lunedì 30 aprile 2007

La franzoni condannata in libertà

Finalmente è conclusa – almeno per ora – la vicenda dell’omicidio di Samuele Lorenzi ucciso a Cogne dalla madre Anna Maria Franzoni.
Una sentenza teoricamente giusta, ma fa discutere il fatto, che la donna, non sconterà – almeno per ora – nemmeno un giorno di galera perché non sussiste il pericolo di reiterazione del reato. La domanda che sorge spontanea però è: a cosa serve una con nana – virtuale – visto che l’omicida, condannata in due gradi di giudizio continuerà la vita di sempre? Nessuna misura restrittiva, nemmeno l’obbligo di firma, nulla di nulla. Il diritto e la legge – alla luce di questa sentenza – tenderebbe a far pensare che si può ammazzare il proprio figlio e farla franca.
Alla voce garantismo il dizionario recita: “principio giuridico che attribuisce rilievo primario alle garanzie dei diritti e delle libertà individuali, per prevenire ogni possibile arbitrio da parte dell’autorità statale sui cittadini” ben venga questo garantismo, ma alla luce dei due gradi di giudizio, si fa largo nell’opinione pubblica che si stia giungendo all’estremo, all’impunità.
«Per me le accuse sono ogni volta come una coltellata». Così si sarebbe espressa Annamaria Franzoni il giorno dopo la sentenza che la condanna a 16 anni di carcere per l'omicidio del figlio. La Franzoni dimentica che ogni giorno che passa in libertà, è una nuova coltellata al figlio morto, in quanto la responsabile (condannata) è a piede libero, e il garantismo non tutela in nessun caso la prima e unica vittima: il piccolo Samuele.
Un condannato, dovrebbe andare nel luogo che gli compete: la galera, non a casa a curare i figli, come se nulla fosse avvenuto, favorendo così nell’opinione pubblica l’idea dell’impunità.
C’è da premettere che la Franzoni, prima di tutto ha subito e continuerà sempre a subire un processo mediatico, non facile da sopportare: l’Italia, sin dalle prime battute di questa triste vicenda, si è divisa tra innocentisti ad oltranza e colpevolisti, dove però i due gradi di giudizio, non sono stati in grado di stabilire l’arma del delitto e il movente di questa assurda tragedia della “follia” di una mente dichiarata assente per pochi ma interminabili minuti, non trovano però l’assoluta certezza, che comunque sia stata lei a commettere l’orrendo infanticidio, ma condannandola comunque a sedici anni, che non sconterà fino a che anche la Cassazione non si sarà pronunciata a riguardo, ma forse nemmeno allora si saprà la verità con il rischio comunque, che un pericoloso infanticida, donna o uomo che sia, continui a circolare liberamente per il Paese.

Marco Bazzato
30.04.2007
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