lunedì 27 aprile 2009

Febbre suina, emergenza internazionale


Pochi giorni fa, il 20 d’aprile, dei narcos messicani hanno ammazzato otto agenti dell’FBI, e non più di una settimana dopo, in Messico scoppia l’influenza suina, con la conseguente chiusura delle frontiere, con ad oggi un centinaio di morti in Messico, e naturalmente lo scoppio della fobia sociale, prima negli Stati Uniti, e poi nel resto del mondo per il pericolo che l’epidemia si trasformi in una pandemia. Non male come eventuale ritorsione epidemica, per gli agenti ammazzati, sfuggita al controllo dei carnefici; se non fosse la realtà, il tutto potrebbe apparire come nel romanzo di Stepehen King, The Stand, pubblicato in Italia col titolo “L’ombra dello scorpione”, dove Capitan Trips, senza tanti complimenti, sterminava il 90% della popolazione mondiale, mentre la febbre suina, a differenza della spagnola, che tra il 1918 e 1919 fece approssimativamente tra 1 50 e 100 milioni di morti, – alla faccia della precisione – la Suina è considerata un’epidemia lieve, tant’è vero che difficilmente si arriverà al livello di sicurezza 6, stabilito dal CDC di Atlanta, reso famoso dal romanzo Ebola di Robin Cook, che aveva come protagonista la dottoressa Marissa Blumenthal.

Naturalmente, i media, dovendo nascondere i problemi derivati dalla crisi finanziaria internazionale, specialmente negli Stati Uniti, dove il paese più indebitato al mondo, rischia il default, o crak finanziario, come fu per l’Argentina, in anni più lontani e l’Irlanda pochi mesi fa, stanno sfoderando nella carta stampata come nel web centinaia di prime pagine dedicate all’epidemia, che ad oggi ha fatto meno morti del terremoto in Abruzzo, ma sta diventando utilissima anche alla
Roche, produttrice del Tamiflu, il farmaco reputato, teoricamente, efficace per combattere la febbre suina, sempre che non ammazzi l’assuntore, tramite suicidio, specialmente nei bambini, come scritto nel 2006 da Tuttoconsumatori.

È probabile che anche la febbre suina, come fu per la Sars per la prima volta nel novembre 2002 in Cina, nella provincia del Guandong, sia l’ennesima tempesta in un bicchier d’acqua, dove il terrorismo mediatico, fa più paura del pericolo vero, spingendo la popolazione a rinchiudersi a riccio, in modo inutile, per timore d’essere contagiati da una malattia esistente in piccoli focolai a migliaia di chilometri di distanza; sarebbe come il doversi dotare di estintori perché in California ha preso fuoco un’abitazione.

Questa febbre suina fa pensare anche al presunto attacco terroristico subito degli Stati Uniti con l
’antrace, dopo l’attentato alle Torri Gemelle dell’11 settembre 2001, che ha portato all’evacuazione del Congresso degli Stati Uniti, dove in un primo momento il tutto appariva come un attacco esterno, mentre poi si scoprì che le spore dell’antrace erano state geneticamente modificate in un laboratorio militare statunitense, naturalmente per la guerra batteriologica difensiva.

Ora si vedono persone negli Stati Uniti e in Messico giare con le mascherine sul volto, esattamente come fanno da anni i giapponesi per non starnutire addosso agli altri, in segno di rispetto, oppure si ascoltano le solite raccomandazioni inutili, come lavarsi le mani, non starnutire in faccia – specialmente agli sconosciuti, in quanto si rischierebbe, a ragione, una randellata in testa, lavarsi le mani e palliativi vari inutili, in quanto se si è sfortunati da beccarsela, rientrando nella super categoria dei predestinati a morire, il posto al Creatore potrebbe essere assicurato.

A tuttora sembrerebbe che in Italia sia scattata solo la corsa all’allarmismo ingiustificato, buono per seminare inutile panico innanzi ad un epidemia che fino ad oggi non ha toccato il nostro paese, sebbene i,l livello d’attenzione sia alto, per gli eventuali rischi – remotissimi – di contagio.

Resta da capire da dove e come sia partito il primo focolaio, nonostante i media messicani, vista l’esiguità dei morti, circa un centinaio, siano più preoccupati per danni che l’impatto emotivo possano causare all’economia del Messico, specialmente per quanto concerne il turismo – a parte la droga – che è una delle principali fonti di introiti economici del Paese.

Bisogna ridimensionare la portata dei morti, sebbene l’impatto mediatico possa apparire devastante. 100 morti su una popolazione di oltre 100 milioni, sono una goccia nel mare, visto che ogni giorno muoiono di fame miglia di persone nei paesi più poveri del globo, senza avere titoli senzionalistici sui giornali. Ah sì, quelli non sono altro che sporchi affamati, spesso nemmeno sono bianchi. Chi se ne importa!

