martedì 7 maggio 2013
Cecilie Kyenge e il “razzisimo” ministeriale?
È strano, ma ha fatto molto
parlare la nomina di Cecilie Kyenge, arrivata in Italia come immigrata
extracomunitaria clandestina, divenuta italiana per matrimonio con un italiano
– cittadinanza che si può acquisire, secondo la legge, dopo sei mesi dalla
firma del contratto matrimoniale, se residente stabilmente in Italia, oggi
ministro per l’integrazione. (1), del primo
governo di Enrico Letta, nipote di Gianni Letta, consigliere personale di
Berlusconi.
Fino a questo momento né i suoi
colleghi ministri hanno brillato per averla integrata nel gruppo ministeriale,
lo si è visto il pomeriggio del giuramento dei neoministri, quando una volta
appresa la notizia della sparatoria avvenuta a Piazza Colonna, che ha portato
al ferimento di due carabinieri, a causa del tentato suicidio, fallito dello
sparatore (2),
quando costei, in un servizio mandato in onda la sera successiva su Rai 3, in seconda serata, una
specie di dietro le quinte del giuramento, per alcuni secondi, mentre tutti i
ministri bianchi confabulavano tra di loro, preoccupati per la loro sorte, Cecilie Kyenge si aggirava spaesata, abbandonata dentro
l’immenso salone, non sapendo ne cosa fare nè a chi avvicinarsi, visto che
nessuno aveva la compiacenza di renderla partecipe, come se fosse o perché per
loro era un corpo estraneo.
Lo stesso dicasi, va bene che il
suo è un ministerucolo senza portafogli, prima presieduto da Andrea
Riccardi, quando durante la prima seduta
del Parlamento, costei appariva a margine della fila di destra, con il suo
collega che quasi cercava di starli distante, per quanto possibile.
La cosa si è ripetuta durante la
prima conferenza stampa Cecilie Kyenge, in qualità di neoministro, con costei
al centro del tavolo e una seconda persona, seduta alla sua sinistra, ad una
distanza che si può definire abissale, dove non ha certo brillato, quando si
definita, erroneamente, italo-congolese, come se di nascita fosse italiana, ma
che a causa di uno scherzo del destino, fosse emigrata clandestinamente in
Congo, acquisendo il passaporto di quel Paese. Mentre la realtà è ben diversa,
in quanto, per rispetto nei confronti del Paese che le ha dato i natali (il
Congo) e in ossequio alla legge italiana che le ha dato il passaporto, causa
sponsale con un autoctono dello Stivale, la definizione corretta, anche se
suona stonata, peggio di una corda di violino, è congolo-italiana, dimostrando
di non brillare per logica consequenzialità dei suoi trascorsi personali.
Ma la vera esondazione, lo
tsunami contro le legalità l’ha causato nella puntata di domenica 05.05.2013 ,di
½ ora, lo show giornalistico
condotto da Lucia Annunziata su Rai 3 (3), e con il quotidiano
Libero, che scrive, virgolettando:
Il reato di immigrazione clandestina va abrogato” e prosegue: “è difficile dire se ci riuscirò. Per approvare
la legge bisogna lavorare sul buon senso e sul dialogo, trovare persone
sensibili. È la società che lo chiede, il Paese sta cambiando. Bisogna lavorare
per trovare i numeri necessari…”
Innanzitutto questa ex immigrata clandestina
con passaporto italiano, con questa sua frase ha insultato centinaia di
migliaia di immigrati regolari, che hanno fatto le trafila burocratica, perché
persone oneste, seguendo fin da subito le leggi
italiane, cosa che invece costei ha appiccicato addosso come peccato
originale, al pari di moltissimi altri, non ha voluto osservare. E ora, in nome
della sua storia personale, cosa che capirebbe anche un ragazzino al primo anno
della facoltà di psicologia, capirebbe che sta proiettando il suo vissuto da
clandestina e che non potendo tornare indietro, vorrebbe che gli altri, non che
rispettassero la legalità, ma che la legalità abbassasse le sue difese e suoi
anticorpi, a favore di un’ immigrazione incontrollata e impossibile da
sostenere, soprattutto in questo periodo non solo di vacche magre dalle mammelle avvizzite e prive di latte, divenute vacche morte!
Cecilie Kyenge racconta che
proviene da una famiglia dove il padre era poligamo e che ha trentasette
fratelli. Ma non è che questo potrebbe essere il sistema, quello di voler
cambiare la legge, per scopi personali e per favorire anche qualche membro
della famiglia per alleggerire la trafila, che ora non potrebbe arrivare in
Italia, se non da clandestino? O che un domani, seguendo la tradizione di suo
padre, questa, in nome del dicastero che dirige, non voglia proporre, per
rispettare i suoi natali congolesi, la poligamia?
Non sarebbe la prima volta, i
politici italiani bianchi italiani, sono famosi per essere tutti poltrone e
famiglia e che in un modo o in un altro, riescono sempre a sistemare la progenie
e parenti, antenati e discendenti, fino al ventesimo grado, creando una
ragnatela di interessi e favoritismi che fa si che sia è quasi impossibile
schiodarli, anche con l’ausilio della Magistratura?
