lunedì 12 marzo 2007

DOPO 62 ANNI PUÒ RINGRAZIARE LE FIGLIE DI CHI GLI HASALVATO DUE VOLTE LA VITA

Mario Parise, classe 1922, è un veneto di S. Angelo di Piove. Francesco Piperata, classe 1920, proviene da Petrizzi, un piccolo paese della Calabria.
I due si conoscono durante l’ultima guerra, ambedue soldati in Albania e Yugoslavia. Diventano amici inseparabili.
Durante un rastrellamento tra le montagne, Mario Parise, che da giorni ha una forte emorragia al naso, rimane a terra senza forze, incapace di riattraversare i ripidi pendii per tornare al campo base.
Ognuno pensa alla propria vita e nessuno aiuta Mario Parise. Il giovane soldato viene abbandonato al suo destino lungo i margini di un sentiero, in attesa di sicura morte. Che i partigiani titini non facessero prigionieri era cosa risaputa.
Francesco Piperata è l’ultimo della colonna, vede Mario Parise semisvenuto e incapace di camminare. Lo carica sulle spalle, ma il percorso tra le montagne è troppo duro anche per un uomo forte come lui.
Pur con i partigiani alle calcagna riesce a trovare un mulo, ci carica sopra Mario Parise e lo riporta sano e salvo al campo.
Nel trambusto le armi di Mario Parise non si trovano più. Il rischio ora è che per Parise ci sia una denuncia per lo smarrimento delle armi in dotazione, un fatto gravissimo in tempo di guerra e per il quale era previsto il carcere militare.
Piperata torna indietro, cerca per tutta la notte e al mattino successivo fa ritorno al campo con le armi di Parise.
L’otto settembre del 1943 arriva l’armistizio dell’Italia con gli anglo-americani. Chi non continua a combattere con la Germania viene fatto prigioniero dai tedeschi.
Dopo un lungo e duro girovagare per Yugoslavia, Austria, Cecoslovacchia e Germania, il battaglione di Piperita e Parise viene trasferito in un campo di lavoro nei pressi di Berlino.
Al loro arrivo Parise sta nuovamente male e ha bisogno di cure e di cibo. Il destino per i più deboli in un campo di prigionia tedesco è già segnato.
Nella confusione i due vengono separati. Quando se ne accorge, Piperata, sfidando la morte per mano delle terribili SS tedesche, corrompendo capi baracche e guardiani con tabacco e cioccolata, cerca per tutta la notte Mario Parise tra le migliaia di prigionieri del campo.
Verso il mattino lo trova e, chissà come, riesce a trasferirlo nella sua baracca. Gli trova del cibo, lo cura e per la seconda volta lo salva da morte sicura.
Alla fine della guerra, miracolosamente vivi, i due si salutano con la promessa di rivedersi presto. Purtroppo ambedue perdono i rispettivi indirizzi.
Parise fa inutilmente delle ricerche. Per anni il suo sogno è quello di riabbracciare l’uomo che per ben due volte gli ha salvato la vita.
Anche Piperata cerca inutilmente Parise. A una delle due figlie dice che il suo più grande desiderio prima di morire sarebbe quello di ritrovare l’amico al quale ha salvato per due volte la vita.
Francesco Piperata è deceduto due anni fa senza aver potuto esaudire il suo desiderio. Mario Parise invece è ancora vivo e gode di ottima salute.
Grazie all’interessamento di un amico, il desiderio sarà in parte esaudito Domenica 18 marzo, quando Mario Parise incontrerà nella sua casa di Sant’Angelo di Piove di Sacco le due figlie di Francesco Piperata.


Vittorino Compagno