lunedì 27 aprile 2009

Febbre suina, emergenza internazionale


Pochi giorni fa, il 20 d’aprile, dei narcos messicani hanno ammazzato otto agenti dell’FBI, e non più di una settimana dopo, in Messico scoppia l’influenza suina, con la conseguente chiusura delle frontiere, con ad oggi un centinaio di morti in Messico, e naturalmente lo scoppio della fobia sociale, prima negli Stati Uniti, e poi nel resto del mondo per il pericolo che l’epidemia si trasformi in una pandemia. Non male come eventuale ritorsione epidemica, per gli agenti ammazzati, sfuggita al controllo dei carnefici; se non fosse la realtà, il tutto potrebbe apparire come nel romanzo di Stepehen King, The Stand, pubblicato in Italia col titolo “L’ombra dello scorpione”, dove Capitan Trips, senza tanti complimenti, sterminava il 90% della popolazione mondiale, mentre la febbre suina, a differenza della spagnola, che tra il 1918 e 1919 fece approssimativamente tra 1 50 e 100 milioni di morti, – alla faccia della precisione – la Suina è considerata un’epidemia lieve, tant’è vero che difficilmente si arriverà al livello di sicurezza 6, stabilito dal CDC di Atlanta, reso famoso dal romanzo Ebola di Robin Cook, che aveva come protagonista la dottoressa Marissa Blumenthal.

Naturalmente, i media, dovendo nascondere i problemi derivati dalla crisi finanziaria internazionale, specialmente negli Stati Uniti, dove il paese più indebitato al mondo, rischia il default, o crak finanziario, come fu per l’Argentina, in anni più lontani e l’Irlanda pochi mesi fa, stanno sfoderando nella carta stampata come nel web centinaia di prime pagine dedicate all’epidemia, che ad oggi ha fatto meno morti del terremoto in Abruzzo, ma sta diventando utilissima anche alla
Roche, produttrice del Tamiflu, il farmaco reputato, teoricamente, efficace per combattere la febbre suina, sempre che non ammazzi l’assuntore, tramite suicidio, specialmente nei bambini, come scritto nel 2006 da Tuttoconsumatori.

È probabile che anche la febbre suina, come fu per la Sars per la prima volta nel novembre 2002 in Cina, nella provincia del Guandong, sia l’ennesima tempesta in un bicchier d’acqua, dove il terrorismo mediatico, fa più paura del pericolo vero, spingendo la popolazione a rinchiudersi a riccio, in modo inutile, per timore d’essere contagiati da una malattia esistente in piccoli focolai a migliaia di chilometri di distanza; sarebbe come il doversi dotare di estintori perché in California ha preso fuoco un’abitazione.

Questa febbre suina fa pensare anche al presunto attacco terroristico subito degli Stati Uniti con l
’antrace, dopo l’attentato alle Torri Gemelle dell’11 settembre 2001, che ha portato all’evacuazione del Congresso degli Stati Uniti, dove in un primo momento il tutto appariva come un attacco esterno, mentre poi si scoprì che le spore dell’antrace erano state geneticamente modificate in un laboratorio militare statunitense, naturalmente per la guerra batteriologica difensiva.

Ora si vedono persone negli Stati Uniti e in Messico giare con le mascherine sul volto, esattamente come fanno da anni i giapponesi per non starnutire addosso agli altri, in segno di rispetto, oppure si ascoltano le solite raccomandazioni inutili, come lavarsi le mani, non starnutire in faccia – specialmente agli sconosciuti, in quanto si rischierebbe, a ragione, una randellata in testa, lavarsi le mani e palliativi vari inutili, in quanto se si è sfortunati da beccarsela, rientrando nella super categoria dei predestinati a morire, il posto al Creatore potrebbe essere assicurato.

A tuttora sembrerebbe che in Italia sia scattata solo la corsa all’allarmismo ingiustificato, buono per seminare inutile panico innanzi ad un epidemia che fino ad oggi non ha toccato il nostro paese, sebbene i,l livello d’attenzione sia alto, per gli eventuali rischi – remotissimi – di contagio.

