lunedì 31 ottobre 2011

Fiction televisive: finalmente torna l’alcol e sigarette

Era ora che tornassero, non se ne poteva più di fiction televisive prive di alcolizzati e fumatori. Sembrava essere in un mondo falso, senza spessore psicologico, ansie e tensioni. L’alcol e, whisky principalmente, sigarilli e sigarette mancavano per colpa di leggi antitabagiste che stanno togliendo l’informazione commerciale sui nuovi prodotti, negando la possibilità ai giovani telespettatori d’avere modelli da imitare, per essere simili e migliori di loro.

Siamo al parossismo, al paradosso comunicativo. Basta guardarsi la pubblicità indiretta che viene fatta all’alcol nei programmi di enogastronomia, come se senza vino non si potesse campare, salvo rimpinzare, peggio di un tacchino farcito per il giorno del Ringraziamento, le fiction seriali con mezze alcolizzate, o fumatori di sigarette dentro le questure o negli uffici di polizia, che tra l’altro è vietato dalla legge. Se gli esempi bislacchi li danno i grandi “fighi” televisivi, sempre in primo piano, perché ci si dovrebbe lamentare se i giovani fumano nei cessi scolastici o nei piazzali delle scuole?

 
E ci si lamenta per il giusto aumento del tabagismo e dell’alcol tra i giovani? Ma costoro hanno ragione, se non ci pensano gli “adulti” a dare delle direttive e/o dei valori, non ci si può lamentare se qualche idiota si sfrittella contro un palo, ubriaco marcio, così come diventa un inutile spreco di risorse pubbliche le Campagne Pubblicitarie di sensibilizzazione contro il tabagismo e l’alcol. Meglio darsi al Bunga Bunga!

Per carità, lungi dall’idea di dare lezioni moralistiche, quelle appartengono ai preti, ma i media dimostrano tutta l’ipocrisia dando spazi sociali informative sui rischi di determinati prodotti. La cosa migliore, anche per la libertà d’ammazzarsi dell’individuo, sarebbe di tornare a fare pubblicità di alcol e sigarette a tutte le ore, permettendo gli spot, tabelloni sulle autostrade, le strade di maggior scorrimento e nei centri storici, come si faceva in passato con le grandi marche, ora vietate, per cercare di rallentarne la diffusione, creando perdite di posti di lavoro nel settore e nell’indotto.

Si rimpiangono i vecchi campionati mondiali di Formula Uno, degli anni ’80. visibili su Rai Sport 1 e 2, dove le scuderie erano sponsorizzate dai grandi marchi, in modo diretto e non occulto – per presunte esigenze di copione – dando uno spaccato di una cultura che oggi si vorrebbe sotto lo zerbino, ma che nei fatti è ancora viva. Così come sono in molti quelli che rimpiangono la possibilità di fumare dentro le sale cinematografiche o nelle corsie degli ospedali. Quanto bello era a metà degli anni ’70 quando si vedevano medici con la cicca in bocca, dentro dei cubicoli della pediatria, intenti a visitare, tra un rantolo di catarro e l’altro, dei bambini magari asmatici, che tossivano come indemoniati, dando la possibilità al medico di prescrivere uno sciroppo contro la tosse.

Per carità nulla contro i fumatori e per i forti bevitori di superalcolici, visto che non ci si rende conto di quanto sborsano per le imposte sui Monopoli di Stato e di Imposte di Fabbricazione, demonizzati teoricamente ed esaltati praticamente nelle fiction.

Sarebbe ora che ci fossero programmi televisivi, anche comparativi tra le varie marche, che insegnino l’arte del buon fumare, del buon bere, esaltandone le qualità, i pregi, l’aiuto che forniscono nei momenti di forte stress, magari il mattino quando ci si sveglia dopo una sbronza colossale e non c’è nulla di meglio di una sigaretta, possibilmente senza filtro, o di un buon sigaro spacca polmoni da aspirare con voluttà e piacerea stomaco vuoto, emettendo quasi coniati di vomito per via della nicotina che prende la tangente verso il cervello e il catrame che si riversa a fiotti nei polmoni, dando una scossa di adrenalina, creando un piacevole tremolio alle mani, facendo salire coniati di vomito e catarro nero da sputare sul lavandino mentre ci si sciacqua il volto e gli occhi ciposi.

I giovani, i minorenni, hanno bisogno di più alcol nelle fiction, di più fumatori, bevitori di whisky – il vino ha stancato – di pubblici ufficiali ch se ne fregano delle leggi dello Stato quando si tratta d’accendersi una bionda, o scolarsi un buon di whisky invecchiato, dal sapore di malto e torba, che lascia sulle papille gustative e sullo stomaco un delicato ma forte sapore legnoso, perché le giovani generazioni, guidati da “adulti “ sapienti abbisognano di molto più fumo e alcol in tv.

Marco Bazzato
31.10.2011


sabato 29 ottobre 2011

Codice della Strada, l'obbligo di soccorso agli animali feriti è Legge

L'obbligo di soccorrere gli animali feriti diventa legge. Passata la modifica al Codice della Strada, per i trasgressori in arrivo multe salatissime. Il nuovo provvedimento, pubblicato in Gazzetta Ufficiale lo scorso 29 Luglio, sarà in vigore dal 13 agosto: per chi non rispetterà la nuova direttiva pene pecuniarie previste dai 389 ai 1.559 euro.

 

Questo è quanto costerà al responsabile di un'incidente stradale il non aver soccorso l'eventuale animale ferito. Occorrerà fermarsi e garantire un aiuto tempestivo allertando le strutture sanitarie. Rischia anche chi dovesse essere a vario titolo coinvolto nell'incidente e non provveda a prestare la dovuta assistenza (nell'eventualità il responsabile evada ai suoi compiti): in questo caso la multa andrà dai 78 ai 311 euro.

Per la prima volta, il nostro Codice della strada riconosce gli animali come “esseri senzienti”, capaci cioè di provare dolore e gioia, importante principio in vigore dal gennaio scorso con il Trattato dell’Unione Europea.

* I numeri da contattare in caso di necessità sono quelli della Polizia Stradale, della Polizia Municipale o del Servizio Veterinario della ASL di competenza territoriale. Qualora si assista ad un evento simile, ma non si sia direttamente coinvolti, sarà opportuno procedere all'annotazione della targa delle vetture coinvolte: sarà così possibile fornire agli agenti di polizia i dati utili per comminare ai trasgressori le dovute pene amministrative. (1) – (2).

Le leggi così come le sentenze vanno rispettate, ma se ne possono commentare le assurde conseguenze a cascata che creano, e questa è una delle leggi più idiote e inutili dell’ordinamento italiano. Inapplicabile frutto bacato della volontà pervicace di “quattro” animalisti fanatici per punire gli automobilisti a causa di colpe non loro, addossandoli responsabilità inutili, assurde, rischiose e costose. (3), visto che sono gli animali che vanno a finire sotto le auto, e non gli automobilisti che per sport – non essendo disciplina riconosciuta dal CONI – lo fanno per ludico piacere.

