martedì 6 dicembre 2011

Chiudere Green Hill, il canile a Montichiari?


La polemica – sterile – imperversa da anni nei media, facendo da cassa risonanza a un presunto problema snobbato dagli abitanti e autoctoni, residenti a Montichiari, in provincia di Brescia e dintorni, ossia la volontà pervicace e verbalmente violenta che vorrebbe la chiusura  di Green Hill (1), il canile, ove vengono allevati cani da laboratorio di marca e/o modello, di razza Beagle.

È il tam tam mediatico che spinge a ingigantire una polemica al limite del paradosso, dove coloro che vorrebbero far chiudere un’attività legale, in quanto una legge della Regione Lombardia la permette, mentre è vietata in Emilia Romagna, invece d’appellarsi ai tempi della giustizia, lo si vorrebbe far chiudere sotto la spinta della – scarsa – indignazione popolare.

Quello che non si fa, è distinguere le responsabilità di natura penale da quelle amministrative, dove fino a prova contraria fin ora sono stare riscontrate solo le seconde, essendo la struttura in ordine sotto gli aspetti formali e dell’attività svolta. Se poi gli animali, una volta giunti all’estero sono sottoposti a sperimentazione, esula dalle competenze delle amministrazioni locali; semmai il problema dovrebbe essere trattato a livello internazionale, una volta conosciuti i passaggi della filiera che gli animali fanno, le singole destinazioni finali e l’utilizzo che ne viene fatto, entrando all’interno delle responsabilità penali di pertinenza degli organi competenti per territorio in quei Paesi, ma non è un dovere della politica italiana interferire nelle attività di ricerca biomedica che si svolge all’estero.

Vanno, in ogni caso, se verranno accertati, presi in esame i comportamenti individuali di maltrattamenti nei confronti dei Beagle perché non si può con accuse generiche far chiudere un’azienda – che produce utili, paga le tasse locali, nazionali – lasciando a casa i dipendenti e l’indotto che crea, come trasporti, acquisto di mangimi e quant’altro, necessari per il sostentamento..

I detrattori della vivisezione, pratica che se non utile alla ricerca medica finalizzata al miglioramento della vita degli esseri umani, se commessa solo con lo scopo sadico di infierire sofferenze inutili è da condannare, ma non vanno dimenticate le ricadute benefiche nei confronti della collettività che la sperimentazione animale, applicando i protocolli imposti dalla comunità scientifica internazionale, ha nel benessere dei cittadini, per la ricerca di nuove molecole, atte a creare nuovi farmaci e la bellezza di tante donne, che senza i “Kit da restauro” sarebbero delle racchie nei confronti di coloro che sono più belle, più giovani, dotate da madre natura di una pelle migliore e di un corredo genetico clemente con lo scorrere degli anni.

Mettere in discussione Green Hill equivale a mettere in discussione la ricerca biomedica, la bellezza, e la salute dei cittadini, in quanto i farmaci sono – purtroppo – un elemento necessario alla società. E questo pur se ideologicamente negato quando fa comodo, è un fatto assodato.

Viene da chiedere, senza mezze misure, ai detrattori del canile di Montichiari, dove andrebbero a finire i principi animalisti se fossero costretti a scegliere tra salvarsi la vita o quella di un loro caro a cui tengono, oppure rinunciarvi, lasciandosi morire o condannando a morte la persona amata, se gli venisse prospettato un farmaco salva vita dove nel “bugiardino” fosse scritto: “questo farmaco è stato prodotto grazie agli esperimenti di laboratorio e all’allevamento di cani Green Hill di Montichiari (Brescia)

Nell’Unione Europea sono in vigore normative che impongono la tracciabilità della filiera produttiva degli alimenti destinati al consumo umano e animale. Per rispetto nei confronti dei malati, obbligati dalle circostanze ad assumere prodotti creati dalla farmacopea internazionale, sarebbe giusto che nel “bugiardino” vi fosse lo stesso tipo di tracciabilità, mettendo al corrente di quanti animali sono stati sacrificati per la ricerca, la provenienza, gli allevamenti e dove si sono effettuati gli esperimenti, in modo che gli amanti degli animali possano scegliere se assumerli, fregandosene dei principi, oppure lasciarsi morire nel nome dei loro ideali.

