giovedì 6 settembre 2007

Vita eterna a te, Madre Morte


Gli ultimi due giorni italiani sembrano funestati da strani presagi. La morte dell’imitatore Gigi Sabani, e del tenore Luciano Pavarotti. Il primo stroncato da un infarto a casa della sorella, il secondo, dopo una lunga malattia – un cancro al pancreas – che l’ha condotto, alla alle prime luci dell’alba di oggi, giovedì 6 settembre 2007, tra le braccia dell’oscurità eterna.
Indipendentemente dal cordoglio umano e dal dolore che si può provare innanzi a queste perdite, rimane il fatto, che la morte, dolce rapitrice,che a differenza dell'anonima sequestri sarda, porta via gli affetti più cari, non chiedendo riscatti.
La morte, questa oscura e piacente creatura, con il sorriso suadente quando incontra lo sguardo del predestinato, lo prende, lo coccola, accogliendolo, facendo tornare, indistintamente piante, animali, ed esseri umani, allo stato del nulla, trasformando il tutto, secondo i suoi tempi e modi, in polvere, cenere, ossa consunte e crani ingrigiti.
Tutto con la morte scompare. Trasmigra in altro mondo, un altro universo, per alcuni, realtà di fede, per altri semplice putrefazione di carne e materia inanimata.
L'ultimo viaggio, l’ultimo salto verso l’ignoto, verso la scoperta delle origini stesse dell’uomo, per chi lo compie, deve essere un’esperienza quasi mistica. La realtà sfuma, il mondo conosciuto improvvisamente si allontana, evapora, diventa di colori indistinti, tenui, bordati di bianchi ed oscuri che prendono, abbagliano, giocano con gli ultimi frammenti di respiro, come una piovra che con tentacoli e ventose si attacca alla pelle, succhiando le ultime energie vitali. Finchè il nero avvolge corpo e coscienza completamente. Spegnendolo per sempre.
Ricordi, emozioni, esperienze, sapere, odi e amori. Tutto finisce nel nulla. Tutto scompare in quel grembo immenso partoriente, espellente la vita, verso la morte, facendo tornare il nulla, realtà prima ed essenziale dell’antevita, come realtà estrema e totale dopovita, in morte.
L'ultimo viaggio, è un viaggio a volte strappato, a volte atteso, cercato, bramato, un viaggio dove gli ultimi respiri sono lenti affannosi, dove il muscolo cardiaco strappa a se stesso battiti impossibili, fino ad arrendersi, gettando, come un pugile allo stremo, la spugna, mentre le ultime gocce di sangue si raffermano sul volto, ed il gong, puntuale come una lama conficcata nel cranio, rompe per sempre i sogni di vittoria.
Nostra Signora sorella morte, fedele compagna di vita fin dal primo vagito, ci scruta dall'inizio del tempo, come una carnivora madre affettuosa, pronta a cibarsi dell'uomo, del suo essere, divorando e fagocitando gioie e dolori, digerendo nel ventre, che per anni ha allattato l’uomo con il latte venefico della vita, l'interezza dell’esistenza. Lei non piange lacrime amare di dolore, non versa in pianti disperati dopo il rientro nel suo utero eterno, ma piange, quando l'uomo è lontano a lei cercando di tener testa, rimanendo aggrappato ad uno scorcio microscopico di vita, che nel disegno della creazione, nel disegno dei miliardi di anni dell’universo, equivale al nulla, dove ci si dibatte, come pesci gettati a terra nell’illusione di sopravvivere in eterno, vincendo la grande madre, che come una vedova che smarrito i suoi figli, attende, aggrappata allo stipite della porta, accarezzata da lampi di oscurità che le solleticano glutei, seni, spalle, e sesso, il ritorno di ogni figlio, per stare con loro, per sempre.

Marco Bazzato
06.09.2007
http://marco-bazzato.blogspot.com/