La legge così scritta non definisce le specie di animali: se da compagnia, selvatici, inselvatichiti, insetti, ma si limita a un generico riconoscimento da parte di quel bidone del Trattato dell’Unione Europea degli animali come esseri senzienti, capaci cioè di provare dolore.

Ragionando in termini assolutistici, quando un automobilista, di notte, vede spiaccicarsi sul parabrezza moscerini, insetti, zanzare e quant’altro, appartenenti al regno animale che provano gioia e dolore – costringendo gli utenti ad andare a piedi, membri della Lav (4) e fiancheggiatori e/o sostenitori in primis – perché potrebbero ammazzarne qualcuno, si dovrebbe allertare le forze dell’ordine e i servizi veterinari per raschiare via sopravissuti dal parabrezza, farli curare, beccandosi qualche denuncia per averli “inavvertitamente investiti!” (5).

Ma sì sa: gli animalisti da DDT, si sa, sono relativisti: spiaccicano moscerini sul parabrezza, vanno via di Autan, Vapemat, derattizzazioni contro i topi grigi, fregandosene delle agonie se crepano tra i dolori lancianti delle velenose pasticche colorate, ma facendo ignobili casini per “Quattro topi bianchi” utilizzati per tesare farmaci, pro umani, se aperti a pelo vivo.

Ma proviamo a fare qualche ipotesi, entrando nel dettaglio dei rischi che dovrebbe correre un automobilista, se ha la malaugurata sfortuna di vedersi un cane, un gatto o un cerbiatto, in qualche strada di montagna che gli finisce sotto le ruote.

Intanto se l’animale scappa dal controllo del padrone, la colpa quest’ultimo, avendone omessa la custodia, il quale dovrebbe immediatamente sporgere denuncia di scomparsa agli organi preposti, per scaricarsi quantomeno le responsabilità civili e penali, cosa che di solito non fa, e non addossarne la colpa all’investitore, per le sue negligenze.

Se l’animale anche da compagnia,si è inselvatichito, finisce sotto le ruote, il guidatore, a patto che la bestia non sia mezza agonizzante, potrebbe anche correre il rischio di beccarsi un morso, con le relative malattie trasmissibili. Quindi, a chi dovrebbe dare priorità? Stando alla legge, se venisse applicata ottusamente, il morsicato dovrebbe prima preoccuparsi dell’animale ferito e poi, andare a farsi medicare, altrimenti si becca la sanzione pecuniaria, se trova qualche delatore, pardon cittadino zelante, che gli annota il numero di targa e sporge denuncia per omissione di soccorso.

Nel caso di un cerbiatto… la soluzione ovvia sarebbe caricarselo in auto e “matarlo” per farsi una cenetta succulenta con polenta e funghi se pratici di scuoiamenti, squartamenti e smembramenti di animali selvatici, altrimenti si sarebbe costretti a chiamare un macellaio fidato, pregando che non sia un delatore animalista…meglio non rischiare e riflettere se è il caso di lasciarlo dove sta….

Le rogne possono arrivare quando si crea un ragù alla bolognese di carne di cane o gatto, peli compresi, senza prezzemolo e cipolla, se ci si trova in autostrada o in una strada cittadina.

Che fare?

Nel caso dell’autostrada, se si intravvede il pericolo, sarebbe utile stringere il volante e tiare dritto, auspicando che l’animale non sia troppo grosso da creare dei danni alle parti meccaniche – sospensioni – e paraurti. Sarebbe da intelligenti non inchiodare mai di colpo, o essere così idioti da sterzare bruscamente. Nel primo caso si rischierebbe il tamponamento – rischio colpo di frusta, collare e bestemmie – nel secondo andare fuori strada. Per nessun animale il gioco vale la candela: distruggere l’auto o peggio rimetterci la carcassa, l’involucro di carne, escrementi, nervi, ossa, cervello e quant’altro racchiude lo spirito umano, è un amore per gli animali che certo non vale l’esile candela di una vita umana.

Nel caso che si fosse così sciagurati da fermarsi a prestare soccorso entro una strada di grande scorrimento: autostrada, superstrada o provinciale si dovrebbe accostare in sicurezza, scendere dall’auto, indossare il giubbino d’emergenza, prendere il triangolo, posizionarlo alla giusta distanza per avvisare gli altri utenti, sempre che costoro, fregandosene e non senza un barlume di ragione, continuino a passar sopra all’animale mezzo moribondo, trasformandolo in una bella pasta sfoglia da lasagne. Avvicinarsi all’animale, pregando le divinità presenti e trapassate di non essere investito; avere una pala – tutti viaggiano con una pala in auto per raccattare cani e gatti e animali – guanti in lattice, facendo gli scongiuri che non morda. Prenderlo, fare lo slalom tra le auto, deporlo sul sedile posteriore, magari avendo un nylon o una coperta a disposizione, per non sporcare i sedili di sangue e frattaglie. Chiamare il “Soccorso animali” – Istituzione che dovrebbe essere sostenuta dagli animalisti, non dallo Stato – e nel caso di indisponibilità, avviare l’auto, partire a rotta di collo, tanto si è essenti da contravvenzioni e via cellulare trovare un veterinario di turno,magari telefonando per la concitazione e i guaiti senza usare l’auricolare, specie se di notte o di domenica, che visiti e ripari lo sconosciuto animale.

E alla fine chi paga il veterinario? L’investitore, se è una bestia randagia, oltre al danno dell’auto, lo sporco, il rischio di farsi travolgere, la beffa del doversi accollare le spese mediche di un animale non suo? Se invece l’animale è tracciabile? Arriva un fottuto “amante” degli animali,che se l’è fatto scappare,che incazzato come un alligatore potrebbe passare alle vie di fatto, all’aggressione fisica, come accaduto al tassista di Milano, ammazzato a suon di botte da un gruppo di “animalisti” inferociti per la trasformazione da quadrupede a polpetta!

Senza poi tralasciare l’ultima chicca fiscale (6): le spese del veterinario fanno coefficiente di reddito. Ergo un tapino – idiota a questo punto – si affanna a salvare un animale, gli viene fatta la ricevuta fiscale per le spese sostenute, le mette nella dichiarazione dei redditi,rischia di trovarsi dopo anni un accertamento induttivo per aver rispettato una legge voluta, non per proteggere gli animali ma, per proteggere certi presunti amanti degli animali, che per pigrizia, stanchezza o svogliatezza si stancano e li abbandonano, scaricando sull’utente della strada i costi e rischi del soccorso…


Marco Bazzato
29.10.2011






venerdì 28 ottobre 2011

Marco Simoncelli: insegna agli angeli a impennare

Appena domenica vidi le foto dell’incidente accaduto durante il secondo giro del gran premio di motociclismo, valido per il motomondiale, classe GP, a Marco Simocelli, era chiaro che non c’era nulla da fare, anche se l’umana speranza è un appiglio a cui tutti si aggrappano, fino a quando non arriva la comunicazione ufficiale.

Non sono un fanatico di moto, preferendo la Formula 1, però Simoncelli, visto dalla tv, durante le numerose apparizioni era un qualcosa di diverso, e se si può dire,aveva un unico grande “difetto”: la schiettezza. Il candore scanzonato che lo poteva quasi far apparire antipatico. Però quel suo “difetto” era la sua forza, fino a quell’ultimo maledetto giro di pista.

