mercoledì 8 luglio 2009

Canzone razzista, Matteo Salvini si dimette



“Senti che puzza scappano anche i cani, sono arrivati i napoletani. Son colerosi, terremotati, voi col sapone non vi siete mai lavati”.

Siamo alle solite, basta un’innocua canzonetta, da stadio, quattro strofe in croce malcantante, che subito si scatena un terremoto politico, degno della Santa Inquisizione Spagnola.

A farne le spese è Matteo Salvini, deputato della Lega Nord,dimessosi in quanto eletto al parlamento europeo.

Ma il suo canto è stato un canto razzista, o un semplice luogo comune diffuso tanto al nord, quando si parla del sud, come del sud stesso, quando scherza sui propri difetti, come del sud quando parla del nord?

Partiamo da un fatto storico. Il ritornello è vecchio di almeno vent’anni. Già tra i giovani veneti, verso la fine degli anni ’80 questa filastrocca cantata girava non solo negli stadi, ma anche nelle serate tra amici, quando ci si ritrovava in pizzeria e tra una birra e un'altra, si dava sfoggio alla creatività, intavolando a fine della cena, una specie di Festival della scurrilità, che vedeva contrapposto il nord ed il sud. Ed il bello era proprio il gemellaggio fatto di filastrocche di questo tipo, come una specie di gara degli stonati, che ne nasceva quando nord e sud si scontravano sul fronte di questo tipo di creatività fatta di sfottò reciproci che sono il sale stesso della democrazia.

Non possiamo dimenticare che anche la cinematografia si ciba di luoghi comuni. Basti pensare come per anni sono state raffigurate le donne venete nel cinema, o come prostitute o come cameriere malscolarizzate.

L’Italia, più d’altri Paesi soffre di un campanilismo storico-culturale che affonda le sue radici nella notte dei tempi e che continua a vivere, grazie alla trasmissione orale che passa di padre in figlio o da nonni a nipoti. D’altronde basta leggersi qualsiasi manuale di lingua e cultura italiana per stranieri, livello C2, per trovare, senza entrare nei dettagli, il campanilismo. Campanilismo espresso anche da Matteo Salvini, secondo una tradizione che né il benessere né il politicamente corretto potrà estirpare facilmente dalla cultura popolare, anzi, con la crescita della società multi culturale queste filastrocche diventeranno multietniche, e non solo limitate alla secolare “questione meridionale” tra nord e sud, iniziata proprio con l’unità d’Italia.

Per fare un esempio, basta vedere Giovanni Cacioppo, quando parla dei siciliani, per rendersi conto come l’Italia, scherza attraverso i regionalismi con i luoghi comuni, con i difetti tipici regionali. Il bergamasco muratore di Enrico Bertolino,dove lui, parlando in un dialetto bergamasco, sembra essere l’unico lavoratore, mentre tutti gli altri barboni e fannulloni, o i personaggi gigioneschi di Alberto Sordi o di Vittorio Gasman.

In molti potranno obbiettare, sì, ma Matteo Salvini è un parlamentare. Vero, ma Matteo Salvini è un italiano che rientra nello schema tipico dell’italiano del Nord, fatto anche di luoghi comuni, come ad esempio il presunto odio atavico del Nord contro il Sud. Non dobbiamo dimenticare che spesso gli abitanti dell’Italia meridionale, nel corso dei decenni sono sempre stati visti anche loro sotto l’ottica di un luogo comune negativo. È questa non è una costante solo italiana, ma internazionale, tipica dell’Europa continentale. Infatti, basti pensare alla Germania. Per i tedeschi della Germina del Nord , quelli del Sud sono considerati dei fannulloni, come dopo la caduta del Muro di Berlino, si diceva che gli abitanti dell’ex Germania dell’Est, essendo secondo la propaganda occidentale, abituati al socialismo reale, non volessero lavorare.

Il problema, o lo scandalo Salvini, non è tanto che pensi o che abbia cantato in modo stonato “Senti che puzza scappano anche i cani, sono arrivati i napoletani. Son colerosi, terremotati, voi col sapone non vi siete mai lavati”, ma che in virtù del suo mandato parlamentare sia stato poco accorto da cantarla, facendosi riprendere. La gravità è che in un momento di giocosità privata, sacrosanta, espressa in un luogo pubblico, tra amici, sia inavvertitamente, in virtù del giusto diritto di cronaca, divenuta di dominio pubblico.
Ricordiamo le famose frasi, tra tifosi durante una partita di calcio, tra Napoli e Verona: Giulietta e na’zoccola, divenuto il titolo di un libro di Cristiano Militello, uno degli inviati di Striscia la Notizia. È anche vero che i veronesi in precedenza avevano scritto “Vesuvio facci sognare”.


Marco Bazzato
08.07.2009
http://marco-bazzato.blogspot.com/

1 commento:

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