domenica 9 febbraio 2014
Il sindaco di Vigonovo denucia chi ha scritto: “Te taio ea testa coea motosega”.
Se non fosse una cosa apparentemente seria, una minaccia precisa e
immediata per l’incolumità fisica del Sindaco di Vigonvo, Damiano Zecchinato,
ci sarebbe solo da scompisciarsi dalle risate. (1)
– (2)
Eppure il Sindaco non ride affatto, anzi denucia il povero Cristo, S.M che
in un impeto lingustico dialettale ha scritto nella pagina Facebook di “Se sei di Vigonovo”, la seguente frase
in lingua volgare, ossia popolare:
“Quei del Comune no fa manutension ai arseri
e mi ghe buto via ea testa co ea motosega al Sindaco”, che tradotto in italiano corrente significa:
“Quelli del comune non fanno
manutenzione agli argini e io butto via la testa del sindaaco con la motosega”
Ora ci stanno due dilemmi amletici di fondo: il primo, non certo banale,
Vigonovo, a memoria d’uomo e distorico e il Sindaco potrebbe tranquillamente
andarlo achiedere alla bibliotecaria comunale, non ci sono mai stati tagliatori di teste, come nel Borneo di Sandokan, oltretutto armati di di motosega,
funzionante a miscela al 2% di olio, in stile
film splatter alla Cesar Romero, o del tipo: “Non aprite quella porta” o
all’italianissimo “Della Morte Dell’amore”
di Tiziano Sclavi.
Quindi acclarato che nella storia non ci stanno precedenti, sorge il
seconodo dilemma amletico, forse il più grave: l’antropologia culturale dei
veneti, non sololo dei vigonovesi.
Il termine “te sego via ea testa coea motosega”, “te tajo ea testa” e altre declinazini riferite alla decapitazione
meteforica è parte integrante del bagaglio culturale e
dei modi di dire tipici degli autoctoni di quella zona e di molti zone del
Veneto e di Vigonovo in particolare.
È un modo di dire che gli abitanti hanno sentito
pronuciare decine se nn centinania o
migliaia di volte e il Sindaco,
autoctono pure lui, lo dovrebbe sapere benissimo.
Il fatto che 27 persone abbiano
condiviso quanto scritto da S.M tramite il “like”
un detto tipico degli autoctoni vigonovesi
non è sinonimo di minaccia ma è condivisione un modo tipico di dire e di
esprimersi, certo all’apparenza rozzo, ma che nelle bettole e nelle osterie di
tutto il Veneto non viene interpretato come minaccia o come offesa, ma come un compendio
idiomatico della lingua veneta, ricca di espressoni colorite, non diverse di
classici evergreen “ma va in mona” o
dai più usati da quasi ogni fascia di età: “va in figa de to mare”, “to mare vaca”, “to mare putana” o la classica”chea
aputana de to mare”.
A questo punto sorge il dubbio
che gli avinazzati e gli strafatti di grappa siano più lucidi e sobri anche se apparentemente onnibultati
dall’alcol, in quanto
immediatamente, e senza bisogno di avvocati, sanno distinguere la realtà, gli intercalari lessicali, anche se privi di istruzione superiore od
universitaria, dalle minacce vere
e proprie.
Evidentemente questa distinzione e questa
ragione in certi luoghi, in alcuni,non avviene se si è sobri, anzi, sembrerebbe
che la sobrietà in casi singolari ne alteri la percezione, propendendo ad astrzioni mentali, prendendo
decisioni che, seppur legittime, contrarie alla storia, all’antropologia
culturale stessa.
La lingua veneta è fatta anche di
queste bassezze espressive locali, alcune divenute patrimonio lingustico
nazionale, che nel normale inguaggio amicale, all’inteno di un gruppo ben
consolidato, e di un contesto
sociale, sono intese non come offese, ma come un intercalare, al pari della bestemmia, dove
come diveva Marco Paolini in Vajont:
“...Ma è ovvio, le osterie
sono un parametro fondamentale della qualità della vita, per piacere..Le
osterie spesso cosa sono? Una parte della casa, con la stufa, il bottiglione.
