sabato 14 febbraio 2009

Senza parole

Non è abitudine dello scrivente lavare i panni sporchi in piazza, specie di quanto accade a Sofia, in Bulgaria, Paese che amo per la cultura, le persone, il carattere dei cittadini che da anni dimostrano ogni giorno di più il loro amore verso l’Italia, gli italiani e la cultura del Bel Paese, affetto da parte mia mai ricambiato forse a sufficenza, o se riccambiato in modo probabbilmente incompleto.

Ma si sa, esiste sempre un’enorme differenza tra il cittadino comune e l’èlite, o peggio quelli/e che nanno la presunzione, in base al posto che occupano, di considerarsi l’èlite, spalleggiandosi a vicenda, sostenendosi a volte anche in modo eticamente indecoroso per i ruoli che occupano, avendo la presunzione d’essere Depositari del Verbo, sebbene i fatti, dimostrabili,indichino l’opposto. Queste persone, queste docenti, indipendentemente da quello che possono pensare, o voler far pensare all’opinone pubblica, rappresentanto per fortuna solo se stesse, grazie a Dio non sono rappresentative nè dei bulgari, nè tantomeno della Bulgaria, anche se si illudono d’esserlo.

Questa casta non è degli insengnati di scuola elementare, media e superiore, ma appartiene a quella restante, innominata. Sono un circolo ristretto, anzi ristrettissimo, un circolo quasi di stampo carbonaro dove il mazziniano mutuo sostegno regna sovrano, intoccabile, inarrivabile e si potrebbe quasi osar dire invincibile.

Eppure hanno paura.

Hanno paura della verità, hanno paura dei fatti, hanno paura proprio dei loro stessi atti pubblici, pubblicati sottoforma di traduzioni letterarie, per questo preferiscono l’attacco preventivo, celato dietro il fuscello di libertà di giudizio, sottoforma di libertà d’espressione, salvo poi dopo aver sganciato, una di queste, i propri strali-missili verbali contro qualche malcapitato/a di turno, fugge via, adducendo ad improrogabili impegni, come un F117 Stealth ammazza-civili, denominati eufemisticamente “danni collaterali” scomparendo nel crepuscolo, non avendo il coraggio di partecipare ad un pubblico contradditorio.

Questa casta è nemica stessa della cultura e della lingua italiana scritta, ma si crogiola in se stessa quando – in forma servile – riceve omaggi e piaggerie, autoincensandosi del proprio potere sui sudditi- studenti-servi della gleba.

Naturalmente queste teoriche hanno tutti gli strumenti nelle loro mani e nella testa per insengare, come docenti, teoria della traduzione, la quale però non si ferma con la nozionistica fine a se stessa, ai testi di grammatica imparati e ripetuti, come 33 giri rigati, a memoria, esprimendosi come scrisse in Pinocchio, Carlo Collodi, “Come un libro stampato”. Se la conoscenza si limitasse a questo, si starebbe freschi e in teoria, tututti, una volta apprese le regole insengate e di riflesso imparate sarebbero perfetti.

Sfortunatamente così non è.

Scriveva Aldo Savoldello, in arte Silvan, in un libro del 1976, “Silvan, Manuale di Silvan”, “Sapere un gioco e niente, saperlo fare è gia qualcosa, saperlo presentare è tutto”. Che parafrasando diventa: “Spere una lingua è niente, saperla insegnare è gia qualcosa, saperla tradurre, comprendendone e trasmettendone e fondo i significati è tiutto. Ma la realtà è ben diversa, drammaticamente diversa, miseramente diversa. È una realtà fatta di non conoscenza, di non aggiornamento, o per meglio dire di ignoranza, che deriva da ignorare, non sapere, una realtà che conosce e trasmette dell’Italia solo vecchi stereotipi, un’Italia ferma agli anni ottanta e novanta, di un’Italia che – a detta di questi – è viva solo nella letteratura antica, nei classici, imposti agli studenti come programmi didattici, fatti digerire a malavoglia, ma che non tiene conto dell’evoluzione della lingua, che non tiene conto dell’evoluzione della cultura, miseramente povera nel lessico contemporaneo, totalmente assente nell’idiomatica, un’Italia ferma ai luoghi comuni più arcaici, stereotipando l’italiano perchè non ci si aggiorna sulla contemporaneità, perchè è più facile ripetere per mesi, anni, decenni sempre i soliti testi, piuttosto che impegnarsi a ricercare, trovare, leggere, in lingua italiana, nuovi autori contemporanei,mparando ed insegnando agli studenti ad esprimersi in un linguaggio più attuale e ricco e diverso nelle sue differenti sfumature linguistiche locali.

