giovedì 28 marzo 2013
L’animalismo pasquale istiga all’antisemitismo?
Premetto che non mangio carne
d’agnello non per motivi ideologici, ma semplicemente perché non mi piace. Da
carnivoro nutro rispetto per quelle culture e religioni, partendo
dall’ebraismo, passando per il cristianesimo e arrivando all’islam, che
annoverano certi tipi di piatti nelle loro cucine tradizionali e/o festività
religiose, o preparati laicamente in tutti gli altri giorni dell’anno,
rispettando nel contempo, laici, agnostici e atei che sentono nel consumo di
qualsiasi tipo di carne, una necessità fisiologica inscritta nell’uomo dalla
natura stessa, traendone beneficio proteico e soddisfazione psicofisica.
Ed è sulla base di questa
premessa che la società civile, specialmente quella che affonda le sue radici
nelle tradizioni religiose giudaico-cristiane, che dovrebbe indignarsi contro i
movimenti animalisti, in quanto tentano di strumentalizzare con la loro
ideologia reazionaria anche le parole di Papa Francesco, facendo tra l’altro il
possibile per danneggiare, in un periodo di depressione economica, le avvizzite
casse degli allevatori di carne, in questo periodo pasquale,, che cercando di
incentivare, tramite un boicottaggio non dichiarato di matrice pseudo cristiana,
il consumo di carne di agnello.
Il tutto parte dai una articolo
trovato in rete, dal titolo:
“Pasqua, animalisti a San Pietro, basta strage agnelli, non è
cristiano” (1)..
Già dal titolo si parte con la
manipolazione della storia religiosa anche delle radici giudaico cristiane del
cattolicesimo romano e del cristianesimo, nelle sue diverse componenti
planetarie.
Joshua, nome comunissimo all’epoca,
questo è il vero nome di Gesù,era un ebreo, partorito da madre ebrea, vergine, figlio, secondo
la tradizione Cristiana, del Dio di Israele e che stando quanto scritto nei Vangeli, questi
confermò a Caifa, Sommo Sacerdote, nell’interrogatorio avvenuto dopo l’arresto
nell’orto dei Getsemani,, in seguito del tradimento di Giuda Iscariota, voluto
e/o accettato da Dio, operato per mezzo
di Satana.
Ed è sulla base di questo che va
ricordato che Joshua per 32 anni, ha seguito la tradizione degli anziani, visto
che anche leggeva e commentava la Torah,, ossia i Rottoli della Legge, nelle
Sinagoghe o nel Tempio, dove tra gli altri testi sacri ci sta anche il Pentateuco,
con è scritta la narrazione dell’Esodo
verso la Terra promessa, Israele:
“l Signore disse a Mose e ad Aronne nel
paese di Egitto: «Questo mese sarà per voi l’inizio dei mesi, sarà per voi il
primo mese dell’anno. Prendete tutta la comunità di Israele e dite: Il dieci di
questo mese ciascuno di voi si procuri un agnello per la famiglia, un agnello
per casa. Se la famiglia fosse troppo piccola per consumare un agnello si
assocerà al suo vicino, al prossimo della casa, secondo il numero delle
persone, calcolerete come dovrà essere l’agnello, secondo quanto ciascuno può
mangiare.” Esodo,
12, 1-4.
Quando Joshua di Nazareth si è
recava a Gerusalemme, ci andava anche per celebrare in primis la pasqua ebraica
e l’Alleanza che Dio aveva stretto con il popolo di Israele. Infatti una delle frasi pronunciate nell’”Ultima
Cena”, istituendo l’Eucarestia fu questa:
«Ecco l’agnello di Dio che toglie i peccati del mondo, fate questo in
memoria di me.»
conscio che ci sarebbe stata la
morte in croce. Con questa frase Joshua non ha annullato Alleanza, fatta da Dio
con Mosè sul Monte Sinai, e con il suo popolo, a favore della Nuova Alleanza, instituita
durante l’Ultima Cena, ma l’ha integrata – “Non
sono venuto per abolire, ma per dare compimento” Mt. 15, 17 – creando un
legame di continuità, grazie o nonostante le differenze, religiosamente e
tradizionalmente indissolubile.
Ed è alla luce di questo legame che Giovanni
Paolo II, durante la sua storica visita alla Sinagoga di Roma, chiamò gli ebrei
“I fratelli maggiori!”..
E alla luce del paragrafo predente che l’attacco reazionario alla
tradizione ebraico-cristiana, potrebbe anche essere considerato come un
atteggiamento antisemita, in quanto contro anche la tradizione di Pesach, la Pasqua ebraica, che
quest’anno inizia il 26.03 e termina il 02.04, che come per quella cristiana,
contempla la consumazione di carne di agnello, secondo i dettami e le modalità
delle rispettive tradizioni religiose. Ma gli animalisti non hanno avuto il
coraggio di andare a manifestare apertamente contro la medesima tradizione,
innanzi alle sinagoghe o davanti all’ambasciata di Israele. Per questo forse usano “l’attacco indiretto”,
recandosi a Piazza San Pietro, perché il cristiano porge l’altra guancia, fino
a quando non muore perché gli viene spezzato l’osso del collo a suon di
ceffoni.
I fautori della protesta, prima
di andare sotto le finestre di Papa Francesco, se cattolici-cristiani,
avrebbero dovuto ripassarsi le Sacre Scritture, in modo da non fare propaganda e proselitismo settario, altamente
fuorviante, passando da ignoranti matricolati, circa i dettami basici del cristianesimo,
traviando i fedeli,, con“pensieri, parole
opere e omissioni”, dove oltre che
essere anticristiane, a causa di un ideologia di matrice fondamentalista, sono false e nemiche non solo della tradizione
giudaico-cristiana ma anche
dell’industria zootecnica e della filiera legata alle carni di animale,
l’agnello in questo particolare momento., animati dalla volontà pervicace di
incrementare la crisi ad un settore che da lavoro, tra diretto e indotto, a
centinaia di migliaia di persone, solamente in Italia.
E se sono agnostici, razionalistici, laici,
atei o semplici animalisti mal scolarizzati, sarebbe bene che si informassero –
oppure avrebbero dovuto nuotare entro il loro stagno – circa i gusti alimentari
di Joshua di Nazareth, che non ha mai disegnato la carne, essendo un piatto tipico
della cultura ebraica di allora così come nell’ebraismo contemporaneo.
Gesù poteva essere tutto, ma non era un fanatico
animalista. Infatti in tutto il Pentateuco per gli Ebrei, Antico Testamento,per i cristiani, partendo dal sacrificio che Abramo doveva fare
al Dio di Israele, offrendo in olocausto suo unico figlio Isacco, ma Dio
vedendo la fedeltà di Abramo gli comandò di offrirgli in olocausto un ariete
impigliato in un roveto Genesi, 22, 1-13, o come sta scritto nel Levitico: 3, 1-17, e in
particolare il versetto 5 che dice: “I figli di Aronne lo bruceranno sull’altare, sopra
l’olocausto, posto sulla legna che è sul fuoco: è un sacrificio consumato dal
fuoco, profumo soave per il Signore”.
Così come nel Nuovo Testamento, con
la parabola del Figliol prodigo,
quando al ritorno di costui, il padre ordina di macellare il vitello grasso,
nonostante che il secondogenito avesse dissipato tutta la sua parte di eredità,
tornandosene alla casa del padre, pronto a essere il più umile tra gli umili
dei suoi servi. Fedi Luca, 15,11-32.
Ormai è chiaro l’intento
animalista: traviare le coscienze poco istruite a riguardo i temi religiosi,
manipolando il contesto storico dei testi ritenuti sacri dalle due confessioni,
quella ebraica e quella cristiana, dando un immagine del cristianesimo e del
cristiano, contestualizzandola solo all’interno della realtà contemporanea, e
non in Eterno Presente, , per dare un immagine difforme anche alla luce della
Torah , dell’Antico e del Nuovo Testamento.
Mentre, per essere oggettivi,
l’eventuale invito a non consumare carne dovrebbe essere slegato dalla fallace
e volutamente malevola manipolazione dei Testi Sacri, ma portando argomenti che
forniscano una base scientifica oggettiva, scevra dall’intento palese o occulto
di danneggiare non solo delle culture religiose, ma anche il tessuto zootecnico,
già pesantemente compromesso dalla crisi economica.
Termino con una nota personale:
augurando buona Pasqua a tutti i cristiani, i cristiani ortodossi la
festeggiano il 5 maggio e agli ebrei per il loro Pesach già iniziato, che terminerà il 02 aprile.
Marco Bazzato
28.03.2013
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mercoledì 27 marzo 2013
“Donne in Gioco”di Michelle Bovev
Sono le 11 di mattina del
27.03.2013 ora bulgara, quando inizio a scrivere questo pezzo e non dovendo
smaltire una sbornia a base di rakia, vodka, birra, vino, batida de coco,
limoncello e tequila, perché non bevendo né alcolici né superalcolici – a parte
che in pochissime occasioni speciali – manco li detengo in casa. Sto comunque
cercando di rimettere in ordine i pezzi della fiction tv, mandata in onda ieri
sera da Canale 5, in
prima serata, e che terminerà, a Dio e a Mediaset piacendo, questa sera, “Donne in Gioco”.
Lo show, che nelle intenzioni
della produttrice-sceneggiatrice-regista-attrice, Michelle Bonev, al secolo Dragomira
Boneva. Драгомира Бонева, ove Dragomira non sta per femmina dall’alito di drago,
ma per “Cara al Mondo”, nelle
intenzioni doveva essere una fitcion drammatica, pregna di “tensione interiore”,
per citare un liottismo usato e abusato in un romanzo di un autore napoletano, ma
non ha fatto altro che farmi scompisciare dalle risate, costringendomi a un via
vai all’urinatioio per smaltire la sbronza di sganasciate strappa mandibole,
che abitualmente avvengono durante la visone di b-movie “catastrofici” degli
anni ’50-’60 o dopo l’ennesima replica de “La
fuga del cavallo morto” o di “Ghiacciaio
in fiamme”.
