martedì 7 luglio 2009

Benedetto XVI, nuova enciclica Caritas in veritate



Un tormento di refusi!

La nuova enciclica di Bendetto XVI, l’introduzione, è illeggibile e dopo la seconda cartella l’abbiocco prende il sopravvento. Il che forse è dovuto alle ripetizioni perpetue di “carità e verità” “verità e carità” rimescolate all’interno di un testo zeppo come un otre di vino di un oste ubriaco – forse da vino santo – di citazioni fuori contesto, di parole dottrinali che sembrano estrapolate da uno dei catechismi della prima comunione della fine anni ’70 , che come un 33 giri rigato, saltano e si ripetono, senza soluzione di continuità, dove il filo logico è impersonato da una chimera impossibile da concretizzare, da un utopia irrealizzabile nel vivere quotidiano, specie pensando agli esempi vaticani, che fin dalla fondazione dello Stato Pontificio, fino a giorni d’oggi con lo Stato Città del Vaticano, di “verità e carità” ne ha vista assai poca.

Il testo, che sembra scritto da un cadetto, pardon da un novizio all’ultimo anno di seminario, con infarinature abbastanza scarse di teologia, appare come un guazzabuglio stantio di tutto e di nulla, che porta il lettore – anche il cattolico più fanatico – a pattinare sopra un esiguo filo di ghiaccio, dove l’estensore, pur di non veder incrinare le sue presunte sicurezze, cerca in tutti i modi di non fare né uscite fuori dal seminato teologico, né tantomeno s’azzarda, prima d’incamminarsi in un percorso ad ostacoli così sottile a fare il seppur minimo esame di coscienza degli errori teologici-storico-scientifici che la chiesa in 2000 anni di presunta verità e carità ha commesso, conscia di comemetterli.

Il passo seguente, da l’idea della circonvenzione delle parole, dell’utilizzo greve e vuoto del Logos che la Chiesa stessa dice di divulgare, conoscere e difendere:

La Chiesa non ha soluzioni tecniche da offrire e
non pretende « minimamente d’intromettersi nella politica
degli Stati ».Ha pero` una missione di verita` da
compiere, in ogni tempo ed evenienza, per una societa`
a misura dell’uomo, della sua dignita`, della sua vocazione.


Se la Chiesa non ha soluzioni tecniche in mano da offrire, non può nemmeno pretendere di detenere una qualsiasi forma di verità, in quanto mancando delle conoscenze specifiche in determinate materie, le è impossibile, non solo indicare, ma peggio ancora avere un presunto indirizzo di verità, il che come già troppo spesso avvenuto in passato, la porterebbe non solo verso l’errore teologico, ma anche storico e scientifico. Galileo e Giordano Bruno ne sono gli esempi più altisonanti dell’ignoranza di una chiesa che non ha mai avuto in mano alcun tipo di verità, ma che l’ha spesso imposta con la forza.

«E` per questo che « i popoli della
fame interpellano oggi in maniera drammatica i popoli
dell’opulenza ».


Strane risposte da allora il Vaticano, quando per lucrare sulla credulità dei fedeli, fa mettere il cadavere decomposto di un uomo dentro una cripta d’oro massiccio, come se la Chiesa fosse tornata all’idolatria pagana di stampo egizio.

Paolo VI aveva una visione articolata dello sviluppo.
Con il termine « sviluppo » voleva indicare l’obiettivo
di far uscire i popoli anzitutto dalla fame, dalla miseria,
dalle malattie endemiche e dall’analfabetismo.

Non sembra almeno da quanto si evince da varie pubblicazioni e siti internet, che Paolo VI avesse una visione chiara ed articolata dello sviluppo, inteso come obiettivo per far uscire i popoli dalla fame, dall’analfabetismo e dalla miseria, in quanto era più interessato allo IOR, la banca Vaticane a fare affari con Calvi e Sindona. Il papa Benedetto XVI, se almeno non vuole leggersi la storia del Vaticano, si legga gli atti giudiziari che hanno coinvolto “monsignor” Marcincus e molti altri, chiedo, oggi che può lumi sui correntisti della
Banca Vaticana e che somme e di che provenienza sono,i denari depositati dai 40 mila clienti selezionati e top secret.

Il profitto e` utile se, in quanto mezzo, e`
orientato ad un fine che gli fornisca un senso tanto sul
come produrlo quanto sul come utilizzarlo. L’esclusivo
obiettivo del profitto, se mal prodotto e senza il bene
comune come fine ultimo, rischia di distruggere ricchezza
e creare poverta`.