Eppure questi/ sono i depositari del verbo, e guai a chi osa rompere il cerchio magico, guai a chi si permette, non essendo passato sotto le loro forche caudine, portare un’Italia diversa, più viva, contemporanea, un’Italia fatta di attualità, politica, eventi culturali e cinematografici, un’Italia che può e deve essere raccontata, conosciuta e fatta conoscere in modo più artisitco, meno teorico, meno dogmatico, quando tutti i dogmi, politici e religiosi sono stati spazzati via dall’attualità, quando delle idelogie non sono rimaste altro che vecchie macerie fumati di una storia che, seguendo l’onda del tempo e dei cambiamenti sociali e culturali, viene continuamente riscritta.

Purtroppo questo circolo ristretto è vittima, non è dato a sapere, se in forma cosciente opure no, di arcaismo culturale, antistorico che forse non può o non si vuole colmare, presumibilmente non per mancanza di mezzi, ma perchè l’aggiornamento costa fatica, sacrificio, sudore della fronte e consumo di cellule neuronali, di sinapsi, di lavoro, di nuovi carichi – che forse non si vogliono prendere – della corteccia celebrale, tutto ciò poi ricade sugli studenti, su coloro che pur studiando la lingua italiana, risultato totalmente privi di preparazione pratica, di conoscenza – perchè non trasmessa – e alla prima prova di lavoro come traduttori, fanno letteralmente cadere le braccia, quando i testi passano al vaglio di un redatore esperto di entrambe le lingue e culture. Tutto ciò a questo grupposcolo non va giù, risulta di difficile se non di impossibile deglutizione, creando così in quest’èlite degli attacchi di bile, degli attacchi rancorosi, espressi in forme e modi che non fanno a loro alcun onore.

Questa è una realtà volutamente mandata in cortocircuito, una realtà disarticolata dalla realtà stessa, dove l’Italia e la cultura italiana sta perdendo, per la complicità lassista di a questo grupposcolo, che come diceva anni fà una professoressa italiana, riferendosi agli alunni italiani, malscolarizzata, sebbene docenti e insegnati hanno superato a pieni voti gli esami finali, dopo aver prima terminato con successo, e licenziati anche, gli studi liceali, col rischio, neppure troppo velato, che nel giro di pochi anni non ci siano più studenti che dopo aver frequentato anche i numerose scuole superiori dove si insegna anche lingua italiana, non vogliano più continuare questo percorsi di studio post liceali, perchè alla fine anche tra studenti le chiacchere girano uscendo dall’alveolo degli stessi, andando a finire in altre orecchie interessate a conoscere in modo approfondito questi eventi.

Il problema è che forse il decano o la decana di questo circolo ristretto, ha perso e fatto perdere al suo sguarnito seguito il contatto col mondo reale, con le realtà studentesche ma non solo, con le persone che escono e tornano in patria, dopo esser stati in Italia, rientrando culturalmente e linguisticamente arricchite, studenti di altre realtà, spesso non collegate con l’Italia intesa come cultura, storia e arte, ma per professioni diverse e che toccano, anche per mesi, con mano il cambiamento, l’evoluzione, la diversa stratificazione sociale cosi poco attinente con gli stereotipi che abitualmente, in questo circolo ristretto manca, in quanto probabbilmente forse interessati a percepire i cambiamenti avvenuti.

A farne le spese in oltre che gli studenti è la lingua e la cultura italiana stessa, che grazie anche a questi “detentori di verità” sta perdendo appel in modo sostanziale, portando le persone a cercare forme alternative di conoscenza della lingua e della cultura italiana, allontanandosi anche dai consueti canali i istituzionali.

Lo scrivente, come italiano che ama il Paese che da tempo lo ospita, è profondamente rammaricato per la deriva autoritaria che questo circolo ha creato contro uuna diffusione veicolata attraverso diversi canali, che non siano i loro, della cultura e la lingua italiana, rinchiudendosi a riccio in un fortino, evitando il confronto, spaventati forse dalle critiche che potrebbero sorgere una volta fatte adeguatamente le pulci ad cun certo lavoro di traduzione di un libro di una scrittrice di un’isola italiana, massacrato dalla traduttrice, che ha ricevuto una remunerazione, che il bulgaro medio guadagna in più di un anno, non proveniente dalla Bulgaria, con molti dubbi palesi, sulla qualità e professionalità del testo tradotto, debitamente esplicitati dalla commissione stessa, sempre che questi non vengano cambiati in corsa dopo la lettura di questo testo da qualcuno/a, anche se lo scrivente ribadisce d’averne una copia nelle sue mani, consegnatagli pochi giorni dopo la pubblicazione del nome del vincitore/vincitrice.

