legale alle unioni allegre, socialmente inutili per il benessere sociale e la crescita demografica d’ogni Paese civile che si rispetti, è un ordine imposto alla maggioranza dei cittadini – eteronaturali – costretti a dover chiamare marito e marito, o moglie e moglie, due persone dello stesso sesso, che hanno avuto un assurdo riconoscimento legale, detto anche da alcuni civile, senza spiegare di che civiltà si parla, visto che nessuno apertamente lo spiega, andandosene in bagno per rigettare, anche il pollo del mese precedente.

La California, dove San Francisco ha la più alta incidenza di “allegri compagni” degli States, ha forse ceduto alle pressioni delle potenti lobby pro-eterofobici o anti-eteronaturali, dipende dai punti di vista, ha vinto la piccola battagliuccia tattica, perdendo – perché così la natura vuole – la battaglia strategica della vita stessa, sebbene altre leggi antifamiglie naturali, oltre che essere già passate, si prospettano all’orizzonte, non solo statunitense, ma sfortunatamente anche, si spera il più tardi possibile, magri mai, in Italia, sebbene nel Bel Paese, il baluardo a difesa di certe scorribande legali, appare essere solo il Vaticano.


Ma proviamo, per ridere anche se si dovrebbe piangere lacrime amare, un dialogo di presentazione, tra questi “allegrotti” e una vera coppia eteronaturale, con figlio .

«Piacere, sono Franco, e questo signore qui è mio marito, Gino».

Marito e moglie, quelli veri, composti da un uomo e una donna, si guardano negli occhi imbarazzati, sentendo che l’intestino d’entrambi ribolle di scariche, col rischio d’infiammazioni emorroidali.

«Piacere, Giuseppe. Mentre questa è mia moglie, Caterina.

Il figlio della coppia – eteronaturale – guarda prima i genitori, poi i due uomini, e nascondendosi dietro le gambe della madre, chiede: «Mamma, ma il signore ha detto che l’altro signore è sua moglie?»

La donna, che invece di spiegare certi barbarismi legali al figlio, avrebbe preferito sprofondare in una fossa biologica, in un pozzo artesiano, oppure farsi una settimana di ferie nelle vicinanze di Chernobyl, lo fissò sorridendogli. «Vedi, Giacomo – iniziò – ci sono persone che credono di provare dei sentimenti nei confronti delle persone dello stesso sesso…»

«Ma sono malati, mamma, che pensano queste cose?» la interruppe il bambino.
La donna inginocchiandosi disse:«Per la medicina e per i dottori no, ma anche loro sbagliano. Ti ricordi come quella volta che avevi la febbre alta, e invece di darti lo sciroppo, ti hanno mandato a casa, e poi abbiamo dovuto portarti in ospedale?..».

«Si mi ricordo…mi hanno fatto le punturine al sederino e mi faceva tanto male..Ma perché i dottori non fanno anche a quelli lì – disse il piccolo, indicando i due “allegri” – le punturine?»

«Perché si fanno le punture da soli, ma in modo diverso dal nostro!» Esclamò il padre, prendendo per mano la moglie ed il figlio in braccio, e allontanandosi velocemente, lasciando marito e marito con un palmo di naso e offesi per il comportamento omofobo di quella famiglia felice, che loro, anche avessero festeggiato cento anni di matrimonio e/o unione, non avrebbero mai potuto avere per vie naturali una progenie! In barba ai tanti decantati diritti civili, è e sarà sempre e comunque un rapporto sterile e privo d’amore, non solo genitoriale.


L’assurdo di questa legge, è che concede diritti a destra e manca, manco fossero prebende parlamentari, senza in cambio chiedere nulla alle “coppie” alle grotte. Nemmeno uno straccio di figlio messo al mondo in modo naturale…neanche questo gli hanno chiesto di poter dimostrare di saper fare. Alla faccia dei privilegi.

Marco Bazzato
16.05.2008
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giovedì 15 maggio 2008

Lorena Cultraro e i giovani d’oggi



Fa ancora discutere, immotivatamente, il barbaro omicidio di Lorena Cataro, avvenuto poche settimane fa, il cui corpo è stato ritrovato, quasi casualmente, da un agricoltore, dentro un pozzo.

La ragazza, sembra essere stata uccisa, perché minacciava di ledere l’onore e l’onorabilità, del piccolo branco, composto di ragazzetti come lei, d’età di 15, 16, e 17 anni, andando a spifferare in giro, d’essere gravida di uno dei tre, non sapendo quale.

Scherzo di pessimo gusto? Battute infelici tra ragazzini che hanno appena iniziato a prendere dimestichezza col sesso, dotati di un ignoranza abissale? Voglia di protagonismo, poco intelligente, anche di Lorena? Sono molte le domane che affiorano in questi momenti nella testa dei genitori della giovane e degli inquirenti, che hanno chiuso il caso, spingendo i tre giovinastri a confessare l’atroce delitto.

