giovedì 11 ottobre 2007

Italiani bamboccioni?


In una recente esternazione, il ministro delle finanze Tommaso Paoda Schioppa, ha definito i “giovani” – spesso over 30 – dei bamboccioni, perché non vogliono lasciare il nido di casa e le gonne della mamma, preferendo farsi lavare, quasi vita natural durante, mutande sporche e calzini puzzolenti.
Certo, guardando le statistiche italiane, non si può dire che il ministro abbia torto, ma resta il fatto, che negli ultimi vent'anni, i media, specie la pubblicità, hanno alimentato il mito del giovane mammone, dando così la scusa allo Stato di legiferare contro di loro, vedi il crescente precariato, che non contribuisce a generare sicurezza economica procrastinando l'uscita dalle mura di casa.
Naturalmente politica e propaganda pubblicitaria, non sono - secondo loro - responsabili dei danni generazionali creati. La politica, deve pensare al benessere generale - dice - perdendo, però di vista l'interesse primario, che è l'evoluzione, anche tramite l'uscita di casa, della società. Mentre, la pubblicità, deve occuparsi della vendita di pasta, detersivi, e pannolini per signora, infischiandosene delle eventuali conseguenze sociali, che certi spot - martellanti - producono nella psiche dei telespettatori. Senza dimenticare il fenomeno nuovo, generato dalle continue proposte di prestiti, da parte di banche e società specializzate, nei confronti dei precari, che se da una parte aiutano a superare le difficoltà dell'attimo, alla fine, come il caso dei prestiti al consumo, contribuiscono a creare un’economia non del risparmio, ma del debito eterno.
Esiste anche la responsabilità familiare, un protezionismo nei confronti dei figli, che non ha eguali in natura. Oggi i genitori, piuttosto che vedere il matuso-pargoletto in difficoltà, sono disposti a segare in anticipo - metaforicamente parlando - le ali, riempiendoli di d'attenzioni, denaro, pagando l’auto di lusso, che spesso useranno per sfritellarsi - ubriachi marci - contro qualche albero, o peggio ancora, addosso a qualche innocente.
Le famiglie, specie le mamme italiane, nel loro protezionismo, credendo di far del bene agli eterni pargoli, uccidono psicologicamente, non dando la forza propulsiva, come ad un razzo che lascia la Terra—vincendo la forza di gravità del pianeta – verso lo spazio esterno, di volare, non permettono, vittime eterne dei loro sensi di colpa, di crearsi un’identità solida, che sappia farsi carico delle proprie responsabilità, non tanto solo nel formarsi una famiglia, passo ultimo per l'evoluzione della società, ma nemmeno di lavarsi un paio di pantaloni, stirarsi una camicia, o prepararsi un misero piatto di pasta.
Gli effetti sul lungo termine, sono già visibili: fidanzamenti eterni. Alcuni giovani, prima di dire il fatidico si, attendono anche dieci anni, per poi terminare l'esperienza matrimoniale, dopo meno di tre, stanchi fin dall'inizio di un rapporti che non avevano già da tempo, forse, più nulla da dirsi.
Donne ultra trentenni, che mettono al mondo il primo figlio e spesso l'unico sulla soglia dei quaranta, tanto che se le generazioni del secolo scorso vedessero le quarantenni odierne che portano a scuola bimbi di tre anni, penserebbero a loro come nonne, non come madri.
Il "Bamboccionismo” non è figlio del benessere europeo, ma figlio di una mentalità tutta italica che si è degenerata. Negli altri Paesi Europei, il fenomeno esiste, ma in modo meno marcato, dove il giovane, aiutato da sistemi fiscali e sociali all’avanguardia, e meno vessatori di quello italiano, ha l'interesse d'uscire dalle materne mura domestiche il prima possibile, per mettersi alla prova con se stesso, e per confrontarsi con una società, sempre in rapida evoluzione, con le spalle libere, e non eternamente coperte dalle premure di mamma è papà.
Una grossa colpa, continuano ad averla ancora i media, i nostri mezzi di comunicazione, che dimenticando, che una persona diventa legalmente adulta a 18 anni, continuano, nonostante già 800 anni fa, il sommo poeta Dante Alighieri, definisse con l'intramontabile verso della Divina Commedia: Nel mezzo di cammini di nostra vita...." la mezza età, i trentacinque anni, mentre oggi, si continua a scrivere di giovani trentacinquenni, di ragazzi di mezza età, perpetuando la castrazione psicologica del mito di Peter Pan, rendendo uomini fatti e finiti da anni, degli eterni immaturi, privi di spina dorsale, che vivono nell'illusione dell'immortalità delle madri, sempre disponibili a lavarli e stirarli, come fossero bambini da accompagnare all'asilo, ritrovandosi una generazione di "vecchi infanti" ed eterni "Baboccioni".

Marco Bazzato
11.10.2007
http://marco-bazzato.blogspot.com/