Discorso balzano da parte di un’organizzazione straniera, che in base al concordato, si prefigge il fine ultimo dell’utile, tramite l’esenzione al pagamento dell’Ici per i luoghi di culto e altro, le sovvenzioni, mascherate come aiuto alle famiglie, alle scuole provate gestite dai religiosi e quant’altro riescano ad inventare. Ne è prova il fatto che anche al radio Vaticana accetti la pubblicità, oppure i 20 milioni di euro spesi nel 2008 per convincere gli italiani, per fortuna sempre mento interessati ad arricchire un Stato straniero, a firmare per l’8 per mille alla Chiesa Cattolica, dove l’80% del ricavato se ne va per il sostentamento del clero ed il 20% per attività caritatevoli.
Il testo dell’enciclica appare come il testo di un analista economico, che denuncia, a ragione o a torto, dipende dai punti di vista i malesseri del capitalismo contemporaneo, dimenticando che la Chiesa stessa è un enorme impero economico- finanziario, dove, però l’estensore, bravissimo a far le pulci in casa d’altri, omette di guardare e descrivere i problemi e gli scandali in casa propria, come ha fatto Gianluigi Nuzzi, autore di
Vaticano S.p.A., Chiare Lettere Editore, di cui cito un estratto, tratto dal sito della Feltrinelli:

Spericolate operazioni finanziarie mascherate da opere di carità e fondazioni di beneficenza. La storia raccontata in questo libro parte da un archivio custodito in Svizzera e da oggi accessibile a tutti. Circa quattromila documenti riservati della Santa Sede. Lettere, relazioni, bilanci, verbali, bonifici. Tutto grazie all'archivio di monsignor Renato Dardozzi (1922-2003), tra le figure più importanti nella gestione dello Ior fino alla fine degli anni Novanta. Sembrava una storia conclusa con gli scandali degli anni Ottanta: Marcinkus, Sindona e Calvi. Invece tutto ritorna. Dopo la fuoriuscita di Marcinkus dalla Banca del Papa, parte un nuovo e sofisticatissimo sistema di conti cifrati nei quali transitano centinaia di miliardi di lire. L'artefice è monsignor Donato de Bonis. Conti intestati a banchieri, imprenditori, immobiliaristi, politici tuttora di primo piano, compreso Omissis, nome in codice che sta per Giulio Andreotti. Titoli di Stato scambiati per riciclare denaro sporco. I soldi di Tangentopoli (la maxitangente Enimont) sono passati dalla Banca vaticana, ma anche il denaro lasciato dai fedeli per le messe è stato trasferito in conti personali. Lo Ior ha funzionato come una banca nella banca. Una vera e propria "lavanderia" nel centro di Roma, utilizzata anche dalla mafia e per spregiudicate avventure politiche. Un paradiso fiscale che non risponde ad alcuna legislazione diversa da quella dello Stato Vaticano. Tutto in nome di dio.

In termini generali, lo scritto di Benedetto XVI, se è uno scritto suo, in quanto li sono riconosciute capacità teologiche, non da analista economico-finanziario, appare più come un lavoro di copia e incolla, una semplice ricerca bibliografica di citazioni e frasi altrui, estrapolate ad effetto, e rimaneggiate, come in uso in Vaticano, quando si cerca la verità relativa, di solito sotto i cavoli, depauperata dagli interessi privati o dello Stato indipendente più piccolo, ma più economicamente ricco, sulle spalle della convenzioni e dei concordati internazionali, che alla fine va a toccare, come nel caso della religione e della negromanzia, la credulità popolare, con lo scopo ultimo, come per ogni attività commerciale che si rispetti, della creazione di utile e del potere economico e politico, totalmente disgiunto e distante dalla povertà di Gesù e diverso dalla Chiesa Dio avrebbe voluto per l’uomo sulla Terra.
Per l’ennesima volta, come fu all’inizio, il povero Cristo, l’ultimo degli ultimi, ha trovato il suo Giuda Iscariota, che continua a cercare i suoi 30 denari.

Nessun commento:

Posta un commento

.Visto il barbarismo espressivo di qualche utente anonimo, i commenti potranno essere moderati e/o rimosssi a insindacabile giudizio..
Il titolare del blog declina qualsiasi responsabilità civile, penale per i contenuti dei commenti dei lettori, in quanto unici titolari, che se ne assumono la completa paternità e con l’invio del post, dichiarano implicitamente compreso quanto sopra