La Carfangna ha fatto capire chiaramente, che non ci sono soldi – patrocinio, secondo i gay – da gettare in inutili carnevalate, in quanto, cifre alla mano, il gridare “Al Lupo, Al Lupo” contro un inesistente problema d’omofobia, non è che un modo come un altro di spargere zizzania tra i cittadini, creando inutili contrapposizioni tra eteronaturali e non. La Carfagna, cifre alla mano, ha dimostrato, che gli omicidi nei confronti di omosessuali, negli ultimi due anni, sono stati dodici in totale, e le aggressioni, violenze e minacce, non più di qualche decina. Cifre praticamente nulle, rispetto ai casi di violenza e/o omicidi, commessi nei confronti delle donne, che fa capire, che il problema dell’omofobia se esiste, esiste solamente come percezione mediatica, ma numericamente quasi inesistente, e solo all’interno delle teste o dei gruppi omosessuali, che hanno l’illusione di sentirsi discriminati, mentre forse qualche buona seduta dagli strizzacervelli, come psicologi o psicoterapeuti, potrebbero aiutare queste persone ad imparare a dominare quel senso di panico che potrebbero avere nei confronti della naturale società eterosessuale.
D’altronde, il tenere il borsello chiuso del ministro Carfagna, èun dovere, oltre che una necessità pratica, visto che , nessuno ha saputo spiegare l’utilità sociale e pubblica, ha una baracconata come il Gay Pride, e se questa “manifestazione” porta reali benefici alla cause ideologiche portate avanti con fermezza scientifica nell’imporre un radicale cambiamento dei pensieri degli italiani, costretti ad essere coinvolti, loro malgrado,in realtà private che non gli appartengono.
D’altronde, basta parlare con chiunque, se non è ipocrita, come spesso accade, quando si fanno domande sugli omosessuali, questi saggiamente alzano le spalle, scrollano la testa sorridono, e tirano dritto, segno evidente, che rispettando i loro pensieri e la loro individualità, se ne fregano, visto che la vita di tutti i giorni ha priorità più importanti.
Va anche ricordato, che il Gay Pride, essendo non una manifestazione di sensibilizzazione, ma una carnevalata, spesso discinta e volgare, può organizzata con i fondi delle organizzazioni private interessate all’evento, e che se la cosa sta loro a cuore, non devono essere interessati alla sovvenzione da parte dello Stato, che sa tanto da socialismo reale, ma in un economia di mercato, possono cercarsi sponsor, come si fa per ogni grande e vero evento degno di questo nome. Sponsor che mettano il proprio nome, il marchio a favore della causa, se lo credono utile, col conseguente tornaconto economici e d’immagine. Se non avviene, si batte cassa allo Stato, cercando di mungere la mucca dai seni avvizziti e che non produce latte, è chiaro, piaccia o no, che l’evento ha un’importanza numericamente irrisoria, ma che vuole essere imposto, tramite i mezzi di comunicazione di massa. Evidentemente se le aziende o i grandi gruppi industriali non ritengono opportuno accostare i loro nomi e loro marchi, hanno fatto le loro ricerche di mercato; oppure, secondo alcuni dovrebbero essere tacciate di discriminazione sessuale ed omofobia?
Il ministro per le pari opportunità, non deve essere oggi giudicata per il suo passato come starletta, o i vari calendari fatti, ma per come oggi, da deputata prima, ma soprattutto da ministro gestisce la cosa pubblica, attenta alle disponibilità economiche dello Stato e a quali sono le reali priorità del Paese, che numeri alla mano, non sembrano essere, agli occhi anche dell’opinione pubblica, il Gay Pride.
Scatenare un’assurda bagarre politico-ideologica per la decisone oculata – saggia e ponderata – che tiene conto degli interessi generali del Paese, e non di questa o quella singola comunità, otre che scorretto è lesivo per l’immagine dell’Italia che non ha, in questo difficile momento bisogno di battaglie di bandiere arcobaleno, dove lo sventolio della presunta omofobia è strumentalmente utilizzata, per descrivere una realtà sociale e nazionale, che non appartiene al Paese.
Marco Bazzato
19.05.2008
http://marco-bazzato.blogspot.com/
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