mercoledì 16 luglio 2008

Liberarsi dalla vita

Vivere non è una scelta, come nemmeno un atto di libertà, vivere spesso è una costrizione disumana, una costrizione in cui le leggi dello Stato, non permettono la libertà di morte, come nel caso di Eulana Englaro, la giovane, diventata donna di mezza età, che da sedici anni combatte, non per vegetare, ma tramite il padre, per morire, per essere liberata dal quella scoria che è la vita stessa, per poter consumarsi, spegnendosi liberamente, come un assetato nel deserto, che disperatamente, non trovando un oasi su qui ristorarsi, diviene parte della sabbia del tempo.

Eluana, indipendentemente da cosa blaterano gli esponenti, senza figli, di uno Stato straniero: Città del Vaticano, ha il diritto, proprio in virtù della lunga ed economicamente parlando, degenza in stato vegetativo, di trovare una nuova vita, attraverso la morte. Paradossalmente però quelli che blaterano di più, che fanno sentire – troppo spesso – la loro inutile voce, sono le gerarchie ecclesiastiche. Quelle gerarchie, che si riempiono la bocca di vita eterna, di paradiso, di aldilà, di vita dopo la morte e quant’altro, ma poi, quando per interposta persona, tramite il padre, una donna in coma da sedici anni, coscientemente, oppure no, vuole, per dirla alla Giovanni Paolo II, “Tornare alla casa del Padre”, ecco che questi, spaventati loro per primi, dalla fede sulla vita eterna, vorrebbero togliere alla persona, anche se in coma, il libero arbitrio, cianciando d’assurde motivazioni etiche, tipo il diritto alla vita o altre amenità varie.

Vivere, che piaccia o no, non è un diritto, ma una scelta imposta, al futuro nascituro, da due persone, che tramite la copula, il primo evacua dal membro dello sperma, mentre un'altra, si lascia impunemente trapanare l’ovulo, senza che poi, una volta uniti, questo tapino, possa scegliere liberamente, se essere espulso prima dei tre mesi della gestazione, oppure al termine del nono mese, venendo rigettato, come un aborto andato a male, verso la presunta vita, che è stato costretto a vivere.

Se secondo alcuni, esiste il diritto alla vita, parimenti deve esistere il diritto alla morte. Diritto che già esiste, quando si crepa per cause “naturali”, secondo la medicina, inesistenti, in quanto in ogni referto di morte che si rispetti, non esiste al dicitura “morte naturale”. Diritto di morire, per colpa grave, sancito dallo Stato stesso, quando arrostisce, impicca, fa stramazzare con qualche iniezione letale, i colpevoli di crimini.

Mentre, secondo un’etica barbara, un vegetale da 16 anni, solo perché appartenente alla categoria “superiore” del cosiddetto “essere umano”, non può, per dirla alla spagnola essere “matato”, sebbene verbalmente abbia dimostrato – a parole – questo intendimento.

Euliana Englaro ha il diritto, non tanto di cessare questa vita, ma di iniziare, tramite la presunta morte fisica, iniziare una nuova vita in una veste meno materiale e più spirituale, e se la Chiesa, novella Caronte scioperante, non vuole accettare la sua dipartita, essa per prima si dimostra acerrima nemica della stessa vita eterna.
Evidentemente, il leggere sempre i soliti vecchi testi ammuffiti, che dicono tutto ed il contrario di tutto, ha reso gli ecclesiastici, confusi, smarriti, timorosi e vili, che non accettano che altri vogliano fare “Il Salto della Quaglia” andando dall’altra parte, morendo, secondo a carne, ma vivendo, secondo lo spirito, per sempre.

Marco Bazzato
16.07.2008
http://marco-bazzato.blogspot.com/

Nessun commento:

Posta un commento

.Visto il barbarismo espressivo di qualche utente anonimo, i commenti potranno essere moderati e/o rimosssi a insindacabile giudizio..
Il titolare del blog declina qualsiasi responsabilità civile, penale per i contenuti dei commenti dei lettori, in quanto unici titolari, che se ne assumono la completa paternità e con l’invio del post, dichiarano implicitamente compreso quanto sopra