Se ci fossero queste informazioni gli animalisti, come tutti, scrollerebbero le spalle, anche dopo aver visto il numero delle cavie e le razze usate, perché la vita umana è più importante, soprattutto quando une vento clinico coinvolge personalmente.

Fa una certa impressione vedere l’animalismo relativista, dove basta recarsi in qualsiasi pescheria per vedere animali – pesci in questo caso – morire soffocati fuori dal loro ambiente , sgozzati ancora vivi, perché freschi sono più buoni, o messi in pentola ancora agonizzanti nell’acqua bollente, come con i polipi, senza che nessuno si indigni o vada a fare manifestazioni contro i pescatori. Eppure la crudeltà verso gli animali acquatici non è diversa da quella che si denuncia nei confronti dei quadrupedi da compagnia. Ma dei primi ce se ne sbatte, a patto che non siano balene cacciate dai giapponesi per scopi scientifici, salvo poi indignarsi se finiscono sulle tavole dei ristoranti di lusso.

Se un infame annega un cane va punito giustamente dalla legge, se si pesca un pesce, lo si depone in una cesta e ci mette delle ore a morire, questo è tollerato, accettato, tanto è che esistono laghi per la pesca sportiva, ma se si facesse una tenuta per la caccia ai cani e ai gatti, si leverebbero le barricate degli animalisti. Eppure anche i pesci andrebbero tutelati con la stessa enfasi con cui si tutelano cani, gatti e altri animali da compagnia e non, promuovendo battaglie animaliste contro la caccia, cosa che però, visto gli interessi miliardari che muove, anche per il numero di addetti impegnati in tutta la filiera, nessuno va a protestare davanti alle pescherie, davanti ai porti quando rientrano i pescatori con il pescato e agonizzante.

Se si limitasse veramente la pesca e il consumo di pesce, così come si vuole mettere in una riserva con gli spari contingentati ai cacciatori, si potrebbe essere concordi con le battaglie animaliste nei confronti degli animali da affezione, ma quando l’animalismo è ideologico e strumentale e mira ad attaccare i piccoli interessi locali, senza guardare al problema della difesa degli animali, indipendentemente se terrestri o acquatici, soprattutto con la pesca e con la relativa tortura sadica dei pesci nelle pescherie, cresce l’indignazione, perché è come se si volesse osservare, per comodo, la realtà, solo sulla base di quello che personalmente piace, usando un pensiero soggettivo e non oggettivo che legge il problema nel suo insieme.

Per questo si ribadisce un no fermo alla chiusura del canile di Montichiari della Green Hill, in quanto come attività legale in Italia, deve continuare a lavorare in sicurezza, perché la ricerca che sta alle spalle della sperimentazione è un diritto/dovere per il benessere dell’uomo, con però gli eventuali reati amministrativi debbono essere sanzionati, così per quelli di natura penale, se venissero accertati, dopo il terzo grado di giudizio, come la legge impone.

Marco Bazzato
06.12.2011



(1) http://animalinliberostato.blogspot.com/2010/04/green-hill-2001-srl.html

3 commenti:

  1. E tu hai pure il coraggio di parlare? Ma vergognati. Te le facessero a te ste cose.

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    1. Gentile lettore/lettrice, indignarsi non serve a nulla. Rimango fortemente contrario alla chiusura di un attività legale, a meno che non si cambi erroneamente la legge. In ogni caso non ha risposto cosa farebbe se dovesse prendere un farmaco e sapesse che questo è stato sperimentato prima su cavie animali…lo prenderebbe sì o no? Non serve che mi risponda…è già chiaro, anche lei come tutti se ne fregherebbe degli animali ammazzati per testare nuovi principi attivi, visto che sarebbe sua la vita in pericolo, farmaci che in ogni caso già assume, solo che non è specificato quanti ne sono stati sacrificati a scopo scientifico e stia certa che indipendente dalla sua indignazione – a mio avviso esecrabile – ad ognuno, quando la strizza tocca le natiche, interessa salvare la propria pellaccia…

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  2. E tu hai pure il coraggio di parlare? Ma vergognati. Te le facessero a te ste cose.

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