lunedì 11 agosto 2008

Guerra Russia e Georgia


Mettiamo il caso che il Texas, Stato americano, ricco di petrolio, decidesse, dietro laute sovvenzioni politiche da parte di Mosca, di diventare filo-russo. Mettiamo che il ricco Paese americano, che ha cresciuto – e i risultati si vedono – il dittatorello ad alto tasso alcolico George W. Bush per un colpo di follia – pagata profumatamente, come è accaduto alla Georgia, dalle fondazioni d’estrema destra statunitensi – d’entrare sotto l’ombrello militare dell’ex impero sovietico. Come si pensa che reagirebbe, ad un simile affronto, il governo di Washington? Andandoci, dopo averci provato in tutti i modi con la diplomazia, giù come meritano, con la mano pesante – vedi Iraq, trasformato in un prato d’erba morta per il golf, ricoperto di crateri, che fungono da buche – senza badare alle sottigliezze, colpendo tranquillamente ospedali, case di cura, aeroporti e infrastrutture in generale per ridurre ai miti consigli lo Stato reazionario, usando senza ritegno, al pari degli americani, armi al fosforo, o all’uranio impoverito, ossia le cosiddette armi di terza generazione.

Non va dimenticato, che i primi a dare il via alle danze, sono statati, sotto consiglio spassionato americano, i georgiani, che hanno attaccato l’
Ossezzia del sud, da sempre filo-russa, costringendo alla fuga, stando alle notizie, circa trentamila persone.

Tra l’altro, vanno ricordate le coincidenze dell’attacco georgiano alla provincia ribelle. Prima coincidenza: la data scelta: l’apertura delle Olimpiadi, con gli occhi del mondo puntati su Pechino.

La seconda, non meno grave della prima, che sicuramente la più importante, riguarda il prezzo del petrolio: in questi giorni, sceso dopo tre mesi, sotto i 120 dollari. Discesa ancora legata ai timori dei mutui
subprime e il pericolo di recessione in America, ma non solo. Da sempre la guerra, soprattutto quelle dal ventesimo secolo fino ai giorni nostri, scoppiano sempre per problemi economici interni, dei paesi che la iniziano, o che sottobanco le finanziano, per deviare l’interesse dai cittadini, dai problemi di casa propria.

Nei prossimi giorni, infatti, complice la “feroce aggressione” russa nei confronti dell’inerme Georgia, il prezzo del petrolio, con gioia degli speculatori americani, ma anche europei e delle maggiori compagnie petrolifere, in Italia Eni in testa, provocheranno una nuova fiammata dei medesimi, complice, diranno i media, la tensione – ispirata dagli americani – nella zona caucasica, facendo impennare, con la velocità di uno shuttle in fase di decollo i prezzi alla pompa dei carburanti, che in Italia, come sempre scendono con la lentezza esasperante delle lumache, dovuta secondo i petrolieri, maggiori proprietari delle stazioni di servizio in Italia, ai ventennali problemi di una razionalizzazione, che non vuol mai essere compiuta, perché altrimenti toglierebbe loro il motivo delle giustificazioni puerili e banali, comprese le accuse, provate più volte in passato di cartelli tra compagnie petrolifere.

Va ricordato, che i russi, come da abitudine anche americana, hanno picchiato sin dall’inizio, senza troppi complimenti, evitando, come da tradizione slava, d’usare il guanto di velluto, nei confronti di un Paese, si indipendente, ma da almeno dieci anni, sovvenzionato, dalla superpotenza statunitense, che spaventata dal declino economico interno, e d’influenza, cerca d’annettere, con la scusa della guerra al terrorismo, paesi che per tradizione e per vicinanza strategica, ruotano attorno a ben altre e più potenti nazioni. E la Georgia con la sua
rivoluzione delle rose.

