lunedì 9 aprile 2007

Sgozzato un Afgano? Non importa

Com’era prevedibile, l’interprete Afgano, come l’autista durante la prigionia è stato sgozzato dai talebani, ma – ma non importa – il giornalista italiano Daniele Mastrogiacomo ha riportato a casa la pelle.
“Naturalmente” il governo italiano, ha fatto tutto il possibile, e il Presidente del Consiglio dichiara: "E' esecrabile che si faccia speculazione su un fatto di questo genere. Un delitto che non trova alcuna giustificazione ma non c'è giustificazione perché si approfitti di questo per speculazioni politiche". Belle parole che sicuramente faranno felice l’opposizione, pronta a saltare sul carro di quanti si stracciano, chiedendo che il governo riferisca al parlamento.
Riferire cosa? Che la pelle di un italiano vale di più di quella di due afgani? Italia-Afganistan zero morti a due! Ecco il sunto. La politica può piangere lacrime di coccodrillo, ma sono lacrime false come una banconota di tre dollari. D’altronde, il nostro Paese è in Arganistan per portare pace, giustizia, solidarietà, conforto, mine antiuomo, granate, esplosivi, cluster bomb ecadaveri smembrati. Un Afgano in più o uno in meno cosa importa, secondo molti sono tutti fondamentalmente terroristi, integralisti, e vanno eliminati con ogni mezzo, basta che non tornino a casa soldati o giornalisti italiani nei sacchi neri, dentro una bara. La pelle altrui, specie se nemica, o collaborazionista con gli italiani, è merce politicamente spendibile. Due giorni di polemica accesa, delle danze strappa lacrime, poi tutto riparte, come prima e peggio di prima.
È vero, la morte di questo disgraziato sgozzato n on va strumentalizzata per fini politici, italiano è salvo, e poco importa se Gino strada con la sua organizzazione Emergency probabilmente – anche dopo l’arresto del responsabile di Emergency Rahmatullah Hanefi, cioè di essere coinvolto nel rapimento di Mastrogiacomo – farà armi e bagagli, chiudendo gli ospedali in Afganistan, con grande gioia, non solo degli italiani, che vedono in Gino Strada una pericolosa spina nel fianco, ma anche degli alleati – portatori di pace a suon di bombe – che non vedono l’ora di sferrare – complice la presunta offensiva di primavera – un attacco difensivo, senza testimoni scomodi.
A livello di politica italiana, la morte dell’ interprete è uno smacco, perché – ormai è palese – che il governo non ha usato lo stesso impegno profuso per Mastrogiacomo, nonostante le dichiarazioni di facciata, ma a livello di strategia politico militare su larga scala, offre un magnifico pretesto, per far cadere una tempesta di fuoco per far vedere la magnifica giustizia occidentale che non ammette questi barbari omicidi. D’altronde, Prodi, può usare come scusa difensiva le parole di Adrian Edwars, portavoce dell’Onu in Afghanistan che il 22 marzo aveva dichiarato al Il Giornale: «Le Nazioni Unite non credono nei negoziati con i terroristi, punto».
Va ricordato, che il presidente Karzai aveva dichiarato in una conferenza stampa, parlando per la prima volta della trattativa per la liberazione dell’inviato di Repubblica. «Era una situazione molto difficile, il governo italiano poteva cadere in qualsiasi momento. Pur sapendo quali sarebbero state le conseguenze, abbiamo concesso la liberazione di alcuni prigionieri talebani e permesso la liberazione dell’italiano» aggiunge Karzai. Il presidente afghano ricorda che circa 1800 militari italiani sono presenti in Afghanistan nell'ambito della missione Nato, e proprio alla luce di queste dichiarazioni, è chiaro che per il governo afgano, e per quello italiano, l’interprete era politicamente sacrificabile. Così è stato.

Marco Bazzato
09.04.2007
http://marco-bazzato.blogspot.com/