Ora sembrerebbe che anche nel Veneto orientale sia stata ricoverata una donna con dei sintomi della febbre suina, ma il sottosegretario alla salute rassicura che la situazione è sottocontrollo, e che comunque l’Italia ha pronti 40 milioni di confezioni di Tamaflù messe da parte in occasione della grande festa mancata della Sars, sperando che queste non siano
prossime alla scadenza, visto che sono state stoccate nel 2002, praticamente 7 anni fa, o che non siano già scadute. E ad oggi è impossibile acclararlo. Ma stando a quanto scrivono i siti di medicina, i farmaci non devono avere una scadenza superiori ai 5 anni. Chiaramente l’Italia, se non ha stoccato Tamaflù dopo il 2005, ne risulta praticamente sprovvista, a meno che, in caso di emergenza, non siano somministrate, a scopo di profilassi, farmaci scaduti. Se così fosse, quest’epidemia sarebbe una vera manna, in quanto invece di smaltire i farmaci col sistema apposito, in caso emergenza, verrebbero scaricati nei corpi umani, risparmiando sul costo dei rifiuti medici.
La febbre suina sta portando anche i suoi venefici effetti
alle borse internazionali, in primis alle compagnie aeree e ai tours operator, senza contare l’indotto, per via delle – vili – disdette dei viaggi nei paesi considerati a rischio, sebbene statisticamente la possibilità di tornare a casa con un ricordo suino indesiderato, sia quasi nullo, avendo più probabilità di rimarenere uccisi da qualche ubriaco al volante, al sabato sera, in Italia.

Un'altra bella novità, portata dalla febbre maiala, è la pandemia terroristica che stanno scatenando i media, a proposito della carne di porco. Sono già iniziate le interviste – sceme – alle massaie per chiedere se acquistano o no il suino, visto l’allarme globale che questa febbre sta causando, senza ricordare che oltre il 90 % della carne consumata, prima viene cotta ad oltre cento gradi, generalmente alla brace. I maiali ringraziano in quanto con lo scatenarsi dell’eventuale panico generale, la mattanza è rimandata, mentre i produttori bestemmiano per i porci vivi rimasti letteralmente invenduti.

Per concludere, si ha la sensazione che questa “febbre” giunga ancora una volta a proposito, per allontanare per un po’ di giorni il pressing sulle vicende americane, praticamente alla canna del gas, e che sembra in procinto a “far morire Sansone e tutti i filistei”, dove i filistei non sarebbero altro che i paesi che ruotano attorno al gigante a stelle e strisce morente, e che come tale, invece del “si Salvi chi può” preferisce far affondare anche le scialuppe di salvataggio, possibilmente con i passeggeri a bordo.

Il lato positivo della febbre suina è che finalmente, per almeno dieci o venti giorni, non si sentirà più parlare ne di crisi economica, messa da giorni a fondo pagina dei tg, nè tantomeno del terremoto in Abruzzo, visto che a l’Aquila stanno portando via le rovine per iniziare a ricostruire, e almeno per un po’ quegli sciacalli dei giornalisti che continuano a fare domande sulla qualità dei materiali, i costruttori sperano vengano, magari con un bel numero di morti, dirottati altrove a fare domande scomode o idiote, del tipo: “Come si sente ora che sua madre è morta?”

Marco Bazzato
27.04.2009
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domenica 26 aprile 2009

Fiat diventa un caso a Bruxelles


Il commissario Ue all'Industria e vicepresidente dell'esecutivo europeo, il tedesco Guenter Verheugen, ha definito Fiat un gruppo «altamente indebitato» e si è chiesto dove Torino «trovi di soldi» per operazioni così importanti…Considerazioni banali, diranno i comuni cittadini, domande lecite, secondo i non addetti ai lavori, secondo l’uomo della strada, che quando vede un conoscente, che fino al giorno prima aveva le pezze al culo, a bordo di qualche lussuoso fuoristrada, si pone la sana domanda: “Ma dove ha preso tutto quel denaro?”

Ma per i politicastri italiani e per i grandi manager che hanno fatto andare avanti l’asfittica industria italiana, da sempre alla canna del gas, la domanda lecita di Guenter Verheugen: “Dove Torino trova tutto quel denaro per l’operazione Crysler e Opel, è una domanda inaccettabile, volgare, e che come tale, visto il ruolo del commissario europeo, non dovrebbe essere mai posta, tant’è che l’imprenditoria italiana indebitata, e la politica che finanzia a fondo perduto degli eterni falliti, si è stretta in un amplesso sodomitico di mutua assistenza, facendo fronte comune, come il tossico in crisi d’astinenza da eroina, contro il commissario europeo, che per i “grandi” manager e politici italiani, rappresenta il magistrato che vuole vederci chiaro, chiedendo a ragione, di visionare tutto l’incartamento dell’affare, evidentemente considerato bislacco.

Non va dimenticato infatti, che non meno di tre anni fa, la Ford ha pagato una sostanziosa liquidazione alla Fiat, pur di non lavorare col costruttore italiano, ed ora, secondo i dirigenti Fiat, la casa automobilistica avrebbe i mezzi economici per intraprendere, in piena crisi del mercato globale, non solo dell’auto, ma dell’industria e dei servizi, due acquisizioni di questa portata? Domanda: con quali denari? Con quelli che lo stato italiano darà, tramite le banche, all’industria, quindi ancora una volta con i soldi dei cittadini, nonostante sia acclarata una diminuzione del 6% degli introiti fiscali, proprio in virtù della crisi, che ha messo in mutande cittadini e risparmiatori?

La grande a parole – soffocata dall’odore di putrefazione dovuto ai debiti – industria, con una sola voce, stonata, parla di indebita ingerenza dell’Unione Europea nei confronti dei un industria privata. Sarebbe vero che la Fiat è privata, ma se da quasi cento anni non campasse alle spalle degli italiani, che da sempre si sono beccati i debiti, nel nome del diritto al lavoro, spalmati, come fossero escrementi nauseabondi, sulla pelle dei cittadini, anche negli ultimi anni. E sembra strano, ma di questo l’Unione Europea, piaccia o no alla politica e all’imprenditoria italiana, ne è a conoscenza, e quindi ha tutto il dritto di chiedere lumi.