I genitori della ragazza si aggrappano, prima del referto dell’autopsia, al fatto, che secondo loro, la figlia, non era gravida, che era una bambina, e che “certe cose” Lei non le faceva, e via discorrendo. Emozioni e stati d’animo giusti, comprensibili, umani, emozioni dettate dallo struggimento e dal dolore che provando per averla persa in modo disumano.

Ma se la ragazza avesse detto la verità? Se fosse vero, che a 14 anni aveva avuto rapporti sessuali, non con uno,ma con tutti e tre, alteratamene, ecco che le domande da porsi si allargherebbero a macchia d’olio, fermo restando, che qualunque cosa la giovane, abbia sessualmente fatto col suo corpo, non doveva finire così.
D’altronde non è un mistero,che l’età del primo rapporto sessuale consenziente, negli ultimi anni si è notevolmente abbassata, dove le ragazze si dimostrano più precoci del maschietti, forse perché quest’ultimi risultano emotivamente più rincoglioniti ed immaturi, e che per una ragazza è più facile avere cento ragazzi, che non per un ragazzo avere cento ragazze, checché ne dica il maschismo sfigatello alla Danyny Zuko di Grease.

È chiaro che quando avvengono queste “tragedie”, mascherate da colpi di testa e/o paure per quello che si ha fatto prima con una ragazza, si apre l’interrogativo di difficile soluzione e/o interpretazione sociale, su come oggi il sesso è vissuto dai giovanissimi, come una realtà disgiunta dal sentimento, dove l’atto in se è sminuito e reso un semplice rapporto meccanico d’entrata ed uscita dentro il corpo femminile, spogliato dei valori affettivi.

Qui non si tratta d’accusare, oggi, una ragazza, che non può più difendersi dalla vita stessa, in quanto le è stata tolta, ma di capire, se non solo Lorena, ma moltissime altre, un domani, non possano trovarsi in situazioni analoghe per colpa di una sottovalutazione del concetto d’affettività-amore-sesso, perché altrimenti, quanto a lei successo, non sarebbe servito a nulla, se non tanto da esempio o monito, per i giovani, maschi o femmine, nell’vivere i primi rapporti, con più testa e meno corpo.

La ragazza, per quanto cinico possa sembrare, se fossero confermate le parole da lei dette, cioè che aspettava un figlio da uno dei tre, ma non sapeva da quale, è oltre che essere vittima di tre animali, che come detto i genitori dei carnefici, non meritano nessuna pietà, è vittima di se stessa, e della libertà che i media, trasmettono continuamente in riferimento al sesso, vissuto e consumato in modo acritico, senza volontà di conoscenza anche biologico-emotiva che i rapporti precoci, in giovane età, hanno sulle psiche in formazione, non importa se di uomini o donne.

Ciò non toglie nulla alla gravità dell’evento compiuto dai tre, dove nemmeno la giovane età, può essere considerata, un domani dai giudici un attenuante, per quanto commesso. Perché se fosse vero,che i tre, hanno avuto rapporti sessuali, avevano, nonostante la minore età, la libertà e soprattutto non era stata commessa violenza nei confronti della giovane per averla, quindi la stessa era consenziente, non sposta di un millimetro il fatto, che come hanno agito in piena coscienza per far sesso con lei, abbiano agito con la stessa libera coscienza quando hanno deciso d’ucciderla, per non compromettere il loro buon nome.
Sarebbe interessante conoscere e che la stampa indagasse sul giro delle amiche della ragazza uccisa, per trovare conferma,se lo avesse raccontato, d’aver avuto rapporti sessuali consenzienti con i tre futuri giovani carnefici, visto che a quell’età, le ragazzine hanno l’amica del cuore a cui reciprocamente si di raccontano i segreti più intimi ed inconfessabili .

C’è la nota di colore, che giornalisti idioti chiedono ai familiari delle vittime, a cui hanno appena ammazzato un caro, il cui corpo è ancora dal medico legale per l’autopsia, non riconsegnato alla famiglia per le esequie. La domanda più criminale che un giornalista dotato di coscienza, non dovrebbe nemmeno avere l’onestà etica e morale di pronunciare: «Avete perdonato gli assassini?». Ma questi buffoni col microfono in mano, se ammazzassero un loro caro, darebbero il perdono morale e penale immediatamente, con la velocità di uno schiocco di dita?

Marco Bazzato
15.05.2008
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mercoledì 14 maggio 2008

Zingari e banditi: rumeni furiosi



Ora le palle, girano abbastanza anche ai rumeni. Non tanto quelli che delinquono nel Bel Paese, ma i rumeni in patria, che oggi hanno paura, che gli italiani, finalmente stanchi di soprusi, omicidi, stupri, violenze, borseggi, tentativi di rapimento di neonate in casa, rispediscano “gli onti” dalla fedina lunga chilometri nella loro bella patria, affinché possano delinquere in casa.