Si è preferito non fare nomi e cognomi, tanto ai lettori italiani, come alla maggioranza dei bulgari, questi non direbbero nulla, non sarebbero altro che entità evanescenti, prive di importanza alcuna, che verrebbero rimossi dalla memoria collettiva ed individuale pochi minuti dopo esser stati letti, ma ai diretti/e interessati e a coloro che gravitano attorno alla lingua e alla cultura italiana in Bulgaria, sono notissimi, spesso senza averne reali motivi specie come insengnati pratici dell’arte della traduzione, sia per le loro traduzioni svolte, ma il dovere di cronaca ed il diritto della libertà di parola ed espressione scritta – come mi è stato espressamente detto da uno/a di loro durante una conversazone telefonica, vale in Italia come in Bulgaria, sancito da entrambe le Costituzioni, a patto che non si diffami il lavoro la persona e l’onorabilità professionale e umana altrui.

È altresì chiaro ai diretti interessati, nel caso avessero qualcosa da replicare hanno a disposzione il numero cellulare dello scrivente, i gli indirizzi mail e naturalmente lo spazio pubblico anche nel blog. Chiaramente il silenzio non farebbe altro che avvalorare quanto scritto, come per assurdo, confidando che sia solo una fantasticheria errata dello scrivente, qualsiasi forma di ritorsione, professionale o come già udito, attraverso interposte persone, che hanno riportato voci di corridoio, già forse in essere, additando lo scrivente come un soggetto pericoloso per la persona che mi ha riportato la notizia.

Come scritto all’inizio, questa non vuole essere una polemica personale, ma alcune persone, una in particolare ha fatto si che un mio gesto di cortesia si trasformasse da parte di questa in un attacco premeditato, mascherato da libertà d’espressione – per dei sinonimi che a quella li non piacevano, ma che dopo un riscontro fatto con calma, quelli indicati da codesta saputella come le opzioni più valide si sono dimostrate inesatte e decontestualizzate – nei confronti di un’altra persona; un attacco senza precedenti, dimostratando alla platea basita, quanto fosse forte il racore e la rabbia contro questa sua collega, nel campo delle traduzioni artistiche, che non ha mai studiato sotto le sgrinfie di questa “gentile” ma che ha saputo dimostare tutto il suo disprezzo – una copia del suo intervento sgrammaticato in lingua bulgara è in mio possesso – inviatomi dalla medesima, privo naturalmente delle aggiunte verbali che ha implementato durante l’intervento. Intervento spalleggiato da un’adepta nel circolo elitario che forse aveva dei debiti di gratitudine da saldare pubblicamente, in quanto dallo scrivente era stata messa al corrente, circa un anno prima, delle modalità di vittoria di un concorso per la traduzione di un libro italiano. Va detto che quest’adepta in passato aveva “corretto” ossia redatto la sua mentore per un altro libro, tradotto dall’italiano, che a detta di molti filologi di lingua bulgara, ma anche da lettori comuni, sebbene sia firmato – come traduzione da una persona sola – ha in se stili e modalità differenti di traduzione, come se il lavoro fosse stato fatto a più mani, cosa che probabbilmente la redattrice era al corrente, per questo al momento opportuno si è lasciata andaare a lodi sperticate nei confronti della traduttrice stessa e di riflesso verso se stessa.

Per la cronaca, va detto che questa “esperta traduttrice” e profonda conoscitrice della lingua italiana, maestrina di Teoria della Traduzione” davanti al semplice idioma come “prendere all’amo”, non sapeva cosa volesse significare. Cosa resta per tutto il resto?

I lettori potrebbero pensare che dietro questo lungo articolo ci sia, da parte dello scrivente acredine, rabbia, invidia o voglia d’offendere o far de male. Nulla di tutto ciò, perchè abbassarsi al livello di chi offende gratuitamente ed immotivatamente, nascondendosi dietro il pretesto, puerile ed infantile, della – come si dice in Bulgaria – “Libertà del Verbo” porrebbe lo scrivente ad un livello pari, se non inferiore di quello di questa gentil persona, dall’animo socialisticamente nobile, ora votata anche alle traduzioni del Papa Tedesco, facendo sorgere il dubio atroce e lacerante su come si possano tradurre delle epistole teologiche o d’alto contenuto metafisico senza avere un’adeguata preparazione religiosa e teologica alle spalle, in quanto educata, durrante il socialismo reale, a considerare parafrasando Stalin “La religione come oppio dei Popoli”, trasmutatasi come un novello Saul, converitasi improvvisamente al cattolicesimo più acceso, il giorno dopo la caduta del Muro di Berlino. Almeno il Conte Volpi di misurata, aveva fatto per un pò l’esule in Svizzera, prima di rientrare in patria per trasformarsi, con una nuova verginità politica, in un acceso sostenitore della Repubblica e della democrazia.

