La settimana scorsa, mi trovavo in un paese a cavallo tra la provincia di Padova e Venezia, dove il lunedì mattina si tiene il classico mercato paesano, e non l’ho trovato diverso dai classici mercati che si possono vedere in quelli che in Bulgaria, sono chiamati villaggi, ma contano di media sempre non meno di quindicimila abitanti, e cioè bancarelle cinesi e arabe.
La cosa che però scandalizza è il vedere come prodotti di fabbricazione bulgara, siano vendituti in Italia a prezzi irrisori, mentre il medesimo prodotto, costruito su disegno italiano,è in vendita nei negozi più chich della capitale a prezzi non alla portata del cittadino medio, che riceve, stipendi che per un italiano possono tranquillamente essere considerati irrisori per lo standard Italiano.
Il cittadino bulgaro paga due volte il benessere della ricca Italia, dove il Bel Paese, ormai svuotato dalla delocalizzazione, sempre alla ricerca di aree dove la lavorazione risulti più conveniente, vende gli stessi prodotti Made in Bulgaria, con una bella etichetta Made in Italy, e il pollo è servito, con il vantaggio a senso unico solo per il produttore che così può tenere bassi i prezzi in Italia, conscio che la perdita italiana, verrà compensata dagli acquisti fatti dai cittadini bulgari.
Questo non fa pensare ad un mercato globale trasparente, dove, in primo luogo il cittadino del paese produttore, si vede truffato del magro salario, per potersi fregiare del tanto decantato Made in (Bulgaria) Italy.
C’è da provare vergogna, quando una classe politica italiana o bulgara non interviene regolamentando e controllando realmente la provenienza delle merci, e non tutelando il consumatore, che è il debole anello finale, privo delle necessarie informazioni.
Il Made in Italy attira ancora consumatori sprovveduti, acquirenti, che in buona fede, credono d’aver un capo di qualità, spesso si trovano tra le mani uno straccio da pochi centesimi, mal lavorato, ma che per il fatto d’avere una teorica produzione italiana, dovrebbe essere garanzia di un buon standard qualitativo, cosa che sovente non è.
Il paradosso è che l’italiano medio cerca convenienza e risparmio acquistando merci di fattura straniera: non importa che siano Bulgare (spesso neppure lo sanno), soprattutto cinesi o di provenienza dai paesi del sud est asiatico. Infatti, basta girare un po’ anche per il centro di Padova, per vedere che molti negozi non hanno più n insegne in lingua italiana, m ideogrammi cinesi, segno, che manca il controllo da parte degli organi competenti in difesa della lingua, perché nel nome della presunta multiculturalità, e del commercio, si è abdicato l’uso della lingua italiana, a favore dell’assimilazione cinese dell’Italia, e in mezzo a questa babele, nulla di quanto si acquista ha ormai una vera provenienza, una fonte certa, un origine a cui si possa risalire con certezza, per conoscere, sei prodotti sono stati fabbricati con standard anche di sicurezza personale dei dipendenti, eguali a quelli richiesti alle ditte italiane.
Marco Bazzato
07.03.2007
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