Ma alla politica rumena, e alla parte sana dei rumeni, che per fortuna è la maggioranza, non piace, fa tremare le vene ai polsi, riempiendosi di scariche intestinali e/odiarrotiche, per timore che i bei fatti di cronaca nera, che imperversano nella penisola, possano ripetersi, una volta rispedito a casa il liquame, nella patria di Ceusescu.

Maroni, ministro dell’interno, si è preso proprio nei “maroni” il peso dello scoramento italiano, sta pensando ad un giro di vite, sugli ingressi, ricacciando zingari, puttane, col dispiacere dei clienti italiani, spacciatori e merda varia, che dovranno trovare accoglienza non in carri piombati e privi di luce del millennio passato, ma in più comodi e costosi mezzi di trasporto, che andranno disinfestati da pulci, zecche, parassiti e malattie venere varia, che potrebbero infettare gli italiani viaggiatori, al termine del trasporto rifiuti nella loro beneamata patria.

Il ministro ha torto? Sicuramente la sinistra, specie quella estinta, quella in doppio petto, pronta a fare cagnara a piè pari, pur di sfasciare qualcosa, dirà, sodalizzando con uno Stato Straniero, seppur membro dell’unione europea, è pronta a difendere campi nomadi, stupratori dalla fedina penale lunga un chilometro, pronti a protestare in nome di ogni presunta diversità, pur di scassare le “palle” alle persone perbene. Ma se sono così buoni di cuore, si adottino uno zingaro, uno stupratore e lo facnno dormire con le loro donne, le loro madri, fidanzate o sorelle, visto che amano ogni (de)genere di delinquente, nel nome di una multiculturalità, che complice una giustizia ingolfata e morta, ha fatto diventare l’Italia, la pattumiera della feccia straniera – come se già non avessimo abbastanza feccia e del liquame nostrano – coscienti che il Bel Paese, spalanca le braccia ad ogni genere di nequizia, poi, tanto i costi sociali gli pagano gli italiani perbene.

Di cos’hanno paura i politici rumeni? Del rientro in patria del patrio letame, dei peggiori soggetti, che sono stati felici di sbolognare fuori dal Paese, andando a far malanni e morti in casa d’altri, mentre loro garantivano la sicurezza alle imprese italiane, che producono reddito e tasse in Romania? A loro gli utili e all’Italia la feccia, le protuberanze cancerogene di determinati elementi della società rumena, che hanno nel D.N.A il virus maligno del crimine organizzato, della prostituzione, della rapina zingaresca e/o dell’accattonaggio?

Per fortuna la maggioranza dei rumeni che vive e lavora in Italia, fa il possibile per integrarsi e per tenere alta la bandiera nazionale e per assurdo, sono i primi,che si sentono infanganti e lordati escrementisticamente dalla delinquenza dilagante dei loro connazionali, che va a nutrire il pregiudizio, la paura, e il disagio degli italiani, spesso vittime di balordi, che non hanno rispetto per la vita umana.

I primi a reagire a questa ondata, sono stati i napoletani, dopo il tentativo di rapimento di un neonato da parte di una zingara sedicenne. Dove un gruppo di giovinastri, vista l’assenza dello Stato, tenendo conto anche che Napoli e regione Campania, sono già piene di mondezza, hanno optato per dar fuoco alle baracche disabitate, di un campo zingari a Ponticelli.

L’atto compiuto contro le baracche, deve essere considerato esecrabile sotto tutti i punti di vista, anche se non va dimenticato, che sono state date alle fiamme catapecchie vuote e abusive, che non dovevano né essere edificate, né tantomeno contenere “’persone?”. Senza dimenticare poi, che i Napoletani, già con la mondezza che arriva al cielo, da tempo sono esasperati e probabilmente cercano, trovando negli zingari, i capri espiatori ideali, specie dopo il tentativo di rapimento di un bambino.

Lo Stato, se esiste, deve darsi una mossa, senza farsi prendere da falsi pietismi da un buonismo pacifinto, di stampo sinistroide, che come le ultime elezioni ha dimostrato, è stato considerato fallimentare e deleterio per la sicurezza del Paese.

Naturalmente, rimane il fatto che la Romania ha il diritto di protestare, se gli viene riconsegnata la propria immondizia, ma a ben pensarci, la situazione, nella sua tragica comicità, è simile alla normo-emergenza eterna dei rifiuti campani, dove le altre regioni d’Italia, hanno a – a ragione – deciso di lasciar soffocare nei miasmi la regione presieduta da Bassolino, rifiutandosi d’accogliere l’immondizia, perché non aveva eticamente ed economicamente senso, aiutare una regione che ha preferito, grazie ad una politica connivente con cani e porci, di distruggere il tessuto sociale e naturale campano, deturpandolo con gli effetti ormai noti a tutti.

La situazione degli zingari rumeni, o del delinquente rumeno, è identica alla situazione Campana, dove la Campania non è altro che l’Italia intera, che si è riempita, peggio di una discarica abusiva a cielo aperto di banditi, accattoni, zingari, puttane e papponi, come se non ne avessimo già abbastanza di quelli italici, e che come tali, vanno rispediti, come un pacco di carne avariata al mittente, allo Paese di provenienza, in modo che, come per la munnezza Campana, si arrangi lui, a smaltire i propri rifiuti.