Oggi, che l’america si meraviglia dell’attacco russo nei confronti della Georgia, accusando Mosca di reazioni militari sproporzionate, ma si dimentica che al tempo della
crisi dei missili di Cuba, quando furono i russi a fare lo scherzetto agli americani, i quali, come si sa, non la presero certo bene, decretando l’embargo nel 1960, perdurato quasi fino ai nostri giorni, nonostante l’O.N.U. abbia provato a farle rimuovere, ma sempre senza successo, a causa del dinego statunitense, che quando si tratta d’affamare popoli, è sempre in prima linea.

Tra le tante cose ridicole, di questi giorni, la telefonata fatta da Berlusconi, emulo di
Putin, per quanto riguarda l’abbigliamento da ex kapò del KGB, che dopo la telefonata, forse si è incazzato ancor di più sentendo il classico “mi consenta”, dando l’ordine d’intensificare i bombardamenti.

In questa delicata contesa, oltre al petrolio, elemento fondamentale per l’economia mondiale, ed Italiana soprattutto, visto la nostra annosa mancanza, non solo del medesimo, ma anche di forme alternative d’energia, come il nucleare, o fonti d’energia rinnovabili, che all’occhio dell’Europa ci fa apparire come tossicomani del petrolio, in eterno rischio di crisi d’astinenza,,c’è in ballo, il medesimo concetto di sicurezza, che al pari degli americani, i russi, non vogliono paesi alleati col fronte opposto nel giardino di casa.

Certo, sotto l’aspetto umanitario e di perdite umane, l’aggressione georgiana prima nei confronti dell’Ossezia, e la reazione, commisurata al grado di pericolosità per la sicurezza dei russi, è una tragedia, sia per l’enorme numero di profughi, sia per le migliaia di vite umane georgiane perdute nei primi tre giorni di combattimenti. Ma sotto l’aspetto geolpolitico- strategico, le perdite georgiane sono da considerarsi, come amano dire americani ed europei, quando si tratta di civili iracheni o afgani semplici “
Danni Collaterali” irrisori e necessari, per questo, anche nei media occidentali ed italiani,in particolare, non fanno mai notizia, e quindi lo stesso concetto, visto che le vittime, rispetto alle due guerre, spacciate per missioni umanitarie armate da parte della Nato in Iraq ed Afganistan, devono essere politicamente considerate irrisorie, se non si ha il coraggio di parlare di sterminio di due nazioni per i Paesi sopraccitati, non si capisce perché, visto che quando si parla di diritti umani violati si debba gridare oggi allo scandalo per le vittime georgiane, tacendo, come affare interno Russo la medesima catastrofe umanitaria che da anni vede coinvolta la Cecenia. Silenzio tenuto dalle due super potenze, quando si tratta di scambiarsi favori sulla pelle altrui, in quanto gli americani non hanno interessi vitali in Cecenia, ma in Georgia si.

D’altronde, prima d’accusare, senza riflettere la Russia, bisogna provare ad immaginare cosa potrebbe accadere ad una nazione europea, se decidesse d’uscire dalla Nato, scegliendo, dopo che i politici locali, adeguatamente foraggiati, magari in nero, da fondazioni private russe, come accaduto alla Georgia da parte americana, il mettersi sotto l’ombrello protettivo dell’ex, ma non troppo ex gigante sovietico, con la scusa della guerra al terrorismo, non importa di che matrice, quella islamica oggi, è un pretesto buono come un altro, come in passato era buono il pretesto
Maccartista.

Gli Stati Uniti e la
NATO non accetterebbero mai di buon grado la scelta di democrazia del paese dissidente, tanto più se U.S.A. e Nato decidessero d’attaccare “Lo Stato canaglia che aggredisce qualche sua provincia,perchè vuole rimanere sotto l’influenza atlantica, la reazione americana prima, in conserto con le forze della libertà del patto atlantico, sarebbe forse paragonabile, se non superiore al bombardamento di Dresda, che in quattro giorni, dal 13 al 15 febbraio 1945, provocò, secondo alcuni storici, dai 25.000 ai 35.000 morti, cifra oggi dieci volte più bassa di quella causata dai russi in tre giorni di bombardamento a Tiblisi, capitale della Georgia.


Marco Bazzato
11.08.2008
http://marco-bazzato.blogspot.com/

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