Descrivere la fiction è banale
come la fiction stessa. L’unico problema sta nel trovare gli aggettivi e le
metafore confacenti all’opera.
Sceneggiatura: assente o non pervenuta! Il canovaccio è così
sottile che manco può essere utilizzato nemmeno per togliere la polvere da una
vetrata panoramica, priva di vetri, in uno chalet a Borovetz, Боровец!
Regia: per rispetto nei confronti di una sentenza giudiziaria mi
rivolgerò alla regista, Michelle Bonev, usando il maschile, avendo come
regista, diretto da cani gli attori, cosa che potrebbe offendere le razze di
canidi nel pianeta. Probabilmente la
fiction sarà studiata all’Accademia Nazionale di Arti Teatrali e Cinematografiche
di Sofia, come esempio di come non deve essere diretto e/o recitato un film o
una fiction, perché altrimenti Stanislavskij, al secolo, Konstantin Sergeevič Alekseev. in
russo, Константин Сергеевич Станиславский, bestemmierebbe per l’eternità.
Testi e dialoghi: Una persona potrà vivere in Italia anche da più
di un decennio, avere il passaporto italiano, ma rimarrà sempre straniera, in
quanto i pensieri, formatisi nell’infanzia e nell’adolescenza e nella prima età
adulta, permangono per sempre, e i dialoghi di “Donne in Gioco” risentono di questo. Infatti, anche se scritti
direttamente in italiano, sono “viziati” del modo di pensare della lingua e
della cultura bulgara, avendo significati non retorici in quanto
contestualizzati entro un lessico e un idiomatismo strutturato, secondo la
lingua e la cultura di origine, mentre
in italiano, se non adattati da validi
professionisti, risultano pensanti e ampollosi, soventemente ripetitivi. È
starano che nessuno abbia fatto notare la cosa alla “produttrice-sceneggiatrice-regista-attrice!”.
Oppure se ci hanno provato, costei essendo piena di se per dar retta ai
consigli altrui, avendo acquisito l’umiltà di alcuni italiani, del “So tutto io”|,
li ha ignorati. Forse si credeva Mel Gibson, sceneggiatore, regista e uno dei
produttori di The Passion of Christ,,
che fece ripetere 48 volte la scena del lancio dei 30 denari a Giuda.
Recitazione di Michelle Bonev: ha recitato? In molti potrebbero obiettare che se
ha recitato, lo ha fatto diversamente bene. Si possono contare sulla punta
delle dita gli attori-registi che godono dell’oggettività e del senso critico-
estetico nel saper riconoscere in se stessi, nelle vesti di regista, quando recitano
a livelli superati senza il complesso della telecamera da Cita, l’”antenato”
quadrumane ma contemporaneo di Tarzan, ma la Bonev non appartiene a questi
pochi eletti, a questi mostri sacri. Da ultimo ma non certo meno importante:
l’accento. Michelle Bonev, è nativa di
Burgas, Бургас, nel Sud Est Bulgaria. Per i puristi bulgari
gli abitanti di queste zone hanno una cadenza, il “meko” che li fa sembrare
quasi come se parlassero con cadenza russa, visto che la “L” e le vocali
vengono ammorbidite, con le frasi e/o parole, invece di uscire “secche e dure”,
sono come allungate, cantilenanti. Un po’ simili come “musicalità” a quelle dei
veneti.
La cosa che salva l’onore bulgaro
è che Dragomira Boneva, Драгомира
Бонева, Michelle Bonev, ha passaporto italiano. Per questo Wilkipedia, nelle
pagine bulgare così come in quelle italiane, non le dedicano che poche
striminzite righe. Un po’ come se fosse figlia di N.N.
Recitazione degli altri attori: mediocre. Ma la colpa non è di
costoro ma della regista che non ha saputo dirigerli, in quanto la Bonev ha un
background sociale e ambientale, anche e soprattutto nei suoi inizi di
“carriera” appena giunta in Italia agli “antipodi inginocchiati,” rispetto al cinema, regia e recitazione cinematografica
o teatrale. In alcuni momenti sembrava d’essere all’interno della parodia in
salsa brasiliana da telenovelas dei “Promessi
Sposi,” di Anna Marchesini, Massimo Lopez e Tullio solenghi, con i
personaggi che assomigliavano a tanti Pedro Ghilberto Imenez Perito per Aria, o
a quello di un palazzinaro laziale, eternamente rosso come un gambero
lampadato, “Che non vende sogni, ma solide realtà”.
Questa produzione
bulgaro-italiana della Romantica Entertainment – la casa di produzione di
Michelle Bonev, che per scrivere – male – la sceneggiatura ci ha impiegato
quasi due anni – e RTI, non rappresenta la cinematografia e le fiction bulgare,
passate e contemporanee, avendo abbassato all’inverosimile la recitazione degli
attori bulgari che vi hanno preso parte,
alcuni veri mostri sacri in patria –
ove la Bonev non viene, per dirla
con un termine gergale tutto italiano, “cagata
manco di striscio” – degradando la
recitazione anche degli attori italiani che apparivano come burattini smarriti
e guardavano verso la macchina da presa senza sapere in che direzione sarebbero
stati gettati. Primi tra tutti Lando Buzzanca e Martina Colombari: due statue
di gesso.
Location e fotografia: campi stretti, primi piani malfatti e
fotografia da B movie degli anni ’80, fatta, in totale economia. Niente a che
vedere con le produzioni di Pietro Valescchi della Taodue o le regie di Alexis
Swet. Le immagini il più delle volte sembravano smorte, sgranate, e una
definizione così’ bassa che non si è vista nemmeno ai tempi di Kojak,
1973-1978.
A tirar le somme ci si trova innanzi
ad uno show quattro ore,diviso in due
parti, di pessima qualità. Ieri mattina anche se Federica Panicucci a Mattino
Cinque cercando di non dimostrarlo, sembrava nutrire dubbi abissali sulle
qualità artistiche dell’italiana Michelle Bonev – produttrice,sceneggiatrice, regista
e attrice e di tale egocentrismo
sparagnino fa sembrare “Donne in Gioco”
come ne “La famiglia del professore matto”con Eddy Murphy – presente in studio per promuovere, al pari di uno scrittorino sconosciuto, la sua
autoproduzione cinematografica, in quanto nessuno le offrirebbe un lavoro né come
sceneggiatrice, né come regista e né tantomeno come attrice.
I mostri sacri del cinema
bulgaro, primi tra tutti gli attori Stefan Danailov, Hristo Shopov, o registi
come Binka Zeliaskova ,Anri Kulev, Ivan
Nichev, Metodi Andonov o sceneggiatori come Boris Hristov,, Kiran Koralov, solo per citare tra
i più noti in Bulgaria, alcuni totalmente sconosciuti in Italia probabilmente
diranno tra di loro, non ammettendolo mai pubblicamente, che con “Donne in Gioco”non ha vinto per fortuna
la cinematografia bulgara, ma l’arrivismo della mediocrità della
naturalizzazione italiana, come proseguo
del deludente esordio di Michelle Bonev alla regia nel film – fisco – “Goodbye
Mama,” e le meritatissime polemiche
mediatiche in seguito al premio – politico –
ricevuto alla Mostra del Cinema di Venezia, si ripete in uno show che si
muove nella direzione d opposta rispetto all’eccellenza,. A detta di tanti addetti ai lavori non fa altro che
rafforzare l’idea che “Donne in Gioco”
non sia altro che un Голямо гюбре, essendo
“l’opera” la nemesi della fiction televisiva,
e i 3.311.000 telespettatori italiani lo stanno a dimostrare. E Mediaset, per non gettare troppo denaro al
vento, facendo infuriare gli inserzionisti pubblicitari, presupponendo uno
share quasi da seconda serata, ha preferito metterlo in programmazione in
concomitanza con la partita Malta-Italia, per nascondere, sotto il tappeto
della scusante della nazionale di calcio, la genesi di un progetto
fallimentare, concepito peggio di due neonati morti a causa di un aborto a
nascita parziale.
Marco
Bazzato
27.03.2013
martedì 26 marzo 2013
Magdi Allam abiura il cattolicesimo romano
Mai fidarsi di un apostata! Nascondono
in se il seme del fanatismo.
In molti nutrirono serissimi dubbi
nel 2008 in
occasione del suo battesimo, comunione e cresima celebrati in pompa manga dall’allora
Papa Benedetto XVI, usati a mo di propaganda clericale dalle tv di Stato e non
solo, nella speranza di reclutare nuovi adepti (1),
con tanto di show televisivi che inneggiavano alla forza del messaggio cristiano,
che batte e converte, conducendo apostasia,
i credenti di altre religioni.
Ma ieri la doccia fredda è
arrivata ieri con il suo articolo di abiura del cattolicesimo romano, anche se
non è chiaro se si senta cristiano e battezzato, oppure se abiuri anche il
battesimo stesso, impartitogli dall’oggi Papa emerito, Ratzinger.(2),
in questo caso sarebbe giusto che si sbattezzasse, scaricandosi dal sito
dell’UAAR, Unione Atei e Razionalisti, l’apposito modulo, cosa che potrebbe
essere impossibile in quanto Magdi Allam è stato battezzato in uno Stato
straniero e teocratico. Teocratico come le teocrazie islamiche che avverma
d’aver sempre combattuto a suon di articoli.