 
Simoncelli non poteva essere catalogato, messo dentro una specie di box, e incasellato. Era un “cavallo pazzo”, che da buon ruspante emiliano, se ne sbatteva di tutto e di tutti. Ma era uno “sbattersi” particolare, uno “sbattersi” che generava empatia e simpatia, perché guardando i numerosi servizi fatti in questi giorni, compresi i tanti spezzoni di interviste inedite, si vedeva un ragazzo che non aveva timore di mostrarsi così com’era, e tra i numerosi giornalisti, e operatori che seguivano il motomondiale, Simoncelli rompeva quel dogma che vorrebbe il distacco tra l’intervistato e l’intervistatore, trattando i professionisti della comunicazione con una familiarità, che stupiva gli stessi giornalisti. Perché era fatto così. Guardava le persone in faccia e con l’istinto di uno che corre sul filo della vita, aveva la capacità di spezzare quel filo del distacco professionale, trasformando un’intervista in una specie di festa, una sagra paesana dove il divertimento e l’albero della cuccagna sono un obbligo, come il bicchiere di rosso e la partita a carte, per allentare la tensione di una giornata.

Simoncelli, nella sua breve ma intensa vita, ha lanciato dei messaggi, che in parte si sono visti durante i suoi funerali: il primo quello della famiglia, di un padre, una madre, una sorella e una fidanzata che hanno abbracciato la tragedia con una dignità e un sorriso che sembrava quasi disumano. Ma era il sorriso di una famiglia unita, che ha seguito il figlio, il fratello, il fidanzato, sposandone le scelte, i sogni, le aspirazioni, nella voglia di sfidare il limite, spostandolo sempre un secondo più in là.

Ma il messaggio più importante che lascia è quello della consapevolezza di quello che voleva fare, nel realizzarsi in quello che amava, dando un messaggio alle giovani generazioni che andava oltre l’aspetto sportivo di una gara, oltre l’immagine di un cespuglio di capelli che sfuggivano via da tutte le parti, come se anche i capelli, come per le piegate in curva, volessero sfidare la forza di gravità e l’appuntamento con il destino.

Da dopo il funerale i riflettori sulla sua vita terrena di Marco Simoncelli si sono spenti, le luci si sono abbassate, e il casco, assieme alle moto, alle tute, saranno riposte in bella mostra, perché così avrebbe voluto. Ora rimane una famiglia, due genitori, una sorella, una fidanzata, che superato l’abbraccio che li ha sostenuti in questa tremenda settimana si ritroveranno soli, con le immagini, i filmati, i ricordi, i momenti di tristezza e gioia, ma soprattutto con lo sconforto che il loro Marco non c’è più, con quella camera che rimarrà vuota per sempre, con quell’ordine, oggi innaturale, che veniva scompigliato ogni volta che il figlio tornava a casa.

Ieri, durante la cerimonia religiosa, non si è riunito solo il paese di Simoncelli, ma l’Italia, che ha voluto, in un abbraccio ideale, sedersi con i genitori davanti alla bara del figlio, ascoltando nel silenzio, rotto dagli applausi e dalla commozione, “Siamo solo noi” di Vasco Rossi, perché dal momento che il feretro è stato caricato nel carro funebre la famiglia ha sentito che d’ora in poi saranno immersi in quel “Siamo solo noi”, per sempre.

Ai genitori di Marco Simoncelli, come ieri tutti abbiamo abbracciato il loro figlio idealmente, va il nostro abbraccio, la nostra forza, perché da ieri hanno il compito più difficile e innaturale di questa vita terrena: sopravvivere alla morte di un figlio, e per questo, a moto rientrata per sempre nei box, non devono essere lasciati soli.

Marco Bazzato
28.10.2011

giovedì 20 ottobre 2011

Gheddafi e morto


Mu ammar Abū Minyar Abd al-Salām al-Qadhdhāfī
Detto Muammar Gheddafi, Sirte, 7 giugno 1942 – Sirte, 20 ottobre 2011





Gheddafi e morto.

 Onore all’amico dell’Italia. Ora il mondo “piange” il grande dittatore, e l’Italia in primis. Al premier e al Ministro degli Esteri dispiacerà per l’impossibilità di poter ospitare più la sua tenda, le amazzoni, i cavalli ei beduini armati.

Il Colonnello Gheddafi, diventato un feroce dittatore solo che dopo i Bruto europei hanno iniziato a pugnalare alle spalle il Cesare libico, ma prima nominato da tutti i media italiani come Augusto e Illuminato capo di Stato, nonostante avesse riempito Lampedusa di immigrati clandestini e profughi, ma era un “amico” dell’Italia e delle grandi corporation petrolifere e del gas naturale, che tutti gli altri si fottano…

Era chiaro, nessuno aveva intenzione catturarlo vivo, sia da parte degli “amici” della politica internazionale, sia dai suoi ex seguaci in patria, dove molti dei suoi ex papaveri hanno fatto il “salto della quaglia” trasformandosi da feroci esecutori dei suoi voleri, a democratici aperti agli interessi del popolo, pur di mantenere il loro status e il loro tenere di vita.

Gheddafi era l’amico di tutti, perché, indipendentemente dalle sue nefandezze, a partire dalla giusta cacciata colonialisti italiani, alla strage di Lokerbie, alle sei infermiere bulgare accusate ingiustamente d’aver infettato dei bambini in un ospedale di Bengasi, per quasi quarant’anni ha fatto comodo a tutti: terroristi e “democrazie civili”. I primi perché era una fonte inesauribile di idee e di sistemi per creare terrore, alle “democrazie europee”, Italia in primis, perché interessata al petrolio e al gas naturale del Paese.

A Gheddafi, proprio per via del suo essere “sopra le righe” gli è sempre stato perdonato tutto, sono state accantonate le sue nequizie e i suoi atti criminali. A modo suo, aveva fascino, aveva quel fascino nero e boheme e zingaricamente beduino, affascinato dalla mimica e dalla loquacità oratoria della Buon anima di Benito Mussolini, di cui aveva tutti i suoi discorsi pubblici, per attirare a se le masse e i politici, quest’ultimi, asserviti dalla grande industria, attratti dai contratti commerciali ed economici, e dalla possibilità di de localizzare, producendo a basso costo e con pochi controlli sul mercato del lavoro e sulla sicurezza.

L’Italia deve ringraziare il “fu” dittatore libico, che sembra sia stato ucciso, da voci frammentarie, dopo la cattura, con un colpo alla testa.

Bell’inizio per la nuova democrazia.


Poi, va detto, che al Tribunale dell’Aia nessuno ce lo voleva, vivo. Avrebbe potuto parlare, raccontare un bel po’ di retroscena a riguardo la politica terroristica degli ultimi quarant’anni, e le Cancellerie certamente non avrebbero voluto cattiva pubblicità, e si sa, come tutti i parenti, amici e fratelli scomodi, si preferisce asserire che costoro sono impazziti o che sono stati “suicidati!”