Il vero problema, la politica rumena, lo sa bene, è che al ritorno in patria di questi criminali, è che destabilizzino la fragile economia in crescita, senza sapere come risolversi il problema in casa propria. Ma quelli sono affaracci loro!

Rimane allora la domanda: secondo i rumeni, dovrebbe essere l’Italia a dover accollarsi l’onere di stoccaggio e smaltimento, nelle galere italiane, dei rifiuti della società rumena?

Marco Bazzato
14.05.2008
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sabato 10 maggio 2008

Austria: I Nuovi Mostri: Josef Fritzl


Decisamente gli ultimi anni, non sono stati, per l’Austria, il massimo, per quanto riguarda l’immagine del Paese all’estero. Il Paese che ha dato i natali ad
Adolf Hitler, continua a generare, come una pianta dalle radici abbastanza sane, dei figli e/o dei frutti malati.

Prima la storia di
Natascha Kampusch, rimasta prigioniera del suo aguzzino per otto lunghi anni, e poi l’ultima – almeno per ora – in ordine di tempo, storia quasi “Ai Confini della Realtà, di Josef Fritzl, l’uomo che ha tenuto segregato la figlia, in un bunker antiatomico, che aveva iniziato a costruire dal 1978, uscita poche settimane fa, dopo ventiquattro anni di prigionia, violentata dal padre-padrone, genitore e nonno dei figli che la donna ha avuto da questo padre di una “strana famiglia”.

Ora in molti s’interrogano, se Josef Fritzl, definito il Mostro di Amstetten , sia un individuo sano di mente, oppure affetto da qualche strana turba psichica, tale da permettergli, forse dopo il processo di passarla liscia. Un bravo psichiatra della difesa, forse sarà in grado di dimostrare, con tanti paroloni, che l’Orco è malato e che per ventiquattro anni, non è stato in grado di intendere e volere, che non sapeva che la persona che aveva iniziato a violentare fin da undicenne, era sua figlia, che non era in se, quando abusando ripetutamente della stessa, l’aveva resa più volte gravida, facendola partorire di nascosto, sottoterra, come un animale dimenticato. Ma per l’uomo della strada, Josef Fritzl, è indubbiamente una persona lucida che fin dal 1978, quando aveva iniziato a costruire il bunker, aveva in testa, non l’idea fissa e malata, ma il sogno da realizzare di una famiglia tutta sua, una famiglia fuori dalle regole etiche, morali e sociali, che secondo lui, la società perbenista imponeva a tutti i cittadini, che dovevano – a suo avviso – essere ineccepibili e moralmente integri.

Josef Fritzl era una persona, secondo la sua etica, integerrima, ordinata, ligia al dovere, attento alla forma e alla sostanza, dove la forma esteriore era la casa fortino, con le tende tirate, e la sostanza era il bunker, il luogo – per la società normale – reputato degli orrori, ma per lui, il suo luogo, la sua famiglia oscura, la famiglia che viveva nelle tenebre, la famiglia costretta a vivere curvata, a non avere per decenni contatti col mondo eterno, perché lui, Josef, era il mondo esterno, l’anello di congiunzione tra oscurità Luce, tra morte e vita. Un novello Caronte, traghettatore dei vivi, verso il regno dei morti, dei sepolti, di coloro che hanno fatto dell’oscurità la loro ragione di vita, delle parole solo dei suoni gutturali vuoti e apparentemente privi di senso, il loro universo, quell’universo, che nonostante la tv, credevano un miraggio fantastico, un sogno irraggiungibile, come la luce del sole,. Come l’alito del vento, o il fresco tepore della pioggia che bagna i capelli.

Josef Fritzl, non è né un mostro, né un pazzo criminale, è una persona lucidamente sana, volutamente sadica, che aveva fatto del dolore e delle sofferenze figliali il nutrimento del suo stato d’essere, unito al desiderio orgasmico, di morire e rinascere, tramite la fecondazione della figlia, entro un gioco d’eterna immortalità, che lo portava a riprodurre una parte di se, nella progenie avuta con la figlia-madre dei propri figli-nipoti.

Josef Fritzl, ha un’umanità disumanamente diversa, una scala di valori – che non necessariamente implica pazzia, come gli avvocati difensori cercheranno di far passare – che lo rende il prototipo perfetto del “mostro” della porta a fianco, dell’aguzzino, che con uno sguardo fa raggelare le vene, del Signore, della vita e della morte altrui, ma che non deve essere inteso, né come un maniaco, né come un malato e/o deviato, facendolo diventare una vittima del proprio passato, vittima per l’amore – secondo la “società civile” – materno che l’avrebbe condizionato, al punto di sposarsi e riprodursi, solo per far vivere in eterno, l’immagine della madre giovane con qui aveva rapporti sessuali, e con cui voleva protrarli per sempre, tramite la figlia-madre, che dovrebbe essere condannato al massimo della pena, con la morte in cella, non tanto per l’atto incestuoso che ha avuto con la figlia, ma per i figli avuti dalla medesima e per le condizioni in cui ha costretto a vivere i figli dei suoi lombi.