E leggendo alcuni brani della sua
lettera si rimane basiti da come questo egiziano con passaporto italiano,
rinneghi, abiurandole le proprie origini. Infatti in un punto scrive:
“…Sono contrario al buonismo che porta la Chiesa a erigersi a massimo protettore degli immigrati, compresi
e soprattutto dei clandestini. Io sono per l’accoglienza con regole e la prima
regola è che in Italia dobbiamo innanzitutto garantire il bene degli italiani…”
Quello che relativizza è
ignorante sulle dinamiche non solo cattoliche, ossia dello Stato Città del
Vaticano, ma anche su quelle propriamente cristiane, a dispetto del suo pomposo
e superbo nome “Cristiano”, dimostrando un’assenza di conoscenza della
spiritualità cristiana fuori dal comune per un “italiano” solo di passaporto,
ma non svezzato all’italiana, ma con tutto il rispetto per la cultura egiziana,
all’egiziana ,dove leggendo quanto sopra
riportato fa venire in mente una vecchia barzelletta razzista del nord Italia:
Ci sta una famiglia meridionale, dove nono riuscendo a trovare lavoro
nella loro regione decidono di trasferirsi al nord, usando mezzi di fortuna.
Arrivati sula riva del fiume Po’ e non avendo denaro per pagarsi
l’attraversata, decidono di andare sull’altra sponda a nuoto. Si getta prima il
padre, poi la madre e via via gli altri tre figli. Il padre, la madre e due
figli raggiungono la riva, stremati. Ma l’ultimo, il più piccolo fatica sempre
di più e spinto dalla corrente contraria viene quasi ricacciato indietro,
finendo sottoacqua quando entra in un mulinello, iniziando a chiedere aiuto. Ma
gli altri componenti della famiglia lo guardano con disprezzo fino a quando non
smette di gridare stremato annega. E il padre sorridendo: «Meglio così, era
solo un terrone!» Divenuti settentrionali partono alla ricerca di fortuna.
Madgi “Cristiano?” Allam, è il
prototipo tipo dell’immigrato che ha dimenticato da dove è partito e chi era.,
essendo nato egiziano, con sangue egiziano, sempre con il massimo rispetto per
gli egiziani che hanno sangue e cuore
migliori del suo, e perché ha in mano uno straccio di passaporto italiano ,vive
nella superbia di essere diventato migliore di tanti suoi connazionali e
immigrati, anche migliori di lui, che non hanno avuto la sua stessa fortuna e
appoggi politici.
Va ricordato che Magdi “Cristiano?”
Allam ha sempre sfruttato l’Italia e l’ottusità di certi italiani in quanto si
è sempre nascosto dietro il paravento d’essere un nemico di qualsiasi forma di
integralismo e a favore dell’integrazione mentre scriveva per il Manifesto,
giornale comunista, favorevole all’apertura indiscriminata delle frontiere,
proprio come lui, per poi passare a Repubblica e poi al Corriere della Sera,
salvo adesso sembrare un Erminio Boso o il prosindaco di Treviso, Gentilini, o
uno gli esponenti atei di Forza Nuova.
Facendo una breve ricerca in rete
si trova che domenica 16/02/2007 rilasciòun’intervista a Stefano Lorenzetto, de
Il Giornale (3),
dove al termine dichiara quanto segue:
“Una volta ti sei persino
accostato all’eucarestia.
«Sì al Cairo, avrò avuto 13-14 anni. Agii di impulso, pur sapendo che
era un atto blasfemo, non essendo battezzato. Ho sempre provato attrazione per
la religiosità, anche quando mi sono cono professato ateo o agnostico. Oggi
sono convinto che l’occidente possa riscattarsi solo riscoprendo Dio.»
Che cosa ti impedisce di
convertiti al Cristianesimo?
«Niente e nessuno. Il giorno che decidessi di farlo, sarei orgoglioso
di annunciarlo.»”
Mentre il 23 maggio del 2008
scrive il giorno seguente alla sua iniziazione battesimale, a quella
eucaristica e alla confermazione cristiana, nel Correre della Sera:
«Indubbiamente l’incontro più straordinario e significativo nella
decisone di convertirmi è stato quello con il Papa Benedetto XVI, che ho
ammirato e difeso da musulmano per la sua maestria nel proporre un legame
indissolubile tra fede e ragione come fondamento dell’unica civiltà umana, a cui aderisco pienamente da
cristiano, ispirandomi di nuova luce nella missione che dio mi ha riservato.»
Semplicemente leggendo gli
stralci di questi due testi si possono mettere in luce le enormi contraddizioni
e/o menzogne che emergono. Il 16/02/2007, a domanda risponde: “Ho sempre provato attrazione per la
religiosità, anche quando mi sono cono professato ateo o agnostico…” mentre
solo 13 mesi dopo , “.., che ho ammirato
e difeso da musulmano per la sua maestria nel proporre…”sconfessandosi con
le sue stesse mani, in quanto ora come allora non si capisce se e quale
religione abbia mai professato.
Ieri con la sua abiura nei
confronti del cattolicesimo romano, apparsa nel sito “Io amo l’Italia”, l’ex
giornalista, l’ex politico, che evidentemente ha bisogno di farle parlare di se,
in quanto già nel 2011 aveva dato prova di quanto disprezzasse l’Italia che gli
ha dato un passaporto, che sfortunatamente gli era dovuto per legge,
permettendogli di candidarsi ad un seggio al Parlamento Europeo, risultando tra
i fanalini di coda in quanto a presenze, abbia nel corso degli anni sputato addosso al
tutti i piatti che l’hanno sfamato,. (3).
Ergo chi o cosa sarebbe Magdi
“Cristiano?” Allam? Un egiziano con passaporto italiano, musulmano, ateo,
agnostico, cristiano a seconda della convenienza dell’attimo, entrato piano
piano entro i gangli del potere italiano, per poi tornare verso l’oblio della periferia,
rinchiuso in un dimenticatoio mediatico, tanto più che oggi il pericolo
islamista radicale sembra lontano, visto che l’onda lunga dall’11 settembre in
poi, senza dimenticare la morte di Bin Laden, sta cercando una rivalsa e un
riscatto sociale, dopo essersi bruciato da solo la terra sotto i piedi, per
puro calcolo dilettantistico?
Esiste per carità il diritto
dell’uomo di evolversi e di cambiare opinione, altrimenti rimarrebbe arroccato
all’età della prima infanzia. Ma bisogna capire se il cambiare opinione è
frutto di maturazione interiore o se di freddo calcolo cinico, legato a
interessi più ampi. In ogni caso è chiaro che il fenomeno Magdi “Cristiano?”
Allam è mediaticamente ridotto al lumicino e che la grande notizia di ieri,
oggi appartiene alla storia e agli esempi diversamente positivi da ricordare a
futura memoria dei posteri.
Nel dizionario della lingua
italiana, alla parola Abiura, si legge:
Nel cristianesimo e nell’islamismo, solenne rinuncia ad un'altra
religione o dottrina considerata falsa o erronea. Formula scritta o orale, nella quale si
esprime tale rinuncia.
Magdi Allam è figlio di quell’integralismo
e culturale relativista, a seconda delle convenienze, della società in cui è
nato e cresciuto. Può cambiare casacche , bandiere e religioni ma rimarrà un integralista sempre. La sua prima battaglia, persa in partenza, è
contro se stesso, anche se ha sempre voluto rimuovere il problema profondo che
del malessere che lo assale.
E quindi resta da spere se dopo
aver abiurato per la seconda volta, prima l’islam, tramite l’apostasia e poi il
cattolicesimo romano, forse per passare alla prima delle tre religioni
Abramitiche, attraversando il Mar Rosso e pellegrinando simbolicamente per
quarant’anni per giungere in Israele, abbracciando l’ebraismo, sulla scia del
suo libro, “Viva Israele” del 2007,
così che non potrà più essere criticato, in quanto altrimenti le critiche
legittime potrebbero essere lette come critiche antisemite e antisioniste.
Marco Bazzato
26.03.2013
venerdì 22 marzo 2013
La moglie fa le corna col sindaco.
La
notizia è stata da poco pubblicata su Venice today (1).
Anche se abitualmente questo blog non si occupa di gossip, a memo che non
abbiano rilevanza nazionale o internazionale, la notizia era troppo ghiotta per
non inspirarmi un breve racconto fantastico, di pura fantasia.
Dal
diario segreto di Gnao Fufu!
Quando
lessi la notizia mi venne lo stesso freddo alla nuca che sentì John Clark, in “Raimbow
Six”, di Tom Clancy – Rizzoli, 1999 – prima dell’attentato fallito nell’aereo
che portava costui, il cognato, la moglie e la figlia in Inghilterra.
Il paese della chiavata fedifraga era forse a
me noto e subito. Come in un sogno Mariano, mi vennero in mente alcuni volti
che probabilmente conoscevo. Voci e suoni provenienti da un passato ormai
lontano. Lui sembrava il guerriero Alberto da Giussano, un celodurista
apparentemente moscio, una mezza sega, alto più non più di un metro e uno sputo
di Lama, e nonostante il culo non dei più ciompi riusciva a mantenerlo
incollato a due poltrone, ben pagato dalla Pubblica Amministrazione. Poltrone
che si trovano sia in Comune che in una diretta emanazione di rango inferiore
della Regione.
Nel
sogno Mariano, questi mi è apparso, con le fattezze di “Er Mutanda”come un Neil
Amostong, piantatore di bandiere del Fiore della Vita nei posti sbagliati,
causanti grandi incazzatura del Prefetto. In più questo sindaco immaginario che
non concede, giustamente, la cittadinanza italiana agli extracomunitari che non
sanno leggere il testo del giuramento.