L’Europeismo italiano, questa volta ci porta, proprio per questa polemica lecita, da parte del commissario tedesco, lontano da quell’Europa Unita, tanto auspicata dai politici italiani, che ragionano a corrente alternata, con un relativismo campagnolo, indegno per un paese che ha la presunzione di definirsi, non solo civile, ma anche industrializzato.

Forse, per quanto riguarda la Crysler, la Fiat non vede l’ora di papparsi una parte degli aiuti americani, dati dal governo, alle industrie automobilistiche statunitensi, salvo poi, a denaro incassato, gettare la spugna, uscendo con motivazioni pretestuose dall’alleanza.

Si spera, come sta avvenendo per i tre grandi colossi americani, che anche l’industria automobilistica – di stato – italiana fallisca, e che i grandi manager, con i denari altrui, si trovino, esattamente come i dipendenti licenziati, con le tasche completamente vuote.

Marco Bazzato
26.04.2009
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giovedì 16 aprile 2009

Terremoto in Abruzzo, via alle polemiche


Buone notizie dal L’Aquila: l’ospedale crollato era senza i certificati d’agibilità, perché edificato su un terreno argilloso, con buona pace delle più elementari norme antisismiche e di sicurezza.

Dov’erano i controlli, oggi così caldeggiati dalla politica, con la strizza all’intestino, quando queste strutture esteticamente all’avanguardia, ma praticamente edificate in modo fatiscente, peggio degli ovili, nemmeno buoni per il ricovero delle pecore?

La paura, sia dei precedenti governi, sia di quelli attuali impazza. Sono molte probabilmente le amministrazioni regionali, provinciali e locali che – se sarà permesso dalla politica – passeranno sotto la lente d’ingrandimento della magistratura, dove i cittadini attendono, con impazienza, il tintinnare delle manette per costruttori, ingegneri, politici, ufficiali del catasto, mafiosi, camorristi e sciacalli vari, che meriterebbero d’essere messi sotto un palazzo di loro costruzione, con i loro famigliari – neonati compresi – innocenti, facendolo collassare sui loro capi, quelle belle strutture da loro edificate o non controllate. Ma si sa, i bei sogni svaniscono all’alba.

Naturalmente com’è giusto che accada, finalmente iniziano le polemiche politiche, non sugli edifici crollati, ma anche su come lucrare – termine in uso nella chiesa cattolica quando si tratta di prendere un’indulgenza, dopo aver fatto la scala santa – dalle tasche dei cittadini, come ad esempio la proposta di Tremonti di istituire una nuova casella del 5 per mille a favore dei terremotati dell’Abruzzo. Naturalmente le associazioni No Profit sono subito insorte, spaventate dall’eventuale generosità degli italiani che potrebbero destinare il 5 per mille a quei “terremotati approfittatori” .

Naturalmente anche lo Stato Città del Vaticano ha paura che gli italiani, non sudditi, scelgano di non destinare l’8 per mille al piccolo potentato economico d’oltre Tevere, ma che lo devolvano ai loro connazionali, ed è anche in ragione di questa paura che in questi giorni si è recato a L’Aquila, per un tour del turismo del dolore, il segretario di Stato Vaticano, Angelo Bagnasco, che si è affrettato ad annebbiare gli italiani, dichiarando che la Cei avrebbe stanziato altri 2 milioni di Euro, per un totale di 5 – su un totale, dati 2008 di più di 1000 milioni di Euro, lo 0,5% dell’incassato, praticamente un inezia, una goccia nel mare, un elemosina da accattoni o cloachard – per l’emergenza terremoto in Abruzzo, denaro ancora non dello Stato Vaticano, ma giunto da quei “pii bovi” che barrano l’8 per mille a favore di un Paese straniero. Ergo, per dirla alla Mario Puzo, l’autore de “Il Padrino” quel denaro “è Cosa Nostra”. Per fare un esempio: è come se una persona che ha 1000.000 di euro in tasca, camminando per strada, vede un barbone e gli da come elemosina 5 centesimi di Euro. Questa, sarebbe carità cristiana, oppure taccagneria degna di Paperon de Paperoni? E il bello e che la propaganda mediatica, italo-vaticana, spaccia questa micragnosità universale per carità e spirito di carità cristiana!

Gli italiani, se usassero un minimo di coscienza civica in questa delicata situazione, dovrebbero, all’atto della firma di destinazione, non barrare la casella della Chiesa Cattolica o di altre confessioni religiose, ma devolvere il tutto allo Stato Italiano, nonostante questi sia assente e latitante, per quanto riguarda il controllo minimo delle strutture pubbliche, che tra le quali ci sono anche le chiese e non ad un Paese straniero che in virtù del concordato tra Stato e Chiesa fa praticamente il bello ed il cattivo tempo, come, quando e dove vuole.