Ci saranno sicuramente degli sviluppi in futuro, perché è umanamente impossibile, che nessuno per quasi cinque lustri, non si sia mai fatto domande, che la polizia non abbia indagato, che il tribunale dei minori che gli ha affidato i figli avuti con la figlia, non sia mai sorto il dubbio, se quanto avveniva dentro quella casa fu frutto di un’umanità diversa da quella socialmente accettata.

In questa storia, c’è per ora un unico vincitore: ed è il piccolo paese di Amstetten, che ha guadagnato un improvvisa notorietà internazionale, che vedrà, come spesso accade, nascere e svilupparsi, almeno per un breve periodo, il classico turismo dell’orrore, del sadismo, perché in fondo, l’umanità aborrisce i mostri, ma sotto sotto li ama, perché hanno il “folle” coraggio di fare quello che agli altri esseri umani, per scrupoli morali, sociali, religiosi o culturali è negato, e questo, incosciamente, desta raccapricciante ammirazione.

Marco Bazzato
10.05.2008
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venerdì 9 maggio 2008

Alemanno e il Gay Pride



Forse è arrivata per Roma la svolta,il cambiamento, l’inversione di tendenza, verso una normale mormalità almeno pubblica, con l’arrivo di Gianni Alemanno alla guida della capitale.

Il neo sindaco, tra le altre cose, forte della vittoria del Centro Destra a livello nazionale, che ha sancito – almeno per ora – la scomparsa dei partiti della sinistra e della destra estrema, ridotti ad entità extraparlamentari, sebbene, almeno comunisti e arcobaleni vari, ogni tanto fanno capolino nelle tv nazionali, pur privi del mandato popolare per rappresentare , continuando a pontificare, le loro idee che i cittadini, durante le ultime elezioni, hanno ritenuto inutili e dannose, hanno anche l’ardire d’attaccare Alemanno, se sceglie di cambiare in meglio, l’immagine della città.

Alemanno, sicuro dei numeri, sta seriamente pensando di dare un giro di vite al Gay Pride, non tanto per limitare le libertà fondamentali dei cittadini di manifestare e riunirsi pacificamente in corteo, per reclamare quella cosa strana che chiamano diritti del singolo omosessuale, ma per indirizzare la protesta, non sotto forma di una carnevalata bocaccesca, che appare come un’ammucchiata senza arte e né parte, dove i manifestanti, infilzandosi metaforicamente l’uno con l’altro, rendono indistinguibile il maschio dalla femmina, l’uomo dalla donna, in una Babilonia chiassosa, che costringe anche chi non vuole vedere e/o sentire di tapparsi in casa, o lasciare per i giorni di “festa” la città, mettendo i tappi sulle orecchie e stracci sugli occhi ai figli, per non far sentire e vedere il caos che regna sovrano.

Naturalmente, apriti cielo. Gli strali delle organizzazioni antieterosessuali, hanno iniziato per dirla alla Montagnani a danzare sui testicoli della grancassa mediatica, usando i soliti vecchi stereotipi dell’armamentario comunista – che non vuol morire – sbraitando come donnicciole a cui è stato rubato il fard, che il neosindaco è Alemanno e omofobo, fascista e bla,bla vari, che ormai anche i muri conoscono, avendo fatto anche la muffa sui medesimi.

Alemanno però, non si è fatto scoraggiare dalle “volanti rosse” della propaganda, ribadendo di non avere nulla contro il Gay Pride, anche se in molti sperano che il Comune, almeno da quest’anno, non dia il patrocinio, ma d’essere contrario ad ogni forma di esibizionismo, non importa se gay o etero.

Non l’avesse mai detto, maremma maiala! Ancora una parola a difesa dell’etica della città e il sindaco avrebbe corso il rischio d’essere investito da una caterva d’uova andate a male, scarpe col tacco numero 50, camicette da donna taglia XXL, parrucche cotonate stile anni settanta e zeppe d’altezza incredibile, tutto per dimostrare la civiltà ed il rispetto dei diritti altrui, il rispetto per i cittadini, e sono la maggioranza, totalmente e a ragione, disinteressati a queste rimostranze, che non hanno nessun valore d’influenza sociale, in quanto l’omosessualità come afferma Gianni Alemanno, riguarda solo ed esclusivamente la sfera privata delle persone, entro le mura domestiche.

Ma se il Gay Pride si dovesse fare, sarebbe interessante che questo vedesse sfilare le persone, non importa se uomini o donne, abbigliati come pubblica decenza vorrebbe, rispettando il sesso esterno d’appartenenza, senza baracconate assurdistiche di “disturbi” di identità di genere, o altro.