Mentre
lei, la “nobildonna” ha le fattezze quasi simili, a parte che invece di usare
la tonaca, porta gonne o pantaloni, a Jorge da Burgos, de “Il Nome della Rosa” di Umberto Eco – Bompiani
1980 – facendo sovvenire in mente ciò
che disse Umbertino da Casale ad Adso da Melk:
«Se gli uomini vedessero quello che è sotto la pelle come accade con la
lince di Beozia, rabbrividirebbero alla visione della donna. Tutta quella
grazia consiste di mucosità e di sangue, umori e bile. Se ci pensa a ciò che si
nasconde nelle narici, nella gola e nel ventre non troverà che lordume. E se ti
ripugna toccare il muco o lo sterco con la punta del dito come mai potremmo
desiderare di abbracciare il sacco stesso che contiene lo sterco» (ct. pg 220).
Sempre
nel sogno Mariano la mente mi corse verso le “Infinite diversità in infinite combinazioni” dell’IDIC, la domanda
di come questo amministratore della cosa pubblica abbia potuto passare,
saltando da un “bidone” con cui si è congiunto per anni carnalmente, a un altro
bidone che donava le sue [dis] grazie (?) al legittimo consorte e che questo,
per citare Riccardo Cocciante, con l’inizio del brano, “Cervo a Primavera” il
qui testo recita: “ Io rinascerò, cervo a
primavera”,sembra quasi che le streghe di Salem o le fate di Wicca ci
abbiano messo lo zampino, proprio in occasione dell’equinozio, quasi che questi
avesse ricevuto un ammonimento dalla moglie di Giulio Cesare, udendo dall’aldilà:
«Attento alle idi di Marzo!»
Ora,
nel sogno che da Mariano si è trasformato in un incubo stile Bestia
dell’Apocalisse, il mitico 666, “The
number of the beast” degli Iron Maiden.
Nel
paese innominato non si parla
d’altro. I vecchi fuori dai bar mentre giocano a bestia o a briscola,
commentano bestemmiando. I giovani mimano il coito facendo l’ok con il pollice
e l’indice della mano sinistra, infilando velocemente, in un rapido su e giù
l’indice della destra. Le suore, rinchiuse ne convento di clausura, recitano
giaculatorie affinchè il Signore Santissimo, non quello delle mosche, conceda, proprio che nel mentre Suo figlio,
Gesù di Nazareth, si appresta a tornare a Gerusalemme per celebrare la Pasqua,
scacciando i mercanti dal Tempio, ai due fornicatori smascherati il perdono e
in quando ci sarà la morte certa, la vita eterna. Mentre il parroco si sciacqua
le mani nell’acquasantiera, messa a bollire per l’occasione, sperando che
queste si purifichino, essendo stato costretto a stingerle al primo cittadino,
svariate e svariate volte…
Ma
nella mente continuano a formarsi immagini, questa volta infernali, circa le
pene che i due fornicatori stanno subendo dai legittimi consorti. Urla,
imprecazioni contro le divinità divenute mito e leggenda e contro quelle à
attuali. Porte sbattute, piatti frantumati a terra e sedie scagliate contro il mondo.
Oppure silenzi assordanti e punizioni che vanno ben oltre il sadomaso, fatte di
letti di chiodi, frustate ai genitali o alla clitoride, cilici e perforazioni
delle mani e dei piedi, come se un professionista di piercing si fosse messo
all’opera utilizzando strumenti non sterili, infettati preventivamente,
lasciandoli a mollo per qualche giorno nella fossa biologica.
In
questo sogno simile al Decameron boccaccesco in salsa padana, sembra quasi una
parodia de “Le baruffe Chiozzotte” di
Carlo Goldoni, dove in questo caso “goldoni” non sta per plurale di
profilattici – auspicando che i rapporti siano sempre stati improntati alla
protezione, usandolo, per la prevenzione di malattie venere come scolo,
sifilide, o micosi della vagina, ossia crescita impropria di funghi velenosi
nella vulva, che le “guardie forestali” vietano di raccogliere – ma è il
cognome del noto drammaturgo, scrittore, librettista e avvocato italiano, nato
a Venezia il 25 febbraio 1707 e morto a Parigi il 6 febbraio 1793.
Ma
alla fine anche i sogni mariani,colmi di Arcobaleno Sei, in Rose nominate, trasformatisi in incubi apocalittici e in
romanzi boccacceschi, quasi di matrice goldoniana, spariscono. Al risveglio ci sta solo lo stomaco che
reclama la cena e una notizia di gossip che parla di corna, dove alla fine si
dice tutto e nulla, perché tutto e nulla è accaduto, in quanto solo i cornuti e
cornificatori conoscono la felicemente triste verità della loro meschina e
gretta esistenza. Siano essi sindaci, carrozzieri che vanno di dima o a
manovella, bibliotecarie annoiate casalinghe infoiate, spargitori dei semi di
Onan o quant’altro, perché come scrisse questa sera un amico, «Sono solo cazzi
loro e lasciamoli in pace.» Perche di pace, piaccia o no,per un po’ di tempo non
ne avranno , come dice sempre Cetto Laqualunque: «Una beata minchia!»
Amen.
Marco
Bazzato
22.03.2013
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satira
I marò rispediti in India per il bene dell’economia italiana?
I due marò del Battaglione San
Marco non dovevano nemmeno rientrare in Italia per le due licenza: né per
quella di Natale e Capodanno, né per le elezioni politiche. Ma tanto la politica ha fatto e l’ambasciata italiana ha brigato ha
che alla fine, una volta tornati, si sentivano
belli e al sicuro, mentre dopo l’ennesimo voltagabbana nei loro confronti
e dell’India,i due fucilieri sono stati rispediti nel paese dove stanno
scontando la loro detenzione dorata in attesa di processo.
D’altronde con la grana
dell’ambasciatore italiano – che per rappresentare il Paese e gli interessi del
Made in Italy viaggia in Volvo – a cui
era stato ordinato di non lasciare il Paese, ritirandogli l’immunità e l’accredito
diplomatico, fregandosene, ragione, della Convenzione di Vienna, era come se
per alcuni giorni, anche se i media italiani non l’hanno detto, si fossero
rotte relazioni diplomatiche tra i due Paesi. E rompere le relazioni
diplomatiche significa mettere in pericolo in primis milioni di Euro di
contratti e va ricordato che l’India senza l’Italia campa, ma molte grosse
aziende italiane senza i contratti con l’India rischiano assai, e non è da
escludere che queste abbiano fatto forti pressioni sussurate sulla politica, affinché,
per il bene dell’industria in affanno, i due marò venissero rispediti nel
subcontinente indiano, in quanto sacrificabili nel nome degli interessi
economici della penisola italica.
I due marò sono stati usati dalla
politica interna italica per finalità anche elettoralistiche e propagandistiche.
Il governo morituro di Mario Monti sperava con questo atto populista e
nazionalista di raccattare qualche voto in più, ma gli italiani, se ne sono ben
guardati dal farsi coinvolgere a suon di croci sulle schede elettorali. Dove i
politicastri nostrani che non avevano previsto la sacrosanta reazione iraconda
indiana. Per questo, visto anche la “rottura
delle relazioni diplomatiche” con il rischio che finisse al gabbio
l’ambasciatore italiano in India per essersi impegnato personalmente con la sua
firma a far rientrare i due marò nel Paese di Gandi, ha fatto sì che i due militari
divenissero, a detta di alcuni, e della nomenclatura oligarchica
politico-militare-industriale, sacrificabili, in nome della ragion di Stato.
Visto che, a detta dei silenziosi che operano da dietro le quinte, è meglio due
marò arrestati all’estero in attesa di processo per omicidio, piuttosto che un
ambasciatore ingabbiato per falso. A livello di immagine per l’Italia la
seconda accusa sarebbe più devastante, nonostante sia riconosciuto all’estero
che gli italiani sono dei voltagabbana patentati, in “casa” come in
“trasferta!”.
Ma la cosa “divertente” è che i
due marò sono stati traditi dalle stesse istituzioni nazionali, politiche e militari.
Senza dimenticare che l’Unione Europea, si guarda bene dall’intervenire nel
contenzioso giuridico italo-indiano. Ogni Paese UE, ha interessi economici e
scambi commerciali da difendere con l’India e visto che l’Italia, rispetto a
quel subcontinente è considerata una nazione in de pressione economica e
l’India, un Paese in crescita, e è meglio fare affari concresce, che non con un
Paese depresso, quasi ridotto come
Cipro.
In molti si stanno chiedendo come
questi possano sentirsi nei confronti della patria che li utilizza,
correttamente secondo la politica economica, come merce di scambio, ciarpame
sacrificabile da barattare per un ambasciatore e qualche centinaio di milioni
di Euro in commesse commerciali o industriali, e qualche migliaio di posti di lavoro in
Italia, come se ci si trovasse sulle bancarelle di Porta Portese o allo scambio
delle figurine Panini dei bambini della scuola primaria?
Ma la parodia dell’assurdo è che
l’Italia, dopo aver pagato il risarcimento danni alle famiglie dei due
pescatori assassinati, facendo oggettivamente passare i due marò per rei
confessi, prima di una sentenza definitiva, dopo aver perso faccia e
credibilità in patria e nel resto del mondo il “Bel Paese” ha la pretesa,
assurda, di dettare le regole in casa d’altri, ossia ricevendo rassicurazioni
scritte che i due fucilieri del Battaglione San Marco non possano essere
condannati a morte, ottenendo così un trattamento di favore, discriminatorio
rispetto alla legge e gli altri cittadini indiani, nei reati ascritti di pari
gravità capitale., Il tutto porterebbe a supporre che le autorità italiane
siano ragionevolmente certe che i marò saranno condannati e che dovranno
scontare la pena in India, auspicando che le leggi indiane non siano morbide
come quelle italiane nei confronti degli assassini e/o omicidi e non prevedano
sconti di pena misure alternative, indulti o permessi premio.