Ora, tra le altre cose a cui si assiste, dopo lo sciacallaggio edilizio, si assiste a quello politico, il peggiore, perché mira a limitare il diritto sia d’informazione, sia di satira. È da dopo il terremoto d’Abruzzo, che la classe politica nazionale sia diventata estremamente sensibile, mediaticamente, ai problemi dei terremotati, tanto da non permettere ad un vignettista come Vauro che è stato sospeso, dopo la vignetta, ritenuta offensiva, dello scorso giovedì, come se nessuno degli intervistati, non solo ad Anno Zero, ma anche in tutti i Tg nazionali, non abbia messo in guardia dal rischio dell’ampliamento indiscriminato delle cubature, senza gli adeguati controlli. Siamo al teatro dell’assurdo. Esattamente come la definizione di “puntata riparatrice”, manco che Santoro, senza la benedizione “della Famiglia” avesse ingravidato una donna, prima del matrimonio, e che quindi urgano, come nella Sicilia arcaica del secolo passato, le nozze riparatrici. E questa puntata riparatrice, secondo i politici, farebbe dell’Italia un Paese evoluto. Se Darwin fosse vivo, definirebbe la politica italiana, ferma ai tempi di Lucy, senza offesa per Lucy naturalmente.

Marco bazzato
16.04.2009
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martedì 14 aprile 2009

Anno zero: nuove accuse contro Michele Santoro


Come sempre, a parte pochi casi, il giornalismo deve essere asservito al potere, pena, come sta accadendo in questi giorni, la gogna politica mediatica, da parte del presidente del consiglio e del presidente della camera, che non hanno digerito le presunte polemiche mosse, non alla protezione civile nel suo insieme, ma alla lentezza dei ritardi nei soccorsi all’ospedale de L’Aquila, praticamente dichiarato inagibile, non da dopo il sisma, ma come mostrato un servizio di Studio Aperto, andato in onda su Italia 1 alle 12.30, dichiarato inagibile pochi giorni prima del terremoto, e un rapporto di polizia, mandato in onda, ha fatto vedere il documento depositato presso la stazione di polizia dell’ospedale stesso. Tanto è vero che oggi i Tg di Stato hanno accuratamente evitato di mandare in onda i servizi sugli edifici pubblici, edificati, parafrasando il Vangelo, sulla sabbia.

Basterebbe infatti riguardarsi la puntata di
Anno Zero, ancora disponibile in rete, per capire che l’attacco politico, è frutto dello spostamento del problema, in quanto nel pezzo d’apertura, curato da Marco Travaglio, sono stati messi a nudo le collusioni tra mafia, camorra, grande industria cementifera e politica. Questo naturalmente non essendo possibile essere smentito, visto che sono gli atti pubblici della magistratura che parlano, ha portato allo spostamento dell’attenzione dell’opinione pubblica, dalle parole di Travaglio, alle presunte affermazioni offensive e denigratorie nei confronti dei Vigili del Fuoco, della Protezione Civile e del capo bipartisan, Bertolaso.

Va aggiunto però anche il silenzio colpevole di De Magistris, che non ha saputo o voluto replicare ad un esponente del Partito della Libertà, quando quest’ultimo, ha dichiarato che una delle proroghe sulla legge antisismica, voluta anche dal governo Prodi, porta la firma del ministro delle infrastrutture, che al tempo era Antotnio di Pietro.

La cosa ributtante è l’assurdo clima di concordia politica che in questi giorni regna sovrano nel Paese, senza polemiche, tutti uniti in un volgarissimo “vogliamoci bene nel nome – dicono i vari esponenti politici – dei terremotati, mentre, proprio per virtù della mancanza di polemiche e accuse reciproche, è chiaro che le mancanze, le lacune, le assenze delle istituzioni stesse nelle procedure di controllo, in primo luogo degli edifici pubblici, devono passare sotto silenzio, gettati sotto il tappeto come se si potesse nascondere dietro un dito di bontà politica falsa lo stato disastroso dell’edilizia italiana, dove molto chiaramente anche a molti politici, oggi, probabilmente tremano le poltrone sotto gli onorevoli glutei, se la magistratura dovesse veramente a spingersi, sempre che non venga stoppata prima, ad indagare sulle responsabilità penali e politiche di un sistema che potrebbe crollare, come è avvento a L’Aquila, sotto il peso dei delitti commessi.

È interessante notare, come oggi per ricevere quelle informazioni che, a parte qualche rarissimo caso, mancano, il cittadino sia costretto a cercarsi le notizie non nei giornali dei grandi gruppi editoriali, ma in rete, dove oggi c’è da segnalare il video su You Tube di
Marco Travaglio, che riprende, alla fine, il suo intervento d’apertura di Anno Zero, entrando ancor più nei dettagli degli eventi così tanto vituperati dai quotidiani ufficiali che fanno da megafono, annebbiando i lettori, delle dichiarazioni di Berlusconi e Fini.

Ancora una volta, a parte pochi casi isolati, uno fra tutti, Emma Bonino, la rappresaglia politica contro Michele Santoro, continua ad animare la politica italiana, segno evidente di come il Politic Burò nazionale, ha una scarsa stima delle facoltà di discernimento dei telespettatori, come se questi fossero un branco di pecore che devono essere, prima imboccate, e poi avviate al macello. È assurdo, che in molti emettano commenti su una trasmissione televisiva di cui si dubita l’abbiano seguita dall’inizio alla fine, salvo poi, rilasciare dichiarazioni sull’onda del passaparola.

Invece d’attaccare un giornalista, che cerca di fare informazione, i politici dovrebbero preoccuparsi non delle frasi di Santoro, ma della “Cosa Pubblica” con la competenza e l’attenzione che questa meriterebbe d’avere.