Maschi vestiti da maschi, donne vestiti da donne, tutti assieme, ognuno col un partner del sesso opposto, senza timore e/o vergogna di mostrare una normalità uguale a quella degli eterosessuali, dove almeno per un giorno si sfili senza dimostrare eterofobie sessiste e discriminatorie nei confronti dell’altro sesso.

Rispettare i diritti di tutti, significa, cosa che la realtà contemporanea vuole dimenticare, nel nome di un’anarchia distruttiva, i cui i risultati venefici sono sotto gli occhi di tutti facendo accettare delle regole di rispetto per l’altro, senza subire prevaricazioni nel nome delle minoranze, che vorrebbero imporre, con la scusa dei loro presunti diritti, tutti da dimostrare, che una città, una capitale europea, simbolo e culla della civiltà, deve subire carnevalate esibizionistiche, che nemmeno a Rio de Janeiro, si sognerebbe di fare.

Alemanno, certamente non è intenzionato a dare l’immagine di una capitale bacchettona o chiusa in se stessa, refrattaria alle diversità ma, da amministratore della cosa pubblica, ha il dovere di pretendere da qualunque tipo di manifestazione, ancor di più dall’eventuale futuro, e si spera non certo Gay Pride, rispetto, decoro anche quando si manifesta per certi e/o presunti ipotetici diritti negati.

Sarebbe giusto, se l’evento culturale avesse il più basso profilo mediatico possibile, per non mettere – come se già non bastasse – il Paese, sotto lo sguardo internazionale, dando un immagine diversa dalla realtà quotidiana italiana, lasciando che in quei giorni il chiasso regni sovrano, come il silenzio dei cittadini, dei rumori delle auto che lasciano la città, rendendo il paesaggio lunare e spettrale, silenzioso, con le imposte chiuse, e le serrande abbassate, i bambini segregati in casa, facendo capire loro che fuori c’è il Babau pericoloso, che potrebbe cibarsi, come nelle fiabe degli orchi di loro.

Naturalmente tutto questo è alto che un magnifico sogno utopico. La realtà sarà diversa, molto diversa, estremamente e totalmente diversa, nel nome del diritto di tutti, ma sempre ed esclusivamente, come da prassi, senza doveri!

Marco Bazzato
09.05.2008
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martedì 6 maggio 2008

Beppe Grillo e la Casta dei Giornalisti


Sono in molti, politici, giornalisti, opinionisti italiani e stranieri, che continuano a chiedersi, del perchè quello che sembrava un comico decotto dalla storia televisiva, cacciato via dalla tv di Stato, per una battuta sui socialisti, come una Fenice, anzichè rimanere sepolto sotto le ceneri, continui a risorgere.

Il fenomeno “Grillo” è ancora piú strabigliante se si pensa, che nonostante piccoli aggiustamenti, sono almeno tre anni, che porta per le piazze d’Italia lo stesso moologo.

È interessante notare, come una certa politica, voglia trasformare un comico in un Politico, portandolo in un branco ben definito, dentro una reatà che in primo luogo non è la sua, ingabbiandolo in schemi corporativi e primitivi, che immancabilmente lo porterebbero al compromesso.

Grillo, non potrà mai essere un politico, in quanto il seguito che ha è formato dal popolo, formato da persone che si, votano i partiti politici, e le ultime elezioni lo hanno degnamente dimostrato, ma che vogliono conoscere la realtà di Palazzo, letta in modo diverso, non detta, come se i cittadini fossero scimmie ammaestrate, dai comunicati ufficiali, dai portavoce, dalle segreterie di partito, o dalle correnti d’appartenenza.

I cittadini hanno fame di conoscenere la politica, i meccanismi dietro i quali i destini degli italiani ruotano, e questo alla politca non piace, e fa vedere Grillo come un foruncolo doloroso, che mette il dito sulle piaghe prurolente della gestione della pubblica cosa nostra.

Paradossalmente la politica, non ha capito che Beppe Grillo, serve incosciamente alla politica stessa, perchè convoglia nelle piazze il malessere, la rabbia covata, il senso di smarrimento e la perdita di valori etici e giuridici che una nazione moderna, se ben amministrata, dovrebbe avere come faro illuminante. Il V-Day dell’otto settembre 2007 e del 25 aprile 2008 ne è stato un valido esempio. Rabbia scaricata – a suon di pacifici insulti – tramite contumelie, volgarità, non di bassa lega, ma tipiche del parlato anche politico, vedi Vittorio Sgarbi, che durante Anno Zero, condotto da Michele Santoro, senza far ridere nessuno, si è lasciati andare ad espressioni che dire volgari, sarebbe ancora poco, spesso indirizzate al giornalista Marco Travaglio.