Resta da capire da dove e come sia partito il primo focolaio, nonostante i media messicani, vista l’esiguità dei morti, circa un centinaio, siano più preoccupati per danni che l’impatto emotivo possano causare all’economia del Messico, specialmente per quanto concerne il turismo – a parte la droga – che è una delle principali fonti di introiti economici del Paese.

Bisogna ridimensionare la portata dei morti, sebbene l’impatto mediatico possa apparire devastante. 100 morti su una popolazione di oltre 100 milioni, sono una goccia nel mare, visto che ogni giorno muoiono di fame miglia di persone nei paesi più poveri del globo, senza avere titoli senzionalistici sui giornali. Ah sì, quelli non sono altro che sporchi affamati, spesso nemmeno sono bianchi. Chi se ne importa!

Ora sembrerebbe che anche nel Veneto orientale sia stata ricoverata una donna con dei sintomi della febbre suina, ma il sottosegretario alla salute rassicura che la situazione è sottocontrollo, e che comunque l’Italia ha pronti 40 milioni di confezioni di Tamaflù messe da parte in occasione della grande festa mancata della Sars, sperando che queste non siano
prossime alla scadenza, visto che sono state stoccate nel 2002, praticamente 7 anni fa, o che non siano già scadute. E ad oggi è impossibile acclararlo. Ma stando a quanto scrivono i siti di medicina, i farmaci non devono avere una scadenza superiori ai 5 anni. Chiaramente l’Italia, se non ha stoccato Tamaflù dopo il 2005, ne risulta praticamente sprovvista, a meno che, in caso di emergenza, non siano somministrate, a scopo di profilassi, farmaci scaduti. Se così fosse, quest’epidemia sarebbe una vera manna, in quanto invece di smaltire i farmaci col sistema apposito, in caso emergenza, verrebbero scaricati nei corpi umani, risparmiando sul costo dei rifiuti medici.
La febbre suina sta portando anche i suoi venefici effetti
alle borse internazionali, in primis alle compagnie aeree e ai tours operator, senza contare l’indotto, per via delle – vili – disdette dei viaggi nei paesi considerati a rischio, sebbene statisticamente la possibilità di tornare a casa con un ricordo suino indesiderato, sia quasi nullo, avendo più probabilità di rimarenere uccisi da qualche ubriaco al volante, al sabato sera, in Italia.

Un'altra bella novità, portata dalla febbre maiala, è la pandemia terroristica che stanno scatenando i media, a proposito della carne di porco. Sono già iniziate le interviste – sceme – alle massaie per chiedere se acquistano o no il suino, visto l’allarme globale che questa febbre sta causando, senza ricordare che oltre il 90 % della carne consumata, prima viene cotta ad oltre cento gradi, generalmente alla brace. I maiali ringraziano in quanto con lo scatenarsi dell’eventuale panico generale, la mattanza è rimandata, mentre i produttori bestemmiano per i porci vivi rimasti letteralmente invenduti.

Per concludere, si ha la sensazione che questa “febbre” giunga ancora una volta a proposito, per allontanare per un po’ di giorni il pressing sulle vicende americane, praticamente alla canna del gas, e che sembra in procinto a “far morire Sansone e tutti i filistei”, dove i filistei non sarebbero altro che i paesi che ruotano attorno al gigante a stelle e strisce morente, e che come tale, invece del “si Salvi chi può” preferisce far affondare anche le scialuppe di salvataggio, possibilmente con i passeggeri a bordo.

Il lato positivo della febbre suina è che finalmente, per almeno dieci o venti giorni, non si sentirà più parlare ne di crisi economica, messa da giorni a fondo pagina dei tg, nè tantomeno del terremoto in Abruzzo, visto che a l’Aquila stanno portando via le rovine per iniziare a ricostruire, e almeno per un po’ quegli sciacalli dei giornalisti che continuano a fare domande sulla qualità dei materiali, i costruttori sperano vengano, magari con un bel numero di morti, dirottati altrove a fare domande scomode o idiote, del tipo: “Come si sente ora che sua madre è morta?”

Marco Bazzato
27.04.2009
http://marco-bazzato.blogspot.com/

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