sabato 3 ottobre 2015

Coming out del vescovo: "Sono gay e ho un compagno"


Non c’è che dire, è stato, come si diceva molti anni fa, “uno scherzo da prete”, un gancio ben assestato da parte di un Monsignore che, alla vigilia del Sinodo sulla Famiglia, ha deciso di uscire dall’armadio e dichiarare, mostrando pubblicamente anche il proprio compagno – a molti viene voglia di fare il pugno chiuso – la propria omosessualità, venendo giustamente e prontamente licenziato in tronco, Krzysztof Charamsa - teologo, ufficiale della Congregazione per la dottrina della fede e segretario aggiunto della Commissione teologica internazionale vaticana, oggi ha mandato letteralmente in fibrillazione i siti di mezzo mondo.

Ha fatto  bene? Ha fatto male?

Dal suo punto di vista ha fatto bene.

Ha il diritto di godere appieno della sua felicità con la persona con il quale afferma di provare degli affetti che vanno ben oltre lo spirituale e che sfociano nella carnalità, nella fornicazione e nella lussuria. Liberissimo di farlo. È un suo diritto, ma non dentro i gangli della Chiesa Cattolica, dove fino a  questo momento continua a farne parte – si auspica per poco, in quanto la riduzione allo stato laicale, dopo il macello che sta provocando, dovrebbe essere una semplice formalità.

Il futuro ex Monsignore evidentemente non ha ben chiari i voti che in passato ha dato a momento dell’ ordinazione sacerdotale. Voti ha infranti uno ad uno, rendendoli carta zozza,  lurida e putrida. Lo stesso chiaramente dicasi per tutti gli altri sacerdoti che hanno comportamenti carnali con donne, dove anch’essi si appestano nella lussuria, nella fornicazione, nel coito, fuori dai dettami cristiani, rendendosi sporchi ed indegni nell’indossare l’abito talare e i relativi paramenti sacri.

Non è perché costui si è dichiarato omosessuale che la cosa sia più o meno  grave e greve delle tentazioni della carne in cui cadono vittime/carnefici dei propri istinti lussuriosi e bestiali molti presbiteri che si a sollazzano  nella carnalità, accoppiandosi come cani in calore con femmine, sovente anche maritate,, dentro le sagrestie o nelle canoniche o andando a puttane, travestiti, trans, gay o peggio ancora, più sordidi e luridi, oltreuttto illegali sotto il profilo penale,  dandosi atti carnali di pedofilia.

Quindi il suo peccato, secondo la Chiesa Cattolica, non è solo il peccato di essersi unito carnalmente con un altro essere umano di sesso maschile. Il primo tradimento è stato contro il voto del celibato – chi può sapere quante volte ha somministrato l’Eucarestia o i sacramenti al temine di una ingroppata carnale con il suo “amichetto” –  ha tradito uno dei principi fondati della religione in cui ancora oggi asserisce ancora di credere.
Costui vorrebbe una Chiesa più aperta agli omosessuali?
Il catechismo della Chiesa Cattolica a tal riguardo è chiaro, ma l’ha calpestato, per un suo interesse  e piacere personale.
 La Chiesa Cattolica, come qualsiasi libera associazione ha le sue regole, i suoi statuti interni, i suoi credi e le sue leggi. Se queste leggi a questo stanno strette, nessuno gli vietava di uscirne allo scoccare dei primi pruriti omosessuali, e al cedere delle tentazioni della carne –  invece  ha voluto continuare a servire Dio e Mammona, Matteo 6: 24   –  e  fondare la sua Chiesa “cristiana,” fatta “A Sua immagine e somiglianza” Genesi 1: 26-28, in collaborazione con l’Arcigay, magari  autoproclamandosi Vescovo o Pastore, o meglio ancora Sommo Pontefice, come la Papessa Giovanna!

Purtroppo questo futuro ex ecclesiastico ha seguito la moda di apertura inaugurata da Papa Francesco, quando disse:  “chi sono io per giudicarla” – la persona gay, Nda – da tutti male interpretata come una apertura di credito incondizionato agli omosessuali. Mentre il Papa, con la frase: chi sono io per giudicare” chi conosce un po’ di Vangelo, avrà collegato subito il tutto con Matteo 7,1-5 .

 Senza tra l’altro scordare ciò che scrive il Catechismo della Chiesa Cattolica all’articolo 2357, che tra le altre cose, espressamente dice: “Appoggiandosi sulla Sacra Scrittura, che presenta le relazioni omosessuali come gravi depravazioni, la Tradizione ha sempre dichiarato che « gli atti di omosessualità sono intrinsecamente disordinati ».  Sono contrari alla legge naturale. Precludono all'atto sessuale il dono della vita…Un numero non trascurabile di uomini e di donne presenta tendenze omosessuali profondamente radicate. Questa inclinazione, oggettivamente disordinata, costituisce per la maggior parte di loro una prova. Perciò devono essere accolti con rispetto, compassione, delicatezza”.

 Oltre a quanto sopra va rammentato ciò che scrive San Paolo ai Romani 1, 26-27 o i Corinzi 6, 9-10. Auindi il Krzysztof Charamsa sapeva benissimo, oltretutto in quanto teologo,  che inclinazione, oggettivamente disordinata, era contraria a tutti i principi religiosi, etici e morali a cui era stato ordinato, secondo la  vocazione di donarsi a Dio e alla Chiesa, anima e corpo. Evidentemente però anima e corpo sono andati da qualche altra parte e potrebbero fare la fine postulata da Dante Alighieri ne “La divina Commedia”, dove i “sodomiti”, finiranno, come recita il XV Canto, nel VII cerchio dell’Inferno.

Evidentemente non ce la faceva più e di questo gli va dato – quasi – onore.

 Quasi.

 Sì, perché la scelta del giorno non è stata casuale, anzi, l’ha pensata bene. Infatti ha già un libro pronto in italiano e in polacco, tanto per proteggersi le spalle economicamente, per garantirsi un futuro, almeno nell’immediato, con il suo” amichetto del cuore”.

È chiaro che l’ala progressista del Vaticano ne esce – giustamente – ridimensionata, visto che lo stesso Pontefice, in casa d’altri, vedi il suo recente viaggio in America, dava troppo spazio a queste aperture, con addirittura un omosessuale dichiarato pro matrimonio gay, chiamato a leggere le letture, durante una celebrazione liturgica.  Adesso i tradizionalisti si spera che diano il via a purghe  Staliniane, metaforicamente parlando, naturalmente, per eliminare i Giuda  che si “prostituiscono” per “trenta denariGv, 13: 21-38, che albergano in seno al Vaticano e approfittano degli agi connessi al loro ruolo per darsi alla lussuria, alla fornicazione, in spregio alla loro ordinazione, in modo da fare un po’ di repulisti generale, separando il grano dalla pula, vedi Parabola della Zizzania, Mt13: 24-30, gettando quest’ultima nel fuoco della Geenna, M 5: 29-30.

Marco Bazzato
03.10.2015

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