Prende il via questa sera l’ennesima kermesse di Sanremo, la 59º per la precisone e come sempre le immancabili polemiche della vigilia non si sono fatte attendere. A dar via alle danze contro la libertà d’espressione e libera cura, sono state le associazioni omosessuali, attaccando pretestuosamente Povia per il titolo della sua canzone Luca era Gay, in quanto a detta di questi non si può parlare di libertà personale e scelta dell’individuo, a meno che non sia per rimarcare i “valori” gay, dove ieri sera con l’ennesima presenza di Vladimiro Guadagno a Porta a Porta se ne è avuta la dimostrazione, tanto è vero che anche Bruno Vespa ed altri ospiti, Paolo Bonolis compreso, a fatica digerivano l’ex parlamentare, fisiologicamente maschio, che voleva usare il bagno delle donne, ora dotato di petto al silicone.
Non sono mancate anche le bordate di Patty Pravo, riferite all’ectoplasmica presenza di Mina.
Mina chi?
Risulta ai più assurdo come si possa continuare ad omaggiare questa cantante che da anni non si esibisce più in pubblico, che non affronta “fisicamente” i suoi innumerevoli fans, preferendo nascondersi in Svizzera, ma celebrata quasi come “il capo del Gran Consiglio dei dieci assenti”, sebbene da decenni ormai non ci sia più un suo intervento pubblico.
Come del resto è tutta da valutare la presenza di Roberto Begnigni, che ha dato via a polemiche e cause legali, per via della cessione, da parte della Rai all’attore Premio Oscar delle sue passate compassate televisive, per una cifra teorica di 350 mila euro, anche se molti quotidiani riportano che i diritti potrebbero fruttare al comico toscano quasi due milioni di Euro. Naturalmente si possono anche capire le difficoltà economiche del guitto, che dopo il fiasco madornale di Pinocchio, non è più riuscito a afar cassa, cercando di risolevarsi le ossa con la Tigre e la Neve del 2005 e da quell’anno in poi, solo Dante, in piazza.
Poi da anni è chiaro che il Festival ha perso appel, interesse, incapace a sfornare cantanti che travalicano i confini nazionali con risultati, in termini di pubblico e di vendite, degni di nota, portando a pensare che la manifestazione stia da tempo raschiando il fondo il barile della creatività, oppure perchè la musica italiana, da tempo, è vittima – a parte qualche rara eccezzione – di un provincialismo assordante.
D’altronde ebasta sfogliare la lista dei Big in gara per rendersi conto che la maggior parte sono vecchie glorie, aventi sesclusivamente mercato mediatico, mentre i cosidetti big recenti, Renga, Tricarico o Marco Masini e altri sono cantanti da balera estiva. Infatti quelli che vendono veramente non hanno bisogno del palco sanremese per avere visibilità, visto che i fatti parlano per loro.
Il festival da anni non parla più di canzoni, ma di contorni, degli ospiti pagati oltre ogni ragionevole buon senso per risollevare un prodotto in stato vegetativo permanete, per cercare di far invertire una tendenza che non vuole tenere assolutamente conto della mutate condizioni di mercato. Un festival culturalmente e musicalmente rimasto fermo agli anni settanta, mentre il mondo e l’Italia è cambiata, dove nuovi personaggi musicali si sono affacciati – alcuni come meterore – nel panorama nazionale ed internazionale, salvo poi scomparire per sempre.
Come sono assolutamente pretestuose le polemiche, sebbene in periodo di magra economica, l’appannaggio faranico dato al conduttore e direttore artistico, Paolo Bonolis, un milione di Euro, in quanto già nel 2007 Michelle Hunzinker portò in saccoccia la stessa cifra, solo per fare la cooconduttrice, con Pippo Baudo.
Il Festival di Sanremo, indipendentemente dai risultati, non è altro che un enorme indotto pubblicitario e mediatico, un circo rituale che si ripete immancabilmente per la gioia – economica – di giornalisti, fotografi e direttori di giornali, che hanno la possibilità per quasi due mesi di parlare e sparlare del nulla, del vaquo, del vuoto pneumatico della ragione, che si nutre di aspettative dei telespettatori, memori – in parte – delle edizioni precedenti, ma che a palco chiuso e luci abbassate ed amplificatori spenti, non dimostra altro che essere un enorme casa vuota, priva di muri portanti, finestre e arredamento, che vien guadato dagli italiani ma non solo, per la tradizione che incarna, per il suo glorioso passato, per le liti e gli scandali, veri o presunti che i media sanno creare per far salire la febbre dell’attesa, ma che a conti fatti, non fa altro che rinverdire eternamente i luoghi comuni e gli stereotipi della musica italiana, amata si in patria e all’estero, ma che oggi, a differenza del passato glorioso, nonsa più esporatare arte, cultura e sonorità degne di nota, che rimangano nella memoria collettiva degli amanti della musica italiana, sparsi per i quattro angoli del gblobo.
Marco Bazzato
17.02.2009
http://marco-bazzato.blogspot.com/
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