Per concludere, sempre riferendosi alla puntata di giovedì scorso di Anno Zero, è indicativo, stando a quanto detto in studio, che ci sarebbero circa 8000 scuole in Italia da controllare, per vedere se i nostri figli entrano in ambienti sicuri, sotto tutti gli aspetti, soprattutto in quello antisismico. Ma questa denuncia dovrebbe essere fatta da tutti i genitori , tenendo i propri figli a casa da ogni scuola di ogni ordine grado, fino a quando non si ha la certezza che tutti plessi scolastici del Paese sono sismicamente sicuri.
Marco Bazzato
13.04.2009
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lunedì 13 aprile 2009

I pirati somali


Tanto clamore per nulla. Non ci si spiega, infatti, perché i media continuino a dare questo risalto, ad una normale attività lavorativa, come quella dei pirati somali, che nei loro mari, mettono a frutto, come i bianchi, la depredazione ed il furto, in questi casi con gli abbordaggi delle navi di passaggio e la richiesta dei relativi riscatti.

Eppure, tutti nell’infanzia, abbiamo avuto come idoli letterari svariati esempi, primo fra tutti Sandokan, La tigre della Malesia, il Corsaro nero ed altri romanzi del veronese Emilio Salgari, oppure dell’Isola del Tesoro di Robert Louis Stevenson, o in tempi pi­ù recenti, con il film, interpretato dal Johnny Depp, I Pirati dei Carabi, dove è in lavorazione il quarto episodio Tutti eroi, secondo l’ampio riscontro di pubblico, positivi, perché combattono contro l’invasore straniero, il tiranno, il despota di turno, vincendolo.

Eppure i bucanieri somali sono visti oggi dalla comunità internazionale come dei terroristi, che mettono a repentaglio la sicurezza degli equipaggi – che non interessano a nessuno – delle navi e delle merci trasportate, e per questo che anche la marina americana, come già a fine ottocento fece l’armata di Sua Maestà, sta pattugliando i mari, dicono per la sicurezza di tutti – i loro traffici – cercando d’arrestare questi “negri” che si permettono di derubare i bianchi.
Può sembrare strano ma tutti gli eroi letterari, sia passati sia recenti, avevano una cosa in comune: erano bianchi o al massimo con la carnagione olivastra, ma mai negri, neri come la pece. E questo fa incazzare i bianchi, pronti ad annientarli con ogni mezzo.

Come si permettono questi “africani negri inferiori” derubare i ricchi bianchi che da secoli schiavizzano il loro continente?

Come si permettono questi negri, come fecero i pirati al tempo della Compagnia delle Indie, ad attaccare gli oppressori, uccidendoli, ammazzandoli come cani rognosi, avendo dalla loro la popolazione civile, che a ragione, li sostiene, dando loro protezione, cibo e sicurezza?

Sono passati poco più di tre secoli da quando Edward Teach, meglio noto come Barbanera (c. 1680 - 22 novembre 1718), celebre pirata britannico, che ebbe il controllo del Mar dei Caraibi per un breve periodo fra il 1716 e il 1718, durante la cosiddetta età d'oro della pirateria, creando in seguito un enorme fonte di ispirazione letteraria prima, e cinematografica poi, segno evidente, che nonostante quanto l’attualità oggi afferma, per interesse economico e politico, questi ero positivi nell’immaginario collettivo assumono una valenza liberatoria e salvifica, contro la tirannia, molto forte. A patto che non siano “negri”.

Basta leggersi
Wilkypedia e di come la maggioranza di questi “terroristi”, siano stati proprio tre secoli fa, inglesi, segno di come i sudditi di Sua Maestà Britannica, al tempo ne avessero le scatole piene dei loro sovrani, che dettavano legge in tre continenti, realtà oggi cambiata nella forma, ma non nella sostanza, con la differenza che nel 2010 questo giusto ritorno in auge di antiche tradizioni marinare, sono un segno di quanto l’oppressione dei discendenti dei conquistadores spagnoli, dei Padri Pellegrini e quant’altro di nefando il genere umano abbia prodotto, continua ad avvelenare e far imbestialire i popoli oppressi, che in un modo o in un altro, come fu per il Risorgimento italiano, non vogliono potentati stranieri in casa loro.

Non si può, come abitualmente si usa fare, condannare i popoli oppressi se si ribellano, se imbracciano le armi e ammazzano, anche innocenti, persone che fanno onestamente il loro lavoro e che hanno come unica colpa di trovarsi nel posto sbagliato e nel momento sbagliato, sarebbe un delitto anche nei confronti della loro memoria, perché essi stessi sono vittime, non tanto di chi li uccide, ma di chi , nel pieno XXI secolo, tratta Paesi e civiltà, come inferiori, perché non hanno la stessa forza d’attacco dei Paesi cosiddetti culturalmente e civilmente evoluti.

Il pirata, sia del XVII secolo come quello del XXI secolo è un eroe romantico che combatte per la propria libertà, che ruba depreda e uccide, con una ferocia inferiore rispetto all’oppressore, che per sopprimerlo non esita a mettere in atto qualsiasi stratagemma e tipo d’arma evoluta per distruggere la resistenza, sebbene, non va dimenticato, visto che la storia insegna, che prima o poi gli oppressori, vedi il caso dell’Afganistan, dove la coalizione americana, dove da bravi servi della gleba sono presenti anche gli italiani, sta cercando un’onorevole via d’uscita, affinché non si ripeta la – giusta e sacrosanta – vergogna della sconfitta del 1975 in Vietnam,, dove una banda di contadini male armati, come oggi fanno i talebani, hanno tenuto impanantanato l’esercito più potente e meglio armato del mondo, per anni.