Ora i presunti insorti, aiutati dalla Nato e dalle cancellerie europee, dopo essersi tolti la polvere da sparo e il sangue dalle mani, messe sotto naftalina le divise colme di carne umana, che, sono pronti a mettere le mani sull’oro e sulle riserve economiche dell’ex leader libico, accantonando l’idea – giusta – di Gheddafi, di una moneta unica africana con cui farsi pagare dai Paesi ricchi le risorse naturali, come oro, petrolio, uranio e altro. Il ricco mondo civilizzato mai avrebbe accettato, gli americani in primis, di iniziare finalmente a pagare le materie prime, acquistando valuta estera, come fa l’Europa e che è stato anche il motivo della cacciata di Saddam Husseim che voleva passare all’Euro, come valuta di scambio per l’acquisto del petrolio iracheno.

Ed è chiaro che il Governo Provvisorio alla fine si non sarà diverso dal padrone precedente, visto che le vendette sono già iniziate con esecuzioni, sommarie,stupri e distruzione , alla fine farà quello che i padroni occulti, i bombaroli della Coalizione dei Volenterosi, vorranno.

La differenza tra il prima e il dopo: Se prima le democrazie civili volevano fare affari con la Libia, dovevano fare i conti con il colonnello, mentre ora, il Governo Provvisorio e quello che verrà, sarà un governo fantoccio, come è accaduto in Afganistan e Iraq, voluto dai colonizzatori, che adesso, dopo aver devastato il Paese a suon di bombe, e fatto arretrare la popolazione, come standard di vita, indietro di quarant’anni, si sfregano le mani per la ricostruzione di ponti, strade, infrastrutture, e per le royality petrolifere e sul gas che ruberanno legalmente al popolo libico, grazie agli accordi bilaterali per la ricostruzione di un Paese, come diranno nei prossimi mesi, messo in ginocchio da quarant’anni di feroce dittatura.

Marco Bazzato
20.10.2011

mercoledì 19 ottobre 2011

Caso don Paolo spoldadore: Pimpi doveva andare dal Vescovo?



A volte seguendo i programmi televisivi pomeridiani ci si imbatte in trasmissioni strane, come “La vita in diretta”, dove nella puntata di venerdì 14 settembre, gli argomenti di un certo spessore umano e sociale vengono affrontati con una frivolezza decadente e per quanto poco sospetta.

È il caso di Pimpi, la psicologa che ha avuto in passato una storia “d’amore” con l’allora don Paolo Spoladore, e da questa relazione è nato un figlio, la cui paternità è stata attribuita dal tribunale veneziano al sacerdote sospeso a divinis.

Fa un certo che è vedere con che faciloneria un esponente del clero, presente alla trasmissione, abbia cercato di salvare la faccia della Chiesa e la sua presunta dirittura morale, quando la frittata dei comportamenti traditori nei confronti del voto di celibato, infranti dal sacerdote,che a detta dell’ecclesiastico, la cosa era risaputa nel paese dove viveva la donna, la quale senza è stata additata, come principale artefice dello scandalo che ne è scaturito, perché non doveva andare a spiattellare i propri fatti privati in rete e men che meno sporgere denuncia alla Giustizia Secolare – termine caro ai tempi bui alla “Santa” Inquisizione.

A detta dell’ecclesiastico, l’essere impuro per autonomasia – come descritto nel romanzo “Il nome della Rosa”, Umberto Eco , “Se gli uomini vedessero quello che è sotto la pelle, così come accade con la lince di Beozia, rabbrividirebbero alla visione della donna. Tutta quella grazia consiste di mucosità e di sangue, di umori e di bile. Se si pensa a ciò che si nasconde nelle narici, nella gola e nel ventre, non si troverà che lordume. E se ti ripugna toccare il muco o lo sterco con la punta del dito, come mai potremmo desiderare di abbracciare il sacco stesso che contiene lo sterco?” – avrebbe dovuto, per spirito di cattolica obbedienza, riferire il al Vescovo, non rivolgersi, da laica, alla Giustizia dello Stato italiano, come se la Giustizia italiana fosse per la Chiesa un grosso foruncolo “genera scandali” e gli scandali si sa, danneggiano gli interessi economici e le firme dell’otto per mille, che i Mercanti nel Tempio Adorano…

“Andarono intanto a Gerusalemme. Ed entrato nel tempio, si mise a scacciare quelli che vendevano e comperavano nel tempio; rovesciò i tavoli dei cambiavalute e le sedie dei venditori di colombe 16 e non permetteva che si portassero cose attraverso il tempio. 17 Ed insegnava loro dicendo: "Non sta forse scritto:

La mia casa sarà chiamata casa di preghiera per tutte le genti? Voi invece ne avete fatto una spelonca di ladri!". 18 L'udirono i sommi sacerdoti e gli scribi e cercavano il modo di farlo morire. Avevano infatti paura di lui, perché tutto il popolo era ammirato del suo insegnamento. 19 Quando venne la sera uscirono dalla città”.

Vangelo secondo Marco, c.11, vv. 15-19.

E qui sorge la domanda: Il Vescovo cosa avrebbe fatto? Avrebbe ordinato al sacerdote di riconoscere il figlio, compito che appartiene alla giustizia civile, a cui la Chiesa si attiene solo quando fa comodo, oppure l’avrebbe invitata al silenzio per non macchiare l’onore di un ecclesiastico? Tante domande, oltre a questa, frullano nella testa dei fedeli non asserviti al potere “spirituale” di una Chiesa, che in troppi frangenti, sa essere debole con i forti, e forte con i deboli, dimenticando che il suo compito principale è la difesa degli ultimi, dove in questa situazione non sono nè l’ex don Paolo Spoladore nè Pimpi, ma un minore. La Chiesa, secondo quanto detto in tv dall’ecclesiastico, come avrebbe tutelato i diritti del minore? Con il silenzio, che in questo caso odora tanto da omertà imposta e/o mediaticamente proposta, col senno del poi…. a una laica?

Un cittadino o una cittadina italiana deve, in caso di controversie giuridiche, rivolgersi alla Giustizia italiana, e non a un Vescovo dell’ex Stato Pontificio, ossia lo Stato Città del Vaticano, che è per istituzione giuridica è una teocrazia.

La Chiesa accampa degli “obblighi morali” a causa del battesimo – impartito contraddicendo l’esempio Cristico somministrato nel fiume Giordano agli adulti – già da infanti “diventiamo membra di Cristo; siamo incorporati alla Chiesa e resi partecipi della sua missione” (1)., a causa del pretesto secolare del Limbo che non è mai stato una Verità di Fede (2), ma che nei secoli passati fatto sì che ci fossero cimiteri per gli infanti non battezzati, considerati de dannati perché morti con il “peccato originale” (3). Questo è il sistema che la Chiesa usa, far leva sul condizionamento dettato dal “sacramento battesimale” ma essere battezzati non significa essere asserviti a un’istituzione temporale, ma a una spirituale, e in questa storia di spiritualità ce né assai poca, anzi.(4)

Il messaggio passato ai telespettatori si potrebbe considerare devastante, perché ha colpevolizzato una donna che invece di chiedere aiuto alla Curia ha avuto l’”ardire” di rivolgersi alla Giustizia, non tanto per lei, ma per il figlio avuto con un sacerdote, dando l’impressione che sia errato rivolgersi agli organi giudiziari nazionali preposti, perché i panni sporchi vanno lavati entro la “casa ecclesiastica” che leggendo “Sex in the vatican” (5) di Carmelo Abbate, appare come un bordello , o come descritto nel libro di Assen Marcewsky (6) “Il Codice di Marcewsky” – inedito in Italia – a discapito dei diritti riconosciuti dalla legislazione italiana sui minori.