Sempre che gli indiani non
facciano come gli italiani: mentendo. Emettendo una sentenza di pena capitale
anziché di lunga detenzione e che, i due marò non vengano spediti, secondo i
tempi della giustizia indiana, innanzi al boia, per l’esecuzione della sentenza.
È chiaro che se in caso di
condanna a morte, pena legittima nell’ordinamento giuridico indiano, se in Italia
dovessero esserci manifestazioni, anche razzistiche, contro l’India, questa non
esiterebbe, come suo diritto, a fare carta straccia dei contratti con il nostro
Paese. E quando le aziende interessate saranno obbligate a licenziare, a causa
del diritto indiano di far rispettare le loro leggi in casa propria, le
manifestazioni a favore dei due marò condannati cesseranno.
Due sole vite da salvare dal boia
non possono e non devono rischiare di mettere a repentaglio migliaia di
lavoratori, con conseguenze a cascata sul reddito delle famiglie degli operai,
causando il crollo del benessere economico e sociale nelle zone interessate, perché
parafrasando ciò che auspica sempre il nostro beneamato Presidente della
Repubblica, Giorgio Napolitano, “Bisogna guardare agli interessi generali
dell’Italia e non ai particolarismi o agli interessi dei singoli”.
Proprio come nel finale di “Star
Trek II – L’Ira di Kan”:in quanto:
.È la logica. Le necessità dei
molti sono più importanti delle necessità dei pochi o di quelle di uno»
Marco Bazzato
22.03.2013
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mercoledì 20 marzo 2013
Il Parlamento cipriota boccia il prelievo forzoso!
La codardia dei parlamentari
ciprioti è un attacco senza precedenti ai voleri del FMI, della BCE per far
felici le banche creditrici europee che hanno sbagliato gli investimenti finanziari.
In fin dei conti ai ciprioti si
chiedeva una miseria: il 6,75% per i depositi fino ai 100 mila Euro e del 9,9%
per quelli eccedenti, magari applicando una franchigia di 20 mila euro. Ma
nisba. I parlamentari, vili, hanno detto di no, sbattendo la porta in faccia ai
creditori, che per 10 miserabilissimi miliardi di euro, ne chiedevano
sull’unghia, 5,8. Guarda caso è proprio la somma che sono esposte verso Nicosia
le banche tedesche. Ergo: i tedeschi volevano i soldi sull’unghia e per questo
il dinego gli ha fatti incazzare quasi come vipere.(1).
Ma l’atto di codarda generosità
dei politici ciprioti non è stato commesso per far piacere al popolo cipriota.
Quelli, come ogni Paese, possono tranquillamente scannarsi tra di loro,
cannibalizzarsi, squartarsi, come sembra stia accadendo in Grecia. No, la
vigliaccheria dei parlamentari ha un nome: gli imprenditori russi che
utilizzano la piccola isola come Paradiso fiscale e quindi il prelievo forzoso
avrebbe “impoverito” del 9,9% i milionari in euro, non certo il popolino.
Perché alla fine non erano i “piccoli espropri” visto che se si incazzano le
masse, quelle sono pecore belanti e piagnone, ma sono i milionari quelli, che
in ogni Paese, tengono tra le mani le palle dei politici…
L’Italia, visti i precedenti con
Giuliano Amato del 9 Luglio 1992, quando questi si accontentò di un prelievo
forzoso pari al 6 per mille, una miseria, se paragonata a quanto chiesto e/o
imposto dall’Unione Europea, leggesi Germania, a Cipro.
Comunque se adesso godiamo per il
coraggio di Nicosia a dire di no alla rapina a mano armata europea nei conti
correnti ciprioti, gli italiani devono mettersi il cuore in pace. In caso di
governo Bersani, questi da buon lacchè, assieme a Vendola e Monti, non avranno
alcun timore nel depredare – legalmente (?) – le tasche degli italiani, visto
che gli italiani tutt’ora, fonti BCE, riescono, nonostante tutto, a
risparmiare, avendo il gruzzoletto,magari improduttivo o infruttifero, in
banca. Ma che vista la cristi ogni giorno che passa si assottiglia sempre più e quindi sarebbe giusto affrettarsi. Perché
i politici italiani e banchieri europei non riescono a comprendere perché una
tale massa di denaro debba rimanere inerte e non rimessa in circolazione, togliendola
ai legittimi proprietari, per ridistribuirla alle banche straniere che ne hanno
bisogno, perché esposte con Titoli di Stato di Paesi privi di solvibilità.
Negare questo sarebbe come negare il cibo ai poveri, sputandoci addosso.
Sarebbe come togliere ossigeno a una vittima – la banca – che sta per essere
stozzata dall’acquisto esagerato di Titolo di Stato considerati ora carta
straccia, prendendo a calci le istituzioni finanziarie che tendono le grinfie
affamante verso i conti correnti in attivo italiani e non, per sanare le profonde
ferite dei bilanci e dell’imperizia
gestionale delle risorse finanziarie.
Cipro, se i parlamentari fossero
stati più coraggiosi, sarebbe stato un ottimo terreno di cultura per la
sperimentazione, prima in piccola scala, ossia su un totale di un milione di
abitanti dell’isola, di quello che poteva diventare uno standard FMI-UE-BCE,
accettato e/o imposto a tutti i Paesi con un’esposizione di debito troppo
elevata nei confronti delle banche estere.
Purtroppo, per ora, la cosa non è andata a
buon fine. Ma non è detto che, con le adeguate pressioni, i parlamentari non si
pieghino, come del resto ha fatto la Grecia, agli ordini tedeschi delle banche
creditrici.
Ed è luce dei fatti ciprioti, he l’ articolo “I risparmi italiani sono al sicuro nelle
banche?” (2)
datato 09.11.2011, sembrerebbe quasi profetico, visto quanto si voleva che
accadesse a Cipro e che quasi sicuramente potrebbe avvenire, con l’avvento di
un governo, non importa se di centro sinistra o di centro destra, in Italia,
nel volgere di pochi mesi, specie quando tutti gli indicatori economici volgono
non verso la ripresa, ma nemmeno verso la crisi, ma verso una vera e propria
depressione endogena , endemica e pandemica.
Ma i conti del debito pubblico
italiano che ha sfondato quota 2 mila miliardi (2.000.000.000.000, di Euro, vale
a dire , 387.254.000.000.000.000 delle vecchie lire), il Paese potrebbe sanare
una parte di debito con un prelievo forzoso su tutti i C/C bancari, Postali,
Bot e Azioni, detenuti dai privati cittadini e dalle ditte individuali,
calcolandoli nel caso di ditte come costi indetraibili, pari al 15%, perché
automaticamente il debito italiano scendesse sotto il 100%,(3).
Dove però l’impoverimento del
Paese e degli italiani sarebbe doppio in quanto, oltre al calo immediato, per
via dell’esproprio dai conti correnti del 15%, non va dimenticato che
salterebbe fuori immediatamente un secondo 15% in più di sofferenze bancarie,
che andrebbero a bloccare ancora di più la possibilità di erogare prestiti alla
piccola e media impresa, mettendola dentro una spirale depressiva la cui via
d’uscita forse potrebbe essere visibile tra non meno un decennio.
Ma questo sarebbe un modo
“indolore”, ossia senza utilizzare l’esercito e la violenza, per rendere il
Paese schiavo e i cittadini servi. E giunti alla situazione economica da canna
del gas, forse la cosa migliore, come dice il Movimento Cinque Stelle, sarebbe
quella di uscire dall’Euro, lasciando che affondino, pur che l’Italia si salvi,
le altre banche straniere, tedesche per prime, che anche in questo caso, sono
tra le più esposte con i Titoli di Stato
italiani…
Perché se l’interesse prioritario
dei tedeschi è quello di salvare il loro sistema bancario ed economico e il
benessere dei cittadini, per quale motivo l’Italia e gli italiani non
dovrebbero avere lo stesso diritto al pari dei tedeschi?
Giunti a questo punto l’effetto
domino sul sistema bancario e finanziario internazionale sarebbe la cosa più
auspicabile per i Paesi “ricchi…”., perché porterebbe a un livellamento verso
il basso dei tenori di vita europei ma non solo, equiparandoli quasi ai Paesi in
via di sviluppo.
A oggi i mercati finanziari
internazionali e le economie reali, quelle che riescono a fare un PIL non
negativo, si reggono in piedi per il rotto della cuffia. Mentre le economie
come l’Italia che hanno una crescita del PIL negativa, ossia in recessione
secondo gli ottimisti, depressione secondo di realisti, avrebbero il sacrosanto
interesse a trascinare nel baratro le
presunte economie forti.
Un Paese che si è impoverito i cittadini sanno
già a fare i conti con la povertà e con il crollo sia dei consumi sia delle
necessità ludiche. Ma una nazione che
rischia di perdere tutto, perché potrebbe passare dal benessere alla povertà, è
più incline al terrore sociale e ai colpi di matto e quindi è più
controllabile. Quindi, se l’Italia e la politica italiana fosse intelligente,
potrebbe usare come cavallo di Troia o Ariete lo stesso sistema utilizzato dall’Unione
Europea, BC e FMI contro la Grecia e la Spagna, girando il coltello dalla parte
del manico, uscendo dall’euro e non onorando, come ha fatto Argentina e
Islanda, il debito estero e lasciando mezzo mondo con le pive nel sacco, avendo
tra le mani inutili fogli di carta straccia di titoli di Stato.
Marco Bazzato
20.03.2013
(1)
http://www.repubblica.it/economia/2013/03/19/news/l_europa_scarica_la_patata_bollente_a_nicosia_voto_in_parlamento_maggioranza_a_rischio-54871941/?ref=HRER2-1
martedì 19 marzo 2013
Papa Francesco e la Chiesa al servizio dei poveri?