Uso libero e indiscriminato dello stesso. Nelle osterie si gioca, si discute e
si bestemmia con una regolarità impressionante. Tanto che i due parroci hanno
rinuciato ad estirparle. Dice che esula dalla missione pastorale. Ma è vero. A quel punto la bestemmia non centra più niente con la relgion. Centra
con la sintassi. Essa sostituisce tutti gli articoli e le congiunzioni tra una
parola e l’altra. Cavi la bestemmia e non scorre più il discorso. Ipocriti...
I cittadini vigonovesi e del
circondario dovrebbero esprimere solidarietà a chi ha scritto la frase e i relativi ventisette “Like” al vaglio degli organi inqurenti, perchè
secondo la legge al momento sono tutti da considerarsi non coplevoli fino a
sentenza definitva. Poi perchè è
chiaro oche il denunciate in
questo caso è lacunoso, o se di sua
conoscienza, ha scelto volutamente, come suo diritto, di ignorare, i
concetti di antropologia culturale linguistici e socilogici, tipici di alcuni vigonovesi, i quali portatano avanti la tradizione lessicale idiomatica e detti dei loro
nonni e bisnonni. L’ignorare non è una colpa, sia ben inteso,ma in questo caso è un dato oggettivo, ha dimenticato
le origini ruspanti del popolo veneto, tipiche per assurdo proprio del leghismo prima maniera, forse anche per via degli scanali che nanno
portato il partito a diventare l’ombra si se stesso, perdendo voti ed
elettorato su scala nazionale e regionale e in codesto frangentente quello del suo
concittadino.
È difficile se non impossibile altresì esprimere al momento solidarietà
anticipata al Sindcaco, Damino Zecchinato,
per un motivo semplice: al momento non esiste nessuna sentennza di
conanna passata in giudicato, da parte della Giustizia che quanto è stato
scritto da S.M.e avvallato tramite “Like”
dagli altri ventisette, denuciati, a spese del Comune di Vignovo, come
prescrive la legge, da parte del Sindaco, Damino Zecchinato, siano colpevoli di
qualcosa. Quindi, nessuna sentenza passata in giudicato, come vuole il
garantismo di cui la politica specie di centrodestra, è sempre stata paladina,
alla faccia di determinate volontà giacobine della Lega.
I cittadini dovrebebro essere
solidali con i ventotto denunciati
perchè la denuncia, si ribadisce
legittima, del Sindaco, è un attacco alla cultura locale del
paese e della regione,dove in questi caso andrebe salvagurdata e non demonizzata, in quanto parte integrante del patrimonio
linguistico dei nostri avi.
Se il tutto viene letto alla luce di questa chiava
interpetativa, decade il senso stesso della denucia, perchè si evince che la frase
incriminata era ed è un semplice intercalare linguistico, come il classico
romanesco”ma va a morì ammazzà” o al
classico veneto “mori da un colpo” o “te
copo” che molti genitori hanno spesso proferito contro i figli, non importa
se di minore o di maggiore età, senza che poi questi ultimi siano corsi a
denuciare il tutto alle forze dell’ordine..
La cosa che alla fine che amareggia e che l’espressione idiomatica
attenzionata dagli organi inquirenti è scaturita dal dissesto idrogeologico del
paese, dove gli arggini dei fiumi, a detta dei vigonovesi, da anni non vengono
puliti in modo efficace, a causa di un rimpallo di resposabilità, dove la loro
mantenzione è demandata, a seconda dei punti in cui questi si trovano, ad enti
diversi, ma dove bene o male sembra che alla fine tutti rispondandano con il
tipico: no ghe xe skei” Non ci sono
soldi!