C’è un’ultima nota da fare: se è vero che questa storia tra Pimpi e Don Paolo Spoladore era una cosa di dominio pubblico nel luogo di residenza di lei, perchè la Curia non è intervenuta per chiedere lumi al sacerdote circa la moralità e il rispetto dei suoi obblighi sacerdotali, richiamandolo all’ordine e al decoro, facendo – nel limite del giusto – il possibile che i due “concubini” interrompessero la relazione, e perché la Curia, visto che tutti sapevano, ora in tv si usa pubblicamente l’arma del “bastone” morale quasi solo contro costei?

La Chiesa in queste delicata situazione che coinvolge un minore, dimostra il suo disinteresse e la mancanza di rispetto non solo nei confronti di costui,ma anche delle leggi dello Stato italiano, da cui è foraggiata, e questi sono gli “schiaffi” che il Paese riceve, chiedendo a una cittadina italiana di non cercare Giustizia presso lo Stato, andando in udienza ad un Vescovo, come scrisse a suo tempo Il Mattino di Padova (7) facendo sorgere il dubbio nei telespettatori che anche nei casi molto più gravi il silenzio sia l’”arma” migliore.

Sì, ma per chi è l’arma migliore? Per la vittima o per il “carnefice?”

Marco Bazzato
17.10.2011



venerdì 14 ottobre 2011

Don Paolo Spoladore: come tutto è iniziato da Pimpi

Risposta inserita da Pimpi il 20/02/2010 18.37.11 (1)



favoletta:


Un bimbo di quasi otto anni chiede a sua madre: - mamma, perchè il mio papà non mi vuole? -


La mamma, con il cuore spezzato, risponde: - Amore mio, lui ti ama ma non lo sa -


- Ma i preti non possono avere figli, mamma? -


-No, tesoro, per la chiesa questo è un peccato -


- Allora io sono un peccato? -


Dialogo tra madre e figlio.


Il piccolo ha saputo da poco chi è suo padre. Un prete, di quelli controcorrente, diventato un personaggio pubblico, amato, idealizzato, idolatrato da migliaia di fans, per i suoi concerti, i suoi cd, i suoi corsi e, sembra, addirittura per certe sue guarigioni!!!


Ma non vuole, non sente, di riconoscere suo figlio. "Non ha tempo" dichiara freddamente l'ultima volta che incontra sua madre, che spera, che aspetta, che chiede da anni di non far soffrire quel piccolo angelo mandato dal Signore.


Nessuna ripicca, nessuna vendetta, nessun male. Solo amore chiede per suo figlio, solo dignità e rispetto.


Il bambino quando ha saputo di suo padre si è ammalato.


Seguito da un medico di competenza e profondo conoscitore dell'animo umano e da una psicologa di grande cuore e capacità sta lentamente migliorando.


Ma non smette di chiedere perchè, perchè non viene a trovarmi, perchè non vuole stare con me...


lo chiede con le modalità di un bambino, si arrabbia, lancia i giocattoli contro il muro, si sveglia di notte urlando, comincia a non fare i compiti e a non voler andare a scuola.


Tutto questo suo padre lo sa perchè sempre è stato messo al corrente di tutto.


Quando è nato lo ha battezzato in incubatrice, perchè era piccolo piccolo, e quando la sua lunga mano si è posata sulla testolina recitando una preghiera una manina si è alzata a stringere il suo dito medio.


Ma questa immagine deve averla dimenticata, quel padre, perchè poi è sparito per otto anni.


Fino a circa due mesi fa, quando si è avvicinato al figlio per fare la prova del DNA, per essere sicuro che fosse suo...


E' suo.


Ma non ha tempo, dice, non lo sente questo figlio...anche se lui lo ha perdonato, perchè un bambino non sa odiare, un bambino aspetta, ama, e chiede amore. E se non lo riceve si dà una sola risposta: "Non sono degno. Devo aver fatto qualcosa di cattivo per non essere voluto dal mio papà".


E la sua vita è rovinata per sempre.






(1) http://laici.forumcommunity.net/?t=35706778

giovedì 13 ottobre 2011

La comunità cristiana prenda le distanze da don Paolo Spoldaore

Il Corriere Veneto titola: “La Diocesi: «La comunità cristiana prenda le distanze da don Paolo» (1). È strano come alla luce della sentenza che ha attribuito la paternità al sacerdote sospeso a divinis all’oggi signor Paolo Spoladore, questa prenda con più di dieci anni di ritardo dai corsi che il sospeso a divinis faceva e continua a fare, con condizioni di partecipazione particolari. (2).

 
Va rilevato, per correttezza d’informazione che dal sito, il nome del Sospeso a Divins compare come Paolo Spoladore, cosa che i giornali dovrebbero a fare, così come correttamente ha fatto il gruppo su Facebbok. (3), altrimenti si rischierebbe per gli “adepti” di farlo passare per un martire.

«La Diocesi, pur riconoscendo che «don Paolo ha lavorato e fatto molto per la Chiesa in questi anni», afferma monsignor Prosdocimo , ora che tutti i suoi corsi e le sue attività sono da considerare «iniziative personali» dalle quali «la comunità cristiana prende le distanze».



Oggi, ma nel 2005 i toni erano assai diversi e avevano il placet della Diocesi:

«Il vescovo Mattiazzo lascia lavorare chi ha la testa sulle spalle e rispetta le peculiarità ». Per don Paolo Spoladore è già pronta una chiesa spaziosa, con un parroco titolare a occuparsi della pastorale e dei parrocchiani. Per « Donpa » la possibilità di continuare le messe- spettacolo e i corsi di comunicazione. Freddezza dalla Curia sulle « guarigioni » di cui si narra sia diventato protagonista Don Paolo. « Un prete non può essere un guru », avverte monsignor Brusegan. Don Spoladore dal sito « www. informusic. it » fa sapere: « La gente deve smettere di avere paura. Il messaggio del Vangelo che mi ha sedotto: chi ama non teme » (4)

Come prende le distanze? Oggi che è scoppiato il bubbone? Possibile che la Chiesa e la Diocesi in primis, non controlli i propri sacerdoti, soprattutto se tengono corsi che vanno contro gli insegnamenti del Magistero? Come è possibile che, solo a seguito della sentenza di condanna alla paternità, ci sia questa ”forte” presa di posa di posizione formale, “nascondendosi” dietro la formula che sono iniziative private? Che non sono mai state iniziative private, in quanto il sacerdote ha usato lo suo status di ecclesiastico per dar forza ai suoi messaggi “reazionari”, ed esiste il beneplacito ufficiale della dichiarazione del Vescovo del 2005.