I pirati, piaccia o no, anche se sono “negri” hanno dalla loro la popolazione, i civili: uomini, donne, vecchi e bambini, che seppur stessero morendo di fame, al pari dei partigiani italiani, della seconda guerra mondiale, non esiterebbero, a ragione, mettere a repentaglio la loro vita per sostenere i connazionali, contro l’oppressore – economico – straniero. E per questo hanno bisogno del nostro sostengo morale, come i nostri partigiani che assaltavano i convogli nazisti, per liberare la nostra patria, l’Italia, dall’oppressore e dal tiranno.

Evidentemente abbiamo dimenticato la nostra stessa storia, visto che oggi, gli italiani stessi, complici i media sserviti, sono dalla parte dei despoti di turno.

Viva i nuovi Sandokan somali.

Marco Bazzato
13.04.2009
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venerdì 10 aprile 2009

Terremoto in Abruzzo: provvedimenti eccezionali


Oggi, venerdì santo, si da sepoltura alle vittime del terremoto dell’Aquila, con i solenni funerali di Stato, come se la presenza dei politici potesse far tornare indietro il tempo e/o restituire i morti alla vita. Questo bagno d’ipocrisia, infatti, alla luce di come sono crollati gli edifici ha una valenza ancor più pelosa e sfacciata in quanto paradossalmente la maggior parte degli edifici pubblici: ospedali, scuole, caserme, preture, prefetture sono state lesionate fortemente, segno che al tempo dell’edificazione dei medesimi lo Stato era totalmente impegnato a fare alto. Figurasi se non controlla i propri edifici, cosa resta delle abitazioni e delle imprese private. Ma ora, a morti avvenute a crolli distruggi città, lo Stato furbescamente si presenta, come un novello salvatore, assieme alla Chiesa che orchestra la cerimonia, usando come pietismo popolare il venerdì “santo” dando una valenza salvifica, non solo per i morti, ma anche per le istituzioni “civili” e religiose, nel segno della concordia politico-religiosa, in nome delle vittime. Come se i sopravissuti, che reclamano giustizia terrena vera, oggi importasse molto dell’eventuale futura giustizia divina post mortem, se effettivamente esiste sia una vita e una giustizia post mortem!

Quello che oggi, giorno di lutto nazionale, continua a far pensare è la pericolosa concordia politica tra maggioranza ed opposizione, che alla lunga non fa presagire nulla di buono in quanto col “volemoci tutti bene” il controllo dell’opposizione ne risulta totalmente assente e quindi probabilmente passabile di ogni tipo di nequizia.

D’altronde ora è il momento d’agire, è il momento in cui lo Stato deve trovare fondi sufficienti per la ricostruzione delle abitazioni, dei luoghi d’interesse storico,degli edifici pubblici e del sistema produttivo. Solo che il problema, vista la crisi momentaneamente rimossa dai palinsesti televisivi e dai quotidiani online, fa si che le casse di quello che resta dello Stato italiano siano, non solo vuote, ma bucate all’inverosimile, e indipendentemente dalle parole rassicuranti del premier, il governo effettivamente non sa dove reperire i fondi.

Chiedere un una tantum, in Italia significa “una sempre” e con questi chiari di luna, potrebbe risultare controproducente a livello d’immagine per l’esecutivo e per il “sistema Italia” nel suo insieme, soprattutto quando le basi stesse dell’economia sono frantumate dalla crisi economica in essere e che ha messo in dubbio le già poche certezze che gli italiani avevano e che i cittadini in questi giorno, come drogati d’informazione, sembrano presi dalla dipendenza delle donazioni via sms, bonifici bancari e altro, per alleviare si la sofferenza della popolazioni colpite dal sisma, ma facendo anche un enorme favore al governo italiano, che altrimenti non saprebbe da che parte iniziare a ricostruire.

Una delle soluzioni sarebbe a portata di mano e che non andrebbe ad incidere nelle tasche dei cittadini:

L’8 per mille della Chiesa Cattolica.

Sarebbe “cosa buona e giusta” se il governo italiano, per i prossimi quattro anni, dirottasse i fondi che i cittadini elargiscono alla Chiesa Cattolica, tramite l’
8 per mille, che a parole, stando alla pubblicità martellante della CEI, dovrebbe essere destinato alle opere di bene nel mondo, ma in sostanza, è utilizzato all’80% al sostentamento del clero: preti, suore, frati, vescovi etc, solo una minima parte, il 20% alle opere di carità, a meno che questa carità non sia ancora rivolta a loro stessi.

D’altronde i presupposti finanziari per “confiscare” l’8 per mille alla Chiesa Cattolica, fregandosene dei trattati “internazionali” nei confronti di uno Stato Sovrano ci sarebbero tutti, in quanto non va dimenticato che pochi giorni prima del terremoto che ha quasi raso al suolo l’Aquila, il G20 aveva parlato di lotta ai
paradisi fiscali, senza però guarda caso menzionare il più grande paradiso fiscale del mondo: Lo Stato Città del Vaticano e la sua banca privata: lo Ior. Quindi fino a quando il Vaticano, al pari degli altri Paesi non rientrerà nella legalità e nella trasparenza economica e finanziaria, l’Italia, se rispettasse veramente gli italiani ed il diritto internazionale, dovrebbe rompere ogni relazione diplomatica ed economica col Vaticano, in quanto proprio questi economicamente si autoesclude dal consesso di legalità economica internazionale, e quindi, non volendosi adeguare alle regole comuni, dovrebbe fare da solo, senza l’ausilio di alcun aiuto economico, pardon Patto con l’Italia.

