domenica 26 ottobre 2008

Riforma Gelmini: avanti tutta


Nessuna riforma piace, tanto meno quelle inerenti all’istruzione. Troppi soldi, spesi male, troppi docenti di ogni ordine e grado, spesso sottoutilizzati, personale non docente in eccesso. Eppure nessuno vuole cedere un passo, timorosi, a torto o a ragione di perdere non solo il posto, ma anche quel poco di prestigio che la figura dell’insegnante, nonostante gli stipendi miseri, ha.
Si sta assistendo al solito caos studentesco. Classi di ogni ordine e grado, in rivolta. Lezioni per strada, in piazza, come ambulanti, studenti universitari che occupano le facoltà, ma soprattutto tanta disinformazione, ma soprattutto un’idea alquanto vaga dei problemi reali.

C’è qualcuno che soffia sul fuoco della protesta, trasformando un semplice problema di esuberi, come ne accadono ogni giorno in aziende in crisi, vedi Alitalia, in un problema sociale, ma soprattutto di disordine pubblico, dove le forze dell’ordine sono tenute freno, non potendo, per ordini politici, ristabilire l’ordine scolastico.

Qualsiasi azienda malata, con i bilanci profondamente in rosso, deve per sopravvivere ai propri errori gestionali, anche del passato, tagliare i rami secchi, le spese inutili, ridimensionare, per poter offrire gli stessi servizi, le stesse prestazioni, riducendo gli esuberi, senza andare troppo per il sottile, cosa che abitualmente qualsiasi impresa privata fa quotidianamente, senza questo carnevale boccaccesco di sbarbatelli che gridano ai quattro venti come degli invasati, molto probabilmente senza sapere per cosa sono stati mandati a protestare.

Mentre col comparto statale, enorme serbatoio di voti, questo da decenni è impossibile, è una chimera, che ha portato, per colpa della mala gestione della cosa pubblica, allo sfacelo attuale, ma visto che abitualmente – in politica – non si paga per le colpe attuali, figuriamoci se è possibile che qualcuno paghi, a parte insegnanti e personale non docente, per le colpe – pregresse.

La Gelmini, piaccia o no, indipendentemente dal colore politico, sta provando a tagliare dei rami morti nel comparto dell’istruzione di ogni ordine e grado. Questa decisione coraggiosa, presa badando anche ai bilanci, è logico, per chi è stipendiato nell’istruzione dallo Stato, non piaccia e tutti hanno paura, alla fine, di rimanere col classico cerino in mano e la cattedra, meta prima agognata, in quanto sinonimo di sicurezza eterna, tolta da sotto il naso, costringendo molti a trovar nuove occupazioni, come già accade anche alle tutte blu o a molti laureati che non riescono a trovare impiego.

I sindacati, le associazioni studentesche, hanno poco da occupare, sabotando le lezioni, impedendo a quanti – a ragione – si disinteressano dei problemi personali degli insegnati, vogliono continuare a studiare, ma che però in questo frangente il diritto allo studio viene impedito dagli occupanti facinorosi, senza alcuna conseguenza penale od amministrativa, interrompendo, con la scusa dell’autogestione, un servizio pubblico, che per legge deve essere garantito dai docenti stessi, ma che nessuno, pena la paura dell’impopolarità sociale, si azzarda a sanzionare ed arrestare con qualsiasi mezzo legale, anche con l’ausilio delle forze dell’ordine, che prima secondo il premier avrebbero dovuto entrare nella aule, per consentire il normale svolgimento delle lezioni, facendo però poi vergognosamente marcia indietro, lasciando campo libero ai rivoluzionari ex e post sessantottini.

Nessuno, sindacati per primi, seguiti dai docenti, e spalleggiati dagli studenti che vedono in questa ricreazione mascherata la possibilità di bigiare pubblicamente le lezioni, si rendono conto che la borsa è vuota, che il capo famiglia, lo Stato in questo caso, è stato per decenni un amministratore poco accorto, ora è costretto a fare economie, che non piacciono a nessuno.

Per fare forse un esempio in teoria banale,ma che rende l’idea della situazione. Poniamo il caso di vivere in una famiglia che per anni si è indebitata, per fare la classica bella vita, vivendo sopra alle proprie possibilità economiche, una bella famiglia allargata. Ma un bel giorno le banche, stanche di far credito, chiudono i cordini della borsa, costringendo il capofamiglia a prendere decisioni drastiche: basta auto di lusso, abiti firmati, viaggi in paradisi esotici, ferie e vacanze da sogno e quant’altro. Tutto finito. Naturalmente, questa non è la situazione degli insegnanti, in quanto, esclusi i professori universitari, gli stipendi sono, per dei docenti in sovrappiù o mal utilizzati, da fame, in Europa occidentale, il che è ben diverso, visto che un insegnante di liceo, in Bulgaria, a fatica arriva a 400 euro al mese, e dove sognarne 600 sembrerebbe come aver sbancato la lotteria di capodanno.

Va ricordato ai contestatori italiani, non importa che siano docenti o studenti, che l’Italia, è al 28 posto, su 30, quindi in zona retrocessione, per quanto concerne l’istruzione, tra i Paesi più industrializzati (OCSE) e nessuno vuole, visti i risultati, pagare pegno, venendo come avviene a Monopoli, eliminato dal gioco perché indebitato sino ai capelli.

Vediamo. I docenti non sono mai colpevoli della svogliatezza degli studenti, e quest’ultimi non sono colpevoli se gli insegnanti sono incapaci o inadatti all’insegnamento e se rimangono zucche vuote. Senza contare, che gli insegnanti, di ogni ordine e grado, danno colpa alla scuola, in generale,se questa non funziona, mentre la scuola se la prende con le varie istituzioni, indiscriminatamente per scaricare i propri panni sporchi, creando il classico minestrone – andato a male – del tutti colpevoli, nessun colpevole, ideale per non cambiare mai nulla, salvo protestare se l’insegnamento, in un modo od in un altro, prova ad evolversi, anche tornando – con meno insegnanti – all’antico.

Per la serie: ogni cosa è buona solo se si aumento i posti - anche senza far nulla – di lavoro, ma se invece si parla di razionalizzazione o mandare a casa inefficienti e lavativi, le cosiddette mele marce, che in ogni luogo di lavoro che si rispetti esistono, ecco che scatta la rivolta, l’attacco, l’andare in piazza, coinvolgendo nel caos generale i fruitori dei servizi, cioè gli studenti.

Chi deve pagare in tutto questo.? piaccia o no, vanno eliminate le cattedre inutili, il personale non docente in esubero, tornando, alle elementari, al maestro unico, che così tanto non piace, forse perché la generazione vecchia, quella figlia del sessantotto si sente anche impreparata sotto l’aspetto didattico ad insegnare le nuove materie, come ad esempio inglese e informatica, che abitualmente, per quanto riguarda i bambini delle elementari, sanno usare il pc e navigare in rete, molto meglio dei genitori, figuriamoci eventualmente di un maestro over 50.

La scuola non vuole aggiornarsi, perché gli insegnanti per primi, dopo aver studiato anni e preso il cosiddetto posto fisso, preferiscono campare sugli sforzi passati, piuttosto che aprirsi alle nuove realtà, in quanto, al pari del sacrificio che quotidianamente compiono gli studenti, costa fatica ed impegno, ma questo, nonostante un esigua ma importantissima minoranza che fa quotidianamente c on fatica il proprio dovere, ai più è – per diritto divino acquisito – sconosciuto, dimenticato e rimosso dalla coscienza individuale e collettiva.

Marco Bazzato
26.10.2008
http://marco-bazzato.blogspot.com/

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