Ed è possibile che la Diocesi abbia permesso per anni che il sacerdote andasse in “conflitto di interessi” facendo finta di non sapere, oppure “tollerando” senza intervenire, richiamandolo all’ordine, per quanto poco diffidandolo, nelle sue iniziative “private” di usare per i suoi corsi il “biglietto da visita” Don Paolo spoladore? No, sapevano e approvavano pubblicamente.

Sono molte le domande a cui la Diocesi dovrebbe dar conto all’opinione pubblica, non solo sull’oggi ex sacerdote, ma su quanto questa ha “tollerato” degli anni, senza intervenire? E a Padova e provincie limitrofe la Chiesa sapeva, eccome se sapeva. Ma tra le altre cose, probabilmente anche le questue non erano irrisorie…

Ma la cosa strana è che nei suoi corsi si parla tra l’altro del legame genitori figli, dei legami madre-figlio, padre-figlio, e ci si domanda come potrà parlare dei legami padre-figlio, accostandolo obbedienza del Cristo nei confronti di Dio, e il legame e i problemi psicologici, con la ricaduta sul fisico, quando i legami padre-figlio sono tagliati o sbagliati, e costui è un padre assente, dove ha dovuto intervenire la Giustizia Terrena a ristabilire una verità non solo legale, ma soprattutto biologica?

Un proverbio dice: “Predicare bene e razzolare male!”

Se si analizzano i comportamenti e la “fuga” dalle responsabilità morali, etiche e paterne, in molti si domandano come si possa parlare di Verità, quando si rifugge dalla Verità, nascondendosi, protetto da un cordone di sicurezza, mentre si effettuano i Corsi di Comunicazione ? (5).

Il problema, e lo si afferma essendo Veneto, ed avendo partecipato ai suoi corsi, che molti veneti sono creduloni, dove basta che uno abbia una tonaca nera, una croce sulla giacca per dargli l’aurea di messia, alimentando l’ego, che non è dettato dal messaggio Cristico, ma dal mero interesse economico, visto il volume d’affari che i Corsi di Comunicazione creano.

Chiaramente non si discute la liceità legale dei corsi – esiste il libero mercato, così come esiste il mercimonio della religione – ma quella morale, se in diretta antitesi con gli insegnamenti del Magistero, che ogni sacerdote pubblicamente, anche se svolti in forma “privata” dovrebbe attenersi.

Nasce un’ultima domanda: possibile che la Diocesi non abbia mai inviato degli osservatori in incognito per vigili are sulla liceità etica ed ecclesiastica di quanto veniva detto all’interno dei medesimi, prendendo nel caso venissero rilevati dei messaggi che andavano contro il Magistero dei provvedimenti ufficiali di richiamo, per “tutelare” la Chiesa e la comunità dei fedeli che cercavano e cercavano nelle parole di don Paolo Spolaore una Verità diversa da quella enunciata dal Vangelo?

E tutti ormai vedono dove questa Verità diversa abbia oggi portato il signor Paolo Spolaore.



Marco Bazzato

13.10.2011

   






martedì 11 ottobre 2011

Don Paolo Spoladore è padre, lo ha sentenziato il tribunale

Ormai è ufficiale, Pimpi ha “vinto”, ma non è una vittoria, è una sentenza del tribunale che ha attribuito al signor Paolo Spoladore, sospeso a divinis (1) dal Vescovo di Padova, la paternità del bambino avuto dalla donna, una psicologa cinquantenne, nato da una relazione con il sacerdote padovano, dal 1999 al 2002.

 

Il tribunale di Venezia, dove il signor Spoladore non si è mai presentato, ha dato ragione alla donna, ordinando all’ex sacerdote il pagamento degli alimenti – nella misura di 300 Euro al mese – delle spese processuali e al diritto del piccolo di aggiungere anche il cognome “Spoladore” Va tenuto presente, che secondo quanto scrive il Giornale (2), il “Dompa”, così lo chiamano i suoi seguaci, non si sarebbe presentato per fornire il campione del Dna.

E qui sorgono le contraddizioni di un personaggio che ha fatto della Comunicazione, del Perdono e della Verità i suoi moti da rivoluzione francese, disattendendoli davanti alla prova più naturale per un uomo: il coraggio d’essere padre, stridendo in modo lampante con quanto “insegnato” nei suoi corsi, oltretutto calpestando l’obbligo del celibato sacerdotale.

Se si possono muovere delle “accuse” nei confronti di Pimpi, si potrebbe dire che questa donna abbia ceduto alle lusinghe del fascino del clergyman (3), abbandonandosi ad un amore che oggettivamente non poteva avere futuro, vedendola nell’ottica del personaggio mediatico e degli eventi che l’ex don Spoladore ha costruito attorno a se, libri, dischi e ai suoi Corsi di Comunicazione dove è stata aperta a suo tempo un istruttoria da parte dell’Ordine dei Medici (4) per la presenza del Dott. Raffaele Migliorini, inscritto all’albo, e dove si può avere un idea dello “Spoladore pensiero” inerente a quanto scrive circa il “Metodo Di Bella” (5).

Così come va detto, per chi non avesse fatto i suoi corsi, e lo scrivente in passato gli ha passati tutti, che alla fine quanto viene detto all’interno altro non è che una libera interpretazione di tanti libri di medicina alternativa, tecniche PNL, olistica, linguaggio e comunicazione verbale e non verbale, il tutto miscelato e presentato sotto una forma di spiritualità new age, che dice tutto e il contrario di tutto, prendendo principalmente spunto dalle teorie di Rüdiger Dahlke (6), “Malattie Linguaggio dell’anima” e “Crisi personale e crescita interiore”, così come dai testi di Dirk Hammer, “La Nuova Medicina” (7), il tutto riferito a quando svolsi i corsi. E per citare un esempio: durante l’ultimo corso l’allora Don Paolo Spoladore aveva mostrato la foto della Cometa di Halley, asserendo che quella, la luce che prorompe dall’oscurità, è la dimostrazione della presenza di Dio che irrompe nell’Universo. Gli dissi, guardi che è un naturale fenomeno della fisica astronomica, la massa della cometa ha la coda per il semplice fatto del calore e del vento solare. Nulla di divino o di così’ trascendente. Risposta: un’occhiataccia e «Ci siamo capiti!» e di rimando: «Certo e Lei ha capito che io ho capito?»

Che la situazione inerente ai Corsi di Comunicazione fosse alquanto bizzarra era una cosa risaputa già dalla metà degli anni ’90 a Padova,; ricordo una conversazione avuta con un frate, ora defunto, circa la liceità religiosa, in seno alla tradizione cattolica, circa i libri e i corsi del a suo tempo Don Paolo Spoladore.La risposta che ricevetti fu la seguente: Le cose si sanno, ma ci sono in ballo grossi interessi economici (8), tanto è vero che i suoi libri figuravano in bella mostra all’interno della libreria Al Santo, a Padova. Ergo: “Pecunia non olet”.