Ormai sembra diventato un mantra
straccia palle. “La Chiesa torni a essere al servizio dei poveri…” e quando mai
lo è stata? Papa Ciccio (Francesco), sembra l’Obama della prima elezione, del
novembre del 2008. Dove il suo tanto becero populismo lo portò a beccarsi anche
il premio Nobel per la Pace, sulla… fiducia, Nobel per la Pace che nessuno mai
menziona più perché anche le capre sanno che è stata una bischerata politica. E
Ciccio, Francesco, gli sta andando dietro a ruota, con i media che lo esaltano
fino all’inverosimile, facendo assurgere la normalità che dovrebbe avere un
qualsiasi essere umano, a simbolo – assurdamente inventato – di bontà e carità
assoluta.
L’attenzione ai poveri? L’abbiamo vista quest’oggi la plebaglia, messa
ai margini, distanti dal centro del potere. Infatti, alla faccia degli ultimi a
cui prestare – a parole – attenzione, durante l’incoronazione, dopo il clero ci
stavano le teste coronate, i altri leader dei paesi democratici, segno che lo
Stato città del Vaticano, a livello sostanziale detesta e le democrazie, in quanto gli eletti sono eletti, in modo
diretto o indiretto, dalla plebaglia bastarda, e nono per Grazia Divina, poi i
rappresentati delle altre confessioni religiose e per ultimi, come appestati,
in piedi come tante vacche miggenti, il “popopulame”, i servi della gleba, i
veri servi da sempre della Chiesa, mossi dal sacro terrore dell’inferno del
peccato medioevale, che riempiono le bisacce degli ecclesiastici di denaro,
pane e salame e quant’altro, a Gloria di Dio…che a differenza dei preti, non
mangia non si ingrassa sulle spalle e sul sacrificio altrui..
Certo, si è parlato e si parlerà
ancora molto dell’uscita di Papa Ciccio (Francesco) dopo la celebrazione liturgica
di domenica, che come un pastore metodista si è messo a stingere mani, baciare
uomini, donne, vecchi e bambini, uscendo dai confini pontifici, entrando in
Italia, senza che nessun poliziotto fermasse l’extracomunitario, chiedendone i
documenti e la motivazione della sua venuta nel Bel Paese. Una nazione civile,
come USA o Australia, nel dubbio avrebbe ammanettato dietro la schiena il
presunto clandestino, portato in caserma per accertarne ufficialmente
l’identità e poi rilasciato se in regola
o con un decreto di espulsione se irregolare, o se aveva in tasca il Passaporto
diplomatico, per quanto poco, come Capo di Stato straniero, aveva l’obbligo
almeno morale di avvisare con largo anticipo del suo ingresso nel nostro Paese
e non “invaderlo” simbolicamente, anche se per pochi minuti, in totale
dispregio della Bossi-Fini, perché la legge non ammette l’ignoranza sia da
parte dei poliziotti, così come dei papi extracomunitari.
Scene di simile populismo poco
austero e per nulla papale si sono viste anche quest’oggi, quando ha ordinato
all’autista di fermare la Mercedes per andare a salutare un povero Cristo in
barella. Gesto nobile, per carità, ma ormai manca poco che quasi dia una
legnata in testa al conducente, mettendosi a scorazzare con la Papamobile cabriolet
– non è chiaro se si tratti di un modello nuovo o se è stata modificata quella
di Ratzinger.Se fosse un modello ex novo, dimostrerebbe come ha risparmiato
sull’anello e altri paramenti, ma il grosso del grano, se l’auto scoperta non è
stata regalata al Vaticano, questa sia
un eminentissimo spreco, alla facciaccia dei poveri – iniziando a fare numeri su due ruote alla
Remi Julienne, famoso stutman cinematografico del cinema italiano degli anni
’70 e ’80.
Un Papa che afferma di rivolgersi
ai poveri, i primi che darebbero anche il loro sangue se la Chiesa lo
chiedesse, ma bisogna capire a che poveri si rivolge: ossia a quelli di
spirito, i poveri di salute, di speranza, oppure ai poveri di cuore, ma ricchi
nel portafoglio? È troppo fumoso e populista parlare di poveri, usandoli per la
propria propaganda e per farsi bello agli occhi del mondo...
Inizia, piaccia o no, un papato
che sotto certi punti di vista appare, si ribadisce appare, di rottura con il
passato. Ma non va dimenticato che Bergoglio era il diretto antagonista nel
precedente Conclave do Ratzinger e questo lo pone in una situazione non di
outsider, perché facent parte del sistema da anni, dove il popolino, manipolato
anche dai media, si lascia incantare e incaprettare dalle apparenze, dalla gestualità,
ma poi, come per Obama, è alla lunga che si vedono con quali poteri starà per
rimanere sulla cresta dell’onda, senza creare eccessivi fastidi ai veri poteri
che comandano in Curia. Sì, perché va detto che Ratzinger faceva comodo perché
era un teologo interessato a scrivere libri, Giovanni Paolo II a viaggiare,bighellonando
e facendo show in giro per il mondo, ed
hanno lasciato la Barca di Pietro che venisse retta da altri. Dove piaccia o
no, è dal 1978 che non siede un Papa italiano sul soglio Pietrino, perché che
gli stranieri sono più manipolabili a livello linguistico in Curia, in quanto
devono leggersi documenti non scritti nella loro lingua materna e si vedevano costretti,
come accadrà anche a Bergoglio. a farseli in parte “premasticare” da altri.
Le bizzarrie di Papa Francesco
saranno accettate in Curia fino a quando si limiterà ai gesti d’apparenza per
accalappiare i miti, gli umili: il maggior bacino del mercato delle questue
della Chiesa fin dagli esordi. Perché fino a quando coltiverà il suo orticello
di fedeli, senza mettere le mani dentro i gangli del potere, “Nel porto delle
nebbie”, come diceva Giovanni Falcone, sarà libero di muoversi come vuole, ma
poi, nel caso dovesse andare a pestare troppi calli, alluci e testicoli ai veri
poteri forti, beh, la musica potrebbe cambiare in modo molto amaro e
improvviso.
La Chiesa, specialmente la Curia
romana è sempre campata da papa grazie alla tradizione e anche la rottura dei
presunti schemi fa parte della tradizione, a patto che non siano da ostacolo
alla gestione del potere, non solo per quello delle anime, ma anche per quello
economico, paradossalmente legati come il Serpente del Paradiso terrestre che
circuì Eva. Il ruolo nei prossimi anni di Papa Francesco sarà di rinverdire i
fasti mediatici e le adunate oceaniche di fanatici che furono per quasi
trent’anni appannaggio di Giovanni Paolo II e che Benedetto XVI, freddo e
teutonico, si è trovato a proseguire sul solco tracciato dal predecessore, a
malavoglia.
Intanto l’inizio del Pontificato
sembra che abbia già inanellato un clamoroso fiasco di pubblico, di share e di
gradimento. I media la settimana scorsa parlavano di circa un milione di infedeli
– secondo le religioni non cristiane – a Roma per la celebrazione odierna,
mentre oggi, fonti giornalistiche televisive hanno parlato di non più di
350mila persone, 1/3 dei previsti, sebbene i costi per la Pubblica Amministrazione
capitolina, visto che ci stava anche la metropolitana e i servizi pubblici
gratis fino alle 14.00, da e per Piazza San Pietro, ancora una volta dimostrano
come questi grandi eventi andrebbero delocalizzati fuori dalla capitale, fuori
dall’Italia, in quanto oggi come in passato i fasti dell’ex Stato Pontificio si
reggono sulle spalle della plebe, su cui indirettamente ricadono i costi
economici e i disagi che certi eventi comportano.
Chiaramente Papa Francesco non è
responsabile di tutto ciò, ma adesso egli è il monarca assoluto di questo meccanismo
vaticano e se volesse veramente tenere fede al suo tanto blaterato interesse
per i poveri, per gli ultimi, dovrebbe comprendere che certi grandi eventi sono
economicamente dannosi per Roma, a livello di spesa pubblica, e che da questi
agapi gigantesch,ne traggono vantaggi economici sempre i soliti “ignoti”, ossia
i soggetti privati, a partire dai venditori di paccottiglie, pardon souvenir,
agli albergatori, ai ristoratori, anche se la maggioranza dei presenti anche
quest’oggi a Piazza San Pietro erano cittadini romani e o Italiani che hanno fatto il classico turismo
religioso mordi e fuggi, portandosi da casa pane e companatico, spendendo meno
possibile e viaggiando magari utilizzando le agenzie di viaggi che in modo diretto o indiretto
sono riconducibili ad stato straniero: lo Stato Città del Vaticano,
contribuendo ad arricchirlo, alla faccia dei poveri, che pagano per tutti..
In ogni caso stiamo sereni: Papa
Francesco non cambierà nulla di sostanziale nella Curia romana. È troppo
attaccato e ama la vita per fare il martire, non della Fede, ma contro ingordigia
e la sete di potere politico-affaristico-religsa, perché la Chiesa si sa, nella
sua storia è piena di Papa morti… improvvisamente…
Marco Bazzato
19.03.2013
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19 Marzo: festa del papà
ggi, come ogni anno, si festeggia
in tutta Italia la festa del papà.
Ma chi è papà?
Uno sputatore di seme dal tubo
che ingravida una femmina? Un uomo amorevole che ama la moglie e/o compagna e i
figli? O semplicemente un bastardo senza arte né parte, buono a sfruttare
moglie e figli come animali da soma, salvo poi riempirli di pugni e calci,
quando gli schiuma la bava dalla bocca, gli occhi si infiammano di furia cieca
e il respiro inizia a puzzare peggio di un cadavere avvolto dallo zolfo?
Esistono tanti tipi di babbo. In
percentuale, la maggioranza dovrebbero essere dei buoni diavoli, degli
eccellenti genitori, persone degne d’avere una progenie e degne d’essere figli
dei lombi dei loro genitori.