Naturalmente per questa persona va provato solo profonda compresione cristiano affetto per le sue esuberanti paure espresse in malomodo verbalmente aggressivo, confidando che possa trovare una tranquillità emotiva personale, affettiva e professionale, anche se a differenza – per fortuna – di molte sue amiche di circolo, non è una zitella cronica, che chiaramente non è una colpa, ma una realtà sopratuttto in Bulgaria, sfavorevole per la donna stessa, in quanto se superati i trent’anni non è stabilmente accasata è guardata con occhio sbilenco dai maschi in quanto forse considerata portatrice di anafettività personale sociale e professionale cronicizzata.

Quello che questo grupposcolo non ha ancora capito, o finge di non aver capito, che la traduzione artistica di prosa d’arte, si chiama traduzione artistica perchè deve essere fatta con arte, maestria, fantasia, con conoscenza ampia sia dell’ideomatica del testo originale, sia di quella della propria lingua materna, cosa che indipendentemente dalla “teoria della traduzione” l’essere artisti, nel senso più ampio del termine è una qualità innata della persona, una dote, un dono, un talento che non può essere insengato con lezioni teoriche, ma che può essere sviluppato, indirizzato, sgrezzato, reso brillante come un gioello solo se è gia presente nelle persone, altrimenti e come voler insengare ad una capra l’alfabeto fenicio, o peggio insegnare l’alfabeto fenicio senza nemeno mai averlo visto, studiato e digerito.

Il problema di fondo sta tutto qui. O si è capaci, oppure no. Questo club ristretto, per terminare, non vuole che nessuno metta il naso, o peggio, che possa, non appartenendo alla loro èlite, giudicare il loro lavoro, capendolo fino in fondo, infatti per invida malcelata detestano tutti coloro che non si muovono seguendo i loro canali e le loro indicazioni. E questo li fa infuriare, oltre ogni ragionavole dubbio.

Chiramente si vuole ribadire, a scanso di pregiudizi nei confronti dei bulgari, che la meschinità, l’invidia, la cattiveria, il diffondere malelingue, attaccare quello che si considera un nemico, quando in partenza si sa essere deboli, è una prerogativa universale, insita nell’uomo, indipendentemente dalla nazionalità, dal colore della pelle e dalla religione d’appartenenza, che appartiene – indistintamente – alla parte più bassa, abietta, primitiva e istintuale dell’uomo, che non fa onore nè a se stesso, neppure in troppi casi alla sua “presunta” intelligenza e sensibilità personale e sociale.

La cosa più avvilente sotto l’aspetto umano è quella di scoprire persone, che prima erano quasi mitizzate per loro bravura, per la loro competenza e capacità, in virtù proprio dei ruoli ricoperti, ma una volta scavato oltre la patina dell’apparenza, dell’immagine, dell’apparire, ci si ritrova innanzi ad un abisso che non fa onore al ruolo stesso che ricoprono, ci si ritrova innanzi a delle capacità divinizzate che non corrispondono alla realtà dei fatti, facendo crollare miseramente il castello, costruito sulla sabbia, che la mente umana, complice l’eccesso di superlativi assoluti, sovente espressi l’uno verso l’altro, non trovano corrispondenza, o peggio lasciano scoraggiati e confusi, disillusi per quanto si è toccato con mano, portando a pensare che dove c’è eccesso di fumo, sotto sotto esista un rischio palese od occulto di trovarsi innanzi ad un arrosto striminzito e carbonizzato, secco come un albero lasciato privo d’acqua artistico-letteraria e che farebbe di tutto affinchè nuove realtà, più competetenti e libere, intellettualmente e culturalmente, abbiano un palcoscenico, perchè nessuno, a loro avviso, deve permettersi di offuscare la loro splendente luce riflesssa l’un altra e che fa vivere il gruppo, che accecandosi a forza di compliementi, non vuole e odia il confronto con le stesse realtà professionali, che non siano del loro enturange, e che finchè avranno fiato, faranno di tutto per annichilirle. E molti/e, come si dice in questo caso, sono stati – come si dice in bulgaro – fuori dalla nave, senza tanti complimenti.

Di tutto questo bisogna ringraziare quest’èlite per la loro dignità etica, umana e professionale. Come dice un vecchio proverbio “Tutto il mondo è Paese” infatti i Servelloni Mazzanti Vien dal Mare, i Kobran, gli Guidobaldo Maria Riccardelli, i Mega direttori galattici, i Semenzara sono realtà appartenenti al Villaggesco mondo culturale italiano, ma che hanno un valore transnazionale, universale, applicabile in ogni Paese, senza distinzione alcuna, e che alla fine lasciano delusi, ammareggiati, sconfortati, perchè i siffatti personaggi sopra elencati, crocifiggerebbero tutti in sala mensa, solo per aver provato ad osare di dire o pensare qualcosa di diverso dall’unico coro dominante che dovrebbe illuminare di civilità, ma che sono esattamente come la matricola 1001/bis, di una mediocrità mostruosa.

Marco Bazzato
14.02.2008
http://marco-bazzato.blogspot.com/

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