mercoledì 13 febbraio 2013

Benedetto XVI ha tradito – come Giuda – il ruolo di Vicario di Cristo?


A molti la cosa potrà sembrare blasfema, però sta nascendo una corrente di pensiero che vede nel gesto di Benedetto XVI un’apertura “eutanasia papale e di Fede” non diversa dall’eutanasia commessa da Giovanni Paolo II, quando rifiutò, come suo diritto dissero al tempo,  le cure eroiche per tenerlo in vita, sancendo la sua volontà, con la sua ormai famosa frase: “Lasciatemi tornare alla Casa del Padre”.

Ora secondo la tradizione delle religione cattolica romana, il papa è considerato il successore di Pietro e Vicario di Cristo in Terra, che ne incarna, con tutte le debolezze umane, lo Spirito vivente del Cristo, che ha accettato le fatiche e i supplizi della Passione di Gesù, Luca 22, 42:
“Padre, se vuoi allontana da me questo calice” tuttavia non sia fatta la mia, ma la tua volontà” (1)

Ma nel codice di Diritto Canonico nasce lo scontro tra la Parola di Dio e l’articolo 332 che recita:
Nel caso che il Romano Pontefice rinunci al suo ufficio, si richiede per la validità che la rinuncia sia fatta liberamente e che venga debitamente manifestata, non si richiede invece che qualcuno la accetta” tradendo la volontà di Dio, che tramite lo Spirito Santo che aveva illuminato i Cardinali durante il Conclave.

In questo stralcio, essenziale a del discorso innanzi al Concistoro per le Canonizzazioni  (2) dice espressamente:
“…Sono ben consapevole che questo ministero, per sua essenza spirituale, deve essere compiuto non solo con le opere e con le parole, ma non meno soffrendo e pregando. Tuttavia, nel mondo oggi, soggetto a mutamenti e agitato da questioni di grande rilevanza per la vita della fede, per governare la barca di San Pietro e annunciare il Vangelo, è necessario anche il vigore sia del corpo che dell’animo, vigore che negli ultimi mesi, in me è diminuito in modo tale da riconoscere la mia capacità di amministrare bene il ministero a me affidato…”

Dove estrapolando ancora al meglio, “…per governare la barca di San Pietro….anche il vigore… dell’animo…”
Quando udì le parole  “..vigore…, dell’animo, la prima cosa che mi venne subito in mente fu Mt 26, 75 “Prima che il gallo canti, mi rinnegherai tre volte” E uscito all’aperto, pianse amaramente.”

Ma l’Apostolo Pietro, a differenza di Ratzinger, fu perdonato da Gesù, diventando, secondo la Fede e la tradizione cattolica romana, il primo Pontefice, morendo  martire alla veneranda età, per l’epoca , di forse 67 anni,, viste le condizioni di vita e le privazioni che aveva subito, a differenza di Ratzinger che ha sempre passato, dal momento della sua ordinazione sacerdotale all’interno dell’Istituzione Ecclesiastica, salendo i gradini della gerarchia, con anche il conseguente aumento degli agi  e dei benefit e dove certo è vero che la frenesia e la pressione del mondo moderno può essere grande, ma non la si può paragonare con la vita che secondo la tradizione cattolica ha vissuto San Pietro, perché sarebbe un insulto nei confronti di colui che lo si vorrebbe il primo successore di Cristo e di cui Jhoseph Ratzinger era stato chiamato, accettandone il ruolo, a seguire il solco della tradizione, nel segno della Fede.

Fa riflettere il fatto che nessuno dei grandi vaticanisti che parlano in tv e scrivono nei giornali metta in evidenza il fatto vero commesso da   Benedetto XVI, ossia la Grande  Eresia, rigettando la Teologia della Sofferenza di Giovanni Paolo II, cancellando nel tempo della lettura i più di due decenni di pontificato del Beato Karol Wojtyla, innalzato agli onori degli altari da Benedetto XVI.

Guardando il significato della parola “animo”, usato mentre invocava indirettamente l’articolo 332, tra i suoi significati troviamo: Principio attivo della personalità, delle facoltà intellettive, della volontà, degli affetti. Ergo, ha palesato implicitamente d’aver una personalità poco stabile, con le facoltà intellettive annebbiate e soprattutto con il principio degli affetti, in questo caso nell’affetto e nell’amore verso Dio e il Ministero che Dio stesso l’aveva chiamato a svolgere, sin ormai dalla “presunta” vocazione sacerdotale che lo portò a prendere i voti nel 1951,in quanto al momento della sua elezione al termine del Conclave, gli è stata posta  ladomanda:
 “Acceptasne election de tecanonice factam in Summun Pontificem?” – “Accetti la tua elezione canonica a Sommo Pontefice?”

E da molte voci che continuano a rincorrersi sembra che Ratzinger sin dalla sua nomina non fosse molto disposto ad accettare il ruolo di successore di Giovanni Paolo II. Quindi se al momento dell’accettazione già in cuore era dubbioso, questo porta a Matteo 5, 36 – 37::  “Non giurare per la tua testa, perché non hai il potere di rendere bianco il nero un solo capello, Sia invece il vostro parlare sì, sì, no, no il più viene dal maligno”.

Ratzinger sapeva bene, in quanto teologo di riconosciuta, e ormai in molti iniziano a pensare sopravvalutata, fama internazionale, che avrebbe messo in cortocircuito la stessa Santa Sede, visto che non esiste, nonostante i presunti precedenti storici, un appiglio teologico, quindi di Fede, basato proprio sulle Sacre Scritture,  perché nemmeno il brano del vangelo di Matteo 16. 16 – 19, che recita, 
“Rispose Simon Pietro: «tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente». E Gesù: «Beato te, Simone figlio di Giona, perché né la tua carne né il tuo sangue te lo hanno rivelato, ma il Padre mio che sta nei cieli. E io ti dico: Tu sei Pietro e su questa Pietra edificherò la mia chiesa e la porte degli inferi non prevarranno contro di essa. A te darò le chiavi del Regno dei Cieli e tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli»”
gli viene in aiuto a riguardo il suo atto di rinuncia d’essere anche tra l’altro, “Il servo dei servi di Dio” – se non cadendo nel relativismo. Spirituale, aborrito dalla Chiesa – perché rinnegando, come Pietro prima del canto del gallo, la servitù ai servi di Dio si rinnega Dio stesso.

Nel mio romanzo “Progetto Emmaus, Nuovo Ordine Teocratico Mondiale” quasi al termine del libro scrissi:
   «Guardagli le maniche» disse Perla abbassando per un attimo il volume della Tv.
   «Ho visto» rispose Emmanuele.
   «Porta una maglietta nera» continuò la donna, «Significa qualcosa?» domandò.
   «Ai molti no. Ma in verità, in verità ti dico, che mio” fratello” è entrato dalla porta principale» rispose cercando di trattenere l’orrore.

Paolo VI nella sua famosa omelia del 29 giugno 1972disse:  “di avere la sensazione che «da qualche fessura sia entrato il fumo di Satana nel tempio di Dio»”.

Era solo una sensazione legata a quel particolare tempo storico, oppure, oggi, alla luce dei recenti fatti del l’1 febbraio 2013,questa frase della lunga omelia di Paolo VI può essere letta anche come una Profezia?

Marco Bazzato
13.02.2013


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