Senza entrare nel merito della sentenza, a detta dei giuristi rivoluzionaria per l’Italia, questo dovrebbe dar coraggio a tutte le donne che hanno avuto o che hanno dei figli con esponenti del clero di uscire allo scoperto, dall’anonimato, dalla paura, dalla vergogna e dal facile giudizio del bigottismo e dal falso moralismo religioso, perché se è vero che una donna libera può commettere il “peccato” di innamorarsi di un ecclesiastico, il peccato più grave viene commesso dall’ecclesiastico il quale non solo ha fornicato, ma ha tradito l’impegno, i voti dati alla Chiesa e a Dio e l’Eucarestia che va a celebrare ogni domenica, tradendo no solo il Corpo mistico della Chiesa, ma anche i fedeli, e il primo vero abuso che un ecclesiastico fa, in questi casi, è quello, non d’essere debole nei confronti del richiamo della carne, ma d’essere in una posizione “dominate” in virtù del suo status religioso, e questo può portare la donna alla debolezza della carne, per ragioni o motivazioni che nulla hanno a che fare con il desiderio sessuale o con l’idea di un amore fallace, dove anche se la donna avesse “peccato”, esiste la confessione e qualsiasi sacerdote assolve per il peccato di “fornicazione”, ma dopo l’assoluzione ecclesiastica deve arrivare per la vittima il momento del riscatto personale e non aver vergogna del proprio passato, perché Gesù stesso disse all’adultera “Neppure io ti condanno, va e non peccare più.” – Giovanni 8,3-11. Se Dio, tramite Suo figlio non condanna, le condanne morali e il “giudizio” pseudo moralista degli altri, alla fine è nulla.

Il cattolicesimo oggi in crisi ha bisogno di molte più “Pimpi”, di molte più donne coraggiose che squarcino il “Velo del Tempio” dell’ipocrisia di alcuni sacerdoti che confidano nel silenzio e nell’omertà delle persone più deboli, facendo leva anche sull’ipocrita morale pubblica da salvaguardare – del non dare scandalo – usando la debolezza della donna, nascondendosi dietro costoro, che tacciono per paura del pubblico ludibrio e del giudizio altrui.

“Pimpi” ha fatto non una ma ben due scelte coraggiose, la prima tenere quel frutto che aveva nel grembo e il secondo denunciare il tutto agli organi inquirenti, mantenendo un profilo pubblico uguale a zero, rimanendo nell’ombra, chiedendo e ottenendo giustizia.

Va rilevato in fine che la Chiesa, sia nei suoi organismi periferici che in quelli centrali, sanno di queste donne – Tom Clacny scriveva in un suo romanzo: la Chiesa Cattolica ha il miglior servizio segreto del mondo – ma preferiscono sperare che le donne tacciano, che non diano scandalo, e la Chiesa, invece di fare pulizia al proprio interno, se fosse vera maestra di verità e vita, preferisce attendere gli eventi della giustizia secolare piuttosto che prendere scopa e ramazza e far pulizia al proprio interno.

E che poi non vadano a lamentarsi in giro per l’emorragia di fedeli. Nessun ammalato andrebbe a farsi curare da un medico più malato del paziente stesso.

Marco Bazzato
11.10.2011


(1) http://it.wikipedia.org/wiki/Sospensione_a_divinis
(2) http://www.ilgiornale.it/interni/il_bimbo_e_prete_lo_incastra_test_ora_deve_mantenerlo/11-10-2011/articolo-id=551014-page=0-comments=1

(3) http://it.wikipedia.org/wiki/Clergyman
(4) http://mattinopadova.gelocal.it/cronaca/2010/03/10/news/padre-rock-sui-corsi-di-formazione-indagine-dell-ordine-dei-medici-1884605
(5). http://www.metododibella.org/cms-web/upl/doc/Don%20Paolo%20Spoladore.pdf  
  (6) http://www.ilgiardinodeilibri.it/autori/_rudiger_dahlke.php 
(7) http://www.disinformazione.it/hamer7.htm

Ue, Frattini attacca l’asse franco-tedesca

Franco Frattini, che con il premier Silvio Berlusconi hanno costretto l’Italia a diventare la migliore amica della Libia del colonnello Gheddafi, salvo pugnalarlo alle spalle, ora se la prende con l’Unione Europea, o meglio con la Germania e la Francia, ree a dire del “nostro” Ministro degli Affari Esteri di stringere accordi bilaterali per la salvezza della banche transalpine e teutoniche, le principali esposte nella crisi greca, ricevendo il beneplacito degli Stati Uniti per bocca di un presidente decotto, primo Premio Nobel per la Pace – sulla parola, specchio di un quadriennio pallido, Barack Hussein Obama II, che oltre a mandar la moglie a far la spesa al supermercato, o a far assassinare a sangue freddo, senza un regolare processo, Osāma bin Muhammad bin Awa “bin Lāden”, non ha saputo far altro, perché sin dall’insediamento non ha fatto altro che seguire la linea del suo predecessore, George W Bush, non riuscendo a portare a termine nessuna delle fantomatiche promesse della campagna elettorale.

Frattini, invece d’andare in giro ad attizzar polemiche, dovrebbe rendersi conto dell’imminente fallimento del “Sistema Italia”, per colpa non solo di una crisi finanziaria internazionale dettata dalla finanza speculativa, esplosa come una bolla di sapone, ma anche della malattia endemica del “Sistema Italia”, giunto alla frutta, e che l’Italia, al pari della Grecia, tra poco sarà costretta a presentarsi davanti all’Unione Europea, alla Banca Centrale Europea, con il cappello in mano e tasche delle braghe bucate.

Francia e Germania debbono pararsi le “chiappe” per salvare il loro sistema bancario, e l’Italia decotta e degradata è vista dalle Istituzioni finanziarie europee come un Paese privo di credibilità politica e solvibilità finanziaria, anche per via dei “problemucci” personali del Presidente del Consiglio, che preferisce andare in Russia a celebrare il compleanno dell’ex spia del KGB, Vladimir Vladimirovič Putin, lasciando che la “barchetta di carta” Italia vada a ramengo, perché la cosa più importante è la legge contro le intercettazioni telefoniche e la loro diffusione negli organi di stampa, e l’ennesimo condono salva ricchi.

L’Italia probabilmente non sarà sbattuta fuori dall’Unione Europea – anche se meriterebbe diventare extracomunitaria – ma è chiaro che il suo ruolo è paragonato all’importanza politica che l’’Italia riserva al Mozambico o alla Somalia, ossia 0 – zero.

Urgerebbe un cambiamento della classe politica, tutta, non importa di che schieramento, e non la rifondazione della vecchia Democrazia Cristiana, con tutti i danni che ha creato per quasi cinquant’anni – annullando unilateralmente il Concordato tra Italia e Stato città del Vaticano, riscrivendone uno vantaggiosamente equo per l’Italia – ma di una classe dirigente che abbia il coraggio di guardare a se stessa come servitori dello Stato, lavorando alla Camera e Senato, provando a raddrizzare una randa fuori controllo, perché nessuno ha il coraggio di gettare a mare le scorie tossiche presenti nel Paese.

C’è poco da stare allegri, la situazione sia macroeconomica che di credibilità politica è appannata all’inverosimile,e purtroppo all’orizzonte non emergono figure carismatiche che abbiamo la forza e la levatura morale di dar lustro ad una nazione che è l’ombra di se stessa e continua a pavoneggiarsi in casa, guardando ai fasti del passato, priva della capacità inventiva e politica di tanti grandi del Risorgimento.