Beppe Grillo, ha avuto però la sua caduta di stile non indifferente, che gli è costata un bel pò di sostenitori, di persone che prima credevano alle sue parole, come fossero oro colato, ma quando hanno visto le reazioni inusitate alla pubblicazione della denuncia dei redditi, messe online da parte dell’Agenzia delle Entrate, prima ha attaccato a testa bassa, e poi – imitando malamente il politico navigato – ha fatto un inversione di rotta a 180 gradi, ma ormai la frittata, almeno per ora, era fatta.

Va anche detto, ad onor di verità, che almeno ha dichiarato nel 2005 una cifra non indifferente, 4 milioni e rotti di Euro, che non sono certo bruscolini, questo vuol dire, che non predica bene e razzola male. Proviamo ad immaginarsi cosa sarebbe accaduto se il reddito dichiarato, fosse stato poco piú alto di quello di un piccolo professionista, certamente le reazioni sarebbero state alcquanto diverse, e meno tenere.

Grillo, con la caduta di stile, va detto che è stato colpito – giustamente – dalla stessa libertà e trasparenza che invoca, è stato investito dalla forza della rete, di cui oggi è il Sommo sacerdote pagano.

Grillo piace, ma non piace, attira ma disgusta, fa riflettere e infuriare, perchè, a differenza dei politici di professione, cha capito che la politica, letta con l’occhio del comico satirico, irriverente, maleducato, volgare, attaccabrighe, che anticipa, come nel caso Parmalat gli eventi, ha unn unico padrone: il popolo, i cittadini, dove questi pagano per assistere agli spettacoli nei palazzetti dello sport, ma sanno bene, a differenza di chi campa miseramente con 15 mila eruro al mese, che sono gli unici soldi che liberamente versano, tramite il biglietto, al comico.

Ma sopratutto pagano per farsi strapazzzare, per farsi stritolare, non il portafoglio, ma i testicoli di dolore, quando con poche semplici parole, anche demagogiche e/o populistiche mai banali, capiscono dove vanno a finire i denari che sono costretti a pagare per mantenre le varie Caste.

Casta, ultima, ma non ultima quella dei giornalisti, che caso unico nel mondo civile, ha un ordine istituito durante il peridodo fascista, per controllare la stampa stessa e che al pari di un ente inutile, non vuole essere abolito, anche se questo potrebbe essere spazzato via, tramite una rivoluzione culturale pacifica, grazie proprio alla Rete, dove Grillo non essendo giornalista, ma un semplice ragioniere prestato da decenni alla comicità, il suo Blog è tra i piú letti non Italia, ma al mondo. E questo, scusate se è poco, costringe, volenti o nolenti, anche i giornalisti piú refrattari ad analizzare – con la bile che esplode – l’evento mediatico del XXI secolo, dove Beppe sa bene che quanto piú è attaccato, tanto piú la popolarità aumenta, ingenerando un circolo vizioso, voluto e preteso dai cittadini, che hanno il diritto d’essere informati, in modo equilibrato e non fazioso, sui fatti, costringendo il giornalista stipendiato da un giornale, che vive grazie agli aiuti di Stato, a fare equilibrismi verbali e lessicali, alla ricerca d’un etica d’informazione, spesso – per ordini di scuderia – che deve essere necessariamente mancante.

Eppure la soluzione per abrogare l’ordine, potrebbe partire paradossalmente dai giornali, se fossero veramente liberi. Assumere giornalisti laureati, con un bagaglio univeristario, licenziando, senza troppi complimenti, quanti sprovvisti di Laurea.

La pulizia sarebbe rapida, immediata, indolore, lasciando spazio ai giovani, ma questo non potrà essere fatto, visto che troppa istruzione nell’informazione è dannosa per il potere, perchè incontrollabile.

Marco Bazzato
06.05.2008
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sabato 3 maggio 2008

Dichiarazioni online: a chi giova?


Prosegue la telenovela delle dichiarazioni dei redditi, del 2005, messe online dall’agenzia delle entrate, per nemmeno mezza giornata, ma già disponibili su Emule, il programma per la condivisione dei file peer to peer. Eppure, in mezzo a tutta questa”cagnara” che ha avuto come primo volatile impallinato Beppe Grillo, la politica tace. È strano, ma nessun esponente del governo decaduto, ha messo il becco a Porta a Porta, per spiegare il perché di questa situazine kafkiana, come nessun esponente di spicco della coalizione vincente, ha ancora espresso delle opinioni in merito.

Stando alle ricostruzioni dei fatti, sembrerebbe che i dati avrebbero dovuto essere messi online, entro l’otto marzo, data posticipata in quanto già in quel periodo il Paese era in campagna elettorale, e questo caos avrebbe potuto danneggiare le due coalizioni in competizione. Ma a giochi fatti, col centrosinistra ridotto ad un colabrodo elettorale, e il centrodestra ancora mezzo ubriaco dai festeggiamenti, la baraonda poteva iniziare. A pensare male, verrebbe quasi da scrivere che dentro nei palazzi del potere romano, in molti sapessero della situazione di tempesta che stava per arrivare, edinfatti, praticamente tacciono tutti.

