domenica 20 gennaio 2008

Il Campanile: Sfacelo Italico

Siamo da tempo al capolinea. Il Paese, a differenza di altri Stati, non solo europei, anziché avanzare, arretra a velocità vertiginosa, che non lascia scampo a nessuno, travolgendo i cittadini, illustri e non, come una slavina, che nemmeno la mitica Valanga azzurra, ha saputo fare.

Da anni,, l’annoso problema – normale – dei rifiuti campani, come una discarica intestinale, tiene incollati i campani al proprio fetore escretivo, e il lezzo dell’indifferenziata raccolta ha iniziato a raggiungere i pieni alti della politica, non solo regionale, ma anche nazionale, e le magistrali cannonate della giustizia, hanno travolto, a mastellate d’acqua fetida in faccia, il ministro viaggiator di Stato a scrocco, e la sua Sacra famiglia Unita.

Col Paese stretto nella morsa della povertà galoppante, i cittadini esasperati, sognano un ritorno al tintinnar di manette, sognano, come Rambo, dopo Rambo II Rambo III, il ritorno d’un Rambo IV, che come un Giustiziere della Notte, spazzi via nell, a forza di avvisi di garanzia, una classe politica che non decide, una politica, che preferisce il parlare al sfare, che preferisce, come un malato in terapia intensiva, in coma irreversibile, la sopravvivenza vegetativa, anziché una sana eutanasia, che liberi il Paese dall’agonia a cui è sottoposto da decenni.
È inutile nasconderlo, ma il popolo gode, come un coniglio infoiato, quando un potente cade, gode. Gode come un adolescente che riceve estasiato il primo gioco fallace di membro, magistralmente lavorato dalla liceale mignottina, presente in ogni istituto superiore. Il popolo ha goduto, quando Il Campanile è caduto, la gente ha goduto prima nell’ascoltare i rombi di tuoni funesti, le nubi provenienti da levante e ponente, il tintinnar di manette, il salato mieloso sapore di lacrime scendenti dai presunti – fino a prova contraria – innocenti. Il popolo, prima come col tiro al grassone, non vedeva l’ora d’abbattere il panciuto, ed ora, che egli è agonizzante attende l’esalazione dell’ultimo respiro, indignandosi quando il lardoso, cerca di rialzarsi, imponendo, come moneta di scambio avvelenata, il politico sostegno, pena la caduta generale d’ogni velleità di potere.
Da mesi godiamo non solo del disastro campano, da mesi, come sadici virologi militari, amanti giocosi delle armi di distruzione di massa, attendiamo che l’epidemia di colera esploda, spazzando viva il disastrato napoletano, di ove in casa propria nessun vuol accogliere il rifiuto e fetore.
Siamo al disastro, al baratro e l’abisso, come una nave alla deriva, ove anche i topi fuggono spaventati. Siamo un Paese retto da cadaveri deambulanti, retto da una stirpe immortale, che si rigenera e ricicla e, come un cancro impazzito, e che alla fine condurrà il all’incivile morte civile.
Non abbiamo presente, non abbiamo futuro, non abbiamo certezze che esista il nuovo giorno, non abbiamo speranze e gioie e, l’unica cosa rimasta, è il godimento della caduta dei potenti.

I nefasti pensieri sono l’unico cibo degli spiriti defunti, uniche certezze in questa lenta e affamante agonia che uccide padre, madre e figli Da tempo, abbiamo bisogno – come vampiri – di sangue altrui per sopravvivere, del nettare, uscente come una linfa avvelenata dalla sofferenza di chi prima appariva intoccabile, inarrivabile, abbiamo bisogno di colpevoli, veri o presunti, di colpevoli, sbattuti e scannati come maiali al macello sulle pagine politiche di cronaca nera.
Il popolo affamato è stanco,il popolo assetato, cerca vendicante giustizia, brama cataste e catastrofi politiche, desidera, come una gravida, assalita da voglie marchianti il feto, la luna, la ghigliottina, il carcere e la consunzione degli affamanti, la distruzione dalle fondamenta di un potere da decenni, putrefatto e maligno.
L’amore è merce marcia, la solidarietà è una venefica illusione distruttiva, la vita del semplice, dell’ultimo, del reietto impoverito dall’ingordigia dei Grandi nani, brama rivalsa, brama un ritorno buio di una giustizia spettacolo, di una gogna mediatica che distrugga le presunte certezze degli Eletti.
Siamo un Paese da rifondare, non dalle fondamenta, non dalle radici, ma dall’humus che dovrebbe concimarlo, oggi da decenni, fetido e rancido, malato.
Il nostro però, è solo il sogno dei dormienti, dei nuovi liberi schiavi del XXII secolo, dell’immondizia umana, secondo la disumana politica, inutile e servile, da sfruttare e gettare, in mezzo alla strada, come l’immondizia Campana, come un Campanile infetto, sorretto dal nulla, tanto prima o poi, qualche idiota si farà carico, nel portarsi a casa propria letame e sporcizia altrui, permettendo così che tutto continui come prima, e che il cazzeggio continui ad essere banale normalità di vita vuota e nulla facente.


Marco Bazzato

20.01.2008