È anche vero, se la propaganda vaticana non è mendace, che gli italiani essendo un Paese a maggioranza cattolica (o semplicemente battezzati contro la loro volontà, in quanto infanti) non dovrebbe aver nessun problema a sopperire con offerte, che lo Stato italiano dovrebbe tassare in modo progressivo su base annua, a sostenere il loro beneamato clero, facendo quindi a meno dei trattati bilaterali tra i due Paesi, in quanto i fedeli stessi basterebbero da soli a sostenere le esigenze economiche della loro chiesa.

Creando la vera laicità italiana, con la distinzione nette tra Stato italiano e chiesa. Ops, Stato Città del Vaticano.

Marco Bazzato
10.04.2009
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martedì 7 aprile 2009

Berlusconi: «Aiuti dall'estero? No, grazie»


Lo sciame sismico, che come ultimo ha colpito l’Abruzzo, più precisamente L’Aquila e i paesi limitrofi. Per ora, complice la copertura mediatica, volta a far vedere solo il lavoro dei soccorritori, i morti, le tendopoli, i sopravvissuti traumatizzati, i feriti, sta mostrando al mondo l’estrema superbia del presidente del consiglio, Silvio Berlusconi, che ha affermato:

"Siamo in grado di rispondere da soli a alle esigenze, siamo un popolo fiero". Lo dice il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, riferendosi alle richieste dell'opposizione secondo cui l'Italia dovrebbe accettare gli aiuti che gli stati esteri hanno offerto al nostro paese per l'emergenza terremoto. "Ringraziamo i paesi stranieri per la loro solidarieta' - ha detto il premier - ma invitiamo a non inviare qui i loro aiuti. Siamo in grado di rispondere da soli alle esigenze, siamo un popolo fiero e di benessere, li ringrazio ma bastiamo da soli". (AGI).
A nome di chi parla Berlusconi?

Degli abruzzesi, degli aquilani, dei cittadini che hanno perso tutto – cosa che mediaticamente, forse, il presidente nega – e che sicuramente, non sarebbero superbi come il “nostro” premier che tratta a pesci in faccia i partner stranieri che offrono solidarietà, esperienza e aiuti umanitari.

Solo nei regimi dittatoriali si assiste ad un simile disprezzo nei confronti degli stranieri; arroccandoci in una superbia che puzza di sciacallaggio, giocato sulla pelle dei morti e degli sfollati, semplicemente per un atto di arroganza.

Forse, l’idea che tecnici stranieri possano vedere “ufficialmente” e riferire in patria, a chi di dovere, le nostre magagne interne, le lacune, le deficienze costruttive, per quanto riguarda le tecniche antisismiche, indegne per un Paese che ha la pretesa di dirsi civile – che dovrebbe essere sbattuto fuori dal G8 e G vari – potrebbe far sfigurare l’Italia, fuori dai patri confini, come se all’estero tutto ciò non fosse risaputo da decenni.

D’altronde basta guardare i servizi televisivi, dove nessun giornalista ha fatto un minimo accenno al Giappone, che essendo un Paese ad elevatissimo rischio sismico, ha saputo negli ultimi decenni conciliare l’alto tasso di urbanizzazione con tecniche costruttive antisismiche all’avanguardia. Ma noi, da provincialisti, stiamo ancora negando che il terremoto poteva essere predetto, come ha annunciato il ricercatore del Gran Sasso, Gianpaolo Giuliani, beccandosi, per ora, una denuncia per procurato allarme.

Previsione che certamente, sebbene ufficialmente smentita, è stata tenuta in debita considerazione, in quanto i soccorsi, stando alle testimonianze di molti cittadini, sono arrivati pochi minuti dopo la scossa delle 3.30 del mattino, segno chiaro che la macchina organizzativa era pronta a muoversi, in attesa dell’evento. Altrimenti non si potrebbe spiegare, vista la cronica inefficienza italiota, tanta celerità.

Ora fermo restando il dovere di arrestare gli sciacalli che si aggirano tra le rovine, c’è da tenere presente “lo sciacallaggio della ricostruzione”, come l’esperienza dell’Irpinia insegna, con 62 mila miliardi delle vecchie lire “sparite” e con i cittadini ancora in attesa di una casa.

È interessante ascoltare quanto afferma
Marco Travaglio a tal proposito, dal blog di Beppe Grillo, facendo una breve cronistoria degli spechi italiani, post terremoto.

È assurdo, alla luce della storia recente dei disastri italiani, di come il “nostro beneamato premier” non voglia deliberatamente vedere oltre il proprio naso ed il proprio narcisismo personale, disinteressandosene, con il silenzio quasi complice dell’opinione pubblica, dei veri interessi dei cittadini, come se la superbia fosse concepita come una dote e non come un vizio infernale che dovrebbe essere estirpato dall’animo umano, lasciando il peso della tragedia sulle spalle dei cittadini italiani tutti, perché al tempo, non avendo di meglio da scegliere, sono stati costretti ad eleggere, quello che appariva come il male minore per il Paese. Ma oggi, anche alla luce delle ultime “belle figure” in campo internazionale, in cui, a ragione, la stampa estera si divertita a “massacrare” l’immagine del premier, che con i suoi comportamenti avventati e poco educati, ha messo alla berlina tutti gli italiani, che si vergognano – manco fossero ladri – per le figuracce barbine che ricadono sui loro capi.