Ma questi dati, effettivamente sono fruibili dai malintenzionati? A livello teorico forse si. D’altronde, se quei pochi che hanno rilasciato dichiarazioni,si fossero presi la briga, prima d’aprir bocca, di collegare il cervello, dandoci un occhiata, avrebbero visto si, che negli elenchi, in ordine alfabetico, esistono i nominativi del contribuenti dei
Modelli 730, ma proprio per il rispetto della privacy, mancadi codice fiscale ed indirizzo del contribuente.

Trovare il cosiddetto vicino di casa, che viaggia in Ferrari, ma denuncia redditi da zingaro accattone, non è facile come alcuni sostengono, specie nelle grandi città, sia per l’enormequantità di nomi presenti nelle liste, sia per l’ordine alfabetico, ma soprattutto per la mancanza dell’indirizzo e del codice fiscale. Cosa diversa, invece se fossero stati pubblicati tutti gli elenchi, compresi quelli di ogni paesello di provincia,dove spesso – come cimici addormentate su un materasso – si annidano milionari taccagni che si fingono poveri in canna.

Ma come dovrebbe fare un povero malintenzionato se volesse sorbirsi la faticaccia di scremare un po’ di milionari, per fare un bel esproprio proletario della ricchezza altrui? La teorica soluzione più semplice la offre ancora la rete, in quanto, per la legge delle probabilità, una volta scaricati i Redditi, controllati i cognomi – in ordine alfabetico – e i nomi dei contribuenti, ipoteticamente sarebbe possibile risalire la “povero” tapino prescelto, usando le
Pagine Bianche, pregando che abbia scelto l’opzione rendere pubblico il numero telefonico e l’indirizzo, cosa che gli eccessivamente ricchi abitualmente non fanno, in quanto amano non essere disturbati dalla plebe.

Viene però da chiedersi, se quest’operazione lesiva – secondo alcuni, ma non secondo un sondaggio del Corriere della sera, che vede più del 50% del campione, non statistico d’accordo – della privacy personale, non nasconda scopi di più ampia portata? Come ad esempio un’ulteriore stretta proprio ad internet, usando come pretesto, proprio la diffusione della dichiarazione dei redditi, da parte dei degli internauti?

L’ipotesi non sarebbe da scartare, in quanto il terrore mediatico, scatenato da alcuni politici, che hanno pronosticato sfracelli di portata planetaria, inducono a pensar male. Tant’è che alcuni si sono affrettati a dire, che ora che i redditi sono online, la mafia cinese, russa, o giapponese, potrebbero usarli per accrescere il loro potere. Già come dire che la camorra napoletana, o l’Anonima Sequestri Sarda, se legge le dichiarazioni dei redditi di un miliardario russo, va in trasferta nell’ex Unione Sovietica, per esportare il pizzo o “l’arte” dei sequestri di persona.
I problemi ci potrebbero essere, ma in ogni caso, ma sarebbe estremamente difficile risalire al rapporto causa/effetto in caso di atti criminosi, perché indipendentemente dalla pubblicazione online dei redditi, è assai difficoltoso trovare i nessi, in quanto basta leggersi le cronache quotidiane o storiche, che pizzo e il sequestro appartienegono alla radice storico-culturale di alcune regioni del nostro Paese, e per assurdo, proprio i sequestri di persona più eclatanti si sono avuti molto prima dell’epoca di internet, mentre permane il problema dell’illegalità di stampo mafioso, che ora offre alla politica un pretesto in più, per dichiararsi impotente, allentando la presa sui controlli, in quanto con la scusante che nonostante lo Stop imposto dal garante per la privacy all’Agenzia delle Entrate, i dati sono pubblici.

Come spesso accade in Italia, è assai probabile, che le colpe di questo “errore voluto”, non sia pagato dai diretti responsabili politici, ma da quanti hanno scaricato i dati, correndo il rischio di venire, attraverso la Polizia Postale, monitorati e denunciati alle autorità competenti.

Questa bolla di speculazione mediatico finirà col dissolversi, in quanto va ricordato che la criminalità organizzata, vedi i boss mafiosi che usano solo pizzini, non fidandosi delle moderne tecnologie, preferendo il passaparola, il pedinamento, il controllo reale – non virtuale – del territorio, con uomini e mezzi, andando, o mandando persone terze, con la fedina penale immacolata, a richiedere le dichiarazioni dei redditi, ben consci che il mondo della rete, il cyberspazio, lascia molte più tracce utili per risalire ad un eventuale atto criminoso, che non mille piccoli accorgimenti, considerati dai superesperti, arcaici, che permettono di “lavorare” quasi nell’assoluto anonimato.



N.d.A Errata corridge: nell’articolo:
Dichiarazione dei redditi online: Beppe Grillo guadagna come 3236 precari ho commesso un errore di calcolo: il numero dei precari è 323, non 3236. Ringrazio l’anonimo lettore che l’ ha segnalato.

Marco Bazzato
03.05.2008
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