Senza dimenticare che la
ministra, brava a citare a suo avviso l’improprio recepimento di una circolare
europea, dimentica che prima della circolare esiste il Trattato di Lisbona,
ratificato in modo carbonaro anche dall’Italia che Capo 2, articolo 77, ex art.
662 del TCE, - c) instaurare progressivamente un sistema integrato di gestione delle
frontiere esterne, Ai fini del paragrafo 1, il Parlamento europeo e il
Consiglio, deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria, adottano le
misure riguardanti: a) la
politica comune dei visti e di altri titoli di soggiorno di breve durata; b) i
controlli ai quali sono sottoposte le persone che attraversano le frontiere
esterne.
Mentre Articolo 79 (ex articolo 63, punti 3 e 4, del TCE),
stabilisce quanto segue: c) immigrazione
clandestina e soggiorno irregolare, compresi l'allontanamento e il rimpatrio
delle persone in soggiorno irregolare.
La neo ministra, come tutti i ministri della Repubblica italiana,
dovrebbe conoscere, non solo la Costituzione italiana, ma anche il Trattato di
Lisbona, in tutte le sue 479 pagine e , visto che ai cittadini comuni viene ripetuto
fino alla nausea che la legge non ammette ignoranza, per evitare svarioni, che
non vanno solo contro l’Italia e gli italiani, ma che certe frasi e certe
volontà politiche avverse alla logica degli autoctoni italiani ed europei,
rischiano di trasformare l’Italia e non solo, facendola ripiombare nel periodo
buio immediatamente successivo al crollo del’Impero romano di Occidente, quando
una volta indeboliti i confini dell’Impero, anche e soprattutto a causa dei
matrimoni misti tra romani e barbare, i primi si rammollirono, dimenticando i
loro doveri verso Roma, divenendo tra le prime cause delle future invasioni
barbariche.
Con tutto il rispetto, sembra che questa ex clandestina con
passaporto italiano da diciannove anni, ma congolese di nascita da 49,
sottostimi, per inesperienza le conseguenze politiche e sociali di certe sue
volontà personali, sotto il profilo italiano, che sotto quello europeo,
dimenticando, da “italiana” la storia della caduta dell’Impero Romano
d’occidente e la discesa negli anni bui del medioevo.
All’inizio si credeva che si potesse pensare che ci fosse una
forma di razzismo nei confronti della neo ministra, da parte dei colleghi appartenenti
alla compagine dell’armata Brancaleone di un esecutivo dedito all’orgia
politica diretta continuazione dell’ordalia del precedente governo, capitanato
da Mario monti. Ma ora, molti possono credere, e si presume a ragione, che quel
distacco “fisico” fosse dovuto non tanto verso un’avversione nei confronti del
suo essere nera, non le piace il termine di colore, perché orgogliosa – da orgoglio:
Esagerata valutazione dei propri
meriti e qualità per cui ci si considera superiori agli altri in tutto e per
tutto – del colore della sua pelle, intriso di melanina, ma che in molti
conoscendo le sue idee radicali, sapevano che la decisione di candidarla e
farla ministro, era stata messa in essere per far presa sull’elettorato della
sinistra estrema o extraparlamentare, per calcolo elettoralistico e non, forse,
per reale interesse, né nei confronti della sua storia personale, delle sue
competenze. Infatti, già alla sua prima
intervista si è visto che è riuscita a inimicarsi il 95% di tutta l’Italia
autoctona, in quanto un passaporto diverso dal Paese ove si è nati non
necessariamente significa essere nello spirito, nella mente e nel corpo,
cittadini pieni di quella nazione di dove acquisisce il nuovo passaporto. E
costei, con la “febbre del sangue”,
che non è la Dengue, la richiama alla sua essenza di nata nel continente
africano, in Congo, ora ex clandestina ora regolarizzata tramite matrimonio, non
ha fatto altro che dimostrare quali sono le vere sue priorità personali nei
confronti dei suoi connazionali, africani e non dolo, ossia tutti gli
extracomunitari che vogliono arrivare sullo Stivale: porte aperte,
assistenzialismo totale, a carico degli autoctoni italiani, e soprattutto
nessun controllo doganale al momento dell’ingresso in Europa.
Se si informasse su come sono
leggi australiane sull’immigrazione, la ministra si renderebbe conto di quanto
quelle italiane sono morbide, flaccide, bucherellate come quelle di una rete di
un peschereccio abusivo, comprendendo che il Paese di cui ha il passaporto ha
bisogno di legalità e non di deregolamentazione, a favore dell’anarchia
indiscriminata e bene ha fatto il nipote di Gianni Letta, il Primo Ministro,
Enrico Letta, a prendere le distanze da queste incaute dichiarazioni, che se
attuate, porterebbero alla destabilizzazione sociale dell’intera Unione
Europea.
Marco Bazzato
07.05.2013
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