Ora però i cittadini vigonovesi hanno il diritto id chiedersi se è giusto che debbano ancora essere
costoro, che con le loro tasse comunali dovranno pagare indirettamente le spese processuali di
della denucia fatta dal Sindaco, o se non era il caso, vista la situazione di
crisi economica in cui molte famiglie riversano, che sarebbe stato più accorto
utilizzare questi denari per aiutare anche simbolicamente i cittadini più
deboli,?
Perchè non è detto che se anche ci fosse una sentenza di condanna, che poi il Comune riesca a
recuperarele somme spese e sempre in caso di condanna, anche risarcitoria, se i
danni morali saranno introitati tra
qualche anno dal futuro ex Sindaco,
oppure se entreranno nelle casse comunali?
I cittadini vigonovesi hanno il diritto di porsi queste domande, avendo se
possibile, delle rispose chiare ed univoche.
Marco Bazzato
09.02.2014
(1)
http://www.gazzettino.it/NORDEST/VENEZIA/minacce_facebook_Sindaco_vigonovo_damiano_zecchinato_denuncia/notizie/508684.shtml
(2) http://nuovavenezia.gelocal.it/cronaca/2014/02/08/news/minacce-su-facebook-zecchinato-ne-querela-28-1.8622411
Etichette:
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Sei l'avvocato del malcapitato?
RispondiEliminaDi chi? Del Sindaco o della persona che ha fatto presunte minacce? Di nessuno dei due. Ma se il sindaco non avesse proceduto per le vie leagli, forse, da me poteva trovare solidarietà, ma visto che non ci sta una sentenza passata in giudicato, secondo l’ordinamento italiano, colui che ha scritto la frase incriminata e chi ha messo i “like”, sono da considerarsi non colpevoli fino a sentenza definitva. È il codice di procedura penale che afferma questo e non serve essere avvocati per leggerselo. È una lettura interessante, te lo assicuro.
RispondiEliminaSu questo non ho dubbi ;)
RispondiEliminaDico solo, mettiti nei panni di uno che 1) non conosce la realtà di Vigonovo, 2) legge la notizia sul giornale.
Insomma, il sindaco ha ragione quando dice che la gente pensa di poter scrivere su fb quello che gli passa per la testa.
Il punto è che qui non ci si trova innanzi ad uno che non conosce la realtà di vigonovo, in quel caso potresti aver ragione se la notizia fosse uscita in un quotiano nazionale, dove la presunta minaccia, come accade spesso in rete, fosse stata fatta anche in un pagina facebook di interesse nazionale, come spesso è accaduto anche a me, e puoi leggerti l’aritcolo corrispondente, da parte di un utente che mi ha inviato un messaggio di minacce private, dove poi gli ho risposto pubblicamente.
RispondiEliminaMa in questo caso la presuta minaccia è stata proferita si in internt, ma nella pagina “se sei di Vigonovo, quindi possiamo dire una pagina di carattere comunale dove tutti coloro che scrivono sono dello stesso paese, anche se ormai vivono fuori, come nel caso di colui che ha scritto la frase ora al vaglio degli inquirenti, e nei due giornali dove è apparsa la notizia, bastastava leggere bene e poi fare la ricerca, l’informazione era chiara. Per questo nell’articolo ho fatto una serie di esempi riferiti a detti locali, ma anche regionali, e non solo, di determinati modi di dire, che sono solo semplici intercalari. E il sindaco che è originario del posto li doveva conoscere bene, per questo ha fatto una figura politica pooco edificante, esercitando comunque un suo diritto.
Come ho già scritto, per emettere un giudizio di condanna ai denuciati o di solidarietà al sindaco, adesso bisogna attendere che venga emessa una sentenza definitiva, come prescrive la legge. Se il sindaco si fosse comportato in modo differente, tutti si sarebbero fatti una risata sopra, perchè è chiaro, constualizzando la frase entro un determinato modo di esprimersi, che era solo un modo di dire, nulla più!