venerdì 27 febbraio 2009

Povia, Luca era Gay. Vincitore morale



A bocce ferme non si può che affermare che il vincitore morale del Festival di Sanremo sia Povia e la sua stupenda canzone Luca era Gay.

A nulla son servite le manifestazioni dell’ultima serata, gli articoli di giornale, i proclami sbandierati a destra e manca, verbalmente violente come una dichiarazione di guerra, per arrestare la scalata al successo del cantante sanremese, con buona pace di chi lo vorrebbe impalato e messo in graticola, reo d’aver raccontato una storia.

Gli italiani – che non sono idioti – hanno capito il messaggio, fino in fondo, e hanno dato il loro responso, innapellabile, anche se francamente, in un Italia affetta da eterofobia strisciante e mediatica, sarebbe stato troppo invocare il primo posto, in un Paese, secondo i gay, affetto da omofobia.

Ma l’italiano è stanco di vedere, come si è chiesto Aldo Grasso,la «gayzzazione della tv»? Gli italiani sembrerebbo stanchi, esausti, con i nervi a fior di pelle, nel vedersi imporre omosessuali ad ogni ora del giorno e della notte, come se – oggi – essere gay fosse un valore aggiunto, da imporre a tutti, per far piacere ad una minoranza.

Povia, col suo testo equilibrato, ha lanciato un segnale chiaro, recepito in maniera straordinara da quanti lo hanno portato al secondo posto del festival, facendo passare finalmente un sano messagigo d’amore etero, un messaggio che edifica e che costriusce una famiglia naturale, compsta da marito (uomo), moglie (donna) e figli biologogici avuti dalla coppia, mettendo al primo posto – finalmente – l’unica famiglia naturale esistente in natura, l’unica famiglia che da continuità alla specie umana e che come tale deve essere tutelata, senza riserve, da ogni tipo d’attacco politico-ideologico strumentale che sta facendo letteralmente morire il Paese, che vede l’incremento delle nascite solo da parte dei cittadini extracomunitari, che continano ad avere nel D.N.A il concetto di famiglia, intesa come atto d’amore riproduttivo, non solamente, come viene inteso dagli omosex, finalizzato al soddisfacimento fisico, che muore un attimo dopo l’orgasmo.

Quello che ha fatto male, è stato vedere il cantante, sabato, scortato da uomini in divisa, segno chiaro di quanto la libertà d’espressione sia oggi un’utopia, riservata ad una minoraza eletta, ad una minoranza che non vuole ingerenze, contro il loro pensiero unico dominante, una minoranza spalleggiata anche da apostati eterosessuali, nemici dell’eterosessualità stessa, che per piaggeria e vanagloria, hanno svenduto la coscenza all’altra metà del cielo, inesistente. Arruffapopoli pericolosi, pronti a saltare sul carro dei vincitori, pronti a difendere l’indifendibile, offendendo alla maggioranza delle persone di buona volotà, per accreditarsi - come paladini prezzolati – ai detentori del potere, o a quanti vorrebbero sovvertire l’ordine legale, portando in alto una presunta bandiera di legalità, appoggiandoin modo smodato i “matrioni” tra persone dello stesso sesso, o la fecondazione eterologa ai portatori di eterofobia.

L’attacco che questa minoranza organizzata ha messo in essere contro una canzone, contro un’artista è stato respinto, praticamente con la forza brutale della democrazia, con la forza di un televoto, che ha elevato Povia al sescondo gradino del podio,in barba ai gufi, in barba a tutte le accuse capziose, pretenzionse ed oscurantismi, di stampo, per assurdo, clericale che avrebbe voluto la canzone “Luca era gay” all’indice, nemmeno fosse un testo eretico, un testo da appestati, un testo infame ed offensivo per qualuno o contro qualcosa.

La musica, indipendentemente da quanto o cosa si canta, è patrimonio primo dell’artista che la crea e del pubblico che l’ascolta, la segue, l’apprezza anche, quando il testo come quello di Povia pè equilibrato, ci ragiona sopra. La musica, una canzone non può sottostare ad diktat politici, non può essere censurata, indipendentemente dal contenuto. Certo può essere criticata, non condivisa, non ascoltata, ma non per questo si deve attaccare mediaticmaente un’artista solo per il fatto d’aver cantato qualcosa, che secondo alcuni, andrebbe contro la “morale” imposta da una minoranza agguerrita, contro una maggioranza, che almeno in quest’occasione non si è dimostrata nè silenziosa, nè distratta e/o assente, distante dalla tematica si personale del testo stesso, ma che potrebbe avere un valore sociale più ampio di quello che al primo ascolto potrebbe apparire.


Marco Bazzato
27.02.2009
http://marco-bazzato.blogspot.com/

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