Marco Bazzato
07.04.2009
http://marco-bazzato.blogspot.com/

Beppe Grillo a La7


In tutta franchezza ci si aspettava di meglio dal ritorno di Beppe Grillo in tv, dopo anni d’assenza. La sua “performance” è stata oltre che di una mediocre monotonia,abissale, anche di una maleducazione indegna per uno che ha la presunzione di erigersi da paladino dei cittadini e difensore dei deboli.

Beppe Grillo è andato in onda da Bruxelles, in collegamento su La7, nel programma Exit, condotto dalla giornalista Ilaria d’Amico. Ed il comico-politico ne ha, come sua abitudine, per tutti, peccato però che da paladino di quella democrazia che vorrebbe difendere, si rifiuta di lasciar spazio al contraddittorio degli ospiti in studio, comportandosi praticamente allo stesso modo di Silvio Berlusconi quando ha abbandonato, praticamente al termine, l’intervista con Lucia Annunziata, lasciando la giornalista quasi di stucco.

Sebbene Grillo dica cose giuste, vere, sacrosante, oggi che effettivamente il suo ruolo pubblico è cambiato, continua a pensare d’essere un comico, che quando prende in mano il microfono può e deve reggere la scena da solo, senza essere interrotto. Questo può andar bene in un teatro, quando il pubblico paga biglietti salati per ascoltarlo, ma non quando, essendo ospite di una trasmissione d’approfondimento politico ha la pretesa di comportarsi esclusivamente da comico non lasciando spazio alla discussione e al dialogo. Simili comportamenti, piaccia o no, sono tipici dei dittatori, che si fingono paladini della libertà, la propria, nascondendosi dietro i diritti di tutti, ma poi tali diritti non li concedono. Comunque il guitto deve essersi reso conto dell’enorme danno d’immagine che si è inferto con le proprie mani, tant’è che al 3 aprile,, nel blog che porta il suo nome, non figura il video della sua performance televisiva, Questo potrebbe da l’idea di come la libertà d’informazione, in questo caso se contro il suo potere, deve essere nascosta e celata. Per fortuna, come dice Grillo, che la rete oggi è ancora libera, basta, infatti, andare su
You Tube, per vedersi il video, diviso in due parti, per rendersi conto che anche lui, da politico, come i politici, ha paura e teme, il dialogo, il dibattito, forse perché a parte quei monologhi che da quattro anni a questa parte, girati in un modo o in un altro, sono praticamente sempre gli stessi, dove nulla toglie e nulla aggiunge a quanto ormai della situazione italiana è universalmente risaputo.

Eppure, non si capisce perché, continua a far notizia.

Il nodo focale è che Grillo comico, se preso a piccole dosi, può anche piacere, intenerire, far riflettere, ma in dosi massicce diventa pesante, estremamente pesante ed indigeribile, in quanto, leggendo anche sul suo blog i suoi intereventi video settimanali, ci si rende conto, che a parte qualche rara novità, i temi sono sempre gli stessi, i personaggi citati dalla Parmalat in poi, sono sempre i medesimi – Tanzi, Tronchetti Provera, Geronzi, Fiat e mappa del potere italiano (ne parla dal 2005) – dcome un ritmo sincopato e stancante, perché, ormai al pari di un politico, non ha più nulla da dire, ma come una macchina ben oliata, continua a mietere denaro dalle tasche dei cittadini, che come per i politici, lo ascoltano e lo seguono in modo acritico, senza porsi troppe domande.

Sembra strano, ma come Berlusconi, Grillo è diventato un concentrato di populismo svenduto all’ingrosso, acquistato e conteso non tanto dai grandi sponsor, quale veicolo pubblicitario, ma acclamato dalle masse che vedono in lui una specie di novello messia, che potrebbe, tramite le sue Liste Civiche, redimere un Italia che non sarebbe redenta nemmeno da un nuovo diluvio universale.

Grillo indipendentemente da tutto, ha l’indubbio merito d’aver risvegliato dalla letargia perenne, per un breve periodo, quella parte assonnata degli italiani, che colpiti dall’indolenza e dall’inedia, poltrivano senza porsi mai nemmeno una domanda, davanti alla tv, digerendo passivamente ogni trasmissione venefica.

Il problema è che Grillo, come tutti del resto, una volta rientrato nel sistema televisivo, si è comportato nel medesimo modo del sistema politico che vorrebbe scardinare, senza averne gli strumenti, avendo si la forza di denunciare il malaffare ed il malessere italico, ma non sapendo proporre valide alternative, che tengano conto, non dei molteplici interessi, ma delle molteplici necessità da equilibrare.

Grillo, politico-comico, questa volta non ha bucato il video, ma nonostante gli applausi ricevuti dal pubblico presente in studio, si è fatto letteralmente bucare dal medesimo, facendosi prendere la mano dal desiderio smodato di non essere trattato come una comparsa, che passa come una meteora, dopo aver partecipato al Grande Fratello, con l’imposizione totalitaria e a senso unico del proprio pensiero. Paradossalmente, facendo allo stesso modo de, citando soprannome dato da Grillo stesso a Silvio Berlusconi, “Lo Psiconano”.

Marco Bazzato
04.04.2009
http://marco-bazzato.blogspot.com/