Il Paese ha bisogno di un nuovo Risorgimento, di una spinta non di orgoglio nazionale, perché questo ha portato il Paese dentro un abisso senza fondo, ma di umiltà, quell’umiltà fatta da persone che lavorano dalla mattina alla sera, in silenzio, senza proclami roboanti, ma che, nonostante lo Stato remi contro, cerca di sopravvivere.

La soluzione migliore, forse, sarebbe veramente il fallimento dell’Italia – ricordiamoci che l’Argentina che aveva dichiarato default ha saputo risorgere – perché è solo dalle ceneri di un sistema imploso che forse si potrà risorgere e rinascere migliori di prima, consci d’essere l’ultimo tra gli ultimi all’interno dei Paesi membri dell’Unione Europea.

È finito il tempo del guardare gli altri dall’alto verso il basso, perché oggi l’Italia si trova a essere fanalino di coda, costretta a inseguire con il sacchetto dell’elemosina i veri Grandi, e che piaccia o no, sono Francia e Germania, essendo diventati lo Zimbabwe dell’Unione.

Ma la politica non vuole comprenderlo, trincerata dentro un bunker comune del “Si salvi chi può “– solo loro però…

Marco Bazzato
11.10.2011


venerdì 7 ottobre 2011

Partito della Gnocca

L’Italia è diventata ormai lo zimbello del mondo industrializzato e non solo, specie quando un premier, in piena crisi internazionale, si permette di scherzare sopra, nonostante le sue note vicende processuali e lo stallo dell’economia del Paese, sulla “Patonza” significa anche che in qualcosa nella testa degli italiani non gira per il verso giusto.


Essere vecchi ed essere senili non è una colpa, ma è il normale decadimento naturale delle funzioni fisiche e celebrali, dei neuroni che vanno solo a nozze con i fichi secchi, ma in un Paese, che ha l’ardire di presentarsi come una delle potenze economiche dei Paesi industrializzati, è costretto a sorbirsi i rantoli e le fantasie erotiche di un premier ormai avvizzito anche nel “regale augello”, e dove l’immagine dell’italiano all’estero è associata a quella del premier e di una classe politica rantolante.
 
È un via vai di cadute di gusto, dalla frigida minestra riscaldata, non Ministra della Pubblica istruzione che colleziona gaffe dopo gaffe, tunnel mai fatti in tunnel mai fatti, al tappo di sughero del Ministro della Funzione Pubblica che a corrente alternata offende a destra e a manca, ad un segretario della Lega che non fa altro che ripetere che i rapporti con il PDL sono ottimi, mentre tutto il resto decade, collassa, implodendo in se stessa, come una stella che si trasforma in un buco nero.



L’Italia è stata declassata ancora, la borsa agonizza, gli stipendi decrescono, andando indietro come i gamberi, mentre l’Unione Europea chiede a Italia e Grecia di eliminare i minimi salariali – notizia quasi passata sotto silenzio dai tg statalizzati di matrice sovietica – in modo che si possano avere stipendi da fame per i dipendenti privati e utili strasferici per le imprese , nel nome del risanamento e della competitività. Ma lavorare alacremente è assai difficile, oltretutto se sotto la minaccia di licenziamento per scarsa produttività e contratto a termine.. Ma da parte della “grande politica”: silenzio di tomba. Così come è passata come una folata di vento la lettera “segreta” che la BCE, pubblicata poi sul Corriere della Sera, degli “inviti” che la Banca Centrale Europea fa all’Italia – gli stessi inviti alla razionalizzazione che sono stati fatti alla Grecia, e che sta andando a ferro e fuco.

“Forza Gnocca” è lo slogan del premier per il nuovo partito, composto da mignotte e affini al potere e mentre ieri, le televisioni di mezza Europa davano nei canali satellitari la conferenza stampa di Jean-Claude Trichet, i canali della tv di Stato, compresa Rai News 24, si baloccavano in banali servizi da provincia di basso impero, mentre negli altri Paesi – civili – andava in onda la diretta, dalla BBC, ai canali francesi e spagnoli, con tanto di traduzione simultanea. E poi l’alta politica fa appelli al senso di europeismo degli italiani, salvo negare ai cittadini la possibilità di vedersi un programma europeo. Ma due canali di Sport, Rai sport 1 e 2, sono necessari. Panem et circenses, dicevano i latini per rendere il popolo romano imbelle e disinteressato alle faccende dell’impero.

In l’Italia la Tv di Stato, ridotta a un colabrodo dettato dal crollo degli ascolti per via dell’”allontanamento” avendo posizioni non allineate con il “Partito della Gnocca” dei Santoro, Galbanelli e Dandini, ma con la presenza quasi quotidiana di Giuliano Ferrara, con il suo Radio Londra, che fa collassare, in quanto i telespettatori manco vogliono vederlo, gli ascolti della prima serata, con evidenti perdite di introiti pubblicitari da parte della Tv di Stato…

Come non si può non ricordare l’assenza di idee da parte di un’opposizione lacerata che litiga anche sul grado dell’ebollizione dell’acqua e sulla ricetta degli “spaghetti aglio, olio e peperoncino”, con un segretario del Pd, che oltre a fare le solite battute, e non si sa se sia Crozza che copia da lui o viceversa, non sapendo ribadire altro se non che “il governo se ne deve andare”, ma proposte da presentare agli italiani: zero assoluto, vuoto pneumatico e populismo elevato all’ennesima potenza. L’Italia merita il declassamento, l’andare giocare con le serie cadette, riducendosi a Paese terzomondista, perché sono maturati, arrivando al pettine, i frutti geneticamente degenerati di una politica – non importa da che parte provenga, a causa di una mentalità provincialista e caciottara – ,che ha ridotto il Paese a un groviera, dove le unico ossa da spolpare è quella dell’aria satura di smog e delle fellone rie quotidiane a cui si assiste.
Non manca molto prima che gli italiani, stanchi e alla canna del gas, inizino a comportarsi come i greci o come i libici, come i cittadini scesi in piazza durante l’estate araba, con le sommosse popolari a cui si è assistito.

L’Italia è un Titanic che affonda, non perché scontratosi con un iceberg, ma perché per decenni è stato capitanato da comandati scellerati, ufficiali ubriachi di potere, amanti dell’intrallazzo, delle pugnalate alle spalle, che giorno dopo giorno si sono affardellati a massacrare non solo i sottoufficiali che garantivano i servizi, ma seviziando, violentando, vessando, sodomizzando, uomini, donne, anziani e bambini, che hanno pagato lauti biglietti annuali d’imbarco e con le vettovaglie pagate a prezzi di borsa di strozzo, alla fine affogando nell’acqua salmastra, gelidamente fetida dei debiti contratti dai vari armatori voraci, che hanno solo pensato alla ripartizione degli utili, scaricando le perdite sui passeggeri.

L’Italia si merita lo sberleffo quotidiano dei media internazionali, che la dipingono come il Paese delle banane, per via della classe politica vuole che i cittadini producano banane dritte, quando di natura sono ricurve, ordinando agli italiani di raddrizzarle, infilandogliele in quel “antro” che tutti usano nella privacy del bagno.



Marco Bazzato
07.10.2011