Ma ci sta un’esigua minoranza, rabbiosi cani
sciolti, infami peggio delle malattie veneree che sono stati messi al mondo dai
loro padri, perché quelle vacche delle loro madri hanno apertole gambe,
facendosi riempire come bignè alla crema, espellendo dopo nove mesi i frutti
malati dei loro coiti primitivi e primordiali, dove entrambi, all’apice
dell’amplesso, ululavano come lupi affamati, con zanne imbrattate di sangue e
carne umana, alla luna, pregando che le divinità e i folletti dei boschi li
proteggessero in eterno.
Un’ esigua minoranza dei padri di
oggi sono identici a quel Dio cattivo e
punitivo dell’Antico Testamento, sputatori di sperma e sentenze, aridi di cuore
e tardi di mente, che si sono accoppiati con baldracche sfracicate che prima
prendevano piselli anche dagli elefanti. Questi sovente sono i padri che
avevano i genitori che hanno combattuto nella “Grande Guerra”, figli di una
cultura malata , figli di rubagalline della seconda metà del 1800. Ma la
malvagità, l’infamità si perpetua entro la linea del tempo, in un eterno
presente che non ha storia, perché facente parte della storia umana.
Non tutti i padri sono dei San
Giuseppe. Padre putativo, cornuto da Dio stesso, che gli ha ingravidato la
futura moglie, anche senza compiere il coito completo. Ma “Bepi”, a differenza
di altri padri che hanno avuto progenie, puciando il biscotto, almeno, secondo
la tradizione cattolica, si è comportato da uomo, avendo due coglioni grandi
come una casa, ma soprattutto un cuore e un cervello altruistico, funzionati.
Padre, papà, babbo…genitore
maschio…parole senza più significato, quando nei cuori di questi non ci stava e
non ci è mai stato una fava, cruda o cotta. Genitori lo si è per grazia
ricevuta e non per aver violentato, tramite lo spermatozoo, un ovulo che si
stava facendo bellamente gli stracazzi propri suoi nel grembo della donna, che
si è visto arrivare un tubo da irrigazione quasi in gola. A questi bastardi
deve andare il massimo del disgusto, devono essere trattati come putride fosse
biologiche della società, perché non sono altro che germi infetti e infettivi
che appestano il creato, figli di un coito malato. Padri degeneri nati e
cresciuti nel furto e nella disonestà morale e materiale, pronti a rubare a
figli e/o figlie senza pietà, dandosi alla macchia come bestie codarde, con la
femmina che li segue docile e remissiva, perché pronta, alla morte del
compagno, d’appropriarsi dei suoi averi.
Questi sono una parte dei papà,
quelli marci, malati di potere e assetati di ingiustizie, che hanno vissuto la
vita nell’arsura dell’amore, nell’arsura del vuoto e della menzogna. Ma a tutti
gli altri papà, quelli onesti, altruisti, quelli che, giovani o anziani, si
strapperebbero il cuore per i figli, perché sono la continuazione della vita
stessa, a quei papà biologici o adottivi che si dannano per i figli, ma che sanno
educare senza menare anche se non sono mai stati pugili professionisti o
dilettanti, picchiando selvaggiamente come bestie impazzite per un voto
negativo a scuola, ma sanno educare all’altruismo, al rispetto del fratello,
non seminando zizzania, perché una volta morto il padre i figli si debbano
scannare tra di loro. A tutti i padri veri, a tutti i genitori che sanno amare
con la A maiuscola, senza condizioni e senza restrizioni, vanno i migliori
auguri. Perché il padre vero non è colui
sputa lo sperma dentro il grembo di una femmina feconda. Il padre vero è colui
che sa seminare terreno fecondo in ogni attimo della sua vita, altrimenti
questi che in fallito moralmente e socialmente, anche se con il ha il
portafogli gonfio di denaro, ma un uomo morto che cammina verso la vecchia
scintillante. La cosa migliore che costui dovrebbe fare? Riempirsi la vasca
d’acqua, immergersi e poi far cadere una serie di cavi elettrici, da 220 V,
avendo cura di togliere i salvavita, folgorandosi. Perché la nascita e
l’esistenza di questi padri sono solo state un insulto a Dio e all’umanità.
A tutti gli altri papà:: buona
festa e tanti auguri, perché siete padri per Grazia ricevuta, per sempre.
Marco Bazzato
19.03.2013
giovedì 14 marzo 2013
Habemus Papam, Jorge Maria Bergoglio: Papa Francesco
Alla fine hanno eletto un
argentino, che si è auto battezzato: Francesco, ossia Ciccio o Checco e che
secondo il quotidiano online, Leggo, fin da ragazzo camperebbe con un solo
polmone (1).
Lo show del conclave è durato,
grazie al Signore degli Inferi, solo due giorni, al quinto scrutinio, è uscita
la fumata bianca, liberando Roma dalla cappa di smog che appestava l’intera
capitale a causa delle fumante nere, che uscivano dal camino della Cappella
Sistina, in quanto guardando la tv italiana sembrava che il mondo si fosse
fermato ed esistesse solo quel fottutissimo fumaiolo, ogni tanto usato come
campo base da qualche uccello, causata
anche dalla notoria assenza in Vaticano di doppiette visibili, per abbatterlo.
Lo Stato Città del Vaticano ha
rispettato tutti i tempi televisivi concordatari, con la fumata bianca partita
poco dopo l’inizio del TG3, per poi attendere fino alle 20.21, l’uscita di Papa
Francesco, Checco Ciccio, visto che per avere un maggiore effetto scenico,e
Papa Francesco Checco Ciccio, da buon pastore ha pazientemente atteso agnelli, pecore, capre e caproni, il
comandante in capo della Barca di Pietro, riempissero Piazza San Pietro fino
all’inverosimile, colma così anche di sardine, scardole e tinche, triglie e
acciughe.
Quando giornalisti,
telespettatori e pubblico di adepti e/o fedeli, dipende dai punti di
vista, in Piazza hanno compreso, dopo l’Habemus Papam – scopiazzato di santa e sana pianta dal film
di Nanni Moretti – che il nuovo Maestro Costruttore di Ponti, è un
extracomunitario argentino,, hanno forse pensato che non era Belen Rodriguez, e
ci sono stati alcuni interminabili secondi di gelo, di shock, di terrore
assoluto. I giornalisti sono stati i più lesti a riprendersi. Iniziando a
snocciolare alcuni dati di questo Bergoglio: avi piemontesi, ordinato sacerdote
a 33 anni – mistica cifra cabalistico massonica, eletto al soglio pontificio a
76 anni, vetustello che non dovrebbe campare molto, dopo che nel conclave
precedente aveva, si è fatto volutamente sorpassare nello sprint finale
l’attuale Papa Emerito, Joseph Ratzinger, Benedetto XVI, e cosa forse peggiore
e/o migliore di tutte: gesuita. Sì, perché non dobbiamo dimenticare che i
gesuiti furono collaborazionisti intransigenti e ligi alla corona spagnola,
Conquistadores col motto: “Siamo venuti per servire Dio, il Re e anche
per diventare ricchi.” Risultato? Le civiltà precolombiane spazzate via a
suon di cataste di cadaveri o convertite a forza al presunto Unico e Vero Dio…
il denaro?
E infatti la scelta del nome:
Francesco, in omaggio al vero e unico morto di fame con la tonaca, il poverello
d’Assisi sembra quasi una cannibalizzazione della holding della Compagnia di
Gesù, nei confronti di un ordine rivale,
quello dei confratelli francescani, dove il nuovo Pontefice potrebbe “prendere
le armi” della fede, ma non solo, dando nuovo impulso alla teologia della
liberazione (2).
Alla fine il Francesco – Ciccio Checco è uscito. La prima impressione?
Apparentemente sembra un buon diavolo mite, di buon cuore, quasi bonario e
pacioso e come un attore consumato, abituato ai palchi sopraelevati degli
altari ha iniziato il suo pontificato con un alcune frasi:
«Fratelli
e sorelle, Buonasera! Voi sapere che il dovere del conclave era di dare un
vescovo a Roma. Sembra che i miei fratelli cardinali siano andati a prenderlo
quasi alla fine del mondo, ma ora siamo qui. Vi ringrazio dell’accoglienza. La
comunità diocesana di Roma ha il suo vescovo. Grazie! E prima di tutto vorrei
fare una preghiera per il nostro vescovo emerito, Benedetto XVI. Preghiamo
tutti insieme per lui, che il Signore lo Benedica e la Madonna lo accudisca.»,
con una preghiera pubblica del Padre Nostro, dell’Ave Maria e un
Gloria al Padre, e a differenza dei due predecessori niente “umile servo nella vigna del Signore”
del tedesco o “se mi sbaglio mi
corrigerete” del polacco.
Poi però l’uomo ha lasciato posto
al Papa, e anche qui, la prima impressione è stata positiva: riesce a fare
gruppo, comunella, con una spiritualità da curato di campagna degli anni ’60
italiani, una spiritualità diretta e asciutta e proprio per questo più calzante
anche con i desideri degli adepti e/o fedeli, sapendo creare un buon feeling con versatori all’offertorio
domenicale e se italiani, ossia con coloro che anche firmano per devolvere l’otto per mille alla Chiesa
Cattolica. Ma non è per questo che Francesco Ciccio potrebbe non piacere alla
curia Romana, ma per la quasi somiglianza fisica con Albino Luciani, Giovanni Paolo
I, che regnò per 33 giorni – come i 33
gradini del Rito Scozzese Accettato –
somiglianza che non essere di buon auspicio per saldare una cambiale con
scadenza 2020/2025n quanto potrebbe diventare inesigibile, causa trasferimento
in un non luogo – Aldilà, Paradiso – in tempi molto più recenti, mesi, o
al massimo non più di un lustro…oppure dando
le dimissioni. Ma non avendo dentro la follia razionale del tedesco, sarebbe
impossibile, anche se è interessante sognare la convivenza di due Papi Emeriti
entro le mura Vaticane e con un terzo al potere… creando così una fotocopia del
Parlamento italiano, pieno di vegliardi inutili, nominati senatori a vita, che
ritirano ogni mese il ricco bottino senza dare alcun contributo al Paese.
Papa Francesco – Checco Ciccio
potrebbe essere un Papa amato dalle masse filo clericali, ma potrebbe trovare
le sue nemesi, i suoi antagonisti naturali all’interno dei palazzi curiali
romani che non amano il cambiamento, anzi preferiscono avere, come tutti i
politici, non importa se con le gonne, pardon tonache o in giacca e cravatta,
varie poltrone – quindi prebende – su cui poggiare comodamente le natiche.
Resterà da vedere come si adatterà
Papa Francesco –Ciccio Checco ad avere la testa verso l’alto, non a testa in
giù, come accade nell’emisfero meridionale, correndo il rischio che polpacci e
caviglie gli si gonfino a dispetto della testa, proprio a causa della posizione
capovolta, per lui, del mondo, qui, nell’emisfero settentrionale.
In ogni caso le strategie
politiche dal Vaticano hanno cercato di guardare in primis al portafoglio dell’ex
Stato Pontificio. In quanto un papa americano sarebbe stato mal visto dagli
islamici e cattolici, filo vaticani negli U.S.A. sono una sparuta minoranza,
generati miseri utili, mentre l’ingrasso per i prossimi trent’anni sarà
assicurato ora dall’America Latina, in seguito dall’Asia, quando il Vaticano si
deciderà a riconoscere la Repubblica Popolare Cinese, rompendo le relazioni diplomatiche con Taiwan,
visto che non è il gigante – la Cina –
che deve riconoscere per primo la pulce – lo Stato Città del Vaticano –
e infine l’Africa. Tre continenti che attualmente sono il maggior bacino di vocazioni
e di creduloni, pardon, di fedeli, che forniscono materie prime: preti e
denaro, alla Casa Madre, ossia lo Stato Città del Vaticano. Perché oggi come quasi 2000 anni fa, come
disse il grande Giuda Iscariota, i trenta denari fanno sempre comodo a tutti.
In ogni caso, qualunque sia il
suo destino prossimo o venturo, il tutto è nelle mani del suo Dio, e ai comuni
mortali, che stanno imparando ad amare l’uomo, il Cardinale, Jorge Maria
Bergoglio (3), che a
differenza degli argentini non lo conoscono, auguriamo, come dicono i vulcani
nani:«Lunga vita e prosperità», perché indipendentemente che il suo pontificato
sia breve o lungo, l’uomo Jorge Maria Bergoglio, ha già aperto i cuori di molti
e molti potrebbe aprine, sempre che non rimanga imbrigliato entro le maglie
della curia e dei giochi di potere romani.
Evviva, quindi, a Papa Francesco,
venuto per noi dell’emisfero settentrionale da un mondo capovolto.
Marco Bazzato
14.03.2013
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venerdì 1 marzo 2013
Il governo al Movimento Cinque Stelle?
Potrebbe essere l’utopia che
diventa realtà per il Movimento Cinque Stelle, l’incubo che si avvera per gli
altri partiti, se fosse vera l’indiscrezione che vorrebbe il Movimento guidato
da Beppe Grillo incaricato a formare il nuovo governo.
.
Certo, ma chi come premier? Per
il divertimento degli italiani la scelta migliore non potrebbe che essere lo
stesso comico genovese. Infatti già ce lo vediamo a dare della culona cicciona alla Merckel, del rappresentate di cetrioli a Vendola. Mentre
Grillo con Napolitano si è sputtanato, quando ci ha dato di spatola, dopo che
un leader del SPD aveva detto che Grillo e Berlusconi erano dei clown. Ma si
sa; Grillo dovrebbe/vorrebbe andare al Quirinale, anche per semplice
soddisfazione personale, quando ci saranno le consultazioni con i partiti per
dare l’incarico alla formazione del nuovo governo e l’opinione del leader
tedesco gli è giunta fagiolo per arruffare il pelo del vecchio Presidente, dopo
che per mesi Grillo l’aveva apostrofato, quando andava bene, come Morfeo.
Francamente un governo guidato da
un parlamentare o da una persona indicata al Presidente della Repubblica dal
portavoce del Movimento, Beppe Grillo non sarebbe una cattiva idea, anche se
uno dei punti interrogativi irrisolti è se il Movimento è filo o anticlericale?
Anzi, per dirla più correttamente, è filo o anti Stato Città del Vaticano o
anticoncordatario?
Ricordo un comizio di Umberto
Bossi anella palestra di Piove di Sacco, verso la fine del millennio passato, a
cavallo tra gli anni ’80 e ’90… Ebbene il Bossi ruspante e prima maniera,
almeno nei comizi, si dimostrava come acerrimo nemico del Vaticano e del clero,
salvo poi, appena salito dalle fredde lande del nord, a Roma, è diventato quasi
pappa e ciccia con la Chiesa, perché altrimenti è impossibile governare.
Il Movimento Cinque Stelle, a
livello di temi etici, sembra più un partito di ispirazione quasi clericale,
con il parroco, il buon curato di campagna – Beppe Grillo – e tanti
chierichetti obbedienti, pronti a eseguire gli ordini del trait d’union tra il
popolo e i poteri forti che, tramite Gianroberto Caselggio, muovono le fila di
tutta la propaganda, i cui però, a detta di alcuni circoli più o meno
complottasti, asseriscono che i grandi burattinai siano da cercare oltreoceano.
E infatti Grillo e friends non si sono mai espressi pubblicamente, o le reti
non lo hanno riportato, sull’essere favorevoli alle unioni gay, alle adozioni
da parte di questi di minori, sui temi etici, quali eutanasia, la prossima frontiera
italiana, insomma tutti i valori non negoziabili dalle alte gerarchie vaticane.
Valori a cui lo stesso PD, anche se con sfumature apparentemente differenti si
mette prono a 90° e poi a secco…zac!
Una cosa comunque è certa: Il Movimento
Cinque Stelle dovrebbe avere una durata politica limitata. Al massimo quindici
anni. Infatti il capo popolo ha oggi sessantacinque banane e se il Movimento
dovesse superare integro politicamente ed eticamente due legislature complete
sarebbe un mi miracolo, visto che
l’unico partito a cui, con tutti i distingui storici del caso, che potrebbe
essere raffrontato è la Lega Nord, che annusò per la prima volta il potere
romano nel 1994. Ma quella di Bossi & Co Ltd, fu una crescita sul
territorio lenta e graduale, mentre quella del Movimento Cinque Stelle, per
quanto riguarda amministrative prima, e nazionali oggi, non è più vecchia di
tre anni al massimo. Ed è risaputo che innanzi a un’ascesa vertiginosa poi ci
sta giocoforza la caduta e una
penetrazione negli inferi potrebbe essere altrettanto rapida.
Quindi appare chiaro che il
Progetto Movimento Cinque Stelle, a livello di durata e lungimiranza politica
appare come una sveltina fatta da un ragazzino di primo pelo che va ad
accoppiarsi con un puttanone slabbrato, aperto e riempito in tutti gli orifizi,
non avendo nel lungo periodo la possibilità pratica di cambiare in una decade
una cultura arruffona, approfittatrice, ingannevole e meschina con quasi
duemila anni di storia alle spalle. Quindi per chi fuori dall’Italia, oggi il Movimento
Cinque Stelle rappresenta una risorsa politica su cui sono stati investiti
denaro e mezzi?
Beppe Grillo diceva, durante un’intervista
mercoledì che la politica ha bisogno di strategia e non di tattica nel breve
periodo. Di una strategia politica ed economica almeno trentennale. Verissimo.
Ma Beppe Grillo che oggi chiama “Morfeo” il Presidente Giorgio Napolitano, che
di anni ne sta per compiere ottantotto, fra trent’anni ne avrà ottantacinque e
si dubita che Grillo abbia voluto ipotecare politicamente la sua terza età per
un periodo così’ lungo, a qualche dio piacendo. E perciò la domanda finale, il
muro a cui si andrà necessariamente a cozzare è sempre lo stesso: a che pro?
Visto che è un Movimento “carismatico” come lo è stato l’Italia dei Valori –
sparito, l’UDC di Casini – ridotto in dosi omeopatiche, il PDL – che si regge
solo sulle gambe dell’ormai vecchio leader.
Per tornare a fare il paragone
con la Lega, non va dimenticato che anche i leghisti erano armati di buone
intenzioni prima di arrivare dentro le fatidiche stanze dei bottoni romani e
regionali, ma poi, i buoni propositi si sono annacquati, marciti, diventando
acque putride, altro che Cerimonia del Po dei Popoli padani. Abbiamo visto
tutti che fine hanno fatto poi il cerchio Magico e la famiglia Bossi, con
Roberto Maroni che per ora si è garantito la sopravvivenza politica grazie al
ritiro sull’Aventino come Presidente della Regione Lombardia.
Nessuno potrà dire se il
grillismo porterà il cambiamento nel Paese, personalmente ne dubito, visto che
una decade non cambia una cultura e una storia e gli italiani, che lo vogliano
o no, non potranno mai essere svedesi, tedeschi, belgi, svizzeri…saranno sempre
e solamente italiani, viziati anche dal Vaticano tra i piedi e quindi giocoforza,
come dei tanti Arlecchini, ossia servitori di due padroni…destinati ad essere
ancora per secoli un non nazione, un Paese a metà.
Marco Bazzato
01.03.2013
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